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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

La Beata Vergine Maria nelle Litanie Lauretane

Nel corso dei secoli la teologia cattolica (mariologia) ha sviluppato varie forme di venerazione della Vergine, basandosi non su speculazioni astratte (gnostico-intellettuali), ma bensì su alcune tradizioni storico-religiose del Cristianesimo, come i testi dei santi e dei padri della Chiesa, nei quali Maria è presentata con vari titoli, come: "Madre della misericordia, Speranza dei disperati, Regina dei miseri, Mediatrice di tutte le grazie, Refugium peccatorum vivente,..."
San Cirillo d'Alessandria, Lettera 1, dalla memoria facoltativa della "Liturgia delle Ore di Rito Romano", 27 giugno: "Mi meraviglio oltremodo che vi siano alcuni che dubitano che la santa Vergine si debba chiamare Madre di Dio. Ed invero se nostro Signore Gesù Cristo è Dio, perché mai allora la santa Vergine che l'ha generato non dovrebbe chiamarsi Madre di Dio? I discepoli di Gesù ci hanno tramandato questa fede, quantunque mai adoperino questa formula. In questo senso siamo stati istruiti dai santi Padri."
San Bernardo di Chiaravalle, "De laudibus Virginis Matris": "[...] Ella apre l'abisso della misericordia di Dio a chi vuole, quando vuole e come vuole; così che non vi è peccatore, per quanto iniquo sia, il quale si perda, se Maria lo protegge." - e continua, dicendo che la maestà mariana non dev'essere fonte di timore o di vergogna nel pregarla (a causa dei propri peccati), al contrario: - "[...] Ma come potresti tu, Maria, ricusare di soccorrere i miseri, poiché sei la regina della misericordia? E chi mai sono i sudditi della misericordia, se non i miseri? Tu sei la regina della misericordia e io, essendo il peccatore più misero di tutti, sono il più grande dei tuoi sudditi."
Essa, giacché che fu eletta ab aeterno da Dio per portare il Redentore agli uomini, e dal momento in cui accettò Gesù ad opera dello Spirito Santo, è divenuta anche Madre di tutti gli uomini, dei giusti e dei peccatori che si rivolgono a Lei.
E l’amore di Dio per Maria è tanto immenso, infinito ed illimitato che Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, ("Le glorie di Maria", cap. II) le si rivolge in tal modo: "[...] Saresti in grado di ottenere la grazia anche per lucifero in persona, se quello spirito superbo si umiliasse di fronte a Te!"
Sancta Trinitas unus Deus
L'ultima invocazione tratta dalle Litanie dei Santi (Sancta Trinitas unus Deus) è come il riepilogo della parte introduttiva delle Litanie Lauretane.
E' una invocazione e professione di fede nella Santa Trinità, graficamente riprodotta con una grande lettera A maiuscola, di forma triangolare, al vertice della quale sta il Padre e alla base dei cui lati sono riprodotte le immagini del Figlio e dello Spirito Santo.
La scritta sulle aste che formano la A dice: "Ego sum Α et Ω" (Io sono l'alpha e l'oméga, Ap 1, 8); e la scritta alla base della composizione: "Hi tres unum sunt" ("Queste tre Persone sono un'unica realtà, 1Gv, 5,7) è tratta dalle lettere di San Giovanni.
Particolarmente interessante la scritta centrale riferita all'immagine della Vergine, che è come il naturale completamento del quadro: "B proxima primae". Come dire che la A è la prima lettera dell'alfabeto e la B, che è la seconda e che la segue immediatamente, ne è anche la più vicina.
L'ovvia interpretazione teologica è che, nell'alfabeto dell'universo di Dio che è tutto (dall'α all'ω), Maria è la prima lettera della creazione e riproduce in modo speculare l'immagine di Dio nell'universo creato.
Sancta Maria
L'invocazione, che è come l'ouverture di tutti i titoli nei quali si snodano le Litanie Lauretane, è commentata con le espressioni bibliche: "Dic mihi, quo apellaris nomine?" ("Dimmi, ti prego: qual è il tuo nome?", Gn 32, 30) in alto, e "Benedictus Dominus, qui hodie Nomen tuum ita magnificavit, ut non recedat laus tua de ore hominum" ("Benedetto il Signore che oggi ha tanto esaltato il tuo nome che mai gli uomini cesseranno di lodarti", Gdt 13, 18.19) in basso.
Nella composizione del quadro - mentre Angeli osannanti tra rami di ulivo lodano il nome della Vergine ("Oleum effusum nomen tuum", "Il tuo nome è profumato come olio versato", Ct 1, 2; "Olivam pulchram vocavit Dominus nomen tuum", "Il Signore ti ha chiamato con il nome di stupendo ulivo", Ger 11, 16) - e giovani cantori al leggìo intonano canti, Satana, precipitato all'Inferno, è costretto a riconoscere la potenza del nome di Maria: "Terribile nomen ejus" ("Il suo nome è terribile!", Sal 110, 9).
Prima dei titoli che la tradizione cattolica conferisce alla Madre di Dio deve logicamente trovarsi il nome della Vergine Maria ("E il nome della Vergine era Maria", Lc 1, 27); perciò l'invocazione iniziale è: Santa Maria, prega per noi!
Dolce e semplice invocazione che ci mette davanti la persona che sarà oggetto della nostra venerazione e annuncia che i titoli che seguiranno sono come dei raggi che si dipartono da questo centro focale che è il dolcissimo nome della Vergine di Nazareth.
Sancta Dei Genitrix
"Santa Madre di Dio, prega per noi!" Quadro e testo biblico di commento ("Peperit Filium suum primogenitum", "Maria diede alla luce un figlio, il suo primogenito", Lc 2, 7) sono come un presepio, presentato dal Padre Eterno con l'espressione: "Ego hodie genui te", "Io ti ho oggi generato", *****).
Madre di Dio è il primo e principale titolo che diamo a Maria, perché la divina maternità è la prima delle grandezze della Santa Vergine, la ragione di tutte le grazie e di tutti i privilegi soprannaturali a lei concessi, il fondamento del culto specialissimo (iperdulìa) che a lei tributiamo. La Vergine, Madre di Dio, occupa un posto particolare tra il Creatore e le creature; Ella ha la gloria incomparabile di avere per figlio il Figlio stesso di Dio Padre ed è entrata nel mistero della Trinità, stabilendo, per così dire, delle nuove relazioni fra le Persone divine: una grandezza di creatura umana che sconfina nella divinità della Trinità Santissima, secondo l'espressione di Tommaso d'Acquino: "Fines divinitatis propinquius attingit", "Tocca proprio da vicino i confini della divinità".
Maria Madre di Dio è la Madonna del Natale, la donna del primo sguardo dell'uomo sul Dio fatto uomo, accarezzato con occhi trasparenti di tenerezza materna e di santità. Santa Dei Genitrix, fa' che contempliamo anche noi con sguardo di fede e di amore il tuo figlio, il Verbo fattosi uomo, il Bambino Gesù del nostro Natale!
Sancta Virgo Virginum
Il Verbo di Dio, che è la Santità per essenza, non poteva nascere se non da una Vergine perfettamente pura; la perfetta verginità preparò così Maria alla maternità divina. I due personali privilegi di Maria, che riassumono la sua grandezza e la elevano al di sopra di tutte le creature, sono la maternità divina e la perfetta verginità. Per questo la Chiesa, dopo avere salutato - nelle Litanie lauretane - la Madre di Dio, la saluta Vergine per eccellenza: Vergine tra le vergini. Questi due privilegi, infatti, quasi si richiamano l'un l'altro.
"La divinità del Figlio - dice Bossuet -, volendo unirsi ad un corpo mortale, richiedeva in certo qual modo che la verginità si frapponesse alle due nature, perché avendo qualcosa di spirituale, essa poté preparare la carne ad unirsi a quello Spirito infinitamente puro".
È per la sua grandezza che la Chiesa ha sempre onorato la verginità, assegnando alle Vergini consacrate un posto di particolare onore nella Comunità cristiana. Perché, come in Maria la divina maternità consacrò e abbellì la sua perfetta integrità spirituale e fisica, così la verginità consacrata cerca di imitare la santità di Dio, nell'integrità di vita. Esprimono molto bene questi concetti le parole della Scrittura che il quadro ci presenta: "Viderunt eam filiae et beatissimam predicaverunt", "L'hanno vista le ragazze e le hanno detto: 'Beata te!' " (Ct 6, 9; "Una est columba mea, perfecta mea", "Per me c'è solo lei, la mia stupenda colomba" (Ct 6, 9); "Adolescentularum non est numerus", "Il numero delle ragazze è infinito" (Ct 6, 7).
Mater Christi
Dicendo alla Santa Vergine: Madre di Gesù Cristo, la Chiesa afferma la natura umana del nostro divin Salvatore, e quindi la reale maternità di Maria.
Sotto questo titolo, pare davvero che la Madre di Dio sia più vicina a noi. La natura e la grazia fanno della Madre di Gesù un esemplare unico di tenerezza e di purità che degnamente corrisponde all'amabilità infinita del Verbo Incarnato. E Maria che vive in un'atmosfera divina le gioie della maternità, può dire con le parole della Scrittura: "Peperit Filium suum primogenitum et pannis eum involvit", "Maria diede alla luce un figlio, il suo primogenito, e lo avvolse in fasce" ( Lc 2, 7); "Te in utero novem mensibus portavi, et lac dedi, et alui", "Per nove mesi ti ho portato in seno e ( per tre anni) ti ho allattato e nutrito" (2 Mac 7, 27). E, ancora: "Dilectus meus mihi inter ubera mea commorabitur", "Il mio amore riposa sul mio seno" ( Ct 1, 13).
Quale immensa gioia fu per Maria veder crescere il figlio, ascoltarlo nell'intimità e vederlo obbedire e faticare nel lavoro, sentirlo tutto a lei dedicato ed essere tutta per lui! Davvero, se nella divina maternità contempliamo la grandezza incommensurabile di Maria, nella maternità umana della Vergine comprendiamo di poter aggiungere a ciò che scrisse Tertulliano ("Nessuno è padre quanto Dio"), che "nessuna è madre quanto Maria".
Mater Divinae Gratiae
Maria merita questo titolo, non soltanto perché, avendo messo al mondo l'Autore della Grazia, a noi la procura in Lui e per mezzo di lui; ma soprattutto perché veramente la meritò e ne è la dispensatrice. Maria è, infatti, corredentrice del genere umano, è inseparabile da Gesù nella promessa e nel compimento dei santi misteri che questa grazia ci ottengono. Vanno giustamente applicate a lei le parole della Scrittura: "Adeamus ad tronum gratiae", "Accostiamoci (con piena fiducia) al trono della grazia" (Eb 4, 16); "In me gratia omnis", "In me ogni grazia" (Sir 24, 25) e specialmente: "Gratia plena", "Ricolma di grazia" (Lc 1, 28). Nella sequenza delle Litanie lauretane, dopo avere invocato la Madonna Madre di Cristo, la invochiamo ora Madre della grazia divina poiché la maternità spirituale della Beata Vergine è la conseguenza della sua maternità corporale: Maria, che ha avuto in Gesù l'Autore della Redenzione, con Gesù ce ne applica gli effetti; come aveva generato il Capo, ne genera le membra. Il titolo di Madre della divina grazia richiama per la Vergine Maria gli attributi di corredentrice, di cooperatrice o di mediatrice di grazia: questione impegnativa della mariologia. Qui ci limitiamo a sintetizzarla così: con il titolo di mediatrice universale di tutte le grazie, nell'ambito cattolico, espresso anche dal magistero pontificio e dai testi liturgici, è chiaramente insignita la missione di Maria nell'impetrare da Dio e nel distribuire a tutti gli uomini ogni tipo di grazie, da quelle temporali a quelle della salvezza eterna. Maria, cioè, ha una "funzione salvifica subordinata", è "causa mediata" della grazia, mentre solo "Cristo è l'unico mediatore fra Dio e l'uomo" (1 Tim 2, 5-6). Conseguentemente, la funzione materna di Maria non diminuisce od oscura la mediazione del Cristo, che rimane unica, ma ne mostra l'efficacia rispetto agli uomini.
Mater purissima
"Tota pulchra es et macula non est in te", "Sei tutta bella, sei perfetta!" (Ct 4, 7): la Chiesa, applicando a Maria queste parole del libro del Cantico dei Cantici, ne fa una nota antifona della sua liturgia. Ora, sappiamo che la Chiesa ha la missione di interpretare le Sacre Scritture e che, illuminata dallo Spirito, ne conosce il senso e lo spiega, senza potersi ingannare. Ne consegue la certezza dell'attribuzione alla Vergine Santa del titolo di 'Madre purissima'.
Titolo che ha il suo fondamento nella sua immunità dalla colpa originale (il privilegio dell'immacolato concepimento) e nella totale assenza di ogni peccato personale. Del resto, la dignità eccelsa della divina maternità di Maria esigeva la più perfetta santità, cioè la purità del corpo e dello spirito. È da credere che l'esercizio della fede e della carità fosse nella Vergine tanto assoluto al punto che Dio fosse l'abituale oggetto dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti: Maria è stata sempre il tabernacolo della dimora di Dio, colei che "conservava sempre nel suo cuore tutto ciò che riguardava la santità di Dio" (cfr. Luca, 2, 51).
Esprimono questa esigenza di immacolatezza anche le espressioni della Scrittura riproposte nel quadro: "Deus purificavit, tu commune ne dixeris", "Non devi considerare impuro quel che Dio ha purificato" (At 10, 15); e ancora: "Pulchra ut luna", "Splendente come la luna" (Ct 6, 10).
Mater castissima
La nota della assoluta castità della Madre di Dio è come il segno della sua purezza di vita, nel grado più alto: culmen puritatis, come dicono i Santi Padri.
È, dunque, qualcosa di più della verginità; perché questa non restituisce l'integrità originale della creatura umana, essendo comunque sempre imperfetta nell'uomo.
In Maria due privilegi hanno elevato la verginità: non fu molestata dalla concupiscenza in virtù del suo immacolato concepimento, in quanto la 'concupiscenza della carne' è frutto del peccato originale.
E fu come gratificata al limite della 'visione beatifica', in forza del suo intimo rapporto con le tre Persone divine e del conseguente privilegio della sua divina maternità.
Giustamente, perciò, la onoriamo "Madre castissima", con le espressioni del 'Cantico dei Cantici':
"Flores simul et fructus", "Fiori e frutti insieme" (Ct 7,12), e: "Hortus conclusus, fons signatus", "Giardino chiuso, fontana sigillata" (Ct 4, 12).
E per lei, in modo del tutto singolare, esclamiamo con il libro della Sapienza:
"O quam pulchra est casta generatio!", "Come è bella una generazione senza colpe!" (Sap 4,1).
Mater inviolata
L'invocazione litanica: "Mater inviolata" esprime il significato del dogma della perpetua verginità di Maria; è come dire: Madre sempre vergine.
E sappiamo bene come la maternità non abbia arrecato alcun pregiudizio alla verginità della Madre del Signore.
"Gesù - scrive lapidariamente Sant'Agostino (Sermo 222 in Nativitate Domini) - nacque da una donna mirabilmente pura, affinché il modo della sua origine provasse che è uomo e l'eterna verginità della madre provasse che egli è Dio".
Si intende la verginità fisica della Madre di Gesù; e si afferma altresì la verginità spirituale di Maria Santissima.
Lo dicono anche le espressioni scritturistiche che illustrano il bel quadro, con riferimenti a immagini speculari: Maria è come lo specchio che riflette il "Sole di giustizia":
"Sol in Virgine, Virgo in sole", "Il sole splende nella Vergine, la Vergine nel sole" (Ap 12, 1); "Speculum sine macula", "Specchio immacolato" (Sap 7, 26).
E ancora: "Virginea generatio", "Una generazione casta" (Is 7, 14); con la dovuta venerazione della "Mater inviolata", la sempre Vergine Maria: "Eo quod castitatem amaveris, ideo eris benedicta in aeternum", "Poiché sei stata di vita integra, sarai benedetta in eterno" (Gdt 15,11).
Mater intemerata
Nel significato letterale del termine, una persona si dice intemerata quando è di un'assoluta purezza e integrità morale. Nel caso della Vergine Maria, il riferimento è alla sua perpetua verginità fisica e spirituale (dunque, anche post partum).
È, in sostanza, un rafforzativo del titolo Mater inviolata. Anzi, si vuole indicare che nella nascita di Gesù - come si esprime il I° Prefazio della B. V. Maria - la Madonna "sempre intatta nella sua gloria verginale, ha irradiato sul mondo la luce eterna"; e ancora, con la liturgia del Natale, che la divina maternità "non solo non diminuì, ma consacrò l'integrità della madre".
Mater purissima, Mater castissima, Mater inviolata, Mater intemerata: ecco un crescendo di esaltazione della "sempre Vergine Maria".
Sant'Ildefonso scrive nel De verginitate perpetua Beatae Mariae: "II concepimento del Figlio rese vergine questa Donna; e il darlo alla luce l'ha serbata vergine, tanto vergine che Ella è l'eternità della verginità".
Giustamente le 'didascalie' del quadro commentano con le parole dei Proverbi: "Possedit me in initio", "(Il Signore) mi ha posseduta fin dall'inizio della creazione" (Prov 8, 22).
E a fronte di un tale prodigio di verginità-santità assoluta: "Portae inferi non praevalebunt adversus eam", "Le porte dell'Inferno non prevarranno contro di essa" (Mt 16, 18).
Mater amabilis
Vergine Immacolata, Tuttasanta e Tuttabella, Sposa dello Spirito Santo, Madre di Dio, Vergine Madre, Madre dell'umanità!
Può esservi al mondo qualcosa di più amabile? Il quadro che ammiriamo è come un'antologia di espressioni riferite alle donne della Sacra Scrittura che in qualche modo prefiguravano la bellezza e l'amabilità unica di Maria: "Ester pulchra nimis", "Ester, molto bella" (Est 2, 15); "Iuditha eleganti aspectu", "Giuditta, di aspetto elegante" (Gdt 8, 7); "Amabilis super omnes", "Amabile più di tutti" (Gdt 8, 8); "Rebecca decora nimis", "Rebecca, donna splendida" (Gn 24, 16); "Rachel venusta facie", "Rachele, avvenente di aspetto" (Gn 29, 17).
Davvero, la Vergine Maria è "Amabilis super amorem mulierum", "Più cara dell'amore di tutte le donne" (2 Sam 1, 26).
Perché il suo amore per noi è, intanto, un amore impareggiabile, secondo soltanto all'amore di Dio e a quello del Figlio suo Gesù.
E perché è l'immagine più alta e più pura di ogni forma di amore umano, espresso nell'icona di una maternità interamente donata.
Aggiunge il Salmista: "Elegit eam Deus et praelegit eam", "Il Signore l'ha scelta e l'ha prediletta" (Sal 131, 13). Non è forse una ragione perché anche noi facciamo altrettanto?
Mater admirabilis
Maria, Madre di Dio, è come il 'complemento' della Trinità Santissima. Cosa ci può essere di più ammirevole? A lei giustamente vengono qui applicate le parole che la Scrittura riferisce al Messia stesso: "Vocabitur nomen ejus Admirabilis", "Sarà chiamato Consigliere ammirabile" (Is 9, 6). E ancora, considerando che la Vergine è veramente il 'tabernacolo del Figlio di Dio fattosi uomo': "Transibo in locum tabernaculi admirabilis", "(Attraverso la folla) avanzavo verso il tempio tra lo stupore, fino alla casa di Dio" (Sal 41, 5).
Sono tanti i privilegi ed è tanto grande la dignità della Vergine Maria che tutto in lei è degno di ogni ammirazione: è lo stupore di tutto il creato, dell'universo visibile ed invisibile, degli Angeli e dei Santi.
Bossuet dice (nell'Esordio del primo discorso sulla Natività di Maria) che "ella è come un Gesù Cristo cominciato, con una espressione viva e naturale delle sue perfezioni infinite"; e San Bernardo aggiunge che "Dio, per prepararsi una madre, creò Maria come un mondo specialissimo".
Sono solo due esempi dell'infinito stupore con cui Padri della Chiesa, santi, teologi e artisti di ogni tempo hanno cercato di balbettare appena qualcosa sulla incomparabile grandezza della Madre di Gesù, "supra modum Mater admirabilis", da ammirare al di sopra di ogni altra cosa al mondo".
Mater Creatoris
Perché Maria può essere detta Madre del Creatore? Poiché nel Signore Gesù Cristo vi è una sola persona, la persona divina nella quale sussistono le due nature, è giusta l'affermazione che, secondo la sua natura umana, egli deve la vita alla sua Madre; mentre, secondo la sua natura divina, è Lui che dà la vita alla madre, come la dà a tutto ciò che vive.
Ed è pure teologicamente corretto considerare Gesù Cristo Creatore, come lo sono il Padre e lo Spirito Santo. Secondo la dottrina tomistica delle appropriazioni degli attributi divini, Gesù - Verbo del Padre - è pure la causa e lo scopo della creazione, in quanto l'Incarnazione è l'opera principale e come la ragione stessa della creazione.
Alla Vergine Maria, perciò, vengono applicate in modo eminentissimo le espressioni della Scrittura: "Qui creavit me, requievit in tabernaculo meo", "Chi mi ha creato ha cercato riposo nella mia dimora" (Sir 24, 12); "Portat omnia verbo virtutis suae", " La sua parola potente sostiene tutto l'universo" (Eb 1,3); "In Christo nova creatura", "Uno unito a Cristo è una creatura nuova " (2 Cor 5, 17).
Il Salmista, a fronte di questo mistero delle cose di Dio confessa di non aver prima capito, di "essersi agitato nel suo cuore e di essersi tormentato nell'intimo", fino a quando il Signore glielo ha rivelato: "Ad nihilum redactus sum et nescivi", "Ero come niente e non lo capivo" (Sal 72, 22).
Mater Salvatoris
Siamo tra il Natale:
"Natus est vobis hodie Salvator", "Oggi è nato il vostro Salvatore" (Lc 2, 11).
E la Croce, Salvezza del mondo: "Vocavit eum Salvatorem mundi", "(Il faraone) lo chiamò Salvezza del mondo" (Gen 41, 45).
La Redezione è come il coronamento della creazione; perciò, al titolo di Maria Mater Creatoris segue quello di Mater Salvatoris.
Si può anche aggiungere che, essendo quello di Salvatore il titolo principale di Gesù, quello di Madre del Salvatore è il principale per Maria.
Questo ci dice come la Vergine Maria, in tutta la sua vita, sia stata intimamente unita al Sacrificio redentivo di Cristo; al punto da essere giustamente considerata "corredentrice del genere umano".
Questo 'progetto' di Dio è stato annunciato dall'Angelo a Giuseppe, fin dal primo concepimento di Gesù: "Pariet filium, et vocabis nomen eius Jesum. Ipse enim salvum faciet populum suum", "(La Vergine) partorirà un figlio e gli metterai nome Gesù; perché lui salverà il suo popolo (da tutti i peccati)" (Mt 1, 21).
Virgo prudentissima
Altro bel quadro, costruito come cornice della Vergine prudentissima e illustrato con significative allusioni scritturistiche:
"Eratque mulier illa prudentissima", "(Abigail) era una donna molto prudente" (1 Sam 25, 3); "Prudentes acceperunt oleum in vasis suis", "Le (vergini) prudenti presero con sé l'olio nei vasetti" (Mt 25, 4); "Estote prudentes" , "Siate prudenti!" (Mt 10, 16).
E, persino, con esemplificazioni prese dal regno animale: "Vade ad formicam et disce sapientiam", "(O pigro), impara dalla formica come ci si comporta" (Prv 6, 6); "Quis dedit gallo intelligentiam?", "Chi ha dato al gallo l'istinto intelligente? (Gb 38, 36).
Se la prudenza è la prima delle virtù cardinali e regola tutte le altre, al punto che San Tommaso non esita a dire che "essa opera in ogni virtù come il sole influisce su tutto ciò che esiste" (cfr. Quaestiones 47-56, in 'Secunda Secundae' della 'Summa theologica').
Poteva la Vergine santissima non averla in sommo grado?
Tutto Maria riconobbe opera del Signore nella sua vita e a lui soltanto si affidò: basti citare il Magnificat, che San Bernardo, con Sant'Ambrogio, chiama "cantico dell'estasi dell'umiltà della Vergine".
Virgo veneranda
Dobbiamo alla Santissima Vergine il rispetto, l'amore, la fiducia e la venerazione che meritano le sue grandezze e le sue virtù.
La maternità divina di Maria, la sua perpetua verginità, la sua pienezza di grazia, la sua potente intercessione presso Dio e la sua amabilità sono le ragioni di un culto unico (di iperdulìa) a lei dovuto.
Questo si fonda, in ultima istanza, sulla sua santità, tanto assoluta che la Vergine Maria è considerata come un 'complemento di grazia' della Trinità S.S. stessa.
Giustamente, come è stato scritto, un artista si esalta e si onora nelle sue opere: in Maria, proprio perché è il capolavoro dell'universo, onoriamo il massimo della santità e dello splendore delle opere di Dio.
La Vergine stessa aveva vaticinato questo suo destino di gloria: "Beatam ne dicent omnes generationes", "Tutti mi diranno beata" (Lc 1, 48).
E la Chiesa da sempre la considera "Venerabilis et sancta", "Sacra e venerabile" (Nm 28, 26), applicandole espressioni della Scrittura come quella riportata nel quadro: "Surrexit rex in occursum ejus", "Il re (Salomone) si alzò e le venne incontro" (1 Re, 2, 19). Come dire che è Dio stesso il primo a venerare la sua Santa Madre.
Virgo praedicanda
Una traduzione che bene esprime il senso originario latino di questa litania lauretana è: "Vergine degna di essere lodata".
Del resto, è la Sacra Scrittura a cantare le lodi della Vergine; è la liturgia della Chiesa, sono le feste e le preghiere di ogni tempo, sono i Padri della Chiesa, i Santi, gli scrittori, i poeti e gli artisti che da sempre ne celebrano la grandezza.
È Maria stessa, nel Magnificat, a predire le lodi che tutte le generazioni le avrebbero tributato.
Un cantico, questo, che Sant'Ambrogio definiva "l'estasi dell' umiltà della Vergine", meravigliata lei per prima della sua grandezza.
E noi, ancora una volta, ripetiamo con espressioni mutuate dalla Parola di Dio:
"Non recedat laus tua de ore hominum", "(Il coraggio che ti ha sostenuto) non cadrà dal cuore degli uomini" ( Gdt 13, 19); "Beatissimam praedicaverunt", "(I suoi figli) sorgono a proclamarla beata" (Prv 31, 28); "Beatus venter qui te portavit", "Beata la donna che ti ha generato!" (Lc 11,27).

Glorificare la Santa Madre di Dio non è altro, per noi Cristiani, che seguire una delle ispirazioni più proprie alla fede cattolica, l'anelito più profondo del nostro cuore di figli.
Virgo potens
Quello della Vergine Maria è un potere d'intercessione al quale Dio nulla rifiuta, secondo quanto dice San Bonaventura che la chiama "l'onnipotente supplicatrice".
È il grande tema dell'intercessione di Maria che con la sua preghiera presso Dio compie l'opera della nostra salvezza, ottenendoci tutti i frutti della Passione di Cristo. Ed è proprio sulla sua missione di corredentrice del genere umano che poggia la continuità della sua opera di salvezza.
San Bernardo esprime in questi termini il potere d'intercessione della preghiera della Madre di Dio: "Siccome la natura divina, la sua essenza e il suo potere, tutto ciò che essa è, fu racchiusa nel seno della Santa Vergine, non temo di dire che Maria ricevette una specie di giurisdizione su tutto ciò che appartiene a Dio. Perciò, dal suo seno, come da un oceano divino, scorrono su di noi i fiumi della grazia…".
Giustamente, perciò, noi applichiamo alla Vergine parole della Scrittura che esprimono questo concetto: "In manu tua virtus et potentia", "Dalla tua mano ogni grandezza e potere" (1 Cr 29, 12); " Omnia possum in eo", "(Posso far fronte a tutte le difficoltà) in colui che mi dà la forza" (Fil 4, 13); "Fecit potentiam in brachio suo", "Ha dato prova della sua potenza" (Lc 1, 51): l'onnipotente braccio di Dio ordina l'universo, il potente braccio della Vergine sostiene la nostra povertà presso di Lui.
Virgo clemens
La nostra fiducia in Maria, prima ancora che sulla sua potente intercessione presso Dio, poggia sulla sua bontà materna; perciò giustamente a lei cantiamo nella 'Salve, Regina':
"O clemens, o pia, o dulcis Virgo, Maria!".

Capolavoro della misericordia infinita, il cuore immacolato della Vergine è pur sempre un cuore di madre.
Ne sono prova persino le 'lacrime' versate, anche recentemente, in più di una sua apparizione.
Ecco perché la liturgia della Chiesa e la devozione dei Santi amano applicare alla Vergine espressioni tanto eloquenti della Sacra Scrittura, come quelle riportate nel quadro che ammiriamo, dove sono emblematicamente riprodotte le Nozze di Cana, quando Gesù compì il suo primo miracolo per intercessione della Madre:
"Clemens ero in quem mihi placuerit", "Avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia" (Es 33, 19); "Lex clementiae in lingua ejus", "Sulla sua lingua c'è dottrina di bontà" (Prv 31, 26); "Cor meum tanquam cera liquescens", "Il mio cuore si fonde come cera" (Sal 21, 15); "Clementia ejus quasi imber serotinus", "Il suo favore è come nube di primavera" (Prv 16, 15); "Et camelis tuis hauriam aquam", "Darò da bere anche ai tuoi cammelli" (Gn 24, 14).
Virgo fidelis
L'incisione dei fratelli Sebastian e Johann Baptist Klauber presenta la Vergine Maria ai piedi della Croce; e l'iscrizione principale commenta:
"Esto fidelis usque ad mortem", "Sii fedele fino alla morte" (Ap 2, 10). Ma la Madonna, 'Virgo fidelis', è pure raffigurata con il Bambino Gesù che poggia sulle sue ginocchia e regge il mondo: segno della grande fede di Maria, in forza della quale meritò di divenire Madre di Dio e madre dell'umanità.
Maria è, perciò, la "Vergine fedele" in una doppia accezione del termine: per la sua fedeltà al Signore, fino alla fine: "Cor ejus fidele", "(Tu hai trovato) il suo cuore fedele (davanti a te)" (Ne 9, 8); e perché piena di fede: "Mulier fidelis", "Una donna di fede" (1 Cor 7, 13).
Sant'Agostino si riferisce a questo secondo aspetto, quando scrive: "Ella credette, e ciò che credeva in lei fu fatto" (cfr. Contra Faust. 1, 29).
Chiedendo alla 'Virgo fidelis' di custodire in noi la fede, e insieme la nostra fedeltà al Signore, ricordiamo come a ragione il gesuita p. P. Terrien abbia scritto:
"Sarebbe facile dimostrare che il dogma della vera e divina maternità di Maria è come il riepilogo della nostra fede".
Speculum justitiae
Con questa invocazione le Litanie lauretane iniziano, per così dire, i titoli simbolici da riconoscere alla Vergine, ripetendo con nuova, poetica forma le note teologiche riconosciute alla Madre di Dio nelle invocazioni precedenti.
Il primo titolo figurato ('Specchio di giustizia') è tratto dal Libro della Sapienza e indica il Verbo di Dio. La Chiesa lo applica alla santa Vergine, anche perché - in senso lato - 'giustizia' è sinonimo di 'santità'; e la Vergine Maria riflette perfettamente la santità di Dio. Maria, cioè, è tanto somigliante al suo Divin Figlio quanto l'oggetto riflesso in uno specchio assomiglia e riproduce l'oggetto stesso.
Ma, secondo alcuni Santi Padri, quest'invocazione litanica vorrebbe addirittura significare non solo che la santità di Maria è lo specchio della santità di Dio; ma che il Verbo di Dio ci è stato presentato nel seno della Vergine Maria come in uno specchio, nella veste della sua natura umana: portando Maria in sé Colui che è l'immagine sostanziale del Padre, Dio si è come specchiato in Maria.
Leggiamo alle luce di queste connotazioni le espressioni riferite nel quadro all'invocazione 'Speculum justitiae': "Videmus nunc per speculum", "Ora vediamo come attraverso uno specchio" (1 Cor 13, 12); "Sol justitiae", "(Sorgerà con raggi benefici) il sole di giustizia" (Ml 3,20); "Speculum sine macula Dei majestatis", "(La Sapienza) è uno specchio terso della maestà divina" (Sap 7, 26); "Cuique suum", "A ciascuno secondo il suo (grado di santità)" (Ger 32, 19).
Sedes Sapientiae
Il principale passo della Sacra Scrittura al quale allude il titolo "Sede della Sapienza" dato a Maria è tratto dal 2° Libro delle Cronache (cap. IX), ove è minutamente descritto il magnifico trono di Salomone.
Questo trono è una stupenda immagine di quello che la Madre di Dio offerse nella sua persona al Verbo Incarnato. Così si saluta la Vergine "Sede della Sapienza", perché nella Bibbia la Sapienza è attribuita al Verbo, il quale l'ha compiutamente manifestata nella sua incarnazione. "In lei e di lei il Verbo si fece un trono" - come dice San Bernardo: "In ipsa et ex ipsa comparavit sibi thronum" - . Dal suo trono eterno, che è il seno del Padre ove trova la sua dimora divina, il Figlio di Dio venne nel trono temporale che è il seno benedetto della sua Santa Madre.
Ma la Vergine Maria, a immagine della Sapienza increata, è anche l'incarnazione della sapienzialità delle cose di Dio: la conoscenza e il gusto di Dio, dei suoi attributi e dei suoi misteri, di tutto ciò che di buono e santo si riferisce a Dio e alle sue creature, 'opera delle sue mani'.
Quando applichiamo alla Vergine Maria l'espressione dei Proverbi: "Sapientia aedificavit sibi domum, excidit columnas septem", "La Sapienza ha costruito la sua casa, adornata con sette colonne" (Prv 9,1), ci riferiamo ai sette doni dello Spirito Santo che elevano Maria Santissima fino alla perfezione della vita soprannaturale. O, detto in altri termini: "In gremio Matris sedit Sapientia Patris", "Nel seno della Madre risiede la Sapienza del Padre". Questo diciamo di Maria, quando la invochiamo "Sede della Sapienza".
Causa nostrae laetitiae
Alla tristezza dovuta alla colpa dei nostri progenitori subentrò con Maria il segno della speranza, motivo di gioia per tutta l'umanità: "Una Vergine concepirà e darà alla luce un Figlio…" (Is 7, 14).
Attuazione della condanna al serpente ingannatore che Dio pronunziò, l'indomani del peccato di origine di Adamo ed Eva: "Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe" (Gen 3, 15). La Vergine Maria apparve così, ben presto, nella profezia della salvezza del genere umano.
E con la nascita del Figlio di Dio dal grembo verginale di Maria Santissima la salvezza del mondo ebbe piena e definitiva realizzazione.
Perciò siamo invitati a celebrare davvero, nella gioia, la Madre del Signore: "Celebrate eam cum omni laetitia", "Celebratela con gioia e letizia piena" (Est 16, 22, App. Deuterocan.), come esultò Giovanni il Precursore, ancora prima della nascita: "Exultavit infans in gaudio", "Il bimbo ha esultato di gioia (nel mio grembo)" (Lc 1, 44).
Giustamente San Giovanni Damasceno poté cantare alla Vergine: "Tu, Maria, hai generato la gioia di tutti, la vera gioia che dissipa la tristezza del peccato".
E San Gregorio il Taumaturgo, di rimando: "Tu sei il serbatoio di gioie celesti".
Vas spirituale
Questo titolo significa che Maria fu strumento e dimora dello Spirito Santo: "Spiritus Sanctus superveniet in te", "Lo Spirito Santo verrà su di te" (Lc 1, 35).

I Padri della Chiesa chiamavano Maria 'Santuario privilegiato dello Spirito Santo', anziché 'Sposa dello Spirito Santo'; perciò il titolo litanico "Vaso spirituale" vuole propriamente dire: "Vaso (Tempio) dello Spirito (Santo)".

Sotto questo profilo, occorre rifarsi a tutta la mariologia del rapporto fra la Trinità Santissima e la Santa Vergine.

Nei Cristiani, generati dalla grazia dello Spirito, è pure vivo il senso di essere nati, in qualche modo, dalla Vergine Maria, 'per opera dello Spirito Santo'.

Anche noi, perciò, invochiamo la Vergine con le parole della fede: "Si inveni gratiam, immitte in me Spiritum Sanctum", "Se ho trovato grazia (davanti a te), manda su di me lo Spirito Santo " (Ne 2, 5).
Vas honorabile
"Vas in honorem", "Vaso di valore, (per uso nobile)" (2 Tm, 2, 20; Rm 9, 21), perché ripiena di Spirito Santo, piena di grazia, di santità e di gloria.
La Vergine Maria è certamente quel capolavoro assoluto di Dio, onore del Creatore e motivo per i fedeli devoti di tributarle il necessario, dovuto onore:
"Madre sei del bell'amore, / della speme e del timor. / Tu del Cielo sei l'onore, / tu del mondo lo splendor".
E ancora: "Mira il tuo popolo, / o bella Signore, / che pien di giubilo / oggi ti onora!".

Tempio dell'Altissimo, Santuario e Tabernacolo di Dio, Arca dell'Alleanza, Ciborio dell'Eucarestia, Ostensorio di Gesù Sacramentato: sono tutti sinonimi del termine 'vaso' che riferiamo a Maria Santissima in quanto Madre del Verbo Incarnato.
E come non considerarla, per tutto questo, sommamente degna di venerazione?
Di fronte alla Santa Vergine non ci rimane che esclamare, senza fine: "Vas admirabile, opus Excelsi", "Che meraviglia è l'opera dell'Altissimo!" (Sir. 43, 2)
Vas insigne devotionis
Traduciamo il titolo lauretano "Vas insigne devotionis", con l'espressione "Dimora consacrata a Dio" che dice, nella sostanza, la stessa cosa. Perché si vuole qui esprimere non tanto il concetto che la Vergine Maria è oggetto della nostra devozione, quanto piuttosto il fatto che è lei la prima, e in modo del tutto unico, devota a Dio, a lui interamente consacrata.
La devozione (o la consacrazione) a Dio della Santa Vergine suppone il suo grande amore a Dio e, nel Figlio suo Gesù, a tutta l'umanità della quale è costituita madre: la devozione, infatti, sta alla carità come la fiamma sta al fuoco, di cui è segno ed espressione.
Per comprendere il significato più profondo di questa litania, è necessario pensare al rapporto della Vergine con la Santa Trinità, secondo l'insegnamento del Montfort che presenta Maria come totalmente relazionale alla Trinità, purificando, se necessario, la nostra devozione mariana: "Egredietur vas purissimum", "(Togli le scorie dall'argento e) ne verrà fuori un vaso purissimo" (Prv 25, 4).
E Maria, "tempio augusto della Santissima Trinità", riempirà le nostre anime d'amore di Dio: "Illi offerebant vasa, et illa infundebat", "Quelli porgevano i vasi (vuoti) ed essa versava (l'olio)" ( 2 Re 4, 5).
Rosa mystica
"Rosa mystica", "Mistica rosa": la rosa è la regina dei nostri giardini; Maria è la Regina del Giardino di Dio che è l'universo da lui creato.
Ovunque la poesia l'ha così cantata; e da sempre la liturgia, riferendole espressioni della Sacra Scrittura, l'ha invocata in tal modo.
Un breve florilegio illustra il quadro che contempliamo:
"Quasi plantatio rosae", "(Sono cresciuta) come le piante di rose (a Gerico)" (Sir 24, 14); "Quasi flos rosarum (in diebus vernis)", "Come il fiore della rosa nei giorni di primavera" (Sir 50, 8); "Quasi rosa plantata super rivos aquarum", "Come una pianta di rose sulle rive di un torrente" (Sir 39, 13).
Gesù, "il più bello tra i figli dell'uomo" (Sal 44,3), è l'ideale perfetto della bellezza umana.
Non doveva la sua Vergine Madre essere il capolavoro della bellezza femminile, nell'ordine della natura e della grazia?
Il titolo di "Mistica rosa" dato a Maria vuole indicare tutto questo.
Con l'invito ad ornare le nostre anime e le nostre case di questa mistica rosa: "Coronemus nos rosis", "Coroniamoci con boccioli di rose" (Sap 2, 8).
Turris davidica
Si direbbe che questa invocazione alla Vergine richiami anzitutto il dono dello Spirito Santo della fortezza, che in Maria rivelò al massimo grado l'aspetto paradossale del Vangelo:
"Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato" (Lc 18, 14); l'umile, cioè, sarà reso forte per virtù dello Spirito: è l'esaltazione cantata dal Magnificat della Vergine.

"La Città di Davide, fortificata con solide torri - è scritto nel 1 Libro dei Maccabei (1, 33.34) -, divenne una fortezza inespugnabile"; da qui l'immagine di "torre (della santa Città) di Davide" riferita alla Vergine.

"Turris fortitudinis a facie inimici", "Torre salda davanti all'avversario" (Sal 60, 4): di fronte agli assalti dell'antico Avversario, il Diavolo nemico di Dio, e di fronte ai nemici della Chiesa di ogni razza e in ogni tempo.

Anche per questo, nelle Antifone della Beata Vergine Maria, la Chiesa a lei canta: "Sub tuum praesidium confugimus.."; e la invoca: "O benigna, o Regina, o Maria! Quae sola inviolata permansisti".
Turris eburnea
È quasi un rafforzativo del titolo precedente, poiché si vuole qui indicare il particolare aspetto della inviolabilità di Maria, che è la sua perpetua verginità, simboleggiata dalla preziosità di una torre d'avorio.
Infatti, nella tradizione giudaico-cristiana la torre d'avorio è simbolo di nobile purezza.

Suggestiva è anche l'immagine del trono di Salomone con la quale i fratelli Klauber commentano l'illustrazione della litania:
"Erexit rex Salomon thronum de ebore grandem et vestivit eum auro fulvo nimis", "Il re Salomone fece un grande trono d'avorio che rivestì d'oro purissimo" (1 Re 10, 18).

E ancora: "Collum tuum sicut turris eburnea", "Il tuo collo assomiglia alla Torre d'avorio" (Ct 7, 5).
Dove si vuole esprimere un concetto caro a San Girolamo, secondo il quale "Cristo è il capo della Chiesa e la sorgente di tutte le grazie.
Ma la Vergine Maria è come il collo attraverso il quale queste grazie passano, per rigenerare le membra del Corpo mistico di Cristo".
Domus aurea
La 'domus aurea' nella quale Dio ha stabilito la sua dimora in mezzo agli uomini è la Vergine Maria.
Già simboleggiata dal Tabernacolo, con l'Arca dell'Alleanza che vi era posta, e poi dal Tempio di Salomone, edificato con grande magnificenza.

Da qui i riferimenti biblici del quadro che la immagina come 'inscritta' nella cornice di un santuario:
"Domus templi ex auro", "Tutto nel tempio era fatto d'oro" (1 Re 7, 50); "Compleverat gloria Domini domum Dei", "La gloria del Signore aveva riempito il tempio di Dio" (2 Cr 5, 14); "Hic habitabo quoniam elegi eam", "Qui abiterò, perché l'ho desiderato" (Sal 131, 14).

Tempio dello Spirito Santo, Tabernacolo dell'Altissimo, Santuario della divina presenza del Verbo Incarnato, "non costruito dagli uomini e non di questo mondo" (Eb 9, 11).

La Santissima Vergine Maria rimarrà sempre il segno della presenza di Dio in mezzo a noi.
Foederis arca
Maria, Arca dell'Alleanza: è certamente questa una delle più belle invocazioni simboliche alla Vergine, se pensiamo come l'Arca dell'Antica Alleanza fosse l'oggetto religioso più venerato dagli Israeliti.
Il Tabernacolo del Tempio e il Tempio stesso erano stati costruiti per riporvi l'Arca, segno visibile della presenza di Jahwé in mezzo al suo popolo.
Ed era sempre l'Arca dell'Alleanza a segnare i momenti decisivi della storia del popolo d'Israele, nei lunghi anni del deserto prima e attraverso il Giordano poi, fino all'entrata nella terra di Canaan e alla costruzione del Tempio di Salomone.

Significativo è ciò che viene ricordato, di Salomone che dice al sacerdote Ebiatar: "Vir mortis es, sed hodie te non interficiam: quia portasti Arcam Domini", "Meriteresti la morte, ma oggi non ti faccio morire perché tu hai portato l'Arca del Signore" (1 Re 2, 26). Vuol dire che la Madonna, Arca dell'Alleanza, ci libera dalla sentenza di morte delle nostre colpe.

Perciò invochiamo: "Surge Domine in requiem tuam, tu et Arca sanctificationis tuae", "Alzati, Signore, vieni nella tua stabile dimora, tu con l'Arca della tua potenza" (Sal 131, 8), Maria tua e nostra Madre.
Ianua Coeli
Porta del Cielo: di tutte le Litanie Lauretane, questa è indubbiamente quella che meglio esprime la potenza e la bontà di Maria.
L'insegnamento costante della Chiesa ci ricorda, infatti, come la Vergine Madre del Signore e dell'umanità, 'Corredentrice del genere umano', concorra alla nostra salvezza eterna, in Cielo.

La vera devozione alla Madonna è segno certo di predestinazione, perché già fin da questa terra la Santa Vergine ci indica le vie del Cielo e realmente ci introduce sulle vie dell'eternità beata, come sempre hanno insegnato i Padri della Chiesa e i grandi devoti di Maria:
Sant'Ambrogio e San Bonaventura, ad esempio, chiamano Maria 'il Libro della Vita nel quale è scritto il nome degli eletti'.

Perciò, noi a ragione applichiamo a Maria le parole della Scrittura:
"Attollite portas principes vestras", "Sollevate, porte, i vostri frontali" (Sal 23, 7); "Ianuas coeli aperuit", "Aprì le porte del cielo" (Sal 78, 23); "Non est hic aliud nisi porta coeli", "Questo luogo non è altro che la porta del cielo" (Gen 28, 17)
Stella matutina
A invocare Maria Stella del mattino, ci salgono dal cuore i canti più poetici in onore della Vergine:
"Ave, maris Stella!"; "Immacolata, Vergine bella, / di nostra vita / tu sei la Stella"; "Dell'aurora tu sorgi più bella, / coi tuoi raggi a far lieta la terra,/ e fra gli astri che il cielo rinserra / non v'è Stella più bella di te"…

Maria è la "Stella splendida et matutina", "Stella radiosa del mattino" (Ap 22, 16), perché annunzia il Sole di Giustizia.
Anzi, lei è l'Aurora del giorno del Signore, perché ha dato al mondo Cristo Gesù.

L'hanno preannunciata i Profeti, adombrandola nella promessa della Salvezza: "Orietur Stella ex Jacob", "Una stella spunterà da Giacobbe" (Nm 24, 17).
L'hanno incessantemente cantata i Padri della Chiesa; l'ha così proclamata il Concilio Vaticano II: "La Madre di Gesù, come in cielo glorificata ormai nel corpo e nell'anima, è immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante Popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore" (Lumen Gentium, 68).
Salus Infirmorum
L'invocazione a Maria "Salute degli infermi" manifesta con forza la fede nel potere della Santa Vergine di guarirci da tutti i nostri mali. In effetti, Maria è la Corredentrice del genere umano; e la grazia della Redenzione si estende su tutte le fragilità della condizione umana, conseguenze del peccato.
Del resto, Gesù nella sua vita terrena guarì ogni sorta di mali. Quando, poi, egli mandò i suoi Apostoli ad evangelizzare il mondo, diede loro il potere di guarire i malati (cfr. Mc 16, 18); e nel corso dei secoli, tanti missionari e Santi hanno ottenuto miracoli di guarigione da infermità spirituali e fisiche. Perché non dovrebbe avere - e in modo eccelso - questo dono della guarigione la Madre di Dio, Madre dell'Umanità, Regina degli Apostoli e dei Santi?
Ben a ragione, perciò, la Chiesa nella amministrazione del Sacramento dell'Unzione degli Infermi, invoca l'intercessione di Maria "Salus infirmorum".
L'incisione dei fratelli Klauber proposta alla nostra riflessione applica alla Vergine Maria espressioni della Scrittura riferite alla stessa potenza di Dio: "Sanat omnes infirmitates", "Guarisce tutte le (tue) malattie" (Sal 102, 3); "Virtus exibat et sanabat omnes", "(Da lui) usciva una forza che sanava tutti" (Lc 6, 19). E ricorda che la Madonna, come San Paolo condivide con materna premura le nostre sofferenze e debolezze: "Quis infirmatur et ego non infirmor?", "Chi è debole, che anch'io non lo sia?" (2Cor 11,29).
Refugium pecatorum
Insieme alla litania precedente e a quella che segue, questa della Madonna "Rifugio dei peccatori" è la più vera e la più umana che possiamo rivolgere alla Vergine.
I riferimenti biblici che illustrano quest'invocazione sono molto significativi: "Memor ero Raab et Babylonis scientium me", "Ricorderò Raab e Babilonia fra quelli che mi conoscono" (Sal 86, 4); "(Benedicta tu quae) prohibuisti me hodie, ne irem ad sanguinem", "(Benedetta tu che) mi hai impedito oggi di venire al sangue" (1 Sam 25, 33); "Adonias tenuit cornu altaris", "Adonia andò ad aggrapparsi ai lati dell'altare (1 Re 1, 50); "Deduxit eos in portum", "Li condusse al porto (sospirato)" (Sal 106, 30); "Erat haec eis ad refugium", "Era questo il loro rifugio" (1 Mac 10, 14); "Vas in quo erant omnia quadrupedia et serpentia terrae", "In una specie di (grande) tovaglia c'era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra" (At 10, 12).

Ogni espressione meriterebbe un commento a sé; ma lo spazio non ce lo consente: meditiamo perciò nel nostro cuore questa ouverture sinfonica, convinti che abbiamo estremo bisogno della consolante certezza che la Vergine Madre di tutti gli uomini non potrebbe nemmeno essere Salute degli infermi e Conforto degli afflitti se non fosse, anzitutto, Rifugio di noi peccatori.
Consolatrix Afflictorum
Maria è Corredentrice del genere umano; perciò nella com-passio Matris intimamente associata al Sacrificio redentore del Figlio, noi troviamo la ragione teologica della consolatio che la Vergine Addolorata ci meritò nel Figlio.
Inoltre, Maria ci ha come generato nel dolore, ai piedi della Croce. E Papa Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica Salvifici doloris, ci ricorda come "il mistero della Redenzione del mondo sia in modo sorprendente radicato nella sofferenza, e questa, a sua volta, trova in esso il suo supremo e più sicuro punto di riferimento" ( cfr. ibid., n. 31).
E ci invita, "insieme con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la Croce (Gv 19, 25), a fermarci accanto a tutte le croci dell'uomo d'oggi" (cfr. ibid, n. 31).
Pieni di fiducia nella Madre delle misericordie, ricorriamo perciò a Maria riferendole le parole della Scrittura: "Solatium vitae nostrae", "Conforto della nostra vita" (Tb 10, 4); "Haec mihi sit consolatio", "(Anche nella prova più dolorosa) qui troverò conforto" (Gb 6, 10); "Haec me consolata est in humilitate mea", "Questo mi consola nella mia miseria" (Sal 118, 50).

Fiduciosi, infine, che la Vergine Maria farà valere la sua potente intercessione presso Dio: "Dona mihi populum meum, pro quo obsecro", "La mia richiesta è che sia risparmiato il mio popolo" (Est 7, 3).
Auxilium Christianorum
Quantunque si debba ritenere che tutti gli uomini siano aiutati dalla Vergine Maria, Madre dell'umanità perché Madre di Cristo, "primogenito tra molti fratelli" (Rm 8, 29), ciò è vero in modo del tutto particolare per i Cristiani, divenuti suoi figli adottivi ai piedi della Croce.
In qualche modo, quest'invocazione litanica anticipa quanto esprime la litania che invoca Maria Madre della Chiesa: proprio perchè Madre del Corpo Mistico di Cristo, la Vergine Maria è nostro materno aiuto, nostra difesa contro ogni insidia.
Il titolo e la festa di Maria Ausiliatrice ebbero origine da notevoli vittorie riportate dal popolo cristiano: a Lepanto, sui Turchi nel 1571 (e l'incisione dei fratelli Klauber mette in evidenza proprio le navi e le armi che si sono scontrate a Lepanto); e fu allora che San Pio V, attribuendone il merito all'intercessione di Maria, fece aggiungere alle Litanie lauretane l'invocazione Auxilium Christianorum. Poi, quando Papa Pio VII, il 24 maggio 1814, liberato dalla tirannia napoleonica, poté finalmente rientrare in Roma, istituì per tale giorno la festa di Maria Ausiliatrice.
A ragione, perciò, noi mettiamo in bocca alla Vergine Santa le parole del testo biblico scritte nel Libro di Giuditta: "Vae genti insurgenti super genus meum: Dominus enim omnipotens vindicabit in eis" , "Guai alle genti che insorgono contro il mio popolo: il Signore onnipotente li punirà (nel giorno del giudizio)" (Gdt 16, 17).
Regina Angelorum
La particolare ragione per cui gli anche gli Angeli devono riconoscere la regalità di Maria su di loro sta nel fatto che essi pure sono debitori alla Vergine del compimento di felicità che trovano nella contemplazione dell'Umanità di Cristo e nel godimento dei frutti della Redenzione.
Incoronata Regina dell'Universo, al di sopra degli Angeli e dei Santi, la Vergine Maria ha in questi l'ornamento vivente del suo trono regale: Regina di tutta la Chiesa trionfante, per la sua dignità di Madre di Dio e per l'intima sua unione con la Trinità Santissima, Maria esercita la regalità sugli Spiriti Celesti come corollario della regalità di Cristo, "Signore dell'Universo" (cfr. Fil 2, 9-11).
Giustamente, nella Liturgia delle Ore della festa dell'Assunta, la Chiesa celebra Maria con le parole: "Exaltata est Sancta Dei Genitrix super choros Angelorum, ad coelestia regna", "La Santa Madre di Dio è stata esaltata al di sopra dei Cori degli Angeli, nei regni celesti" (cfr. Responsorio Ad Laudes).
E immaginiamo che gli Angeli, ministri di Dio e della Redenzione, non cessino di servire Maria nel suo esercizio di ministero regale: "Millia millium ministrabant ei, et decies millies centena millia assistebant ei", "Mille migliaia la servivano e diecimila miriadi la assistevano" (Dn 7, 10). E, come noi Cristiani, anche loro la invocano: "Dominare nostri tu et Filius tuus", "Regna su di noi, tu e la tua discendenza" (Gdc 8, 22).
Regina Patriarcharum
Questa invocazione litanica mette a confronto la divina maternità di Maria con la benedizione dei Patriarchi, chiamati a trasmettere al Messia, attraverso i secoli, come suoi antenati, qualche goccia del proprio sangue.
L'altra loro benedizione, di essere cioè i capostipiti di una grande moltitudine di credenti, è paragonata alla maternità spirituale di Maria, nel tempo e per l'eternità.
Ora, strumento della benedizione messianica dei Patriarchi è il concorso immediato, unico e personale della Vergine Madre: in ciò consiste il fondamento del titolo della regalità di Maria su di loro, intendendo particolarmente Abramo, Isacco e Giacobbe, capostipiti del Popolo eletto.
Il 1 Libro delle Cronache usa un'espressione generica che qui viene riferita proprio alla discendenza dei Patriarchi:
"Hi Patriarchae, et cognationum Principes, qui habitaverunt in Ierusalem", "Questi erano i capostipiti delle famiglie residenti a Gerusalemme, ripartite secondo la loro genealogia" (1 Cr 8, 28).

Ma la regalità della Vergine Maria sui Patriarchi sta anche ad indicare la superiorità della sua eminente santità su quella pur grande di questi uomini di Dio, che in qualche modo ne preannunciarono la venuta, nella pienezza dei tempi messianici.
Regina Prophetarum
La missione dei Profeti è stata essenzialmente quella di annunziare al mondo la venuta del Salvatore: ora, essendo l'annuncio dell'Incarnazione del Verbo inseparabile dal mistero della sua Vergine Madre, Maria era nel cuore stesso delle profezie.
Maria, del resto, ebbe nel grado più alto il dono della profezia, avendo avuto la più alta conoscenza del mistero della Redenzione; e nel Magnificat predisse l'universale e definitivo trionfo del Verbo in Lei incarnato: profetizzò la storia delle età cristiane e la sua stessa glorificazione presso 'tutte le generazioni' (cfr. Lc 1, 48).
Quello che la Scrittura dice dei Profeti e della profezia: "Major est, qui prophetat", "È più grande colui che profetizza" (1 Cor 14, 5); "Testimonium Jesu est Spiritus prophetiae", "La testimonianza di Gesù è lo spirito di profezia" (Ap 19, 10), deve perciò essere riferito anzitutto alla Vergine Maria, Regina dei Profeti.
San Bernardo, in riferimento a tutte le profezie della storia della Salvezza, dirà che Maria è stata come il loro oggetto principale:
"Negotium saeculorum", fino alla loro realizzazione, quando Dio - secondo le parole del Magnificat - "fedele alle promesse fatte ai nostri padri, ha soccorso Israele, suo servo", "suscepit Israel puerum suum" (Lc 1, 54).
Regina Apostolorum
Apostolato è dare Gesù al mondo; e apostolo è colui che annunzia la salvezza: basterebbe questa enunciazione ad indicare come la Vergine Maria sia la prima degli Apostoli di tutti i tempi: di loro fu davvero - come si esprime il Venerabile don Giacomo Alberione, che ha centrato la spiritualità mariana della Famiglia religiosa da lui fondata su Maria Madre, Maestra e Regina degli Apostoli, in parallelo con Cristo, Vita, Verità e Via del mondo - colei che li generò per la missione, invocando lo Spirito Santo nella Pentecoste della Chiesa nascente, quando nel Cenacolo "erant perseverantes cum Maria Matre Jesu", "Erano tutti perseveranti (nella preghiera) con Maria, la Madre di Gesù" (At 1, 14).
Fu lei a portare con Gesù la santificazione a Giovanni Battista, prima ancora che il Salvatore venisse nel mondo; fu lei a rafforzare la fede degli Apostoli in Gesù, ottenendo il miracolo di Cana; fu lei, dopo la morte e risurrezione di Gesù, a confermare nella fede i suoi smarriti discepoli, fino all'evento della Pentecoste.
È certamente lei che guida, conforta e sostiene ogni fatica apostolica, perché lei è la Madre dell'umanità.

Proprio per questo invochiamo Maria Regina degli Apostoli, titolo funzionale alla sua maternità universale: volendo salvare tutti gli uomini, in Gesù suoi figli, è il sostegno degli Apostoli di ogni luogo e di ogni tempo.
Regina Martyrum
Già la riflessione di altre Litanie lauretane ci ha fatto considerare l'immenso dolore della Madre del Salvatore, della Salute degli Infermi e della Consolatrice degli afflitti.
Qui vogliamo riferirci in modo particolare al fatto che Maria è Regina dei Martiri anzitutto perché intimamente associata alla Passione redentrice del Figlio suo Gesù: è corredentrice del genere umano. È il mistero di dolore che i Mariologi chiamano della Compassio Matris, le sofferenze della Vergine Addolorata, patite con Gesù per la salvezza del mondo.
Applicando alla Vergine l'espressione che l'Apocalisse riferisce in altro contesto, davvero Maria è la donna icona del martirio di Cristo e dei Martiri di tutti i tempi: "Purpura indumentum eius de sanguine Sanctorum et de sanguine Martyrum Jesu", "I vestiti (della donna) erano di porpora e scarlatto del sangue del popolo di Dio e del sangue di quelli che sono morti per la fede in Gesù" (Ap 17, 4.6).
Del resto, così si doveva per lei realizzare la profezia di Simeone: "Tuam ipsius animam (pertransibit gladius)", "Il dolore ti colpirà come colpisce una spada" (Lc 2, 35). La spada del dolore che tanto ha fatto sanguinare il cuore della Vergine Madre ai piedi della Croce e quando, deposto Gesù dalla Croce, lo accolse nelle sue braccia.
Regina dei Martiri dunque, perché più di ogni altro martire ha sofferto e soffre con Gesù fino alla fine del mondo.

Tratto da stpauls.it

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