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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

Meditazione sul Vangelo secondo Luca 24,13-35 (Correlato con Marco 16,12-13)

Vangelo di Domenica 4 maggio 2014
Terza domenica del tempo di Pasqua
Anno A

La vita eterna per tutti è già cominciata dopo quella Resurrezione.

Questa forte esperienza di resurrezione, oggi la ritroviamo nel brano evangelico dei due discepoli di Emmaus. Loro due sono il prototipo dei discepoli di tutti i tempi : tanta fede, tanto entusiasmo, tanta attesa, e poi la realtà sembra infrangere ogni aspettativa. Finché si riscopre che l’ultima parola spetta al Signore, si riscopre che la Speranza è fondata se poggia su Gesù, figlio del Dio vero. Ed ecco che la loro vicenda diviene un altro prototipo, e cioè diviene quasi la prima “messa” celebrata dal primo vero “sacerdote” che amministra una liturgia della Parola (….cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture…) ed una liturgia Eucaristica con benedizione, ringraziamento, frazionamento del pane. 

Dunque questi due giovanotti erano in una crisi di fede ? Ebbene sì, come Cleofa e come me e te. Cleofa sembra citato a bella posta affinché chi voleva potesse interrogarlo da parte dei contemporanei. L’altro discepolo anonimo è un ruolo “open free” che lo Spirito Santo (ispiratore e guida di San Luca) fa lasciare anonimo in quanto in quel ruolo potremmo calarci dentro io e te. Ma se prestiamo attenzione alla narrazione, la loro delusione nasce da ideologie, cioè idee di uomini, idee che durano poco come poco dura la vita degli uomini. E quando le ideologie inevitabilmente crollano, ecco che possiamo scoprire che quel Gesù morto e sepolto (dalle ideologie e dai suoi derivati) in realtà è vivo e continua amorevolmente a camminare accanto a me, a te, a Cleofa testimone insopprimibile.

“La mia visione di come dovevano andare le cose (….. Speravamo …. Liberare…) è fallita. E Gesù ??? Gli intervistati, quasi sorprendentemente, fanno un mezzo annuncio pasquale “… era un uomo potente in parole ed opere …” ma poi completano il pensiero con la sconfitta (…. L’hanno crocifisso ….) senza appello ( … le donne erano delle visionarie ….). Tutto corretto, tutto democratico, tutto secondo i telegiornali allineati dell’epoca. Però ….. Però ….. Però per chi ascolta, c’è una lettura dei fatti completamente differente. Quella sera la fece Gesù, oggi la fa la Chiesa. Quella sera, oggi e sempre, era e sarà diversa da tutte le voci interpretative mondane che non hanno quella sapienza che viene solo da Dio. I nostri giovanotti, durante quel santo viaggio fino a casa, non avevano altro da dire e soprattutto non avevano altri da ascoltare, tanto era eloquente la storia e il cupo silenzio su tutta Gerusalemme. Ma come sempre è nel silenzio e nell'ascolto che germina la santità. Il cuore comincia ad ardere. Non è ancora la fede, ma il frutto dell’ascolto e dell’abbandono fiducioso verso la Parola.

Gesù viene riconosciuto (da Cleofa, dal nostro anonimo, da me e da te) e allora accade un film già visto. Si corre ad annunciarlo ai fratelli : la fede in Gesù risorto mette le ali ai piedi perché questa esperienza e questa ricchezza non può più essere tenuta tutta per sé !!! Già vedemmo correre Giovanni e Pietro a causa della tomba vuota, e questo muoversi in tutto il mondo non si è fermato più : la fede in Gesù è diventata la fede dell’annuncio, della parola consegnata per amore, della parola custodita e difesa perché è l’unica che può risollevarci e scaldarci, in quanto è l’unica che è vera. 

Ora che lo sappiamo, siamo già in stato di Grazia per il semplice fatto che l’attendiamo, ed egli non mancherà, anche a noi strapperà quello spontaneo “Resta con noi, si fa sera, c’è tanta notte nella nostra vita, nel nostro cuore, nelle nostre famiglie, forse nel nostro futuro, sicuramente nella nostra poca fede !!!”. E Gesù, che entrò in questo mondo proprio in una notte a Betlemme, lo sa e ci porterà quel suo calore che ci fa ardere, e quel pane che cambia la nostra vita. 

Siamo ancora lontani da Pentecoste, giorno in cui ufficialmente nascerà la Chiesa …. Con Maria – madre della Chiesa – lì in quel giorno, dopo di che non si parlerà più di Lei nella Bibbia ….l’umiltà, la preghiera, il servizio hanno dato tutto quel che dovevano dare ….

La situazione è ancora molto incerta : nella comunità si scavano dei vuoti, delle fughe, abbandoni, poi ci sono quelle povere donne eternamente inascoltate, Pietro non ha visto niente con i suoi occhi, a Giovanni è quasi misteriosamente bastato vedere un lenzuolo piegato in un certo modo per credere … ed ecco che arriva il più grande aiuto del Signore, arriva L’EUCARISTIA, arriva un pane benedetto e spezzato per essere condiviso, arriva il gesto eucaristico che fa la Chiesa, che raduna la Chiesa, e allora …. la gravidanza della Chiesa che deve nascere …. può essere portata avanti fino a Pentecoste, l’aborto non ci sarà, il Cenacolo dove l’Eucaristia fu istituita diviene luogo di preghiera e la Chiesa nascerà, e le porte degli inferi non prevarranno, e neppure il dubbio e lo scoraggiamento prevarranno. Oggi e sempre l’ultima parola spetta al Signore, e ciò si chiama Speranza, e la Speranza è una virtù teologale, una virtù che profuma dell’amore di Dio, perché le promesse di Dio vengono sempre mantenute dal nostro contraente, anche se io e te siamo quello che siamo.

Questo vangelo oltre che alla 3^ domenica del tempo di Pasqua appare anche nella vespertina del giorno di Pasqua in quanto ne identifica il momento cronologico. 

Kristos vas kries ! Vajistinevas kries. "Cristo è risorto", e chi riceve questa frase risponde "E' veramente risorto". Questa è l'espressione di saluto dei nostri fratelli ortodossi e che è tratta dal finale del Vangelo odierno …."E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto».

Gesù mostrava ai discepoli, in tutte le Scritture, ciò che a lui si riferiva.... L'origine della Sacra Scrittura non è frutto di ricerca umana, ma di rivelazione divina. Dal Padre, per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo, discende in noi lo Spirito Santo. Per mezzo dello Spirito Santo poi, che divide e distribuisce i suoi doni ai singoli secondo il suo beneplacito, ci viene data la fede, e per mezzo della fede accade che Gesù Cristo abita nei nostri cuori (cfr. Ef 3,17). Lo scopo, poi, o meglio, il frutto della Sacra Scrittura non è uno qualsiasi, ma addirittura la pienezza della felicità eterna. Infatti la Sacra Scrittura è appunto il libro nel quale sono scritte parole di vita eterna perché, non solo crediamo, ma anche possediamo la vita eterna, in cui vedremo, ameremo e saranno realizzati tutti i nostri desideri. Solo allora conosceremo «la carità che sorpassa ogni conoscenza» e così saremo ricolmi «di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3,19).

In questo Vangelo abbiamo assistito alla prima Liturgia di questi 2000 anni. Nella liturgia la lode di Dio è perfetta, perché il sommo "liturgo" è sempre Cristo; e di lui noi siamo solamente gli strumenti. La liturgia è preghiera, preghiera di Cristo in noi e di noi in Cristo. La liturgia è il senso della famiglia di Dio, un senso di comunità, di solidarietà, di carità. E' quella carità che arde nel cuore di Cristo e che lo Spirito Santo ha accolto da questo cuore e ha diffuso nei nostri cuori, alitando in noi. Nella liturgia abbiamo tutto: un mezzo di santificazione, per il popolo nostro, di impareggiabile valore. Per tanti secoli la Chiesa di Dio non ebbe altra forma di istruzione, e non ebbe altro mezzo di formazione che questo della santa liturgia che esauriva tutto un atteggiamento di maternità generante, nutriente, elevante ed educante della santa madre, la Chiesa.

L'eucaristia è la Chiesa in boccio. Che cosa non è nato dalla messa nel mondo, anche soltanto sul piano della vita terrena? Tanto che vediamo oggi il mondo organizzare le sue forme di assistenza fino a volere assicurare la sicurezza sociale. Ma prima di diventare leggi, queste provvidenze furono carità !!! E donde è nata la carità? Dalla messa. Dove condividiamo i beni celesti, immensurabilmente più belli e più preziosi dei beni terreni; e come è possibile che condividiamo con chi ha bisogno il pane celeste, se non condividiamo il pane terreno che vale tanto di meno?

Amate la Chiesa come Cristo l'ha amata e ha dato per lei il suo sangue. Amate la Chiesa quando viene incontro ai vostri desideri, alle vostre aspirazioni; quando i suoi ordini, le sue disposizioni, incontrano il vostro gusto, i vostri pensieri, il vostro indirizzo. Ma amatela, e amatela di più, anche quando le disposizioni sue, gli atteggiamenti suoi, gli ordini suoi, potessero urtare la vostra sensibilità o sembrare incomprensione. Amate la Chiesa quando la vedete trionfare, ma amatela tanto più quando la sentite incompresa, perseguitata, circondata da diffidenza. Amatela difendendola, perché la Chiesa è santa anche se non siamo santi noi che la rappresentiamo: la Chiesa è santa perché è santo Cristo che parla in noi, che agisce in noi, che perdona per mezzo nostro, e che santifica e benedice con le nostre mani, che non cessa mai di guidare la sua Chiesa.

Si aprano i nostri occhi, come quelli dei discepoli di Emmaus ai quali, un pò, tutti somigliamo, affinché arriviamo a capire quanto dice San Paolo che, senza la Resurrezione di Cristo, siamo i più folli e sventurati tra gli uomini. 

Stare ad ascoltare anche se quello che ascolti ti sembra di saperlo già, ma se è una cosa viva no, non lo avevi mai sentito! 

Nel dramma della loro delusione, i due incontrano Gesù attraverso la parola che racconta i fatti e li spiega, e attraverso il gesto sacramentale del pane spezzato. Gesù vive nella Chiesa viva che racconta di Lui, spezza il pane dell’Eucaristia, annuncia ai fratelli il fatto nuovo della sua presenza. Cristo risorto è presente, e cammina sulle nostre strade per sciogliere la tristezza del nostro cuore e salvarci. Ce ne accorgiamo? A volte basta un piccolo fatto, un semplice gesto per riconoscerLo. Altre volte dobbiamo chiedere la grazia che Lui stesso ci venga incontro e ci scuota.

Gesù è rimasto tra noi in due modi: nell’Eucaristia e nella sua Parola. In entrambe, c’è lui presente: nell’Eucaristia sotto forma di cibo, nella Parola sotto forma di luce e di verità. La Parola ha un grande vantaggio, perché alla comunione non si possono accostare se non quelli che già credono; mentre alla Parola di Dio si possono accostare tutti, credenti e non. Anzi, per diventare credenti, il mezzo più normale è proprio quello di ascoltare la Parola di Dio. 

Il loro cuore è ormai privo di speranza e rende “i loro occhi incapaci di riconoscerlo”. Eppure il Signore si preoccupa proprio di loro tanto da sceglierli separatamente per vincere i loro dubbi. Entra nei loro dubbi con una domanda che potrebbe rivolgere a ognuno di noi: “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?”. Può trattarsi del cammino della vita di chiunque: “Che sono questi discorsi?”. E in quei discorsi loro restano ancora invischiati: “Tu solo sei così forestiero da non sapere…”. Restano legati al fatto della loro quotidianità che è il fatto della morte. Vivono a tal punto calati nel loro presente da non capire il passato e il futuro.

Come ci ricorda San Pietro nella sua lettera, anche noi possiamo credere. È commovente vedere, il principe degli apostoli, che non reclama per sé e per gli altri testimoni oculari nessun merito: “voi per opera sua credete in Dio”. Se crediamo è perché la bontà del Signore si è rivelata a noi come ai discepoli di Emmaus. Quale umiltà! Neppure il primo papa rivendica meriti sulla nostra fede.

La strada che porta a Emmaus è frequentatissima. Lo è stata nel passato, lo è nel presente, e lo sarà nel futuro. È la strada che intraprendiamo quando il dolore brucia la nostra esistenza. È la strada che esprime la tragedia che si abbatte su noi per la perdita, la morte, il distacco di qualcuno che ci è caro più della vita. “Noi speravamo…” Camminare verso Emmaus è fuggire. Fuggire, nell’illusione di poter dimenticare, ricominciare, ricostruire lontano….

Si affianca a noi, e come una madre fa con il suo bambino, ci racconta la storia d’amore che Dio ha intrecciato per noi. È amore tutto quello che è accaduto, ci dice spiegandoci le scritture, è amore anche se i vostri occhi vedono tragedia e il vostro cuore è serrato dal dolore. Non capiscono i discepoli, e non capiamo noi, ma quel racconto riscalda il cuore, come un raggio di sole penetrato, per non so quale provvidenziale crepa, in una stanza buia e gelida. È il primo passo verso la gioia. Quel raggio di sole è vita. Non vogliamo si spenga. Quel raggio di sole è filo di speranza resistente e forte, forte come l’amore che solo Dio è capace di donare. Resta con noi perché si fa sera, perché il buio ci fa paura.

Spezza il Pane per noi. Il memoriale della sua Pasqua apre i nostri occhi e il nostro cuore e ci spinge a fare altrettanto, a vivere con lo stesso amore. Spezzare il pane con lui e per i nostri fratelli è la sola cosa che ci mette nella Comunione. Comunione capace di accorciare ogni distanza, come quella tra ricco e povero, tra sapiente e stolto, tra giovane e vecchio, tra i Viventi e noi che siamo in cammino verso la vita.

“Quello che noi abbiamo visto e udito, quello che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato… lo annunciamo a voi…” Il vero annuncio ha l’unica forza del testimone. Solo questa testimonianza ricca di gioia è capace di contagiare e di portare la festa nel cuore di ogni uomo.

Fanno il cammino inverso rispetto a Gesù: lasciano Gerusalemme e così mettono fine alla loro sequela, abbandonando la comunità degli Undici. I due «chiacchierano delle cose accadute», fanno la cronaca degli ultimi giorni di Gesù, senza comprendere il mistero di salvezza compiutosi. 

Fanno una presentazione di Gesù formalmente ineccepibile ma limitata al suo ministero terreno, un necrologio: egli «fu profeta potente in opere e in parole davanti a Dio e al popolo». Ma con la sua morte è morta anche la speranza, e come sigillo alla loro disillusione adducono il fatto che sono trascorsi tre giorni. Hanno dimenticato l’annuncio di Gesù secondo cui «il Figlio dell’uomo doveva soffrire, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno».

Le Scritture conducono a Cristo e Cristo le illumina, perché ne è l’interprete definitivo: le Scritture trovano il loro centro nel compimento pasquale, nella passione, morte e risurrezione di Gesù, come frutto della sua vita!

«Quando fu a tavola, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro». Sono gli stessi gesti dell’Ultima cena, quelli con cui Gesù ha sintetizzato la sua vita: sono i gesti conservati e ripetuti come tesoro prezioso dalla Chiesa in memoria del Signore.

L’esito dell’incontro con il Risorto è il ritorno alla comunità: la narrazione dell’itinerario personale di tale incontro viene sempre fatta all’interno della comunità cristiana, luogo di trasmissione e mediazione della fede pasquale.

Questa straordinaria pagina ci rivela che la Parola, l’Eucaristia e la comunità sono i luoghi privilegiati della presenza del Risorto: e la sintesi di tutto questo si ha nell’assemblea eucaristica riunita nel giorno del Signore! 

Mentre i due discepoli considerano il viandante come “forestiero” rispetto agli ultimi eventi, in realtà scopriranno di essere loro forestieri rispetto al significato di quegli eventi ai quali si riferiscono i loro discorsi lungo la via. Sanno dire “cosa” è accaduto, ma fanno fatica ancora a capire “cosa significa” per la loro vita.

“Fammi conoscere le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Fammi camminare nella tua verità” (Sal 24,4-5). Nel brano di questa domenica c’è tutto questo e oltre: i due discepoli inizialmente pensavano ripercorrere la “loro” strada da soli; scopriranno quella come la “via di Dio”, e impareranno a percorrerla con Lui, per imparare a vivere secondo la sua Parola. 

Siamo chiamati a riconoscere Lui “lungo la via” della vita, nei segni fondamentali della Parola e dell’Eucarestia, per annunciarlo a tutti. 

"Non ci ardeva forse il cuore in petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?" Vogliamo riflettere proprio su questo punto del Vangelo.

Ridurre la Bibbia a solo oggetto di studio e di erudizione, rimanendo neutrali di fronte al suo messaggio, significa ucciderla. Sarebbe come se un fidanzato che ha ricevuto una lettera d'amore della fidanzata si mettesse a esaminarla con tanto di dizionario, dal punto di vista della grammatica e della sintassi, e si fermasse a queste cose, senza cogliervi l'amore che c'è dentro. Leggere la Bibbia senza la fede è come aprire un libro a notte fonda: non vi si legge niente, o almeno non vi si legge l'essenziale. Leggere la Scrittura con fede significa leggerla in riferimento a Cristo, cogliendo, in ogni pagina di essa, quello che si riferisce a lui. Proprio come egli stesso fece con i discepoli di Emmaus.

Gesù è rimasto tra noi in due modi: nell'Eucaristia e nella sua parola. In entrambe, c'è lui presente: nell'Eucaristia sotto forma di cibo, nella Parola sotto forma di luce e di verità. La parola ha un grande vantaggio sulla stessa Eucaristia. Alla comunione non si possono accostare se non quelli che già credono e che sono in stato di grazia; alla parola di Dio, invece, si possono accostare tutti, credenti e non credenti, sposati e divorziati. Anzi per diventare credenti, il mezzo più normale è proprio quello di ascoltare la parola di Dio.

Meditazione tratta da: parrocchiaspiritosanto.org

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