XXIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno A
"Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio"
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
Parola del Signore
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Il Vangelo di Matteo ci racconta lo scontro tra Gesù e i sommi sacerdoti e i farisei nel tempio di Gerusalemme. Con tutta chiarezza dice che “cercavano di catturarlo, ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta” (Mt.21,46). Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
“Tennero consiglio”: la formula, propria di Matteo, è la seconda volta che ricorre. La prima volta, dopo che Gesù, guarendo un uomo dalla mano paralizzata, aveva dichiarato: “è lecito in giorno di sabato fare del bene” (12,14). La rileggeremo altre tre volte: per condannare Gesù (27,1), per acquistare il “campo del vasaio” con le monete del tradimento (27,7), per comprare, dinanzi al sepolcro vuoto, la menzogna dei soldati (28,12). Essa dice la determinazione dei sommi sacerdoti e dei farisei nella volontà di andare fino in fondo per sbarazzarsi di lui.
A tale scopo i farisei, che negano il diritto dei romani di riscuotere le tasse, non si peritano ad allearsi con gli erodiani, collaborazionisti dell’impero romano e quindi non contrari al pagamento del tributo a Cesare. Era il tributum capitis o testatico (un tanto a testa), per il quale si facevano gli odiosi censimenti che provocavano spesso rivolte popolari (Lc 2,1-5; At 5,37): Roma esigeva da ogni suo suddito che avesse compiuto i quattordici anni se uomo, dodici se donna e fino a sessantacinque anni, il versamento all’erario di un denaro annuo.
Dunque, farisei e erodiani, nemici tra di loro, si alleano contro Gesù, vanno insieme da lui con una domanda trabocchetto: “ E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare?”.
Ma prima, per attirarlo nella trappola, gli fanno un complimento bellissimo: “sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità” e, aggiungono, “tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno”. Il loro riconoscimento, corrispondente pienamente alla verità, in questo caso funziona da esca, affinché non se la cavi come aveva fatto quando gli avevano chiesto: “Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?” (aveva cacciato i venditori dal tempio: Mt.21, 23-27).
Farisei e erodiani (stranamente e ipocritamente insieme) sono alleati per tentarlo. Con la loro domanda non cercano la verità, né si aprono al dialogo. Sono lì insieme soltanto per trovare un motivo per accusarlo e ucciderlo. Ed ecco la domanda insidiosa: “Di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”.
Se Gesù si dichiara favorevole a pagare il tributo, perde il favore del popolo, simpatizzante del movimento indipendentista degli zeloti e ovviamente contrario al tributo: pagarlo significava accettare la sudditanza all’occupante straniero.
Se Gesù nega il tributo, gli erodiani appositamente chiamati, lo denunceranno alle autorità come sovversivo. I romani, abbastanza tolleranti su tutto, non erano teneri su questioni di potere e di fisco.
Gesù legge nel loro cuore e si rende conto della manovra in atto per incastrarlo: “Ipocriti, perché volete mettermi alla prova?”. “Mostratemi la moneta del tributo”. Nonostante gli scrupoli a parole, i suoi avversari portano con sé denari dell’imperatore Tiberio (e forse, desidererebbero averne tanti!).
“Questa immagine e l’iscrizione di chi sono?”, domanda Gesù.
Insieme fissano l’immagine di Cesare lì scolpita e l’iscrizione. Il denaro, infatti, rappresenta l’imperatore Tiberio da una parte e dall’altra sua madre Livia come dea della pace. Sulla moneta è scritto: “Tiberio Cesare figlio augusto del divino Augusto” da una parte e dall’altra: “Pontefice Massimo”.
Dunque, la risposta è obbligata. Gli risposero: “Di Cesare”.
Da questo dato e dal fatto che il denaro lo portavano con sé scaturisce chiaro il primo insegnamento: “Se è di Cesare, rendete a Cesare quello che è di Cesare”. E’ chiaro: se hai la moneta di Cesare, ne riconosci l’autorità e gli devi il tributo: devi restituire quello che gli appartiene.
Gli erodiani non avevano più motivo per accusarlo, ma Gesù vuole insegnare a tutti la via di Dio secondo la verità. E questa via non consiste solo nel riconoscere l’autorità umana costituita, come insegna anche Paolo (Rom.13,7), ma consiste anche e soprattutto nel dare a Dio quello che è di Dio. Israele in tutta la sua storia è un dono di Dio; tutta la vita del discepolo di Gesù è un dono di Dio: “Rendete [restituite] a Dio quello che è di Dio” Tutto è di Dio. Non nel senso che lui se ne appropria, ma che lo dona a tutti. Renderlo a Dio, vuol dire esprimere la gratitudine, vivere la condivisione e fare sino in fondo la sua volontà.
Gesù è venuto a rendere a Dio ciò che è di Dio: a restituire all’uomo la sua libertà di figlio.
Il suo potere non lotta con quello di Cesare. E’ semplicemente diverso. Accetta di vivere “in” questo mondo, riconosce ogni autorità nel suo servizio alla società, senza però accettarne il modello di base, che è violento e distruttivo. La forza dell’asina e del suo asinello, pacificamente, farà scomparire carri e cavalli (Zacc.9,10).
La Chiesa, senza integralismi e fondamentalismi, è luce di un mondo riscattato dalla morte. Riconosce l’indipendenza e la laicità dello Stato,ma pone nella società il sale e il lievito evangelico delle beatitudini. Oggi deve tenere gli occhi aperti per non allearsi col Cesare di turno, che è il potere di omologare tutti a pensare e agire allo stesso modo. Deve testimoniare e favorire la libertà, la verità e la diversità delle persone, in spirito di reciproco servizio.
“La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane … Predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori dell’attività umana con la sua dottrina e la testimonianza resa dai cristiani, la Chiesa rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini” (Vaticano II, Gaudium et spes, costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 76)
Dio onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito.
O Padre, a te obbedisce ogni creatura nel misterioso intrecciarsi delle libere volontà degli uomini; fa’ che nessuno di noi abusi del suo potere, ma ogni autorità serva al bene di tutti, secondo lo Spirito e la parola del tuo Figlio, e l’umanità intera riconosca te solo come unico Dio.
Sei convinto che il Signore conduce la storia e fa rientrare tutto nel suo piano di salvezza?
E che anche gli atei e i miscredenti hanno dato spesso e oggi continuano a dare un importante contributo alla purificazione della fede e della religione e alla liberazione e al progresso dell’umanità?
San Paolo ringrazia Dio. C’è nella tua vita quotidiana la dimensione della gratitudine? Riconoscere i doni di Dio ci rende capaci di riceverne ancora e tiene accesa in noi la fiamma del suo amore.
San Paolo ringrazia i Tessalonicesi. Sai apprezzare il bene che è negli altri? anche ringraziandoli per quello che sono e per quello che fanno?
Non sarà proprio questa la strada per custodire e far crescere la comunione fraterna nella famiglia e nelle comunità e il segreto perché nel tuo cuore palpiti la gioia?
“Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è Dio”: una frase delle più note ed enigmatiche.
C’è il rischio di adoperarla per difendere la propria parte o il proprio interesse invece di sentirvi la chiamata a vivere pienamente una vita che cammina verso Dio, ma in mezzo agli uomini?
Chi detiene il potere può essere tentato di adoperare la frase per invitare le gerarchie ecclesiastiche a non immischiarsi nelle faccende politiche: a Cesare quello che è di Cesare !
Le gerarchie ecclesiastiche possono essere tentate di richiamarla ai governanti – a Dio quello che è di Dio! – non solo per affermare il proprio diritto a proclamare i valori che scaturiscono dal Vangelo, ma anche per difendere eventuali privilegi ed interessi. Strana alleanza, quella tra farisei ed erodiani.
Non capita anche a te, qualche volta, di fare alleanze e scegliere compagnie semplicemente per un interesse, con l’unico scopo di raggiungere un determinato risultato?
“Rendete a Cesare quello che è di Cesare”: sei convinto che queste parole sottolineano il dovere morale oltre che civile di contribuire al bene comune con il pagamento delle tasse, qualunque sia la linea politica ed economica scelta dal governo? Ma capita anche a te di giustificare o minimizzare, per te stesso o per gli altri, l’evasione fiscale o il furto di beni dello stato?
Avverti l’impegno politico della costruzione di una società giusta e conseguentemente l’attenzione continua a rifiutare i sotterfugi, i privilegi, la ricerca del proprio interesse? e custodisci, in questa barca della comunità civica, l’impegno, a dare – come diceva La Pira – il tuo proprio colpo di remo?
A proposito, rileggi quanto l’apostolo Paolo scriveva ai Romani: “Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite. Infatti non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono attireranno su di sé la condanna. I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver paura dell’autorità? Fa’ il bene e ne avrai lode, poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora devi temere, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi fa il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Per questo infatti voi pagate anche le tasse: quelli che svolgono questo compito sono a servizio di Dio. Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi si devono le tasse, date le tasse; a chi l’imposta, l’imposta; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto” (Rom 13,1-7).
Siamo agli inizi del regno di Nerone: l’imperatore, ventenne, da tre anni governa in modo moderato.
Ma Paolo non parlerà diversamente dopo le prime persecuzioni; infatti scrive a Tito (3,1): Ricorda loro (cioè ai fedeli) di essere sottomessi alle autorità che governano, di obbedire (cf 1aTimoteo 2,1-2).
Con l'augurio impegnativo che tu restituisca a Dio quello che è di Dio in modo così pieno da dare quello che è dovuto anche a Cesare, cioè all'umanità e alla storia nella concretezza delle situazioni.?
“Tennero consiglio”: la formula, propria di Matteo, è la seconda volta che ricorre. La prima volta, dopo che Gesù, guarendo un uomo dalla mano paralizzata, aveva dichiarato: “è lecito in giorno di sabato fare del bene” (12,14). La rileggeremo altre tre volte: per condannare Gesù (27,1), per acquistare il “campo del vasaio” con le monete del tradimento (27,7), per comprare, dinanzi al sepolcro vuoto, la menzogna dei soldati (28,12). Essa dice la determinazione dei sommi sacerdoti e dei farisei nella volontà di andare fino in fondo per sbarazzarsi di lui.
A tale scopo i farisei, che negano il diritto dei romani di riscuotere le tasse, non si peritano ad allearsi con gli erodiani, collaborazionisti dell’impero romano e quindi non contrari al pagamento del tributo a Cesare. Era il tributum capitis o testatico (un tanto a testa), per il quale si facevano gli odiosi censimenti che provocavano spesso rivolte popolari (Lc 2,1-5; At 5,37): Roma esigeva da ogni suo suddito che avesse compiuto i quattordici anni se uomo, dodici se donna e fino a sessantacinque anni, il versamento all’erario di un denaro annuo.
Dunque, farisei e erodiani, nemici tra di loro, si alleano contro Gesù, vanno insieme da lui con una domanda trabocchetto: “ E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare?”.
Ma prima, per attirarlo nella trappola, gli fanno un complimento bellissimo: “sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità” e, aggiungono, “tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno”. Il loro riconoscimento, corrispondente pienamente alla verità, in questo caso funziona da esca, affinché non se la cavi come aveva fatto quando gli avevano chiesto: “Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?” (aveva cacciato i venditori dal tempio: Mt.21, 23-27).
Farisei e erodiani (stranamente e ipocritamente insieme) sono alleati per tentarlo. Con la loro domanda non cercano la verità, né si aprono al dialogo. Sono lì insieme soltanto per trovare un motivo per accusarlo e ucciderlo. Ed ecco la domanda insidiosa: “Di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”.
Se Gesù si dichiara favorevole a pagare il tributo, perde il favore del popolo, simpatizzante del movimento indipendentista degli zeloti e ovviamente contrario al tributo: pagarlo significava accettare la sudditanza all’occupante straniero.
Se Gesù nega il tributo, gli erodiani appositamente chiamati, lo denunceranno alle autorità come sovversivo. I romani, abbastanza tolleranti su tutto, non erano teneri su questioni di potere e di fisco.
Gesù legge nel loro cuore e si rende conto della manovra in atto per incastrarlo: “Ipocriti, perché volete mettermi alla prova?”. “Mostratemi la moneta del tributo”. Nonostante gli scrupoli a parole, i suoi avversari portano con sé denari dell’imperatore Tiberio (e forse, desidererebbero averne tanti!).
“Questa immagine e l’iscrizione di chi sono?”, domanda Gesù.
Insieme fissano l’immagine di Cesare lì scolpita e l’iscrizione. Il denaro, infatti, rappresenta l’imperatore Tiberio da una parte e dall’altra sua madre Livia come dea della pace. Sulla moneta è scritto: “Tiberio Cesare figlio augusto del divino Augusto” da una parte e dall’altra: “Pontefice Massimo”.
Dunque, la risposta è obbligata. Gli risposero: “Di Cesare”.
Da questo dato e dal fatto che il denaro lo portavano con sé scaturisce chiaro il primo insegnamento: “Se è di Cesare, rendete a Cesare quello che è di Cesare”. E’ chiaro: se hai la moneta di Cesare, ne riconosci l’autorità e gli devi il tributo: devi restituire quello che gli appartiene.
Gli erodiani non avevano più motivo per accusarlo, ma Gesù vuole insegnare a tutti la via di Dio secondo la verità. E questa via non consiste solo nel riconoscere l’autorità umana costituita, come insegna anche Paolo (Rom.13,7), ma consiste anche e soprattutto nel dare a Dio quello che è di Dio. Israele in tutta la sua storia è un dono di Dio; tutta la vita del discepolo di Gesù è un dono di Dio: “Rendete [restituite] a Dio quello che è di Dio” Tutto è di Dio. Non nel senso che lui se ne appropria, ma che lo dona a tutti. Renderlo a Dio, vuol dire esprimere la gratitudine, vivere la condivisione e fare sino in fondo la sua volontà.
Gesù è venuto a rendere a Dio ciò che è di Dio: a restituire all’uomo la sua libertà di figlio.
Il suo potere non lotta con quello di Cesare. E’ semplicemente diverso. Accetta di vivere “in” questo mondo, riconosce ogni autorità nel suo servizio alla società, senza però accettarne il modello di base, che è violento e distruttivo. La forza dell’asina e del suo asinello, pacificamente, farà scomparire carri e cavalli (Zacc.9,10).
La Chiesa, senza integralismi e fondamentalismi, è luce di un mondo riscattato dalla morte. Riconosce l’indipendenza e la laicità dello Stato,ma pone nella società il sale e il lievito evangelico delle beatitudini. Oggi deve tenere gli occhi aperti per non allearsi col Cesare di turno, che è il potere di omologare tutti a pensare e agire allo stesso modo. Deve testimoniare e favorire la libertà, la verità e la diversità delle persone, in spirito di reciproco servizio.
“La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane … Predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori dell’attività umana con la sua dottrina e la testimonianza resa dai cristiani, la Chiesa rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini” (Vaticano II, Gaudium et spes, costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 76)
Dio onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito.
O Padre, a te obbedisce ogni creatura nel misterioso intrecciarsi delle libere volontà degli uomini; fa’ che nessuno di noi abusi del suo potere, ma ogni autorità serva al bene di tutti, secondo lo Spirito e la parola del tuo Figlio, e l’umanità intera riconosca te solo come unico Dio.
Sei convinto che il Signore conduce la storia e fa rientrare tutto nel suo piano di salvezza?
E che anche gli atei e i miscredenti hanno dato spesso e oggi continuano a dare un importante contributo alla purificazione della fede e della religione e alla liberazione e al progresso dell’umanità?
San Paolo ringrazia Dio. C’è nella tua vita quotidiana la dimensione della gratitudine? Riconoscere i doni di Dio ci rende capaci di riceverne ancora e tiene accesa in noi la fiamma del suo amore.
San Paolo ringrazia i Tessalonicesi. Sai apprezzare il bene che è negli altri? anche ringraziandoli per quello che sono e per quello che fanno?
Non sarà proprio questa la strada per custodire e far crescere la comunione fraterna nella famiglia e nelle comunità e il segreto perché nel tuo cuore palpiti la gioia?
“Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è Dio”: una frase delle più note ed enigmatiche.
C’è il rischio di adoperarla per difendere la propria parte o il proprio interesse invece di sentirvi la chiamata a vivere pienamente una vita che cammina verso Dio, ma in mezzo agli uomini?
Chi detiene il potere può essere tentato di adoperare la frase per invitare le gerarchie ecclesiastiche a non immischiarsi nelle faccende politiche: a Cesare quello che è di Cesare !
Le gerarchie ecclesiastiche possono essere tentate di richiamarla ai governanti – a Dio quello che è di Dio! – non solo per affermare il proprio diritto a proclamare i valori che scaturiscono dal Vangelo, ma anche per difendere eventuali privilegi ed interessi. Strana alleanza, quella tra farisei ed erodiani.
Non capita anche a te, qualche volta, di fare alleanze e scegliere compagnie semplicemente per un interesse, con l’unico scopo di raggiungere un determinato risultato?
“Rendete a Cesare quello che è di Cesare”: sei convinto che queste parole sottolineano il dovere morale oltre che civile di contribuire al bene comune con il pagamento delle tasse, qualunque sia la linea politica ed economica scelta dal governo? Ma capita anche a te di giustificare o minimizzare, per te stesso o per gli altri, l’evasione fiscale o il furto di beni dello stato?
Avverti l’impegno politico della costruzione di una società giusta e conseguentemente l’attenzione continua a rifiutare i sotterfugi, i privilegi, la ricerca del proprio interesse? e custodisci, in questa barca della comunità civica, l’impegno, a dare – come diceva La Pira – il tuo proprio colpo di remo?
A proposito, rileggi quanto l’apostolo Paolo scriveva ai Romani: “Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite. Infatti non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono attireranno su di sé la condanna. I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver paura dell’autorità? Fa’ il bene e ne avrai lode, poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora devi temere, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi fa il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Per questo infatti voi pagate anche le tasse: quelli che svolgono questo compito sono a servizio di Dio. Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi si devono le tasse, date le tasse; a chi l’imposta, l’imposta; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto” (Rom 13,1-7).
Siamo agli inizi del regno di Nerone: l’imperatore, ventenne, da tre anni governa in modo moderato.
Ma Paolo non parlerà diversamente dopo le prime persecuzioni; infatti scrive a Tito (3,1): Ricorda loro (cioè ai fedeli) di essere sottomessi alle autorità che governano, di obbedire (cf 1aTimoteo 2,1-2).
Con l'augurio impegnativo che tu restituisca a Dio quello che è di Dio in modo così pieno da dare quello che è dovuto anche a Cesare, cioè all'umanità e alla storia nella concretezza delle situazioni.?
Meditazione tratta da: diocesitrivento.it
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