XXVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A
"La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo"
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?“. Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?“. Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Parola del Signore
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Gesù racconta la parabola dei vignaioli omicidi a Gerusalemme, nel tempio, a una settimana dalla sua passione e morte e - sottolinea il Vangelo di Matteo (21,23) - si rivolge direttamente ai capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo.
Come nel “carme della vigna” di Isaia, anche qui tu vedi l’amore appassionato di Dio per la sua vigna: amore che è minuziosamente descritto con una raffica di sette verbi: piantò [una vigna] , la circondò [con una siepe], scavò [una buca per il torchio], costruì [una torre], la diede in affitto [a dei contadini], se ne andò lontano, mandò [i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto].
Dal rapporto padrone-vigna della pagina di Isaia, si passa nel Vangelo di Matteo al rapporto padrone-vignaioli della parabola di Gesù.
Alla vigna che produce uva selvatica, si sostituiscono i vignaioli omicidi che non vogliono consegnare i frutti al padrone e ammazzano per due volte i servi venuti a ritirarli e perfino il figlio erede. E tutto ciò col progetto malvagio di impossessarsi della vigna.
Ai capi dei sacerdoti e agli anziani che sono lì ad ascoltarlo Gesù pone la domanda drammatica: “Quando verrà il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini? “.
Gli rispondono, inevitabilmente: “Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo“.
Una nota della Bibbia di Gerusalemme dice: “Più che parabola [un racconto che nel suo insieme presenta un insegnamento] si direbbe un’allegoria [racconto dove tutti i particolari hanno un significato proprio e richiedono un’interpretazione speciale], perché ogni tratto del racconto ha un significato: il proprietario è Dio; la vigna, il popolo eletto Israele; i servi, i profeti; il figlio, Gesù ucciso fuori delle mura di Gerusalemme; i vignaioli omicidi, i giudei infedeli; gli altri contadini, a cui sarà affidata la vigna, i pagani”.
Dunque:
- Il padrone è Dio, che ha prodigato tante cure e manifestato un amore immenso per il suo popolo.
- La siepe è la Toràh (la Legge), e la Parola e i Sacramenti con cui oggi Gesù custodisce la sua Chiesa.
- I vignaioli sono i capi, le guide religiose e politiche, tutti coloro che hanno il compito di lavorare nella comunità perché produca frutti.
- I frutti che il padrone si attende, cioè opere di amore al prossimo e di giustizia sociale.
- I due gruppi di servi sono gli uomini di Dio mandati prima e dopo l’esilio di Babilonia per richiamare ad Israele la fedeltà all’alleanza.
- Il figlio è Gesù, che i capi del popolo prendono,condannano, uccidono fuori delle mura della città.
- Il risultato finale è la consegna della vigna ad altri lavoratori, che porteranno frutti: malgrado tutti i rifiuti e le violenze dell’uomo, alla fine Dio trova sempre e comunque il modo di raggiungere il suo disegno di amore ottenendo frutti buoni per l’umanità intera.
Effettivamente, Egli si prende cura della sua Chiesa! E noi, nella prospettiva che il Regno può esserci tolto e dato ad altri che lo faranno fruttificare, non dobbiamo lasciarci ingannare come fosse una minaccia senza effetto, né, d’altra parte, lasciarci bloccare dalla paura. Dio infatti non cessa mai di operare per la salvezza e la felicità dell’umanità intera ed insieme ci invita a cooperare con lui e a considerare l’urgenza del compito. Non ha il diritto di avvertirci, al momento giusto, se noi non diamo più il nostro contributo e il nostro amore sta raffreddandosi?
Una parola giudicata “dura” ma che viene da Dio, è sempre una parola efficace. Sì, che ella scuota e disturbi. Ma faccia rivivere!
In questa parabola l’evangelista certamente tiene presente la tensione che allora correva tra la Chiesa appena nata e il popolo d’Israele, a cui appartenevano Cristo e i primi cristiani. Infatti la finale della parabola è esplicita: il padrone darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo. Il rifiuto d’Israele, però, viene letto come un segno universale e non razziale: rappresenta cioè ogni peccato e ogni incredulità, come l’accoglienza del nuovo popolo che fa fruttificare la vigna non è che la continuazione dell’Israele fedele che accolse la voce dei profeti ed ebbe fede. Dunque: la parabola è per tutti in ogni sua parte. Dice il teologo von Balthasar:
“La parabola non si troverebbe nel Nuovo Testamento se non si riferisse anche alla Chiesa. Come dicono le parole conclusive, essa è il popolo a cui viene trasferito il regno di Dio tolto a Israele, affinché Dio finalmente riceva il frutto che aspetta. Domandiamoci se, dalla Chiesa come noi la rappresentiamo, Egli lo riceva realmente. Lo riceve dai servi mandati nella Chiesa, soprattutto dai santi incaricati (canonizzati o meno), ma la domanda rivoltaci rimane: come li ha accolti la Chiesa e come ancora li accoglie? Per lo più male, assai spesso non li accoglie affatto, alcuni (anche papi, vescovi, preti appartengono ad essi) sperimentano una specie di martirio all’interno della Chiesa stessa: rigetto, sospetto, ironia e disprezzo. E se per questo dopo la morte vengono canonizzati, quante volte la loro immagine viene falsificata secondo le voglie della gente: Agostino diventa colui che ha introdotto la caccia agli eretici, Francesco un entusiasta della natura, Ignazio un astuto stratega, e così via. Le parole di Gesù restano vere nei tempi: “Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (Mc.6, 4). E chiunque nella Chiesa avrà da interrogarsi se la delusione di Dio per la vigna da lui piantata – “perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi [uva selvatica] ? – non riguardi personalmente anche lui, che è abituato ad accusare la Chiesa come tale”.
“Rendici degni, Signore, di essere tuoi testimoni davanti a tutti i poveri del mondo, davanti a quanti ti cercano, o Dio: e tutti sappiano come ti servi di noi: di noi, perché fra tutti, siamo i più meschini!”.
Come nel “carme della vigna” di Isaia, anche qui tu vedi l’amore appassionato di Dio per la sua vigna: amore che è minuziosamente descritto con una raffica di sette verbi: piantò [una vigna] , la circondò [con una siepe], scavò [una buca per il torchio], costruì [una torre], la diede in affitto [a dei contadini], se ne andò lontano, mandò [i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto].
Dal rapporto padrone-vigna della pagina di Isaia, si passa nel Vangelo di Matteo al rapporto padrone-vignaioli della parabola di Gesù.
Alla vigna che produce uva selvatica, si sostituiscono i vignaioli omicidi che non vogliono consegnare i frutti al padrone e ammazzano per due volte i servi venuti a ritirarli e perfino il figlio erede. E tutto ciò col progetto malvagio di impossessarsi della vigna.
Ai capi dei sacerdoti e agli anziani che sono lì ad ascoltarlo Gesù pone la domanda drammatica: “Quando verrà il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini? “.
Gli rispondono, inevitabilmente: “Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo“.
Una nota della Bibbia di Gerusalemme dice: “Più che parabola [un racconto che nel suo insieme presenta un insegnamento] si direbbe un’allegoria [racconto dove tutti i particolari hanno un significato proprio e richiedono un’interpretazione speciale], perché ogni tratto del racconto ha un significato: il proprietario è Dio; la vigna, il popolo eletto Israele; i servi, i profeti; il figlio, Gesù ucciso fuori delle mura di Gerusalemme; i vignaioli omicidi, i giudei infedeli; gli altri contadini, a cui sarà affidata la vigna, i pagani”.
Dunque:
- Il padrone è Dio, che ha prodigato tante cure e manifestato un amore immenso per il suo popolo.
- La siepe è la Toràh (la Legge), e la Parola e i Sacramenti con cui oggi Gesù custodisce la sua Chiesa.
- I vignaioli sono i capi, le guide religiose e politiche, tutti coloro che hanno il compito di lavorare nella comunità perché produca frutti.
- I frutti che il padrone si attende, cioè opere di amore al prossimo e di giustizia sociale.
- I due gruppi di servi sono gli uomini di Dio mandati prima e dopo l’esilio di Babilonia per richiamare ad Israele la fedeltà all’alleanza.
- Il figlio è Gesù, che i capi del popolo prendono,condannano, uccidono fuori delle mura della città.
- Il risultato finale è la consegna della vigna ad altri lavoratori, che porteranno frutti: malgrado tutti i rifiuti e le violenze dell’uomo, alla fine Dio trova sempre e comunque il modo di raggiungere il suo disegno di amore ottenendo frutti buoni per l’umanità intera.
Effettivamente, Egli si prende cura della sua Chiesa! E noi, nella prospettiva che il Regno può esserci tolto e dato ad altri che lo faranno fruttificare, non dobbiamo lasciarci ingannare come fosse una minaccia senza effetto, né, d’altra parte, lasciarci bloccare dalla paura. Dio infatti non cessa mai di operare per la salvezza e la felicità dell’umanità intera ed insieme ci invita a cooperare con lui e a considerare l’urgenza del compito. Non ha il diritto di avvertirci, al momento giusto, se noi non diamo più il nostro contributo e il nostro amore sta raffreddandosi?
Una parola giudicata “dura” ma che viene da Dio, è sempre una parola efficace. Sì, che ella scuota e disturbi. Ma faccia rivivere!
In questa parabola l’evangelista certamente tiene presente la tensione che allora correva tra la Chiesa appena nata e il popolo d’Israele, a cui appartenevano Cristo e i primi cristiani. Infatti la finale della parabola è esplicita: il padrone darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo. Il rifiuto d’Israele, però, viene letto come un segno universale e non razziale: rappresenta cioè ogni peccato e ogni incredulità, come l’accoglienza del nuovo popolo che fa fruttificare la vigna non è che la continuazione dell’Israele fedele che accolse la voce dei profeti ed ebbe fede. Dunque: la parabola è per tutti in ogni sua parte. Dice il teologo von Balthasar:
“La parabola non si troverebbe nel Nuovo Testamento se non si riferisse anche alla Chiesa. Come dicono le parole conclusive, essa è il popolo a cui viene trasferito il regno di Dio tolto a Israele, affinché Dio finalmente riceva il frutto che aspetta. Domandiamoci se, dalla Chiesa come noi la rappresentiamo, Egli lo riceva realmente. Lo riceve dai servi mandati nella Chiesa, soprattutto dai santi incaricati (canonizzati o meno), ma la domanda rivoltaci rimane: come li ha accolti la Chiesa e come ancora li accoglie? Per lo più male, assai spesso non li accoglie affatto, alcuni (anche papi, vescovi, preti appartengono ad essi) sperimentano una specie di martirio all’interno della Chiesa stessa: rigetto, sospetto, ironia e disprezzo. E se per questo dopo la morte vengono canonizzati, quante volte la loro immagine viene falsificata secondo le voglie della gente: Agostino diventa colui che ha introdotto la caccia agli eretici, Francesco un entusiasta della natura, Ignazio un astuto stratega, e così via. Le parole di Gesù restano vere nei tempi: “Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (Mc.6, 4). E chiunque nella Chiesa avrà da interrogarsi se la delusione di Dio per la vigna da lui piantata – “perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi [uva selvatica] ? – non riguardi personalmente anche lui, che è abituato ad accusare la Chiesa come tale”.
“Rendici degni, Signore, di essere tuoi testimoni davanti a tutti i poveri del mondo, davanti a quanti ti cercano, o Dio: e tutti sappiano come ti servi di noi: di noi, perché fra tutti, siamo i più meschini!”.
Meditazione tratta da: diocesitrivento.it
Fratello in Cristo, sia Lodato e Ringraziato Gesù per il suo Amore, lo ho sete di LUI ogni momento.
RispondiEliminaDolce anima di Gesù, anche LUI ha sete di TE ogni momento, e ti fa dono per tutti i suoi figli e figlie.
EliminaPiù desideriamo vivere per CRISTO, con CRISTO e in CRISTO, più lo Spirito ci fa UNO con CRISTO, più moriamo a noi stessi.
Le anime che il Signore più ama, Egli, pur lasciandole nel mondo, le strappa al mondo. Queste anime, ben di Grazia nutrite, non si accontentano che del Tutto e al Tutto si offrono. Sono come angeli che si prodigano nel volergli far intendere con quanta sollecitudine Egli dovrebbe consumarle al fuoco del suo amore.
Ma dopo tanti talenti, ben maggior bene e importante e difficile è intendere e attendere a come questi debbano essere messi a frutto e, in ciò, beati quelli che avendo inteso e atteso alla Maestà, ne godranno la visione per l'eternità.
Fratello in Cristo, questa mattina durante la Santa Messa ho sentito alcune lacrime nel mio cuore, ho offerto a Gesù le mie paure, dono a Gesù la mia famiglia , cosa posso donare agli altri , quello che Gesù dona a me , il desiderio di Lui , la sua pace . Grazie Franco per la tua pazienza io sono fragile ma bisognosa di Gesù del Suo Amore
RispondiEliminaRingrazio il Signore per la tua presenza, per il tuo stimolo, cara anima del Signore.
EliminaC'è sempre tanta gioia nel condividere Colui che unisce fraternamente nel suo amore.
Ricordiamoci ogni giorno nella preghiera.
Grazie.
Fratello in Cristo, gentilmente ti chiedo di parlarmi di Gesù, secondo la tua esperienza dove riconosci la presenza di Gesù e dove non è accolto , perdonami .
RispondiEliminaL'amore di Dio mai cessa di riversarsi sugli uomini, per soccorrerli e salvarli, servendosi degli strumenti più umili ed emarginati.
EliminaSono questi "strumenti del Signore" quelli da Lui prediletti, perché più puri e degni di essere usati dalle sue Sante Mani.
(Dalla prefazione di Alcide Landini del libro: Erminia Pane uno strumento al servizio di Dio)
Gesù fu UMILE fino alla morte di Croce per AMORE. Così è per noi.
Gesù è dove si muore per gli altri. Uno degli ultimi grandi esempi è Madre Teresa di Calcutta, che volle umilmente morire tutta a se stessa per amore di Cristo e dei più umili ed emarginati.
Dove non si muore almeno un pò a noi stessi, non c'è Cristo.