Sembra certo che Brigida e il suo seguito, dopo essere rimasti per qualche tempo nell'ospizio dei Cavalieri di Malta, si trasferissero nel palazzo di Lapa per il resto del soggiorno a Napoli. Probabilmente i pellegrini svedesi non avevano i mezzi per sostenersi due anni in albergo e l'ospitalità offerta risultò preziosa.
A Napoli la situazione non era molto diversa da quella di Roma e Brigida constatò subito una grave decadenza morale. Lo esprime molto chiaramente una rivelazione nella quale la Vergine le parla di due dei gravi peccati della città.
Il primo peccato consiste nel fatto che molti in questa città comprano pagani e infedeli per farne dei servitori e alcuni di questi signori non si preoccupano di farli battezzare o di convertirli alla fede cristiana. Anche se alcuni di loro vengono battezzati, i loro padroni non si curano poi di farli educare nella fede cristiana. Inoltre alcuni tengono le loro serve o schiave in tale miseria e ignoranza come fossero cani, le vendono e - peggio ancora - le inviano spesso nei bordelli per guadagnare denaro in maniera vergognosa e obbrobriosa.
Alcuni le tengono nelle loro case come concubine per sé o per altri. Vi sono poi altri padroni che torturano e tormentano i loro schiavi con parole ingiuriose, al punto che alcuni di essi cadono nella disperazione e desiderano togliersi la vita.
Alcuni le tengono nelle loro case come concubine per sé o per altri. Vi sono poi altri padroni che torturano e tormentano i loro schiavi con parole ingiuriose, al punto che alcuni di essi cadono nella disperazione e desiderano togliersi la vita.
Il secondo peccato è quello dei cattivi indovini, veggenti e repugnanti streghe, che prosperano nella città. Si ricorre ai loro esorcismi e alle loro stregonerie per ottenere favori d'amore e fertilità, per guarire le malattie o per scrutare il futuro.
Particolarmente la regina Giovanna, famosa per i suoi troppo liberi costumi, è oggetto delle cure di Brigida, che fu incaricata dal Signore di inviarle questi ammonimenti: Scrivile che: primo, ella deve fare una confessione coscienziosa di tutto ciò che ha fatto fin dalla giovinezza e prendere la ferma risoluzione di migliorarsi seguendo i consigli del confessore; secondo, deve riflettere attentamente in che modo si è comportata nel suo matrimonio e nella sua attività di regnante, perché un giorno dovrà rendere conto di tutto a me; terzo, deve avere la volontà di pagare i suoi debiti e di restituire ciò che ha acquisito arbitrariamente, perché finché si trattengono beni acquisiti ingiustamente l'anima è in grave pericolo; non serve fare molte elemosine se non si paga quello che si deve pagare; quarto, la regina non deve gravare la sua gente con nuove tasse, ma anzi alleggerire quelle esistenti, perché Dio ascolterà i lamenti di coloro che ella avrà rapinato; quinto, deve tenere consiglieri giusti, amanti della verità e non soggetti ai partiti, che non pensino al personale arricchimento ma si accontentino del necessario; sesto, deve quotidianamente ricordarsi in certe ore del giorno delle ferite e delle sofferenze di Cristo, per ridestare in questo modo nel suo cuore l'amore per Dio; in determinati tempi deve invitare i poveri, lavare loro i piedi e nutrirli; settimo, deve sentire un amore sincero per i suoi sudditi e consolare coloro che sono stati ingiustamente offesi; ottavo, deve distribuire i suoi doni con intelligenza, senza arricchire alcuni e opprimere altri; nono, nel punire i colpevoli non deve badare tanto al denaro che potrà ricavarne quanto alla giustizia; e dove vede pentimento e umiltà, deve mostrare maggior misericordia; decimo, finché vive deve fare in modo che nel suo regno ci sia pace, poiché io le annuncio che non avrà eredi naturali; undicesimo, deve accontentarsi dei colori naturali e della naturale bellezza del volto di cui Dio l'ha ornata, perché i colori artificiali non piacciono a Dio; dodicesimo, con grande umiltà e pentimento deve meditare sui suoi peccati, perché davanti ai miei occhi ella è una corruttrice di molte anime, una capricciosa devastatrice dei beni che le ho donato, un motivo di preoccupazione per i miei amici; tredicesimo, deve nutrire in cuore un timore costante, perché per tutta la sua vita è vissuta più come una donnaccia che come una regina; quattordicesimo, deve rinunciare a tutte le abitudini mondane, allontanare le adulatrici e trascorrere il tempo che le resta, che sarà breve, in onore mio, perché finora mi ha considerato una persona che non tiene conto dei suoi peccati. Se non mi ascolta, la tratterò non come una regina ma come un'ingrata e la fustigherò dalla testa ai piedi.
A quanto risulta, durante la permanenza di Brigida a Napoli la regina corresse almeno in parte il suo comportamento, ma dopo la partenza della veggente riprese purtroppo il suo abituale modo di vivere. A Napoli Brigida esercitò molte opere di misericordia, visitò chiese e santuari e nel novembre 1366 si recò ad Amalfi a venerare le reliquie dell'apostolo Andrea: questo fu l'ultimo dei pellegrinaggi italiani. Poi tornò a Napoli e vi rimase fino all'estate del 1367. Il 16 ottobre di quell'anno era certamente di nuovo a Roma per assistere al ritorno di papa Urbano V.
Lasciata Avignone, Urbano V era partito da Marsiglia nel maggio 1367 ed era sbarcato a Corneto, il porto più vicino a Viterbo, il 9 giugno, accolto da grande entusiasmo. A Viterbo il pontefice trascorse l'estate. Il 16 ottobre, scortato da un imponente corteo guidato da Nicola d'Este marchese di Ferrara, Urbano V fece il suo ingresso a Roma, dove da sessant'anni nessun papa aveva più messo piede. Anche a Roma l'entusiasmo era alle stelle e certamente Brigida e sua figlia Caterina erano tra la folla accorsa ad applaudire il pontefice. Le sedi papali erano all'epoca assai trascurate: il palazzo del Laterano era stato gravemente danneggiato nel 1360 da un incendio e non era mai stato restaurato; il Vaticano e Castel Sant'Angelo erano anch'essi bisognosi di ristrutturazioni. Il papa avviò subito i lavori e diede immediatamente inizio alla sua attività politica ricevendo molti regnanti, tra cui il re di Cipro e la regina Giovanna di Napoli.
L'estate successiva fu trascorsa nella residenza estiva di Montefiascone, sul lago di Bolsena, e nell'autunno dello stesso anno Urbano V si recò a Viterbo per incontrarsi con l'imperatore Carlo IV e rientrare con lui a Roma, cosa che avvenne nell'entusiasmo generale. Il 21 ottobre l'imperatore scortò il papa fino in San Pietro reggendo le redini del suo cavallo. In quell'occasione il pontefice incoronò imperatrice la quarta moglie di Carlo IV, Elisabetta di Pomerania. Brigida vide così papa e imperatore insieme a Roma, come molti anni prima le era stato preconizzato: «Vai a Roma e restaci finché non vedrai il papa e l'imperatore». L'avverarsi di questa profezia accrebbe il prestigio di Brigida. Ritenendo il vaticinio impossibile, molti infatti non le prestavano fede o addirittura la deridevano; ma poi, come testimonia la figlia Caterina negli Atti del processo, dopo che papa e imperatore furono entrati insieme a Roma, l'ebbero in maggiore stima e onore.
Questi sviluppi positivi fecero sperare a Brigida che fosse venuto il momento di far approvare la sua Regola. Nel 1369 andò a Montefiascone, dove il papa trascorreva l'estate, e vi rimase tre mesi. La veggente svedese desiderava anche che alla sua chiesa di Vadstena fossero concesse le stesse indulgenze di cui godeva la chiesa romana di San Pietro in Vincoli, dove sono custodite le catene dell'apostolo. Un tale privilegio sarebbe stato molto prestigioso per il monastero, in quanto avrebbe contribuito in maniera determinante alla sua fama di luogo di pellegrinaggio.
Il papa mostrò a Brigida grande attenzione e rispetto, ma l'approvazione dell'ordine incontrava in lui una certa resistenza. I problemi da risolvere erano molti: il latino nel quale la Regola era stata scritta risultava duro e antiquato, assai diverso da quello colto e raffinato in uso alla corte papale, col quale i confessori di Brigida non avevano dimestichezza. In questo Brigida ebbe l'aiuto prezioso di Nicola Orsini, che si offrì di curare una versione migliore della traduzione. Orsini, che era in quegli anni governatore papale a Perugia e aveva libero accesso presso il pontefice, provvide personalmente a consegnare al papa la Regola dopo la revisione del testo.
Quanto ai contenuti, una difficoltà era rappresentata dalla natura stessa del monastero, pensato per uomini e donne, cosa non più prevista ormai da moltissimo tempo. Fu inoltre fatto presente che gli ordini già esistenti erano tanti e che non si avvertiva quindi la necessità di una nuova istituzione, esistendo tra l'altro un divieto in questo senso sancito, come s'è detto, dal concilio Laterano del 1215 e confermato dal concilio di Lione del 1274. Ma Brigida non si arrese: sapeva che il Signore stesso voleva che l'ordine fosse approvato e si rivolse direttamente all'imperatore, che si trattenne a Roma sino alla fine del 1369; a lui indirizzò una lettera dettata dal suo sposo celeste nella quale si legge: Tu che detieni la dignità imperiale, sappi che io, creatore di tutte le cose, ho dettato una Regola in onore della mia amatissima madre e l'ho data alla donna che ti scrive. Leggila dunque attentamente e fa' sì che questa regola dettata dalle mie labbra sia approvata anche fra gli uomini ad opera del papa, che è il mio vicario in terra, dopo che io l'ho approvata davanti alla moltitudine celeste.
Come si può constatare, Brigida non lasciava nulla di intentato per raggiungere gli scopi che si era prefissata. Nell'estate del 1369 Brigida ebbe una grande gioia: rivide i figli Karl e Birger, che erano venuti a Roma per incontrarla. Ne approfittò per presentarli al papa vestiti dei loro abiti cavallereschi, nella speranza di conferire in questo modo maggiore autorità alla sua richiesta di approvazione dell'ordine.
Desiderando mostrare ai figli alcune delle bellezze d'Italia, ottenne dal papa un particolare lasciapassare e nell'autunno intraprese con loro il pellegrinaggio a Monte Sant'Angelo nel Gargano e a Bari. Dopo il viaggio Karl e Birger tornarono in Svezia.
Al pellegrinaggio partecipò anche un uomo che divenne il migliore e più valido amico e collaboratore di Brigida nei suoi ultimi anni: lo spagnolo Alfonso Pecha de Vadaterra, che era stato vescovo di Jaén in Andalusia e aveva poi rinunciato al suo alto incarico per entrare nell'ordine degli eremiti di san Girolamo (i girolamiti). Venuto in Italia dopo l'invasione dei mori della sua diocesi spagnola, aveva trascorso un certo periodo nella sede del suo ordine a Monteluco, presso Spoleto. Qui aveva sentito parlare di Brigida, aveva desiderato incontrarla, si era recato a Roma e, come lui stesso raccontò nella sua deposizione al processo, l'aveva cercata finché non l'aveva trovata. Da allora le rimase accanto divenendo suo confessore, consigliere, ordinatore delle Rivelazioni e, dopo la sua morte, promotore della causa di canonizzazione. Alfonso era nato nel 1329 o nel 1330 e mori nel 1388. La sua presenza accanto a Brigida si rivelò provvidenziale, anche perché in quegli anni i due Petrus furono soggetti a varie infermità che impedirono loro per esempio di unirsi alla futura santa e ai suoi figli nel loro pellegrinaggio.
Dobbiamo al vescovo Alfonso una preziosa testimonianza sul carattere e il comportamento di Brigida e sul suo atteggiamento verso i sacerdoti che facevano parte della sua famiglia: Aveva massima obbedienza verso i suoi padri spirituali, al punto da mortificare la propria volontà, perché ogni cosa che faceva era sottomessa al consenso dei predetti padri; non usciva di casa se non con il loro consenso e quando andava per Roma a visitare i santuari era sempre in loro compagnia; e neppure osava alzare gli occhi da terra se non dopo aver chiesto e ottenuto licenza di farlo. Anche tutte le attività della giornata, la suddivisione del tempo, il silenzio e la preghiera erano sottoposte al giudizio dei padri spirituali, come pure le visioni divine che riceveva quando pregava.
Dell'obbedienza ai padri spirituali rende buona testimonianza anche la figlia Caterina: «Per obbedienza ai suoi padri spirituali dormiva senza materasso, e questo durò fino a poco tempo prima della morte, quando ormai era affetta da molte infermità»'. La donna forte, capace di rivolgersi con autorità a papi e imperatori per indicare loro il volere di Dio, era in realtà umilissima, devota ai padri spirituali e disposta a rinunciare alla propria volontà in nome dell'obbedienza.
Il vescovo Alfonso svolse un prezioso lavoro per la revisione delle Rivelazioni, compito che gli fu affidato dal Signore stesso. Fu infatti dettato a Brigida: Devi consegnare al mio vescovo eremita tutti i libri delle Rivelazioni con queste mie parole, affinché possano essere tradotti in molte lingue; lui dovrà spiegare, illustrare e custodire il senso cattolico del mio spirito. Così come il tuo cuore non è sempre in grado di esprimere con sufficiente calore e trascrivere ciò che ti viene comunicato, ma lo ponderi nella tua mente, e poi lo scrivi e lo riscrivi fino a trovare il corretto significato delle mie parole, allo stesso modo il mio spirito si levò e discese tra gli evangelisti e i maestri, che a volte produssero qualcosa che dovette essere corretto, a volte qualcosa che dovette essere nuovamente trattato, altre volte ancora furono biasimati e dovettero intervenire altri per meglio esprimere le parole che avevano usato.
E tuttavia fu sempre il mio spirito a infondere a tutti i miei evangelisti le parole che essi pronunciarono e scrissero. Dì allora all'eremita che deve eseguire e portare a termine il lavoro dell'evangelista'. Alfonso di Jaén curò la redazione definitiva delle Rivelazioni e la loro suddivisione in otto libri. Nell'estate del 1370 Brigida era di nuovo a Montefiascone e fu ricevuta dal papa insieme ad Alfonso e a Nicola Orsini. Il risultato ottenuto fu per Brigida di parziale soddisfazione: la sua Regula Sanctissimi Salvatoris fu approvata, ma solo come appendice della Regola agostiniana che il monastero di Vadstena avrebbe dovuto seguire. Del privilegio di indulgenza richiesto per il monastero non si faceva alcuna menzione'. Era invece concessa licenza per la costruzione di un monastero per le monache con annesso quello per i monaci.
La bolla papale, datata S agosto 1370, era indirizzata all'arcivescovo di Uppsala e ad altri tre vescovi svedesi. Motivo di grande dispiacere per Brigida fu rendersi conto, durante il soggiorno a Montefiascone, che il papa non aveva nessuna intenzione di ritornare a Ro- ma, ma - cedendo alle pressioni dei vescovi francesi -stava anzi programmando di trasferirsi di nuovo ad Avignone. Fece allora avere a Urbano V una lettera ispirata dalla Vergine in cui gli si diceva: «Se riuscirà a tornare in patria, riceverà un colpo tale da fargli battere i denti; la sua vista si oscurerà e tutte le sue membra tremeranno... Gli amici di Dio non lo ricorderanno più nelle loro preghiere ed egli dovrà rendere conto a Dio di tutto quello che ha fatto e omesso»6. Urbano V non ne tenne conto. A metà settembre di quello stesso anno era già in Francia e il 19 dicembre improvvisamente morì.
A tornare definitivamente a Roma fu il suo successore Gregorio XI nel 1377: ma Brigida non poté accoglierlo come aveva fatto con Urbano V, perché era già morta da quattro anni. A prendere il testimone e convincere definitivamente il papa a tornare a Roma era stata un'altra grande santa: Caterina da Siena. Il 30 dicembre, dopo un solo giorno di conclave, fu eletto papa il cardinale Pierre Roger de Beaufort, che scelse il nome di Gregorio XI. Il neoeletto aveva quarantadue anni ed era nipote di Clemente VI, che l'aveva innalzato alla porpora cardinalizia appena diciottenne. Gregorio XI aveva studiato a Perugia ed era un insigne giurista; come uomo, era devoto, sensibile e intuitivo; come politico, sapeva bene che il ritorno del papato a Roma costituiva ormai un'esigenza improrogabile.
Brigida si rallegrò della sua elezione a papa, anche perché l'aveva conosciuto di persona quando era cardinale: si era infatti rivolta a lui per far recapitare a Urbano V la lettera con cui gli annunciava una rapida morte se fosse tornato ad Avignone.
Fiduciosa che Gregorio XI avrebbe riportato il papato a Roma, già nel gennaio 1371, pochi giorni dopo la sua elezione a pontefice, Brigida gli inviò la rivelazione ispiratale per lui dalla Vergine Maria; a recapitarla fu il suo devoto amico Latino Orsini. Ecco il testo della lettera: Io sono colei che ha generato il figlio di Dio. Dopo averti affidato alcune parole che dovevano essere comunicate a papa Urbano V, ora di nuovo ti dico alcune parole da trasmettere a papa Gregorio XI. Ma affinché queste parole siano meglio comprese, voglio fare un paragone: una madre amorevole vede il suo amatissimo bambino giacere nudo e tremante di freddo sul pavimento e si accorge che il piccino non ha la forza per alzarsi e piange miserevolmente per il desiderio delle carezze e del latte materno. Allora la madre si commuove e piena d'amore per il suo bambino corre rapida verso di lui, lo solleva, lo accoglie fra le sue braccia, lo riscalda col calore del suo seno materno e lo nutre dolcemente col suo latte. Allo stesso modo io, madre di misericordia, voglio comportarmi con papa Gregorio XI, se tornerà in Italia e a Roma con l'intenzione di rimanervi e se avrà la ferma volontà di porre rimedio alla miseria delle pecorelle a lui affidate e se si dedicherà con umiltà e amore a riportare la Chiesa ad una nuova condizione.
Allora io, madre veramente amorevole, lo solleverò da terra come un bambino nudo e tremante di freddo, cioè libererò lui e il suo cuore da ogni desiderio e attaccamento terreno contrario a Dio, e lo riscalderò col calore materno dell'amore che è nel mio petto. Lo nutrirò poi col mio latte, cioè con la mia preghiera... Ecco, io gli ho rivelato il mio amore materno, quello che gli dimostrerò se ubbidisce; poiché è volontà di Dio che egli riporti umilmente la sua sede a Roma. Affinché però il papa, nel caso che non obbedisca, voglia scusarsi col motivo dell'insicurezza, annunciagli con materno amore che cosa ne conseguirà: dovrà subire l'ira di Dio, mio figlio, la sua vita sarà abbreviata e sarà chiamato davanti al tribunale di Dio. Allora nessuna potenza terrena potrà aiutarlo. Anche la sapienza e la scienza dei medici non potrà giovargli e neppure l'aria del suo paese natale gli sarà benefica per allungare la sua vita anche di poco...
A quanto risulta, papa Gregorio XI fu molto colpito da questa rivelazione, che certamente contribuì a farlo orientare sempre più verso il progetto di lasciare Avignone. Brigida aveva fatto quanto poteva per indurre il pontefice a riportare la sede papale a Roma. Ora non restava che attendere. Intanto però era venuto il tempo di riprendere il bastone del viandante e affrontare il più lungo, impegnativo e agognato dei suoi pellegrinaggi: quello in Terra Santa.
CAPITOLO IX - IN TERRA SANTA
Il pellegrinaggio nella terra di Gesù era stato già più volte preannunciato alla veggente: la prima volta ad Alvastra, mentre assisteva il marito ammalato, la seconda volta a Roma, subito dopo l'anno giubilare 1350, nell'abitazione romana. In quell'occasione le era apparsa la Vergine che le aveva detto: «Andrai pellegrina nella città santa di Gerusalemme, quando piacerà a mio figlio. Andrai allora anche a Betlemme. Là ti spiegherò dettagliatamente come ho generato mio figlio Gesù Cristo, poiché egli così ha voluto».
Erano passati più di vent'anni da allora e dallo sposo celeste non era arrivata nessuna indicazione sul viaggio in Terra Santa. Il 25 maggio 1371 Brigida però ne udì la voce: «Preparatevi ad andare pellegrini a Gerusalemme per visitare la mia tomba e altri luoghi sacri che si trovano là. Appena ve lo dirò, lasciate Roma».
Brigida si spaventò, temendo di non riuscire a fare quanto il Signore le chiedeva: non era più giovane, si sentiva debole e ammalata, aveva mezzi economici limitati. Ma una nuova rivelazione dissipò i suoi dubbi e le fece superare ogni preoccupazione:
Partite adesso da Roma e andate a Gerusalemme. Perché temi per la tua età? lo sono il creatore della natura. lo posso rendere la natura debole o forte, così come mi piace. lo sarò con voi, raddrizzerò il vostro cammino, vi guiderò e vi ricondurrò a Roma. Vi provvederò anche dei mezzi necessari più abbondantemente di quanto abbiate avuto finora.
Brigida fece i preparativi. Con lei si mettevano in viaggio tre dei suoi figli: oltre a Caterina, c'erano anche Karl e Birger, venuti appositamente dalla Svezia per accompagnarla. Poi i due Petrus, il vescovo Alfonso e due cappellani svedesi. La partenza avvenne il 25 novembre 1371. In precedenza, come testimoniò Caterina, era stato comunicato alla santa che sarebbero ritornati tutti tranne uno.
La prima meta fu Napoli, dove Brigida e il suo seguito furono accolti con grandi onori dalla regina Giovanna. Qui trascorsero il Natale, in attesa del vento favorevole per prendere il mare. A quanto narrano le cronache, tra Karl e la regina nacque una storia d'amore molto passionale, che preoccupò alquanto la madre. Non si sa fino a che punto il fatto sia reale, di certo si sa che Karl era un personaggio particolare, romantico e amante dell'avventura. A fine febbraio peraltro Karl si ammalò, forse di cuore, e il 12 marzo 1372 morì. La regina pianse il suo cavaliere e partecipò con tutta la corte alle solenni esequie nella chiesa di Santa Croce.
Le testimonianze di Caterina e del vescovo Alfonso ci permettono di conoscere quale fu l'atteggiamento di Brigida: «Mentre la regina e molti piangevano, lei non pianse mai, ma raccomandava l'anima del figlio a Dio», raccontò la figlia'. E Alfonso: Ella sedeva a otto, dieci passi dal figlio, e quando lui rese l'anima a Dio non disse nulla né pianse, ma alzate le mani benedisse e ringraziò il Signore, conformandosi umilmente alla volontà divina. Non pianse neppure al solenne funerale, come piansero la regina ed altri, ma disse: «Vai, figlio mio, pellegrino benedetto da Dio e da me» (Vade, fili mi, peregrine benedicte a Deo et a me). E poiché molti mormoravano e la criticavano, lei rispose: «Non m'importa che dicano male di me, poiché faccio la volontà di Dio» (Ego non curo, quid dicunt malum de me, dum tamen ego faciam voluntatem Dei). Il giorno stesso delle esequie di Karl, il 14 marzo, la nave dei pellegrini salpò da Napoli e in cinque giorni, dopo una tempestosa traversata, giunse a Messina.
Ripartiti dopo una settimana, Brigida e i suoi accompagnatori giunsero a Cipro il 14 aprile. Il viaggio, come raccontò in seguito il vescovo Alfonso, non fu esente da pericoli e sia i marinai sia i passeggeri erano spaventati. Brigida però restava «paziente e serena» e alzava le mani al cielo ringraziando Dio. E poiché le chiedevano come mai lo ringraziasse, lei rispose che lo ringraziava perché permetteva che avessero quelle tribolazioni. A Cipro i pellegrini fecero una sosta di due setti-. mane. Appena giunta nell'isola, Brigida prese contatto con la regina Eleonora, figlia di Pietro d'Aragona e vedova di Pietro 1 di Lusignano, che era stato assassinato nel 1368 dai suoi cugini. La situazione politica era molto inquieta, anche a causa dei veneziani e dei genovesi che con i loro commerci avevano molto potere ed erano oggetto di timore e sfiducia. A quanto sembra, Eleonora aveva in animo di tornare in Spagna. Ella conosceva la fama di Brigida: l'accolse quindi con onore e le confidò le sue preoccupazioni.
Brigida prese a cuore le vicende del regno di Cipro e, in seguito a una rivelazione del suo celeste sposo, consigliò alla regina di non lasciare l'isola, di non risposarsi, di non cercare di vendicare l'assassinio di suo marito ma di restare accanto a suo figlio Pietro, che di lì a poco sarebbe stato incoronato re (di ritorno dalla Terra Santa Brigida fu presente all'incoronazione), e di consigliarlo per il meglio. Da Gesù ricevette anche una rivelazione destinata al giovane sovrano, nella quale si legge: È un grande impegno essere re; è un grande onore, ma anche una preoccupante responsabilità. Per questo è opportuno che il re sia un uomo maturo, esperto, prudente, giusto e laborioso, più attento al bene dei suoi sudditi che all'imposizione della propria volontà. Per questo fin dai tempi più antichi i regni venivano governati bene se veniva scelto un sovrano capace di governare con giustizia e desideroso di farlo.
Adesso però i regni non sono più regni, ma giochi da bambini, oggetto di follia e di rapina. Guai al regno il cui re è un bambino che conduce una vita sciocca, si circonda di adulatori e non si preoccupa del progresso della comunità. Dato però che questo fanciullo non porta in sé l'ingiustizia di suo padre, se vuole progredire e tenere alto l'onore del suo nome deve ubbidire alle parole che gli rivolgo per il bene di Cipro: non deve imitare lo stile di vita dei suoi predecessori, deve abbandonare la leggerezza dell'adolescenza, deve comportarsi da vero sovrano e scegliere consiglieri che amino più la sua anima e il suo onore che i suoi doni; deve odiare gli adulatori e non aver paura di dire la verità e di seguirla. Altrimenti questo giovane non avrà gioia dal suo popolo e il suo popolo non avrà gioia da questo giovane destinato ad essere re.
Appena le condizioni del mare lo consentirono, Brigida e il suo seguito si rimisero in viaggio per la Terra Santa; al gruppo dei pellegrini si unì il confessore della regina Eleonora, il francescano Martino d'Aragona, che fin dall'arrivo della santa a Cipro le aveva dimostrato grande venerazione. La traversata fu burrascosa e la maggior parte dei bagagli andò perduta. Particolarmente difficile fu l'ultimo tratto: quando erano ormai in vista di Gerusalemme, la nave fu sul punto di naufragare. Ma Brigida tranquillizzò tutti con queste parole: «Non temete, perché in questo naufragio nessuno di questa nave morirà». E così fu.
Finalmente i pellegrini poterono baciare il suolo della terra di Gesù. Sbarcati a Giaffa all'inizio di maggio, il 13 dello stesso mese Brigida e i suoi accompagnatori arrivarono a Gerusalemme e presero alloggio all'albergo dei Pellegrini. Il programma della santa prevedeva la visita ai luoghi dove Gesù era nato, era stato battezzato ed era morto e risorto. Gesù stesso , l'aveva sollecitata a non fare di più e a conservare le forze per i compiti futuri: «A causa della vostra debolezza è sufficiente per voi visitare i luoghi più vicini... Quando tornerete dal Giordano preparatevi al ritorno perché vi sono ancora molte cose da inviare ai pontefici». Il programma si concentrò quindi su Gerusalemme, Betlemme e il Giordano.
Complessivamente Brigida rimase in Terra Santa quattro mesi. La prima visita fu alla cappella costruita sul Golgota proprio nel punto in cui era stata eretta la croce, e fu qui che si presentò la grande visione della passione e morte di Gesù. Brigida aveva avuto fin da bambina un infinito amore e una grande venerazione per il Salvatore crocifisso e ogni venerdì, in memoria della passione, digiunava a pane e acqua. La visita alla cappella del Golgota avvenne appunto di venerdì: Brigida si inginocchiò, baciò devotamente la borchia collocata sul punto in cui era stata infissa la croce, pregò a lungo e pianse. Ed ecco che ebbe la visione che subito dopo trascrisse in questi termini:
Mentre ero sul monte Calvario e piangevo amaramente, vidi il mio Signore nudo e flagellato, condotto dai giudei alla crocifissione e da loro attentamente sorvegliato. Vidi anche un'apertura scavata nel monte e intorno a questa i carnefici intenti alla loro terribile opera.
Il Signore però si rivolse a me e disse: «Osserva, in questa apertura nella roccia fu piantata la mia croce nell'ora della mia passione». Subito vidi i giudei conficcare la croce nel terreno e fissarla con piccoli pezzi di legno incastrati tutto intorno affinché fosse ben salda e non cadesse. Quando la croce fu solidamente sistemata, costruirono una sorta di scala di legno che arrivava fino al punto in cui dovevano essere inchiodati i suoi piedi, in modo che per mezzo dei gradini sia lui che i suoi carnefici potessero salirvi per la crocifissione. Poi i carnefici salirono e con insulti e derisioni fecero salire anche Gesù. Egli salì mansueto come un agnello che si fa condurre al macello. Quando fu sulla scala, stese spontaneamente il braccio, aprì la mano destra e la pose sulla croce. E quei crudeli tormentatori lo inchiodarono alla croce, piantando il chiodo dove l'osso è più solido. Poi, tirandolo con una corda, al- zarono il braccio sinistro e inchiodarono la mano alla croce allo stesso modo. Poi il corpo di Gesù fu disteso sulla croce, i carnefici posero una tibia sopra l'altra e inchiodarono i piedi così uniti con due chiodi, stirando tutte le membra con tale violenza che le vene e i nervi furono sul punto di spezzarsi.
Poi gli rimisero in capo la corona di spine che gli avevano tolto durante la crocifissione e la premettero forte sul santo capo. La corona produsse tali ferite che subito gli occhi si riempirono di sangue che colò giù copiosamente. Anche le orecchie si riempirono di sangue e tutto il viso e la barba si colorarono di sangue scarlatto.
Subito dopo i carnefici e i soldati allontanarono le scale; rimase soltanto la croce alla quale era crocifisso il mio Signore.
Mentre io, sopraffatta dal dolore, meditavo sulla crudeltà dei carnefici, vidi la madre di Gesù accovacciata a terra, straziata dalla sofferenza, tremante e quasi fuori dai sensi. Giovanni e le donne, che stavano alla sua destra non lontano dalla croce, la confortavano. La pena per la sofferenza della santissima madre mi trafisse il cuore come una affilatissima spada. Poi la madre dolorosa finalmente si alzò, sollevò lo sguardo verso suo figlio e rimase lì, sostenuta dalle donne, fuori di sé per l'orrore e quasi morta. Quando il figlio vide piangere lei e gli altri amici, la raccomandò con voce autorevole a Giovanni. Dalla sua espressione e dalla sua voce si capiva che il suo cuore era trafitto come da una freccia acuminata dall'infinita compassione per sua madre.
I suoi cari e bellissimi occhi erano quasi spenti, la bocca aperta e sanguinante, il volto pallido e macilento, il corpo livido per la mancanza di sangue. Le pelle del suo santissimo corpo era così sottile e delicata che ogni minimo colpo vi lasciava un segno. Di tanto in tanto Gesù faceva il tentativo di raddrizzarsi sulla croce, perché la sofferenza che provava era insopportabile. Talvolta il dolore saliva dalle sue membra e dalle sue vene fino al cuore, tormentandolo crudelmente. Era una morte prolungata con disumana crudeltà. Allora, sopraffatto dal dolore e ormai vicino a morire, gridò con voce forte: «O Padre, perché mi hai abbandonato?».
Ora aveva le labbra pallide, la lingua piena di sangue, il corpo esangue. Nell'angoscia dell'estrema sofferenza gridò per la seconda volta: «O Padre, nelle tue mani affido il mio spirito!». Poi alzò un poco la testa, ma subito la reclinò e rese lo spirito. Quando la madre di Gesù vide ciò, tremò in tutto il corpo e sarebbe caduta a terra per l'indicibile sofferenza se non fosse stata sostenuta dalle altre donne.
Ora però i giudei cominciarono a schernirla e a gridarle ogni tipo di insulto. Gli uni dicevano: «Maria, tuo figlio è già morto!». Altri le rivolgevano parole di derisione. Ed ecco che un uomo si staccò dalla turba e con una lancia colpì Gesù sul lato destro con tanta violenza che quasi gli trapassò il corpo da parte a parte. E quando ritrasse la lancia dalla ferita, ne uscì una grande quantità di sangue.
Quando Maria vide ciò, prese a tremare violentemente piangendo e singhiozzando: un'altra spada affilata le aveva trapassato l'anima. Quando tutti se ne furono andati, alcuni amici di Gesù lo deposero dalla croce e la madre lo accolse tra le sue sante braccia e lo strinse al seno. Il corpo di suo figlio era un'unica ferita, pallido e sanguinante. Allora la madre dolorosa asciugò tutto il corpo e le feri- te di Gesù, gli chiuse gli occhi, glieli baciò e avvolse il corpo in un sudario pulito.
Poi con lamenti e lacrime condussero il corpo di Gesù alla tomba e ve lo deposero".
La visione fu trascritta da Brigida appena fu rientrata all'albergo dei Pellegrini e subito data ai sacerdoti perché la traducessero in latino. Betlemme dista appena nove chilometri da Gerusalemme e il tragitto poteva essere percorso a piedi in meno di due ore. Sulla grotta della Natività l'imperatore Costantino aveva fatto erigere una chiesa e Brigida si concentrò in preghiera proprio dove Gesù aveva visto la luce ed era stato deposto nella mangiatoia. Ed ecco che si realizzò la promessa che la Vergine le aveva fatto anni prima, cioè di mostrarle come avesse dato la luce al suo divin figlio`. Brigida ebbe infatti una visione, che in seguito trascrisse in questi termini:
Quando ero nella grotta del Signore a Betlemme, vidi una vergine vestita di un mantello bianco e di un abito leggero attraverso il quale io vedevo distintamente la sua carne virginale. Il suo corpo era pieno e molto forte, perché era in procinto di partorire. Presso di lei si trovava un uomo più anziano (Giuseppe). Avevano con loro un bue e un asino. Quando furono entrati nella grotta, l'uomo più anziano legò il bue e l'asino alla mangiatoia. Poi uscì e portò alla Vergine una candela accesa, la fissò alla parete e poi si allontanò per non essere presente al parto.
Ora la Vergine si sfilò le scarpe, si tolse il mantello bianco e il velo che le copriva il capo, ripose questi due capi vicino a sé e rimase vestita solo dell'abito (tunica). I bellissimi capelli erano sciolti sulle spalle e brillavano come oro. Poi prese due teli finissimi di lino e due di lana che aveva portato con sé per avvolgere il bambino che stava per nascere e anche altri due piccoli teli di lino per avvolgergli la testa. Pose anche questi accanto a sé per usarli quando sarebbe venuto il tempo.
Quando tutto fu pronto, si inginocchiò con grande devozione e pregò. Appoggiava le spalle alla mangiatoia e teneva il volto rivolto verso il cielo di Oriente. Pregando con le mani tese verso l'alto e gli occhi rivolti al cielo, entrò in estasi e fu alienata nei sensi e pervasa di divina dolcezza. Io vidi allora che il bambino che si trovava nel suo grembo cominciava a muoversi. Ed ecco che in un attimo ella partorì suo figlio, dal quale emanava una luce che non si può descrivere, non paragonabile a quella del sole e men che meno a quella della candela accesa dall'uomo anziano, che al suo confronto addirittura scompariva. Il parto avvenne in modo così rapido e improvviso che io non potei né osservare né distinguere esattamente in che maniera e con quale parte del corpo ella partorì. Piuttosto vidi subito quel bellissimo bambino nudo, che giaceva purissimo a terra. La sua pelle era perfettamente pulita. Vidi la placenta giacere a terra pura e tersa. Udii anche un canto angelico di meravigliosa bellezza e grande dolcezza. E subito il corpo della Vergine, che prima della nascita era gonfio, divenne di nuovo sottile e di meravigliosa bellezza. Quando la Vergine si rese conto di aver partorito, piegò il capo, giunse le mani in atteggiamento di devozione e rispetto, pregò commossa davanti al Bambino e gli disse: «Benvenuto, mio Dio, mio Signore, mio figlio!».
Ed ecco che il bambino pianse e cominciò a tremare per il freddo e la durezza del suolo su cui giaceva. Si distese un poco, tese le piccole braccia e le gambe e cercò le carezze e la protezione della mamma. Lei lo prese fra le braccia, lo strinse al seno e lo scaldò con grande gioia e materno amore. Poi si sedette per terra, si pose il figlioletto in grembo e prese con delicatezza fra le dita il cordone ombelicale che subito si spezzò senza che ne uscisse sangue o altro liquido. Subito dopo cominciò a fasciare il bambino. Prima lo avvolse nei teli di lino, sopra a questi pose quelli di lana; coprì quindi la testolina con le due piccole pezze di lino che aveva preparato.
Quando tutto fu finito, l'uomo, san Giuseppe, entrò, si gettò a terra, rimase in ginocchio e pregò e pianse di gioia davanti al bambino. La beata Vergine non si indebolì durante il parto, come avviene a tutte le altre donne. La sua forza fisica rimase intatta e il suo corpo riprese subito la forma che aveva prima del concepimento.
Ora Maria si alzò con il bambino tra le braccia ed entrambi, cioè la madre e Giuseppe, posero il bambino nella mangiatoia, si inginocchiarono e pregarono. In seguito, Brigida ebbe dalla Vergine altri particolari sulla nascita di Gesù: Quando fui sola nella stalla e pregavo in ginocchio, partorii mio figlio con tanta gioia e felicità dell'anima che non sentii alcun dolore e alcuna pena allorché egli lasciò il mio grembo. Lo avvolsi subito in teli puliti che già da tempo avevo preparato. Quando Giuseppe vide quello che era accaduto ne fu felice e si stupì che io non avessi avuto bisogno di alcun aiuto. Dato che la maggioranza delle persone a Betlemme erano occupate col censimento, non prestarono attenzione alla meravigliosa nascita divina. Tu però devi sapere che quanto ti ho detto è assoluta verità, anche se la gente che ragiona con mente umana osa pensare che mio figlio sia nato alla maniera in cui tutti nascono.
Dopo Gerusalemme e Betlemme, Brigida raggiunse con i suoi compagni il fiume Giordano e con grande commozione visitò il luogo in cui Gesù aveva incontrato Giovanni ed era stato battezzato. Sulla via del ritorno si soffermò a Betania per pregare sulla tomba di Lazzaro. Nell'ultimo periodo a Gerusalemme, nell'estate del 1372, Brigida fu colpita da quei disturbi che un anno dopo, aggravandosi, l'avrebbero portata alla morte: stanchezza, febbre insistente e dolori di stomaco. Il che tuttavia non le impedì di portare a termine il suo programma di pellegrinaggi. L'8 settembre, giorno in cui si festeggia la nascita di Maria, Brigida ne visitò la tomba al Getsemani ed ebbe una visione in cui la Vergine le rivelò: Dopo che mio figlio fu salito in cielo, io vissi ancora quindici anni nel mondo. Poi rimasi quindici giorni in questa tomba, trascorsi i quali fui accolta in cielo con infinito onore e gioia. Gli abiti con i quali ero stata sepolta rimasero nella tomba. Sappi che a parte il corpo trasfigurato di mio figlio e il mio, in cielo non c'è alcun corpo umano.
A Gerusalemme, con ogni probabilità, Brigida percorse molte volte la Via Dolorosa e tornò ripetutamente alla cappella del Calvario. I quattro mesi in Terra Santa costituirono per lei un periodo di grandissima gioia ed edificazione spirituale e passarono in un lampo. Quando, all'inizio di ottobre, venne il tempo del ritorno, i pellegrini si recarono a Giaffa e presero di nuovo il mare. L'8 dello stesso mese, dopo una buona e veloce traversata, sbarcarono a Cipro.
CAPITOLO X - IL RITORNO ALLA GERUSALEMME CELESTE
Pochi giorni dopo il suo arrivo a Cipro, il 12 ottobre, Brigida partecipò a Famagosta alla cerimonia di incoronazione a re di Cipro e Gerusalemme del figlio di Eleonora d'Aragona, Pietro II di Lusignano, detto Pietrino. I festeggiamenti furono funestati da un sanguinoso scontro fra i ciprioti e l'ambasceria di Genova, che si era offesa per la precedenza accordata ai veneziani. La contesa fu momentaneamente sedata, però le cose non finirono lì: un anno dopo i genovesi per vendicarsi tornarono a Cipro con una flotta e si impadronirono dell'isola. La regina Eleonora, contrariamente a quanto Brigida le aveva consigliato, tornò in Aragona e il giovane re morì ad appena ventisei anni senza lasciare eredi. L'isola visse alterne vicende, finché nel XVI secolo finì in mano ai turchi.
Dopo l'incoronazione del giovane re, Brigida ripartì con il suo seguito alla volta di Napoli. Il ritorno in Italia riportò con prepotenza alla sua attenzione ciò di cui maggiormente si preoccupava, cioè la lontananza dei papi da Roma. Gregorio XI, eletto nel 1370, era infatti ancora ad Avignone e benché ancor prima della sua elezione si fosse espresso a favore del ritorno del papato a Roma, non si era ancora deciso a compiere questo passo. Più volte l'aveva ammonito anche Caterina da Siena, ma inutilmente. A Napoli Brigida ebbe una visione in cui Cristo le disse: «Presta attenzione, figlia mia, e sappi che questo papa Gregorio è simile a un paralitico che non può muovere le mani per lavorare e le gambe per camminare; poiché come la malattia della paralisi deriva dal sangue, da umori infetti e dal gelo, così la passione sfrenata del suo sangue e il gelo dei suoi sentimenti per me trattengono questo papa ad Avignone. Tu però devi sapere che con l'aiuto delle preghiere di mia madre egli comincia già a muovere mani e piedi per venire a Roma, in esaudimento della mia volontà e in mio onore. Sappi quindi con assoluta certezza che questo papa verrà a Roma dove si avvierà sulla strada del bene, ma non vi farà molti progressi».
Rispose Brigida: «O mio Signore, la regina di Napoli e molti altri mi dicono che è impossibile che questo papa venga a Roma, perché il re di Francia, i cardinali e molte altre persone pongono ostacoli sulla sua via». In effetti è storicamente dimostrato che il papa non aveva alcun desiderio di tornare in Italia, a causa delle continue guerre e dell'incessante ostilità dei Visconti. La risposta di Cristo alle osservazioni di Brigida fu questa: «Io voglio ricondurre il papa a Roma. A te però non è concesso di sapere se lo vedrai oppure no».
Brigida non inviò questo messaggio al papa, ma attraverso il vescovo Alfonso, che si recò appositamente ad Avignone, gliene fece pervenire un altro in cui scriveva tra le altre cose: Vieni dunque a Roma, non esitare! E non venire con l'abituale sfarzo e lusso, ma con umiltà e caldo amore. E quando sarai arrivato a Roma, estirpa tutti i peccati dalla tua corte. Guardati dai consigli dei tuoi amici mondani e segui quelli spirituali dei miei amici. Non esitare, vieni e comincia a rinnovare la mia Chiesa, che ha bisogno di essere riportata alla sua primitiva, santa condizione... Figlio mio Gregorio, io ti sollecito ancora una volta, torna a me con umiltà e segui il consiglio del tuo Creatore e Padre.
Sempre attraverso il vescovo Alfonso, Brigida fece in seguito pervenire al papa anche un altro messaggio del Signore:
Il papa deve prestare attenzione soltanto a me e venire a Roma, anche se tutti gli sconsigliano di farlo e oppongono resistenza. Egli deve avere fiducia in me! Io l'aiuterò e nessuno dovrà prevalere su di lui. Poiché il papa esita a tornare a Roma per stabilire la pace e rinnovare la mia Chiesa, io voglio che egli venga il prossimo autunno e che sappia che nulla mi è più gradito del suo ritorno in Italia.
Come è noto, il papa non ubbidì e tornò a Roma solo quattro anni più tardi, nel 1377. Nel corso del soggiorno a Napoli Brigida ebbe modo di rivedere in più occasioni la regina Giovanna, che la ospitò nella sua residenza di Aversa offrendole la possibilità di riprendersi un poco dai disagi del lungo viaggio in Terra Santa. Nonostante la burrascosa relazione con suo figlio Karl, che Brigida non aveva certo potuto approvare, tra le due donne il dialogo era sempre rimasto aperto e l'amicizia non era mai venuta meno. Giovanna nutriva per la santa un'ammirazione sconfinata, che dimostrò anche quando fu chiamata a testimoniare al processo di canonizzazione.
Nel febbraio del 1373 Brigida era di nuovo a Roma, stanca e ammalata, ma sempre coraggiosa e combattiva. Per l'ultima volta Brigida visitò le chiese romane dove tante volte aveva pregato. L'accompagnavano in queste devote peregrinazioni la figlia Caterina, oppure il vescovo Alfonso o il confessore Petrus. La santa volle anche incontrare in quel periodo alcuni amici romani, tra cui Latino Orsini.
Ma stanchezza e debolezza ebbero il sopravvento e gradualmente Brigida smise di uscire dalla casa di Campo dei Fiori. Rimase nella sua stanza, dove veniva celebrata anche la messa. Come apprendiamo dalle Rivelazioni, i suoi ultimi giorni furono molto tormentati da dubbi e tentazioni di ogni genere. Ma la Vergine la rassicurò: «Se ti vengono alla mente pensieri impuri e non riesci a cacciarli, il tuo sforzo sarà comunque premiato poiché le tentazioni si presentano contro la tua volontà».
Sei giorni prima della morte, quando i medici pensavano che si sarebbe ripresa, la Vergine le disse ancora: Cosa dicono i medici? Dicono forse che non morirai? In verità, figlia mia, essi non comprendono cos'è la morte. Muore infatti colui che si separa da Dio, insiste nel,peccato e non se ne libera attraverso la confessione. E morto anche colui che non crede in Dio e non ama il suo Creatore. Vive e non muore colui che teme Dio, si purifica dai suoi peccati attraverso frequenti confessioni e desidera raggiungere Dio. Dato però che il Signore può rovesciare l'ordine della natura e mantenerti in vita, sappi che nei medicamenti non vi è salvezza né vita. Per questo non è necessario che tu ora ti affidi ai medici; infatti poco tempo richiede poco nutrimento.
Il giorno successivo Brigida fu gratificata da una visione di Gesù, che con volto sorridente le disse: Io mi sono comportato con te come uno sposo che si nasconde alla sposa affinché ella più intensamente lo desideri. Così in questo tempo non ti ho visitato portandoti consolazione, poiché era il tempo della tua prova. Poiché tu però hai superato questa prova, vieni dunque e preparati poiché è venuto il tempo che si realizzi ciò che ti ho promesso: davanti al mio altare devi essere vestita e consacrata, e d'ora in avanti non sarai soltanto la mia sposa, ma anche monaca e madre a Vadstena. Sappi però che tu deporrai il tuo corpo qui a Roma, ma esso in seguito giungerà nel luogo che gli è stato preparato. Poi Gesù le disse ancora: «Il quinto giorno all'alba, quando avrai ricevuto i sacramenti, chiama presso di te le persone, una dopo l'altra, e di' loro cosa dovranno fare. Così attraverso di loro raggiungerai il tuo monastero e il tuo corpo riposerà a Vadstena».
Brigida si preparò a morire. Negli ultimi cinque giorni che le restavano fu totalmente raccolta in Dio. Al processo la figlia Caterina così testimoniò a questo proposito: In quei cinque giorni la signora Brigida non volle assumere più alcun cibo terreno, soltanto un poco d'acqua per pulirsi la bocca. Non volle più che le si cambiasse la biancheria del letto e non volle più parlare con nessuno, a meno che non fosse assolutamente necessario; neppure volle più udire parole di consolazione, in ricordo delle sofferenze di nostro Signor Gesù Cristo. A mezzanotte del quinto giorno, l'ultimo della sua vita, Brigida fece chiamare i figli Caterina e Birger e i membri della sua famiglia spirituale (erano presenti tutti, meno il vescovo Alfonso che si trovava ancora ad Avignone) e parlò a ognuno. A Caterina disse: «Pazienza e silenzio!».
All'alba Petrus di Alvastra celebrò la messa e Brigida chiese di essere posta su quel duro tavolo di legno sul quale per tanti anni aveva scritto le divine rivelazioni". Poi rivolse gli occhi al cielo, mormorò le parole che Gesù aveva pronunciato prima di morire: «Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito», ed esalò l'ultimo respiro".
Negli Atti del processo di canonizzazione si legge: La signora Brigida nella sua ultima volontà aveva disposto che dopo la sua morte il suo corpo fosse seppellito nel cimitero di San Lorenzo in Panisperna del1'Urbe, e per evitare ogni superbia e inutile gloria aveva chiesto che la sepoltura avvenisse di notte, per sfuggire il concorso delle genti e la moltitudine delle persone. Questo desiderio non poté però essere realizzato perché la notizia della morte della santa si diffuse immediatamente in tutta la città e una gran folla di devoti ed estimatori volle partecipare alle esequie, che si svolsero il 27 luglio. Roma, che non sempre era stata accogliente con Brigida, le rivolse uno straordinario omaggio spontaneo.
Come fa notare il senatore Giulio Andreotti nella relazione tenuta in occasione delle celebrazioni per il sesto centenario della canonizzazione della santa (Roma, 3-7 ottobre 1991), non sempre il rapporto di Brigida con Roma fu sereno, non mancarono momenti in cui la sua passione morale indispettì il popolo per lo scomodo richiamo a una vita più severa. Le cronache però ci dicono che tutta Roma si commosse profondamente quando ella morì, al punto che per il grande concorso popolare per due giorni non fu possibile trasportare la salma al convento delle clarisse, luogo della temporanea sepoltura.
Il corpo, composto in una bara di legno racchiusa a sua volta in un antico sarcofago romano di marmo, fu deposto con grandi onori nella chiesa prescelta. Tuttora in San Lorenzo in Panisperna si trova la cappella di Santa Brigida, di fronte a quella di Crispino e Crispiniano in cui si venera un antico crocifisso di legno davanti al quale la santa si soffermava spesso in preghiera e veniva rapita in estasi.
La permanenza del corpo di Brigida a Roma doveva però essere solo temporanea: conformemente alla richiesta di Gesù, Brigida aveva chiesto ai figli, ai due Petrus e agli altri sacerdoti svedesi che facevano parte del suo seguito di portare le sue spoglie a Vadstena non appena fosse stato possibile. La partenza avvenne il 2 dicembre 1373, dopo il ritorno da Avignone del vescovo Alfonso: la cassa contenente le reliquie di Brigida fu caricata su un cavallo e il corteo di accompagnatori, anch'essi a cavallo, si avviò per la via Flaminia verso Montefalco, la città di santa Chiara. Qui ebbe luogo la seduta preliminare, voluta e presieduta dal vescovo di Spoleto, del processo di canonizzazione. Furono raccolte le prime testimonianze scritte, in particolare la Vita dei due Petrus.
Da Montefalco il vescovo Alfonso tornò a Roma, mentre gli altri proseguirono per Ancona, passando per il passo del Furlo. Da Ancona una nave li portò a Trieste. Ci fu poi il lungo attraversamento dell'Austria e della Polonia fino a Danzica, dove i ghiacci impedirono a lungo la partenza.
Finalmente le condizioni del mare consentirono di salpare, così che il 29 giugno 1374 la nave che trasportava le reliquie della santa toccò la terra svedese, accolta da una gran folla di devoti, tra cui Nils Hermansson, che era stato il precettore dei figli di Brigida e il suo primo insegnante di latino. Prima tappa svedese fu Linköping, nel cui duomo il feretro della santa rimase esposto con grandi onori per alcuni giorni.
Il 4 luglio 1374, a poco meno di un anno di distanza dalla morte, le reliquie di Brigida arrivarono a Vadstena e furono provvisoriamente collocate in una cappella lignea sulle mura di cinta, in attesa che fosse terminata la chiesa, a quel tempo in fase di costruzione. Durante tutto il viaggio la gente era accorsa numerosa a dare il benvenuto alla principessa svedese che tornava a casa. Si realizzavano così le parole del Signore, che aveva annunciato a Brigida che sarebbe stata monaca a Vadstena.
CAPITOLO XI - IL PROCESSO DI CANONIZZAZIONE
Brigida di Svezia fu canonizzata molto presto, appena diciotto anni dopo la morte. E del resto già in vita godeva fama di santità. A promuovere la causa lavorarono intensamente la figlia Caterina, i sacerdoti che le erano stati vicini e addirittura sovrani, in particolare Alberto I di Svezia e Giovanna di Napoli. Già nel novembre del 1375 papa Gregorio XI, che risiedeva ancora ad Avignone, avviò ufficialmente con la bolla Saepe a multis accepimus l'indagine sulla vita, la fama e i miracoli di Brigida.
Una volta raccolto il materiale, soprattutto a Roma, Napoli e Vadstena, Caterina lo consegnò a Gregorio XI, che nel frattempo era tornato a Roma, insieme al testo latino delle Rivelazioni curato dal vescovo Alfonso. All'inizio del 1377 presso la Curia romana fu aperto il processo di canonizzazione. Gregorio XI morì nel marzo di quello stesso anno; il suo successore Urbano VI, grande ammiratore di Brigida, lavorò al processo ma non riuscì a concluderlo in tempi brevi a causa dello scisma di Occidente. Nel 1380 Caterina, perdute le speranze di assistere personalmente alla canonizzazione della madre, tornò in Svezia, dove morì santamente il 24 marzo 1381. Nei dieci anni successivi morirono altri testimoni importanti della vita di Brigida: il vescovo Alfonso (1388), Pietro di Alvastra (1390) e il figlio Birger (1391).
Finalmente con Bonifacio IX, successore di Urbano VI, si arrivò alla cerimonia di canonizzazione, che si svolse solennemente in San Pietro a Roma il 7 ottobre 1391: si trattò della prima avvenuta in quella basilica. Il giorno in cui si festeggia la santa svedese è quello della morte, il 23 luglio, che segna la sua nascita all'eternità. La si ricorda anche il 7 ottobre, giorno della canonizzazione, e il 28 maggio, giorno della traslazione delle reliquie in Svezia.
I miracoli attribuiti a Brigida sono numerosi. Dagli Atti del processo di canonizzazione ricaviamo la descrizione di due tra i tanti avvenuti subito dopo la sua morte. Il primo, risalente al 1374, è questo: Un carpentiere era a letto da un anno con la tibia rotta (conquassata et lesa). Egli promise a Brigida di donare due vacche al monastero di Vadstena se fosse stato risanato, ma non guarì. Allora promise a Brigida di offrire un'immagine di cera a forma di tibia se fosse guarito, ma non avvenne nulla. Allora promise che avrebbe visitato personalmente le reliquie di Brigida al monastero e lavorato gratis per un anno. Ed ecco che nel sonno gli apparve Brigida che gli chiese: «Vuoi tu adempiere al voto e lavorare nel mio monastero?». E lui: «Lo voglio con tutto il cuore». E lei: «E io voglio risanarti». Al che l'uomo istantaneamente guarì.
Ed ecco il secondo: Nel 1376 una donna di nome Alfarana, moglie del siniscalco di Carlo di Durazzo, restava incinta ma il bambino moriva nel suo utero. Ella fece allora voto alla beata Brigida di inviare al suo sepolcro a Roma un'immagine d'argento a forma di bambino se avesse ottenuto da Dio che la creatura che aveva in seno fosse nata viva e potesse essere battezzata. Poi si mise al collo le reliquie di Brigida e le portò con devozione fino al parto. Partorì un bimbo maschio vivo e sano, e mandò il marito a Roma a portare l'immagine promessa.
In un testo settecentesco scritto da padre Guglielmo Burlamacchi troviamo la descrizione di numerosi altri miracoli, oltre un centinaio, avvenuti tutti pochissimo tempo dopo la morte della santa e attribuiti alla sua intercessione. Ne riportiamo alcuni: Otto pescatori, con un putto di nove anni, viaggiando nel maggior rigor dell'inverno sopra il vastissimo lago Weter vicino al monastero Vasteno, allora quando era tutto congelato, furono dalla Santa liberati dalla morte imminente, poiché spezzandosi, come è solito, con grandissimo strepito il ghiaccio, e dividendosi in mille parti, si trovarono i poverini con gran loro spavento sopra un pezzo di quel ghiaccio isolati, con pericolo di momento in momento di sprofondarsi; già vedevano perduta ogni speranza di salute, e ripercossi dall'agitazione delle onde, che suol essere con modo indicibile violentissima, altro non aspettavano che la morte; quando alzando gl'occhi verso la Chiesa della Santa, che da lontano appariva, si raccomandavano in un sì grave periglio alla sua protezione, invocando con alte voci il suo glorioso nome, e promettendole con vere lacrime di voler per l'avvenire emendare la loro vita e confessarsi e comunicarsi nella sua Chiesa; ed ecco che in un momento que' pezzi di ghiaccio divisi si riuniscono tra loro, e benché fosse il vento contrario, con tutto ciò in modo maraviglioso rassodandosi, diedero loro il passaggio libero alla riva.
Ma quell'inesperto giovinetto, essendosi fermato un poco per prendere le sue bisaccie, e quelle di alcuni compagni, non fu a tempo a seguire coloro, onde di bel nuovo divisi que' pezzi di ghiaccio, cadde il meschinello nel profondo del lago; e quivi si vide un altro più insigne miracolo, poiché quelli ch'erano in salvo, prostrati a terra, invocando di nuovo Santa Brigida, e raddoppiando le preghiere per la salute di quell'innocente, videro con loro grandissimo stupore esser da mano invisibile tolto dall'acque; ed a poco a poco condotto sano e salvo su'1 lido con inesplicabile allegrezza de' circostanti; non mancando poco dopo di portarsi a render grazie alla Santa per un sì segnalato beneficio'.
Al ghiaccio, assai comune in Svezia per lunghi mesi, sono legati molti altri miracoli attribuiti a santa Brigida, per esempio questo: Un fanciullo di dieci anni, essendo andato a pescare con alcuni suoi compagni nelle isole del mare di Svezia, si trattenne per qualche tempo su'1 ghiaccio fragile e già vicino a dileguarsi, senza conoscere il pericolo; poiché mentre gl'altri fuggivano per essersi accorti che, per la forza del vento stava per rompersi quella parte del mare agghiacciato, egli rimase solo sopra un pezzo di ghiaccio trasportato dalla corrente assai lontano dal lido; in un sì evidente pericolo cominciò a gridare ad alta voce: «O Santa Brigida aiutami»; fra tanto rinforzando il vento spezzò in minutissime parti ancor quel poco di ghiaccio sopra il quale stava il misero giovinetto; ma o prodigio veramente grande! Benché stesse con i piedi sopra Tacque, non per questo si affondava, ma vi si reggeva immobile come sopra una pietra, avendogli tramutato la Santa questo liquido elemento in saldissimo cristallo; essendo stato in questo modo più di sei ore, comparve una barchetta di pescatore, dal quale fu condotto sano e salvo sul lido, non cessando di render grazie alla sua Santa liberatrice.
Altri miracoli riguardano la navigazione e i pericoli delle tempeste, come quello che segue: Alcuni cittadini di Lincopia, dopo aver visitati i Santuari dell'Aquisgrano, si posero in mare per ritornare in patria; ed ecco che, nel più bello della navigazione sopragiunti da una terribile tempesta, si videro a pericolo di vita, poiché caduto un fulmine dal Cielo sopra la cima dell'albero della nave, vi attaccò il fuoco, e non fu mai possibile con tutte le loro industrie di estinguerlo; non era tanto il timore delle onde che riempivano il vascello, quanto quello del fuoco che minacciava di incenerirlo; si affaticarono per molte ore a smorzare la fiamma vorace, che ormai aveva consumate quasi tutte l'antenne, ma in vano; per lo che non trovando altro scampo, ricorsero tutti con vero cuore a Santa Brigida, facendo voto di pellegrinare fino a Vastena per riverire il suo benedetto Corpo; appena fatto il voto videro come da una mano distaccato dal legno quel vivo fuoco, e gettato lungi nel mare, con sì grande allegrezza di tutti, che non potevano trattenere le lacrime ad un sì manifesto miracolo; terminata poi felicemente la navigazione, non tardarono ad eseguire le loro promesse, celebrando da per tutto le glorie di sì gran Santa.
Numerosi altri miracoli riguardano la salvezza dai briganti, evidentemente assai numerosi a quel tempo, l'aiuto nel momento del parto, in occasione di altre infermità di varia natura e nei diversi pericoli della vita e la liberazione dai demoni. Non mancano i soccorsi di tipo spirituale, come quello offerto al nipote Karl: Vivendo con gran libertà secolaresca il principe Karl, nipote di Brigida, figlio di Karl suo primogenito, gli comparve una notte la Santa con un orologio a polvere nelle mani, del quale n'era già buona parte trascorso, e gli disse: «Vedi Karl, quanto poco resta di quest'orologio? Tanto tempo appunto, e non più, ti resta da vivere; perciò apparecchiati alla morte vicina. Se tu fossi stato obbediente a Dio ed a' tuoi maggiori, non solo saresti campato più lungamente d'ogni altro della nostra stirpe. Ma ancora saresti stato eletto arcivescovo di Lincopia, e divenuto una grande colonna della Chiesa». Spaventato per queste parole, il giovinetto pregò la Santa che volesse intercedergli dal Signore ancora un poco di tempo, che le prometteva di emendarsi intieramente e vivere in penitenza. Soggiunse Brigida: «No figliuolo; già la sentenza è data, ed il tempo è passato, preparati». Dette queste parole, disparve la Santa e poco dopo infermatosi, Karl passò a miglior vita, avendo prima ricevuti i Sacramenti con istraordinaria pietà e divozione. E fu sepolto a Vastena.
Brigida non aveva potuto veder realizzato il suo più grande desiderio: il ritorno del papa a Roma. In una famosa profezia Brigida aveva però descritto la nuova sede del papa, il Vaticano, dove si sarebbe concentrato il governo della Chiesa. E non si può fare a meno di stupirsi constatando fino a che punto la descrizione coincida con l'attuale Città del Vaticano: Vidi Roma dal palazzo del papa vicino alla chiesa di San Pietro fino alla fortezza di Sant'Angelo; e dalla fortezza fino alla chiesa dello Spirito Santo e fino alla chiesa di San Pietro, come se fosse una pianura e circondata da un solidissimo muro, e diverse abitazioni si trovavano all'interno di quel muro. Poi udii una voce che diceva: «Quel papa che ama la sua sposa (la Chiesa) con lo stesso amore mio e dei miei amici, possiederà questo luogo con i suoi collaboratori, affinché possa riunire con maggior libertà e pace i suoi consiglieri».
Dopo il Concordato del 1929 questa profezia fu mostrata a Pio XI, il papa della conciliazione, che ne rimase commosso e compiaciuto.
CAPITOLO XII - EREDITA LETTERARIA E SPIRITUALE DI BRIGIDA
Brigida era stata occasionalmente gratificata da alcune visioni fin dalla prima infanzia; fu tuttavia durante gli anni trascorsi ad Alvastra dopo la morte del marito che visioni e rivelazioni divennero più frequenti. Inizialmente Brigida non osò dar credito a quanto appariva al suo occhio interiore e a quanto le sue orecchie udivano durante l'estasi, temendo anzi che potesse trattarsi di una tentazione del demonio. Si rivolse allora al suo consigliere spirituale, maestro Matthias, teologo di fama, che dopo un attento esame dei testi la confortò e rassicurò.
Ma a far svanire ogni dubbio di Brigida furono le parole di grande potenza, bellezza e forza di persuasione che il Signore le fece udire quando si trovava ancora ad Alvastra e che nell'edizione definitiva aprono il primo libro delle Rivelazioni: Io sono il Creatore del cielo e della terra, uno in divinità con il Padre e lo Spirito Santo. Io sono colui che parlò ai,patriarchi e ai profeti e colui che essi attendevano. E per esaudire i loro desideri, secondo la mia promessa, che ho assunto carne umana senza peccato né concupiscenza, entrando nel ventre della Vergine allo stesso modo in cui un sole risplendente passa attraverso un vetro puro e trasparente. E come il sole, attraversando il vetro, non lo offende, così la verginità di Maria non fu né lesa né offesa quando io presi da lei la mia umanità. Ora devi sapere che io ho assunto l'umanità in modo da non rinunciare alla mia divinità. E sebbene fossi nel ventre della Vergine con umanità, ero ugualmente in comunione di divinità col Padre e lo Spirito Santo; e come lo splendore non si separa mai dal fuoco, così la mia divinità non si è mai separata dall'umanità, neppure nella morte...
E poi un appello personale e insieme un'investitura: E tu, figlia mia, che ho scelto per me e alla quale io parlo, amami con tutto il tuo cuore, non come un figlio o una figlia, o come i genitori amano i loro figli, ma più di tutto ciò che esiste al mondo; perché io, che vi ho creato, amo talmente la vostra anima che preferirei essere crocifisso un'altra volta, se fosse possibile, piuttosto che privarmene.
Dopo i comprensibili dubbi e le esitazioni del periodo iniziale, Brigida fu sempre saldissima nel suo convincimento di essere stata scelta dal Signore per far conoscere agli uomini certe verità. La certezza della sua missione le derivava dalla voce che le parlava dentro e le diceva: «Io sono il tuo Dio che vuole parlare con te».
La visione di Dio di Brigida derivava da esperienza diretta: Dio per lei non era un concetto astratto, ma un vissuto quotidiano. Consapevole del dono divino che possedeva, Brigida così cercò di descriverlo: «Dolcissimo Dio, è meraviglioso ciò che operi in me; quando a te piace, fai calare sul mio corpo un sonno spirituale e rendi l'anima capace di vedere e udire le cose dello spirito».
Di conseguenza la futura santa agì come docile strumento delle divina provvidenza e poté rivolgere senza timore i suoi ammonimenti, spesso assai duri e severi, a personaggi influenti e allo stesso papa. Il che, come fa notare padre Graziano di Santa Teresa in un pregevole studio dedicato all'azione politica delle sante medievali, in particolare Brigida di Svezia e Caterina da Siena, «meraviglia fortemente in donne d'altronde tanto deferenti verso qualsiasi autorità, religiosa e civile, tanto soggette ai loro direttori spirituali e di profondissima umiltà nella loro vita e condotta ordinaria»4. La deposizione al processo del vescovo Alfonso ci informa infatti che Brigida dimostrò sempre la massima obbedienza verso i suoi padri spirituali, al punto da «mortificare la propria volontà perché ogni cosa che faceva era sottomessa al consenso del predetto padre spirituale».
La figlia Caterina testimoniò la stessa cosa. Perché una persona così umile e rispettosa potesse inviare al papa e ai sovrani messaggi tanto severi e talora addirittura offensivi, era indispensabile che fosse convinta della loro origine divina e della loro conseguente necessità storica. Convincimenti che in Brigida non vennero mai meno.
Poiché le rivelazioni che Brigida riceveva non erano destinate soltanto a lei, ma anche ad altri, si presentò subito la necessità di trascriverle. Brigida prese così l'abitudine di mettere subito per iscritto quanto aveva udito: le parole del Signore, della Vergine e dei santi si imprimevano infatti con estrema precisione nella sua mente, così che, al risveglio dall'estasi, poteva trascrivere ogni parola velocemente e con sicurezza. Dopo che i testi erano stati fissati sulla carta, Brigida perdeva il ricordo esatto della successione verbale e non conservava altro che la memoria dell'argomento che era stato oggetto della rivelazione. Come sappiamo, Brigida scriveva in svedese e i testi venivano poi tradotti in latino da Petrus di Alvastra, aiutato di frequente da Petrus di Skànninge. In seguito fu il vescovo Alfonso, il devoto amico degli ultimi anni, a svolgere il lavoro redazionale vero e proprio, suddividendo le rivelazioni in otto libri, senza peraltro seguire un ordine logico o cronologico preciso.
La redazione definitiva delle rivelazioni fu curata nel secolo successivo dai monaci di Vadstena e stampata nel 1492 a Lubecca per incarico del monastero in ottocento esemplari su carta e sedici su pergamena: l'invenzione della stampa ad opera di Giovanni Gutenberg risaliva a pochi decenni prima (1455). I contenuti degli otto libri delle Revelationes possono essere così descritti:
Libri I e II: rivelazioni ricevute in Svezia
Libro III: moniti al clero e ai vescovi per la loro vita e il loro ufficio
Libro IV: rivelazioni ricevute a Roma e per Roma
Libro V: libro delle domande
Libro VI: visioni su temi vari
Libro VII: visioni ricevute in Terra Santa
Libro VIII: ammonimenti avuti da Gesù Cristo per principi e regnanti Alle Revelationes vanno aggiunte le Revelationes extravagantes (ossia «supplementari», non accolte nei testi canonici), che contengono notizie biografiche e anche indicazioni e consigli per le monache e i monaci di Vadstena.
Le opere di santa Brigida comprendono inoltre la Regola dell'ordine del Santissimo Salvatore, in trentuno capitoli, che la santa dettò a Petrus di Alvastra. Come abbiamo visto, per ottenere l'approvazione della Santa Sede si resero necessarie alcune modifiche di contenuto e aggiustamenti linguistici. C'è poi il Sermo angelicus, tradotto in latino da Petrus di Skànninge: ventuno letture liturgiche, tre per ogni giorno della settimana, che Brigida ricevette da un angelo durante il primo periodo del suo soggiorno romano, quando abitava nella casa del cardinale adiacente alla chiesa di San Lorenzo in Damaso, e che descrivono la storia della salvezza, dalla nascita di Maria fino alla sua glorificazione.
Nella sua Deposicio copiosissima il maestro Petrus testimonia a questo proposito: Ogni giorno la signora Brigida, dopo aver devotamente recitato le sue preghiere, si preparava nella sua camera, la cui finestra consentiva la vista dell'altar maggiore della chiesa, con carta e penna in mano e aspettava l'angelo, finché egli veniva. E l'angelo si poneva in piedi accanto a lei, col volto sempre rivolto verso l'altare dove si trovava il corpo di Cristo, e dettava chiaramente e ordinatamente le citate lezioni nella lingua materna della signora Brigida e lei con grande devozione scriveva tutto ciò che usciva dalla bocca dell'angelo. Qualche volta capitava che l'angelo non venisse e interrogata dal suo padre spirituale ella rispondeva con grande umiltà: «Oggi non ho scritto nulla, perché ho atteso l'angelo di Dio affinché mi dettasse, ma lui non è venuto». Ciò durò oltre un anno; non ogni giorno, ma di tanto in tanto l'angelo veniva da Brigida, che lo vedeva con gli occhi corporali. Vanno citate infine le Preghiere di Santa Brigida: quattro preghiere lunghe, due rivolte a Gesù e due alla Vergine, e quindici preghiere più brevi, che Brigida ricevette nel 1346 ad Alvastra, dedicate alla sofferenza del Redentore. Per tutta la vita Brigida le recitò quotidianamente.
Brigida attribuì sempre ogni suo scritto a Gesù e alla Vergine. Indipendentemente dalla fonte, sulla quale la critica letteraria non può né vuole esprimere alcun giudizio, l'opera che porta la sua firma, in particolare le Rivelazioni, è molto apprezzata. Quanto la santa sia stimata anche come scrittrice è chiaramente espresso dal professor E.N. Tigerstedt, docente di letteratura all'università di Stoccolma, che scrive: «Brigida è una delle figure più possenti e singolari della nostra letteratura, uno dei grandi scrittori svedesi».
Le Rivelazioni di santa Brigida sono peraltro state sottoposte a molte valutazioni teologiche. Il primo teologo che se ne occupò fu il maestro Matthias, che con la sua fama di teologo e uomo di cultura conferì loro autorità e legittimità: «Io Matthias, canonico di Linkòping, partecipo a tutti gli uomini con questo scritto la verità divina che ho udito confessando un'amica di Dio». In seguito, quando Brigida viveva ancora in Svezia, le analizzò l'arcivescovo Birger di Uppsala e a Roma soprattutto il vescovo Alfonso di Jaén. Tutti furono d'accordo nel riconoscerne l'ispirazione divina. Nel corso del processo di canonizzazione, papa Gregorio XI fece accuratamente valutare le Rivelazioni da tre cardinali e vari teologi, che giunsero alla medesima conclusione. Nel 1379 infine Urbano VI istituì un'altra commissione di cardinali e teologi, che ugualmente trovò le rivelazioni veritiere e ispirate da Dio, quindi adatte a essere diffuse, ed espresse pubblicamente e ufficialmente tale risultato.
Questa dichiarazione suscitò in molti il desiderio di conoscerle, e fu così che importanti personalità politiche e religiose inviarono appositamente messi a Roma per procurarsele; tra questi anche il re di Boemia, Carlo V di Francia e le regine di Napoli, Cipro e Castiglia. Le Rivelazioni furono quindi ricopiate molte volte. La canonizzazione di Brigida, avvenuta il 7 ottobre 1391, ne accrebbe ulteriormente la fama.
Nonostante l'approvazione di papi e teologi e il parere positivo dei padri consiliari di Costanza (1415) e di un'ulteriore commissione creata nel 1455 dal concilio di Basilea della quale faceva parte anche il famoso cardinale Giovanni Torquemada, non sono mancati gli oppositori, a giudizio dei quali alle Rivelazioni doveva essere attribuito valore esclusivamente umano. Altri supposero addirittura che i due Petrus e il vescovo Alfonso avessero ampliato, modificato e abbellito i testi, o addirittura se li fossero inventati. Certamente coloro che posero mano alle Rivelazioni, le tradussero in latino e ne curarono l'edizione definitiva hanno apportato qualche contributo personale. Ma è giusto ipotizzare che si sia trattato di un contributo formale, e non sostanziale, sia per il rispetto nei confronti di Brigida e per il prezioso materiale che veniva loro affidato, sia perché Brigida aveva una conoscenza del latino sufficiente per controllare testo e traduzione.
Con riferimento al contributo umano alle Rivelazioni, Gesù stesso disse a Brigida: Io sono come un falegname che taglia pezzi di legno nel bosco, li porta a casa e ne ricava una bella scultura, che orna di colori e figure di contorno. Quando i suoi amici vedono che la scultura potrebbe essere ornata di colori ancora più belli, vi sovrappongono i loro colori e aggiungono altre pitture. Così io, Dio, ho tratto le mie parole dal bosco della mia divinità e le ho poste nel tuo cuore. 1 miei amici poi, in forza della virtù che è stata loro data, hanno riunito queste parole in libri e le hanno dipinte e ornate.
Il contributo umano non è negato, ma spiegato e collocato in corretta luce. L'origine di ciò che viene visto e udito durante le estasi ha sempre suscitato discussioni e problemi: non soltanto nel caso di Brigida di Svezia ma anche di tanti altri mistici e santi che furono gratificati da visioni e audizioni. Con riferimento a Brigida, coloro che le vissero accanto ritennero le sue Rivelazioni di origine soprannaturale, e dello stesso avviso sono ancor oggi numerosi studiosi e devoti; per altri esse sarebbero in parte attribuibili alla fantasia di lei, per altri ancora lo sarebbero in toto. A giudizio di alcuni, Brigida ricorrerebbe all'origine soprannaturale dei testi per dar loro maggior efficacia. Commenta a questo proposito frate Graziano Maioli: Chi non ammette alcuna origine soprannaturale dovrà collocare Brigida fra i grandi geni letterari per l'incredibile varietà di situazioni, ora tragiche ora drammatiche, e per il continuo succedersi di traslati sempre attinenti al soggetto, anche se talvolta sembrino strani...
Cristo, rivolto alla corte celeste, dichiara ch'egli parla in quella data maniera propter cognitionem et instructionem istius adstantis sponsae, quae spiritualia non potest percipere nisi per corporalia (cioè: «per conoscenza e istruzione di questa sposa, che non può capire le cose spirituali se non attraverso le cose corporali»). Certo, se questa ed altre espressioni simili sono una finzione letteraria, bisogna riconoscere in Brigida un ingegno sopraffino e anche una certa dose di umorismo.
Le Rivelazioni di santa Brigida sono anche un'opera di grande afflato poetico: in mille modi viene espresso l'amore sconfinato della santa per il Cristo, la Vergine e il mistero della Trinità. Per rendersene conto basta leggere le espressioni dedicate alla Vergine Maria, paragonata per esempio a un arcobaleno: Io sono la Vergine che dall'alto assiste il mondo in continua preghiera, allo stesso modo in cui dalle nuvole l'arcobaleno tende verso la terra e sembra toccarla. L'arcobaleno sono io, che attraverso la preghiera mi chino verso gli abitanti della terra, buoni o cattivi che siano. Mi chino verso i buoni affinché siano saldi e costanti in ciò che la Chiesa comanda loro, e verso i cattivi affinché non progrediscano nella loro cattiveria.
Ed ecco le parole con le quali la Madre di Dio spiega a Brigida come mai fu scelta dal Signore: Un uomo, cercando delle pietre, trovò la calamita e la custodì fra i suoi tesori perché essa conduce le navi in porto. Così mio Figlio, cercando fra le sue pietre che sono i santi, scelse me come Madre affinché attraverso di me gli uomini fossero condotti al porto della salvezza e nell'oasi del cielo. Come la calamita, con una dolce attrazione, richiama a sé il ferro, così io attiro a Dio i più duri di cuore...
La Vergine è paragonata anche a un fiore dal quale le api succhiano dolcezza: Io somiglio a un fiore dal quale le api colgono dolcezza; e sebbene esse ne prendano molta, la mia dolcezza non finisce mai; infatti io sono in grado di prodigare grazie a tutti, avendone sempre in sovrabbondanza. 1 miei eletti sono come le api, che con tutta la devozione di cui sono capaci sono attenti a qualsiasi cosa minacci il mio onore, e come le api lavorano con cura e attenzione....
Maria è paragonata infine a un giardiniere: Sono come un giardiniere di questo mondo, che quando vede soffiare il vento impetuoso che danneggia le piante e gli arboscelli, si reca subito in giardino e li lega e li sorregge con pali e sostegni, prendendo ogni precauzione affinché non si rovinino, non si rompano e non si sradichino. Ebbene, io faccio la stessa cosa: essendo Madre di misericordia nel giardino di questo mondo, quando vedo che si alzano i venti delle tentazioni mi rivolgo subito a Dio, mio Figlio, con le preghiere implorandolo affinché siano sostenuti e protetti dai venti impetuosi delle tentazioni...
Chi disprezza l'aiuto di mio figlio e il mio, si lascia portare via dal vento delle tentazioni. Come si può constatare, l'uso di paragoni e allegorie è assai frequente e risponde a una necessità, come fu spiegato a Brigida: Ciò che vedi, non si rivela a te così com'è; infatti se tu vedessi la bellezza spirituale degli angeli e delle anime sante, il tuo corpo non potrebbe sopportarlo e per la gioia che la tua anima proverebbe a tale vista si spezzerebbe come un vaso lesionato e fragile. E se tu vedessi i demoni come realmente sono, o vivresti con grande tormento oppure improvvisamente moriresti a causa di tale orribile vista. Per questo motivo le cose spirituali si mostrano a te con veste materiale e ti vengono illustrate con parabole, altrimenti la tua anima non potrebbe afferrarle. Ma la cosa più meravigliosa è che tu senti il mio spirito muoversi nel tuo cuore.
Indubbiamente la varietà, la bellezza, la ricchezza, il coraggio e il frequente annuncio profetico riscontrabili nei testi che, assai velocemente e senza correzioni, Brigida scriveva dopo l'estasi o dettava ai suoi confessori non sono facilmente spiegabili. Accettarne o meno l'origine trascendente resterà tuttavia sempre una scelta squisitamente personale. Quello che conta in questa sede, e che vale qualunque sia l'interpretazione prescelta, è sottolineare il fine che le Rivelazioni si propongono.
Scopo delle Rivelazioni e dell'intera missione di santa Brigida è il rinnovamento della Chiesa, che ella amò moltissimo e che non intese riformare: volle soltanto ripristinarne il volto legittimo sfigurato dagli uomini. Brigida non criticava le leggi vigenti, denunciava il fatto che non fossero osservate, e mostrava la Chiesa qual era al suo tempo, triste e tenebrosa, e quale avrebbe dovuto essere, luminosa e pura. Non si limitava a condannare, ma indicava la via per il ritorno alla primitiva purezza.
È la Vergine stessa a rivelare a Brigida il triplice profilo della Chiesa alla luce del ministero di tre apostoli: Giovanni, Pietro e Paolo. In Giovanni splendono l'obbedienza e la dolcezza che Brigida deve far sue: «Abbassati alle cose umili e avrai le sublimi. Lascia la tua propria volontà se vuoi essere piccola. Disprezza le cose terrene e sarai una creatura celeste. Disprezza le cose superflue ed avrai abbondanza spirituale».
Pietro è animato dalla fede: «In Pietro brilla la fede della Santa Chiesa. E come Pietro rimase stabile fino alla fine, così rimarrà stabile fino alla fine la fede della Chiesa». E ancora: «Cerca pertanto la santa fede nella Chiesa di san Pietro; una volta che l'hai cercata conservala nella tua memoria e portala alla perfezione nelle tue opere».
In Paolo infine si trova la pazienza per vivere la carità di Cristo e soffrire per lui: «Con la pazienza di Paolo si accende la carità di Dio nei cuori, gli animi si infiammano per compiere cose grandi, l'uomo diventa umile, mite, misericordioso, fervente verso le cose celesti, sollecito di sé, perseverante nelle iniziative intraprese». Obbediente Giovanni, fermo nella fede Pietro, amorosamente paziente Paolo: queste tre grandi virtù devono animare la Chiesa e i suoi fedeli. Forte delle sue rivelazioni, la santa svedese sollecitava gli ecclesiastici a non trascurare i loro doveri, ad abbandonare mondanità e sfarzo, concubinato e simonia, e ricordava ai monaci l'osservanza delle regole dei fondatori. Brigida era ben conscia dei mali della Chiesa e nella già riportata lettera al vescovo di Orvieto` ne descrive il miserando stato. Nel primo libro delle Rivelazioni, al capitolo XLI, compendia le colpe del papato. Anche questo messaggio è stato riportato in un precedente capitolo. Brigida fustiga i papi per abuso di potere e mancanza di adesione ai loro doveri, però difende il papato come istituzione e come ideale.
Con riferimento ai vescovi, mette in bocca a sant'Ambrogio, che le appare a Milano, prima tappa del viaggio in Italia, una severa critica a Giovanni Visconti, arcivescovo e signore temporale di Milano, usando ancora una volta un'allegoria, quella delle dieci ore. Eccola:
C'era un uomo che aveva una brava e buona moglie, ma le preferiva la domestica. Da ciò derivarono tre cose: le parole e il sorriso della domestica lo rallegravano più della moglie; donò alla domestica i vestiti più belli non curandosi che la moglie andasse vestita umilmente di stoffa ordinaria, macchiata e strappata; passava con la domestica nove ore su dieci, mentre ne dedicava una soltanto alla moglie. Delle nove ore, occupava la prima a guardare la ragazza rallegrandosi della sua bellezza. Nella seconda ora dormiva fra le sue braccia. Nella terza lavorava lietamente per lei. Nella quarta si riposava accanto a lei. Nella quinta si dava da fare per procurarle tutto quello che le era necessario. Nella sesta era lieto perché ella si dimostrava riconoscente. Nella settima si accendeva di desiderio e nell'ottava lo soddisfaceva. Nella nona tralasciava di fare alcune cose che avrebbe dovuto fare. Nella decima faceva quello che non aveva voglia di fare, cioè si dedicava alla moglie. Ma un giorno si presentò a lui uno dei parenti della moglie e gli disse severamente: «Ritorna alla tua legittima consorte, amala, vestila decentemente e passa nove ore con lei e soltanto una con la ragazza; se così non farai, affronterai una morte tremenda».
Il significato è chiaro: il vescovo è consacrato alla Chiesa, così come il marito lo è alla legittima sposa. E come l'uomo dell'allegoria ha trascurato la moglie per dedicarsi alla ragazza, così il vescovo trascura la Chiesa per dedicarsi alle cose mondane. Brigida rivolse a Giovanni Visconti appelli molto eloquenti, che tuttavia non ebbero effetto, per cui le fu spiegato che quel vescovo era «come una testuggine, sulla cui dura corazza i colpi rimbalzano; egli è contento di vivere nel fango e di andarsene in giro con la testa rivolta verso il suolo, e non desidera altro che continuare a vivere nel peccato».
Brigida ebbe grandissima stima del ruolo del sacerdote, che amministra i due sacramenti più importanti, la confessione e la comunione; ruolo che può continuare a svolgere, purché regolarmente ordinato, anche se indegno: «E io dico che i preti sono veri preti e consacrano il corpo di Gesù Cristo anche se sono carichi di peccati; essi trattano veramente Dio sull'altare e amministrano gli altri sacramenti anche se, a causa dei loro peccati, sono indegni davanti a Dio della gloria celeste».
La vita dissoluta di certi sacerdoti la induce tuttavia a dire: «È più caro a Dio che costoro non dicano messa, piuttosto che tocchino il corpo di Dio con le loro mani meretrici». Brigida non volle distruggere, ma purificare e rinnovare. Il risultato della sua lunga e intrepida missione non fu sempre positivo, non sempre i suoi moniti furono ascoltati. Ma molto opportunamente scrive Graziano Maioli nello studio sopra citato: Anche persone non prevenute contro Brigida, anzi stimandola per la sua santa vita, non sempre furono docili agli avvisi e agli ammonimenti dati da lei, così da poter concludere che in parte la sua missione fallì; ma gli insuccessi, comuni d'altronde al profetismo vecchio-testamentario e all'annuncio evangelico, indicano solo che all'offerta di rinnovamento da parte di Dio corrisponde spesso la neghittosità e l'insofferenza dell'uomo. È allora che la tempra dell'araldo di Dio manifesta la sua resistenza inflessibile. Infatti anche Brigida non venne mai meno al suo compito di intermediaria fra il cielo e la terra fino all'ultimo respiro.
Scopo ultimo dell'opera di Brigida a favore del rinnovamento della Chiesa, della moralizzazione dei costumi, del miglioramento dei rapporti fra le nazioni e fra i sovrani e il loro popolo, fu in ultima analisi l'elevazione del livello spirituale della società e del singolo individuo. Il secolo XIV nel quale Brigida visse fu denso di difficoltà sociali e politiche: la guerra dei cent'anni, le innumerevoli contrapposizioni tra i principi laici ed ecclesiastici, la peste nera e il papato avignonese, con tutte le conseguenze che questa situazione comportò. Brigida visse appieno il suo tempo, immersa nel mondo anche quando a Roma conduceva vita praticamente monacale, e prese atto per esperienza diretta di tutto questo.
Si divideva fra esperienza ascetica ed estatica e fervida attività di denuncia, ammonimento e stimolo nei confronti dei potenti del mondo. La sua opera letteraria è la perfetta testimonianza di tutto questo: grande afflato mistico e altrettanto grande coinvolgimento mondano, così che Brigida è compiutamente cittadina del cielo e della terra, realizzando al massimo livello la vocazione umana e spirituale del cristianesimo, per il quale la terra è il vivaio del cielo.
CAPITOLO XIII - IL LIBRO DELLE DOMANDE: LA TEOLOGIA DI SANTA BRIGIDA
Il V Libro delle Rivelazioni, detto Libro delle Domande, è molto particolare e completamente diverso dagli altri: è il testo propriamente teologico di santa Brigida. Esso è frutto di una lunga visione che la santa ebbe quando viveva ancora in Svezia e dal monastero di Alvastra, dove si era stabilita dopo la morte del marito, si stava recando a cavallo al castello di Vadstena che il re le aveva donato perché fosse la sede dell'ordine del Santissimo Salvatore. Il vescovo spagnolo Alfonso Pecha de Vadaterra, autore della prefazione al libro, racconta che Brigida cadde improvvisamente in estasi e vide una lunga scala che partiva da terra e raggiungeva il cielo dove Cristo era seduto in trono come un giudice, circondato da angeli e santi, con la Vergine ai suoi piedi. Sulla scala c'era un monaco, una persona colta che Brigida conosceva ma che non viene nominata; costui si dimostrava molto agitato e nervoso e gesticolando poneva ostinatamente domande a Cristo, che gli rispondeva con pazienza.
Le domande che il monaco pone al Signore sono quelle che probabilmente ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si pone sull'esistenza di Dio e il comportamento umano, con ogni probabilità gli stessi interrogativi che Brigida stessa si era posta o si poneva. Il Libro delle Domande è quindi una sorta di manuale di fede cristiana per persone dalla fede non salda, un testo umanissimo e molto vicino all'anima di chiunque si interroghi seriamente e sinceramente sui grandi problemi della vita, sulla fede e sul nostro destino ultimo.
Sappiamo che, giunta a Vadstena, Brigida fu destata dai suoi servitori; lei se ne dispiacque, perché avrebbe preferito restare nella dimensione spirituale nella quale si era trovata immersa. Tutto però era rimasto perfettamente impresso nella sua mente, per cui poté trascriverlo in pochissimo tempo. Nel monaco che si arrampica sulla scala molti hanno visto il maestro Matthias, il grande teologo, primo confessore di Brigida; altri genericamente un frate domenicano (nelle miniature dei manoscritti il monaco è rappresentato col saio domenicano), simbolo dell'orgoglio intellettuale al quale comunque Gesù, con estrema comprensione e generosità, offre tutte le risposte.
Ecco come viene introdotta la trattazione: Capitò una volta che Brigida andava a cavallo a Vadstena essendo accompagnata da parecchi dei suoi amici, che erano anch'essi a cavallo. E mentre cavalcava elevò lo spirito a Dio e subitamente fu rapita e come alienata dai sensi in maniera singolare, sospesa nella contemplazione. Vide allora come una scala fissata a terra, la cui sommità toccava il cielo; e nell'alto del cielo vedeva Nostro Signor Gesù Cristo seduto su un trono solenne e ammirevole, come un giudice giudicante; ai suoi piedi era seduta la Vergine Maria e intorno al trono vi era una innumerevole compagnia di angeli e una grande assemblea di santi.
A metà della scala vedeva un religioso che conosceva e che viveva ancora, conoscitore della teologia, fine e ingannatore, pieno di diabolica malizia, che dall'espressione del volto e dai modi mostrava di essere impaziente, più diavolo che religioso. Ella vedeva i pensieri e i sentimenti interiori del cuore di quel religioso e come si esprimeva nei confronti di Gesù Cristo... E vedeva e udiva come Gesù Cristo giudice rispondeva dolcemente e onestamente a queste domande con brevità e saggezza e come ogni tanto Nostra Signora dicesse qualche parola a Brigida.
Ma quando la santa ebbe concepito nello spirito il contenuto di questo libro, avvenne che arrivò al castello. 1 suoi amici fermarono il cavallo e cercarono di destarla dal suo rapimento ed ella fu dispiaciuta di essere stata privata di così grandi divine dolcezze.
Questo libro delle domande rimase impresso nel suo cuore e nella sua memoria come se fosse stato scolpito nel marmo. Ella lo scrisse subito nella sua lingua volgare, che il suo confessore tradusse in seguito in latino, così come aveva tradotto gli altri libri...
li Libro delle Domande contiene sedici interrogazioni, ognuna delle quali è suddivisa in quattro, cinque o sei domande, a ognuna delle quali Gesù risponde dettagliatamente.
Per dare subito un'idea precisa della struttura e del contenuto del libro, riportiamo per intero la prima interrogazione che contiene cinque domande legate alla nostra fisicità.
Prima interrogazione
1. O giudice, io ti interrogo. Tu mi hai donato la bocca: non debbo forse parlare di cose piacevoli?
2. Tu mi hai donato gli occhi: non devo vedere gli oggetti che mi dilettano?
3. Tu mi hai donato le orecchie: perché non dovrei ascoltare i suoni e le armonie che mi piacciono?
4. Tu mi hai donato le mani: perché non dovrei farne ciò che mi piace?
5. Tu mi hai donato i piedi: perché non dovrei andare dove mi conducono i miei desideri?
Risposte di Gesù Cristo
1. Il giudice, seduto su un trono sublime, con gesti molto dolci e molto onesti rispose: Amico mio, ti ho dato la bocca per parlare ragionevolmente delle cose utili all'anima e al corpo, e delle cose che sono in mio onore.
2. Ti ho dato gli occhi affinché tu veda il male e lo eviti e affinché tu veda il bene e ad esso ti ispiri.
3. Ti ho dato le orecchie per ascoltare la verità e per udire ciò che è onesto.
4. Ti ho dato le mani affinché con esse tu faccia ciò che è necessario al corpo e che non nuoce all'anima.
5. Ti ho dati i piedi perché tu ti allontani dall'amore del mondo e ti avvicini al riposo eterno, all'amore della tua anima e a me, tuo Creatore.
Ma il monaco va ancora più a fondo, insistendo sugli stessi temi: O giudice, ti domando perché mi hai dato i sensi corporali se non dobbiamo vivere in base ad essi. Perché ci hai donato la carne e altri sostentamenti corporali se non vuoi che li utilizziamo vivendo secondo gli appetiti disordinati del corpo? Perché ci hai dato il libero arbitrio se non possiamo seguire la nostra volontà?
E la risposta è questa: Amico mio, ho donato all'uomo i sensi e l'intelligenza per seguire le vie della vita e per fuggire le vie della morte. Ho donato le carni e gli alimenti necessari al sostentamento corporale perché vengano usate con moderazione e l'anima acquisti maggiore virtù, senza essere indebolita e oppressa dalla quantità eccessiva. Ho donato all'uomo il libero arbitrio perché rinunci alla propria volontà per amor mio, che sono il suo Dio, accrescendo così i propri meriti. Sempre collocato a metà della scala, il monaco rivolge al Signore altre domande che si riferiscono ancora alla condizione umana: O giudice, perché devo ricercare la sapienza divina visto che possiedo la sapienza del mondo? Perché devo piangere, avendo in me in abbondanza la gloria e la gioia del mondo? Dimmi perché e come devo rallegrarmi nelle afflizioni corporali. Perché devo aver paura, possedendo forze molto grandi? Perché dovrei ubbidire agli altri se dispongo della mia volontà? Ed ecco le risposte: Amico mio, colui che è giudice agli occhi del mondo è cieco e folle davanti a me. Pertanto, per acquisire la mia divina saggezza, è necessario ricercarla diligentemente e umilmente.
Chi possiede gli onori del mondo e la sua gioia è spesso agitato da cure diverse e immerso in amarezze che conducono all'inferno. Pertanto, per evitare che si allontani dalla vista del cielo e che venga fuorviato, è necessario che preghi e che pianga.
È assai utile rallegrarsi nell'afflizione e nell'infermità della carne, poiché la mia divina misericordia è vicina a chi patisce le sofferenze che rendono più breve la via che conduce alla vita eterna.
Tutti coloro che sono forti, lo sono grazie alla mia forza, poiché io sono più forte di loro. Devono quindi temere sempre che le loro forze siano loro sottratte.
Chi dispone del libero arbitrio deve temere e comprendere che non vi è nulla che conduca più facilmente alla dannazione eterna che la propria volontà priva di una guida. Chi rinuncia alla propria volontà e la pone nelle mani mie, che sono il suo Dio, avrà il cielo senza pena alcuna. E poi questa umanissima domanda: Perché permetti che il corpo soffra? La risposta è questa: L'infermità affligge il corpo affinché l'uomo stia bene attento a conservare dentro di sé, attraverso la sofferenza e il controllo della carne, la moderazione spirituale e la pazienza, che è sovente messa in pericolo a causa del vizio dell'incontinenza e l'attaccamento alle cose superflue. Il male, la sofferenza, la morte sono temi che ricorrono ampiamente nelle domande del monaco, e del resto si tratta dei misteri più grandi e sentiti dell'esistenza umana. All'interrogazione successiva troviamo infatti queste precise domande: Perché la peste, la carestia e altri affanni affliggono il corpo? Perché la morte arriva quando meno ci si pensa, così che raramente la si può prevedere? E la risposta, paziente e condiscendente, del giudice non tarda ad arrivare: È scritto nella legge che chi ruberà dovrà restituire più di quanto abbia rubato.
Fintanto che gli uomini ingrati ricevono i miei doni e ne abusano, non mi rendono affatto l'onore che mi è dovuto. E per questo che io permetto le pene del corpo, affinché l'anima sia salva nell'altro mondo. Talora io punisco l'uomo nelle cose che più ama, affinché colui che non mi ha voluto riconoscere nella gioia mi riconosca nella tristezza.
Mi chiedi anche perché la morte è improvvisa. Se l'uomo conoscesse il giorno della sua morte, mi servirebbe per paura e cadrebbe nella disperazione. Che l'uomo dunque mi serva per spirito d'amore, abbia sempre cura di sé e sia sicuro di me; è per questo che l'ora della morte è incerta, e ciò è giusto in quanto avendo l'uomo abbandonato il vero e il certo, era necessario e giusto che fosse afflitto da ciò che era incerto.
Il monaco ha ancora molte cose da chiedere al Signore, per esempio queste: Perché non mostri la tua gloria agli uomini in questo mondo, affinché mentre vivono ti desiderino con maggior fervore? Perché gli angeli e i santi, che sono più nobili e più sublimi delle creature mortali, non sono visti dagli uomini in questa vita? Essendo le pene dell'inferno orribili e incomparabili, perché non le mostri agli uomini in questa vita, così che possano evitarle?
Ed ecco la risposta: La mia gloria è ineffabile e incomparabile in soavità e bontà. Se dunque la mia gloria fosse vista così com'è, i corpi dell'uomo corruttibile si disintegrerebbero, così come lo furono i sensi di coloro che videro la mia gloria sulla montagna. Il loro corpo si distruggerebbe anche a causa della troppo grande gioia dell'anima e non potrebbe più fare gli esercizi corporali. Quindi, poiché l'ingresso del cielo non è aperto senza le opere dell'amore, la mia gloria è loro nascosta per qualche tempo affinché, per il desiderio e la fede, possano in seguito vederla più abbondantemente e più felicemente che mai. Perché non si vedono i santi nel luogo dove si trovano? Se i miei santi fossero visti e parlassero chiaramente, riceverebbero l'onore dovuto; ma la fede perderebbe il suo merito e la debolezza della carne non potrebbe sopportare il loro splendore. Del resto la mia giustizia non vuole che una sì gran luce sia vista da una così grande fragilità.
Tu chiedi ancora perché le pene dell'inferno non sono viste. Se le pene dell'inferno fossero viste così come sono, l'uomo si spaventerebbe e cercherebbe il cielo, non per spirito d'amore ma per timore. E poiché nessuno deve desiderare le gioie celesti per paura delle pene, ma per la divina carità, io nascondo le pene dei dannati. Come i buoni e i santi non possono gustare questa gioia ineffabile prima della separazione dell'anima dal corpo, così i malvagi non possono gustare le pene terribili prima della morte; ma essendo la loro anima separata dal corpo, essi sperimentano le sofferenze attraverso i sentimenti che non hanno voluto capire nel loro spirito quando avrebbero potuto farlo per mia grazia.
II monaco, sempre stando sulla sua scala, affronta poi questioni squisitamente spirituali relative alla Vergine e agli angeli, ponendosi il doloroso interrogativo suscitato dal raffronto tra la condizione angelica e quella umana: O giudice, perché sei così ineguale nei tuoi doni e nelle tue grazie e hai prediletto e preferito la santa Vergine Maria su tutte le creature e l'hai esaltata al di sopra degli angeli? Perché hai donato agli angeli lo spirito senza la carne e li hai destinati alle gioie celesti? E perché hai donato all'uomo un vaso di terra e uno spirito e l'hai obbligato a vivere con fatica e pena e a morire con dolore?
La risposta del Signore è di grande solennità: Amico mio, io nella mia divinità conosco fin da tutta l'eternità tutte le cose future; quelle avvenute come quelle che devono avvenire, perché come la caduta dell'uomo è stata da me prevista, così la mia giustizia l'ha permessa; essa però non è stata predisposta da Dio, e neppure la divina prescienza poteva impedirla; allo stesso modo la mia misericordia ha previsto da tutta l'eternità la necessità della liberazione dell'uomo.
Tu domandi perché ho privilegiato al di sopra di tutte le altre la Madre di Dio e perché l'ho amata al di sopra e al di là di tutte le creature; ciò è avvenuto perché in lei è stato trovato un segno vero di virtù; infatti come il fuoco si accende rapidamente quando il legno è ben disposto, allo stesso modo il fuoco del mio amore si accese più ardentemente in mia Madre, essendo ella meglio disposta; perché quando l'amore divino, che è di per sé immutabile ed eterno, cominciò ad apparire e a bruciare allorché la mia divinità si incarnò, così non esisteva creatura più adatta e più capace di ricevere le fiamme del mio amore della Santa Vergine, poiché nessuna aveva tanta carità quanta ne aveva lei; e sebbene il suo amore si fosse manifestato alla fine dei tempi, non di meno ella era stata conosciuta da tutta l'eternità prima dell'inizio dei tempi, e di conseguenza predefinita da tutta l'eternità nella divinità; infatti come nessuno le è stato uguale nell'amore, così ella non ha avuto eguali in grazia e benedizione.
Poi un'altra domanda rivolta direttamente a Gesù: Essendo stato concepito ed essendo nato senza peccato, perché hai voluto essere battezzato?
Risponde il Signore: È necessario che colui che vuole aprire una nuova strada la inizi personalmente. In altri tempi era stata donata al popolo una via carnale, la circoncisione, in segno di obbedienza e purificazione, che sortiva l'effetto di grazia futura e di promessa ai fedeli che rispettavano la legge, prima che venisse la verità promessa, cioè Gesù Cristo. Ma essendo arrivata la verità e non essendo la legge che un'ombra, era stato stabilito da tutta l'eternità che la via antica si sarebbe ritirata, perché priva di effetto. Affinché dunque la verità apparisse, l'ombra si ritirasse e si manifestasse la via più facile per arrivare al cielo, io che sono Dio e uomo per umiltà ho voluto essere battezzato per dare l'esempio a molti e per aprire il cielo ai credenti e ai fedeli; e per dimostrarlo, dopo che fui battezzato, il cielo si aprì, fu udita la voce del Padre, lo Spirito Santo apparve in forma di colomba. Io, figlio di Dio, ho dimostrato di essere vero Dio e uomo, affinché si sappia e si creda che il Padre eterno apre i cieli ai battezzati e ai fedeli. Lo Spirito Santo è con colui che battezza...
Io, che sono la verità, ho dissipato le ombre. La scorza della legge fu spezzata, apparve il nocciolo, la circoncisione fu sospesa e il battesimo fu confermato in me, affinché il cielo fosse aperto ai grandi e ai piccoli e i figli dell'ira divenissero figli della grazia e della vita eterna.
Il monaco insiste e pone la domanda che da duemila anni l'uomo si pone: O giudice, te lo domando, poiché tu sei Dio ed uomo, perché non hai manifestato la tua divinità così come hai manifestato la tua umanità, affinché tutti credessero in te?
E il giudice risponde: O amico mio, ti rispondo affinché la malizia del tuo pensiero sia conosciuta ad altri... Poiché Dio non permette niente senza un motivo, ti rispondo non alla maniera umana, dato che noi trattiamo di cose spirituali; ma con similitudini, affinché la mia risposta sia compresa.
Tu domandi dunque perché non ho mostrato la mia divinità allo stesso modo in cui ho manifestato la mia umanità. lo rispondo: la mia divinità è spirituale e la mia umanità è corporale. Tuttavia la divinità e l'umanità sono inseparabili, la mia divinità è increata e tutto ciò che è in essa è bontà e perfezione. Se dunque una bontà e una perfezione tanto grandi si fossero manifestate all'occhio imperfetto dell'uomo, chi avrebbe potuto sostenerle, dato che l'occhio umano non riesce a sopportare neppure la vista del sole materiale?...
È per due ragioni che la mia divinità non si è manifestata più chiaramente: 1° per l'imperfezione umana, che non era in grado di sopportarla, poiché gli occhi umani sono di sostanza terrena: se l'occhio corporale vedesse la divinità, si scioglierebbe come cera davanti al fuoco; se l'anima avesse in sorte di vedere la divinità, il corpo si fonderebbe e si annienterebbe come cenere. 2° non si è manifestata inoltre a ragione della mia divina bontà e della sua costante stabilità; infatti se io mostrassi agli occhi mortali la mia divinità, che è incomparabilmente più risplendente del sole e del fuoco, io andrei contro quanto io stesso dissi: L'uomo non mi vedrà affatto e vivrà. Nemmeno i profeti mi videro, loro che videro la montagna fumante e dissero: Che Mosè ci parli, e noi l'ascolteremo. Per questo io, che sono misericordia, affinché l'uomo mi capisse meglio e non si spaventasse, mi sono mostrato a lui in una forma che potesse essere vista e udita, ovvero nella mia umanità, che contiene - come velata - la mia divinità.
Io, che sono Dio e non sono corporale, ho voluto poter essere udito e visto dagli uomini nella mia umanità.
Non ancora stanco, il monaco chiede ancora: Perché hai preferito nascere da una Vergine piuttosto che da un'altra donna che non lo era?
Ed ecco la risposta: Poiché a me, Dio purissimo, meglio si convengono le cose pure... La verginità è una via molto bella che conduce al cielo e il matrimonio è soltanto una via; di conseguenza era ragionevole che io, Dio purissimo, riposassi nel seno di una Vergine purissima, così come il primo uomo era stato tratto dalla terra, che in qualche maniera era vergine, non essendo stata ancora inquinata dal sangue ...
Infine una domanda dolorosamente umana: Perché molto spesso i malvagi prosperano più dei buoni?
E il Signore risponde: Ciò è indizio della mia grande pazienza e del mio amore, perché se io donassi i beni temporali soltanto ai miei amici, i malvagi si dispererebbero e i buoni si inorgoglirebbero. Io invece dono ad ognuno i beni temporali affinché io, il loro Dio, autore e creatore di ogni cosa, sia da tutti amato e affinché quando i buoni diventano superbi siano indotti dai malvagi ad essere giusti. Tutti sanno anche che le cose corporali non devono essere preferite a me, ma devono soltanto essere usate affinché l'uomo capisca che meno stabilità trova nelle cose temporali più deve essere saldo nel servirmi.
Brigida fa parte di quel novero di sante medievali che furono assai attive nella Chiesa, pur operando in un tempo poco propizio al sesso femminile. È esemplare in questo senso quanto scrisse al riguardo san Tommaso, che tanto influsso ebbe sulla concezione dei rapporti tra i sessi e il ruolo della donna. Egli riteneva che la donna fosse «ausiliaria all'opera dell'uomo nella procreazione», e che «in ogni altra opera» egli trovasse «un migliore aiuto in un altro uomo che nella donna».
Tra queste donne coraggiose che seppero farsi valere in un mondo di uomini sono da ricordare, oltre a Brigida di Svezia, Ildegarda di Bingen (1098-1179), Caterina da Siena (1347-1380), Giovanna d'Arco (1412-1431) e la beata Coletta di Corbie (1381-1447), che fu riformatrice di conventi maschili e femminili. Per capire santa Brigida, la sua vita e la sua opera è necessario far riferimento all'atmosfera sociale, religiosa e culturale del XIV secolo. Per diritti di nascita e in seguito anche per la sua fama di santità, Brigida frequentò sempre le più alte sfere del mondo politico ed ecclesiastico del tempo. Inoltre i suoi grandi pellegrinaggi la portarono a percorrere gran parte dell'Europa e a prendere atto con chiarezza delle ostilità e delle discordie che dividevano i popoli. Soprattutto avvertiva la crisi del papato che si era allontanato da Roma.
Dinamica, portata all'azione, tesa a fare del bene a tutti, Brigida aveva un forte istinto sociale. Quando fu libera da impegni familiari, decise di prendere dimora a Roma, per operare a favore del ritorno del papa e del rinnovamento della Chiesa. Questa donna del Nord, della più lontana periferia del mondo cristiano di allora, seppe farsi carico della responsabilità della Chiesa di Roma, centro della cristianità, che era rimasta priva del suo pastore. Al ritorno del pontefice a Roma e al rinnovamento della Chiesa Brigida legava in maniera indissolubile il grande discorso della pace di tutta la cristianità, e per questa operò incessantemente finché ebbe vita. In questo senso la sua missione è di portata veramente europea. La Chiesa che deve essere rinnovata ha il suo simbolo proprio in lei, chiamata alla santità di vita. La stessa fondazione di un ordine formato da uomini e donne simboleggia una nuova vigna che deve essere piantata in un momento in cui la vita religiosa è assai decaduta anche fra i religiosi.
Ma Brigida non si limita a sollecitare il rinnovamento della vita sacerdotale e monastica: tutti devono cooperare a questo compito, tutti i cristiani devono essere «amici di Dio» e disposti a lavorare per il rinnovamento della Chiesa: oggi parleremmo di apostolato dei laici. Per loro questa esortazione: Voi amici miei, che siete nel mondo, andate sicuri a proclamate la mia volontà e gridate affinché tutti aderiscano. Io sarò nel vostro cuore e sulla vostra bocca. Non vi abbandonerò, andate con coraggio perché con la fatica si accresce la gloria. Potrei fare infatti tutto d'un tratto e con una sola parola, ma voglio che dalla lotta cresca la vostra ricompensa, e per il vostro coraggio la gloria mia.
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