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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

Meditazione sul Vangelo secondo Giovanni 4,5-42

Vangelo di Domenica 23 Marzo 2014 - III domenica di Quaresima - Anno A

  S. Agostino  
“Tardi ti amai, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti amai! E' vero, tu eri dentro di me, e io fuori. Tu eri con me e io non ero con te. Chiamasti, gridasti, squarciando la mia sordità; sfolgorando il tuo splendore dissolse la mia cecità; esalasti una fragranza che mi ha rianimato e ora anelo verso di te; ti gustai e ho fame e sete di te; mi toccasti e bruciai della tua pace”

Quel che è successo alla Samaritana un giorno accadrà anche a noi, o forse già è accaduto, cioè incontrare la Grazia di Gesù, vicino a un pozzo qualunque; forse accanto ai pozzi di acqua avvelenata su cui ci avventiamo ogni giorno per dissetare la nostra sete di amore, di felicità, perfino di discutibile santità o chissà di quale altra sete, forse innominabile. Quante volte ci sentiamo come "la cerva che anela ai corsi d’acqua" descritta da un famoso Salmo. E non ci vengono offerte o, forse, non cerchiamo noi stessi altro che cisterne avvelenate. Ma un giorno la Misericordia di Dio ci metterà il Signore accanto ai nostri pozzi dove ci abbeveriamo. Se già è successo, allora è il momento che ne facciamo memoriale e che favoriamo l’incontro degli altri uomini e delle altre donne presso i loro pozzi, per condividere quella acqua viva che è stata già donata a noi.

Noi associamo l’acqua ai nostri rubinetti, ma per un orientale dei tempi della Samaritana, l’acqua era una cosa marrone, che si trovava in qualche luogo che bisognava raggiungere con un lungo cammino, si scansavano le impurità maggiori e la si beveva e la si conservava per le abluzioni (o lavaggi) connesse alle necessarie purificazioni religiose e per la sete dei giorni che verranno. L’acqua era preziosa poiché forniva la vita e la fecondità della terra e di tutti, uomini e bestie e piante, e ciascuno grazie all'acqua spegne la sua arsura, riprende il suo cammino, incontra le provvidenziali oasi verdeggianti. Dunque una realtà desiderata e quindi, secondo il costume orientale, segno e simbolo di una realtà ancora più alta , e cioè segno di Dio stesso. Tutto l’antico Testamento si riappropria di questa immagine ed è splendida la definizione di Geremia che definisce Dio come “Fonte di acqua viva (cioè zampillante) e non cisterna screpolata (laddove stagna l’acqua marrone)”. In questo capitolo Gesù parla della sua acqua viva zampillante (in quel tempo c’era gente che in tutta la vita mai aveva bevuto ad una sorgente zampillante acqua trasparente, nativa, dinamica e veloce) e fra poco Gesù aggiungerà “Se qualcuno ha sete venga a me e beva”.

La donna al pozzo dice «Come Mai …? Signore, tu non hai …. Dove hai …. ? Sei tu forse …. /// poi la sua clamorosa bugia “No ho marito” …… /// …. Signore, vedo ……Signore, so ….. Venite a vedere ….» Pochi verbi in poche battute, ma qui c’è il paradigma del peccatore che si incontra con Gesù, un film che è stato anche mio e tuo (e speriamo che lo sia fino in fondo), con contestazioni al Signore, poi domande colpo su colpo con dubbi e ripicca, poi l’arma del nascondere quella verità che neppure io voglio vedere. Ecco allora la Luce che illumina ogni uomo di fatto elimina (perché ti ama) le tenebre oscure anche in quelle profondità nascoste a te e a tutti, e scopri che solo con Lui “La Verità vi farà liberi (Gv 8)”, liberi di vedere, liberi di sapere, liberi di correre dalle persone che conosciamo ed annunciare loro “Venite a vedere!!”.

Questo pozzo è meta di tour durante i pellegrinaggi in Terra Santa, non solo per l’episodio di questo Vangelo odierno, ma per tutta la sua storia nell’Antico Testamento. Vorrei ricordare particolarmente l’episodio di Genesi 29 dove Giacobbe arriva per la prima volta a questo pozzo coperto da una pietra enorme (diciamo un antifurto per il suo preziosissimo contenuto), e lì c’erano alcuni pastori ed una pastorella (Rachele) che aspettavano la fine del pascolo degli altri pastori del consorzio affinché tutti insieme ohohoh issaaaaa sollevassero l’enorme pietra per far bere animali e uomini. Ma Giacobbe, invaghito di quei begli occhi, volle fare una figura da “Macho” e da solo (autentico superman) sollevò la pietra per far bere Rachele e le sue bestie con grande sconcerto degli altri pastori. E naturalmente si sposarono, perché un uomo così non lo si trova tutti i giorni. Non è un episodio insignificante questo di Genesi 29, perché molti secoli dopo, non solo un altro uomo (meno macho ma non per questo – Ecce Homo - meno uomo di Giacobbe) conquistò una donna Samaritana con il vero amore fondato dalla verità e dall'annuncio in Spirito, ma poi un giorno come Giacobbe anch'Egli – da autentico macho – sollevò un'altra pietra ma non da un pozzo, bensì da un sepolcro, e per conquistare un’altra bella e amata, la quale si chiama Chiesa e nella quale ci siamo anche io e te. Questa splendida riflessione ovviamente non è mia, ma appartiene ai Padri della Chiesa.

L’acqua è materia del sacramento del Battesimo, e in Quaresima viene richiamata proprio con la finalità di ricordarci i nostri impegni battesimali, i quali non sono un vincolo ma una grazia, rappresentano la nostra dignità, la ragione per cui tutta la nostra vita (dolori inclusi) ha un senso di gloria, che il catechismo degli sciocchi, della TV, del mondo gaudente e luccichino e del Grande Fratello, mai potrà darci. Quando il popolo ebraico fuggì dall'Egitto verso la terra promessa attraversando un deserto roccioso sotto la guida di Mosè, ebbe una sete terribile, e Dio li dissetò facendo sgorgare l’acqua da una roccia. Quando Gesù era in croce disse “Ho sete”. Madre Teresa rimase così impressionata da questa esclamazione tanto che in ogni crocifisso di ogni sua casa nel mondo (l’ho verificato con i miei occhi anche a Roma nella sua casa di suorine a San Clemente) ciascun crocifisso possiede la scritta “I Thirsty” cioè “Ho sete” in inglese. Poi Gesù morì su quella croce, e dal suo costato sgorgò l’acqua, segno del battesimo quale mezzo sacramentale per innestarsi in Lui e nella sua Grazia per sempre. Nella lettura odierna di San Paolo c’è una affermazione molto bella che sembra modellata proprio sull'aspetto dell’acqua uscita dal costato di Cristo e dice “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori”, come se ammirare quel cuore trafitto che versa diviene un riempire il nostro cuore con amore e con Spirito Santo. 

Abbiamo vissuto in questa generazione il tempo delle crocerossine che in guerra attraversavano ambo i fronti e ogni ferito, per un attimo, aveva l’impressione di vedere una sua sorella, una sposa lasciata a casa, una madre, anche se questa volontaria era di nazionalità avversa. A parte pochi casi, anche nelle cosiddette lotte civili nell'ambito delle nazioni (poi cosa ci sia di “civile” qualcuno me lo spieghi) le brutture e le crudeltà sono solo al maschile, mentre il soccorso e l’aiuto (la protezione, il nascondimento, la salvezza da chi ti cerca per ucciderti) sono essenzialmente al femminile e sul versante della carità della Chiesa, anche se le menzogne storiche di ipocrita storia riscritta ci vogliono far credere il contrario per via dell’impunità che ha acquisito la menzogna nei tempi moderni. Adesso nelle guerre moderne, se sei ferito e ti appare una soldatessa davanti, spera che sia del tuo esercito, altrimenti una raffica di mitra non te la toglie nessuno, altro che sorella sposa e madre. 

Infine nei tempi moderni, dulcis in fundo, abbiamo anche la donna kamikaze che anziché essere portatrice di vita è portatrice di morte verso innocenti sconosciuti che non indossano alcuna divisa e non prendono parte ad alcuna guerra, e talvolta la cronaca ci ha detto perfino in avanzata maternità.

"Se tu conoscessi il dono di Dio”. Ma quale è il dono di Dio che Gesù è venuto a portare a me e a te e a quella samaritana ? Il Papa Benedetto XVI° nel suo capolavoro di libro “Gesù di Nazareth” offre la seguente risposta : “Gesù ci ha donato Dio, ecco cosa ci ha donato” e questo significa che tutti i dei prima e dopo di Lui erano falsi e solo il Dio manifestato da Gesù Cristo è il Dio vero ed unico e che salva. E se Dio esiste ed è quel Dio offertoci da Gesù Cristo, allora ogni albero che lo conoscerà vivrà della sua luce vera e smetterà di dare frutti avvelenati e darà frutti buoni, e l’albero della Samaritana ha cominciato oggi stesso dal momento che ha lasciato la sua brocca ed è corsa in città a dire “Venite e vedete”

Gesù ci insegna che se davanti a noi c'è qualcuno che ci ribatte colpo su colpo, in una replica piccante e quasi arcigna, forse questa persona cerca di nascondere, fingendo, le attese più profonde, e allora il dono di Dio, che è per tutti, va consegnato con pazienza e umiltà.

La fonte non è fuori: né sui monti di Samaria né a Gerusalemme o chissà dove. La fonte, il pozzo profondo, è dentro di noi e nessuno ce lo toglierà mai. E' nel fondo del mio cuore che Gesù, abitando in esso, fa sgorgare continuamente acqua viva. E’ il suo Spirito Santo che non ti lascia mai, neppure se vai in galera o in un lettino di ospedale o nei peccatacci più neri (in questo caso diciamo che non abita dentro di noi ma lì accanto ….. “sto fuori e busso e se mi apri !!!!”)
Uno che aveva capito benissimo questa acqua viva con sorgente dentro di noi è stato Sant'Agostino con queste parole “Tardi ti amai, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti amai! E' vero, tu eri dentro di me, e io fuori. Tu eri con me e io non ero con te. Chiamasti, gridasti, squarciando la mia sordità; sfolgorando il tuo splendore dissolse la mia cecità; esalasti una fragranza che mi ha rianimato e ora anelo verso di te; ti gustai e ho fame e sete di te; mi toccasti e bruciai della tua pace”.

La Terza Domenica ci fa incontrare la Samaritana. Come accadde ad Israele nell'Esodo, anche noi nel Battesimo abbiamo ricevuto l’acqua che salva; Gesù, come dice alla Samaritana, ha un’acqua di vita, che estingue ogni sete; e quest’acqua è il suo stesso Spirito.
Il Vangelo di oggi ci precisa che di Gesù non ci si deve mai vergognare, ne bisogna ritenersi indegni e non meritevoli dei suoi benefici, alla pari della Samaritana che è invitata ad accettarlo nonostante la sua distorta esistenza e la sua appartenenza etnica. 

Un solo termine, del tutto semplice: ACQUA, senza la quale è impossibile la vita e la sussistenza; nella Scrittura essa è sempre emblema di salvezza, come ci ricorda il suo sgorgare prodigioso dalla roccia di Meriba (I^ Lettura di oggi).
Si noti il rovesciamento di posizioni: non è l'uomo assetato che va alla ricerca di Dio, "sorgente della vita", ma Dio stesso che ha sete dell'uomo e domanda di essere da lui riconosciuto e accolto. Non è la sete che cerca la sorgente, ma la sorgente cerca la sete, per dissetare con abbondanza.

Gesù chiede per donare. Dice S. Gregorio Nazianzeno: “Dio ha sete che si abbia sete di lui”. Gesù ha sete sì di acqua, ma non solo. Come dirà in seguito agli apostoli, ha fame e sete di fare la volontà del Padre e di compiere la sua opera (del Padre), che consiste nel salvare tutti con il dono totale di se stesso fino alla morte in croce. In quel momento dirà nuovamente e per l’ultima volta: “Ho sete” e “Tutto è compiuto” e dal suo costato uscirà sangue ed acqua. 

“Se tu sapessi….” Gesù va all'essenziale. Chi è il dono di Dio? “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). Gesù è il dono e il portatore del dono. Gesù è il dono del Padre e colui che si dona. Dice S. Paolo: “Colui che vi ha amato e ha dato se stesso per noi” (Ef 5,2). E Luca: “Questo è il mio corpo che è dato per voi” (2,19). 

La donna ora chiama Gesù “profeta” e chiede spiegazioni circa il luogo ove adorare Dio, che era diverso per giudei e samaritani. Gesù le risponde e si rivela a lei come il “messia”: a lei, samaritana, eretica, peccatrice, ma assetata. La samaritana “ha sete”: anche lei non ha sete solo di acqua, ma ha sete di verità, ha sete d’infinito, ha sete di giustizia, di pace, di bellezza ma soprattutto di amore. Aveva avuto cinque mariti e il sesto non era suo marito. Gesù le aveva letto nel cuore, ma non l’aveva rimproverata, non l’aveva giudicata, non l’aveva condannata. L’aveva condotta senza forzarla alla verità, a ricevere l’acqua viva, ad aprirsi al dono di Dio. Lei accoglie il dono e attraverso quell'acqua rinasce a nuova vita, diventa una creatura nuova: “Se uno non rinasce da acqua e da spirito non può entrare nel regno di Dio” (Gv.3,5), aveva detto Gesù a Nicodemo.

Gesù rivela la donna a se stessa, e rivela se stesso alla donna. La stessa indicazione di tempo: "Era verso mezzogiorno", preannuncia il momento della luce piena, la rivelazione della luce al massimo del suo splendore. Preannuncia il tempo della piena Rivelazione, destinata a illuminare la vita "non chiara" della samaritana, progressivamente, che si rivelò a lei, prima come Giudeo, poi come profeta, quindi come il Cristo. La condusse di gradino in gradino fino al livello più alto. Essa vide in lui dapprima qualcuno che aveva sete, poi un giudeo, quindi un profeta, e infine Dio. Essa persuase colui che aveva sete, ebbe il giudeo in avversione, interrogò il saggio, fu corretta dal profeta e adorò il Cristo.

"Ho sete": sulla croce, nella stagione della sua passione d’amore, Gesù rivela la sua sete ardente. Sete di che cosa? di quale acqua? 
Far-west religioso del credere senza appartenere. Cosa vuol dire quest’ultima espressione? Si riferisce ad una spiritualità vagabonda, di chi qualche volta va a messa la domenica, poi ascolta una conferenza del Dalai Lama, legge libri come la Profezia di Celestino, si interessa di Reiki e crede fermamente nella reincarnazione. 
Oggi la percentuale degli italiani che crede agli angeli è sensibilmente più alta di quelli che credono in Dio! Ecco dunque che un rinato interesse del religioso diventa una ricerca del magico, del miracoloso, del misterioso, che rischia di svuotare le nostre Chiese. Il “credere senza appartenere” è la forma moderna del politeismo: a seconda degli stati d’animo e delle situazioni, si evocano dèi diversi per ricevere conforto, soccorso o illuminazione. 

Gesù mostra di sapere tutto della donna ma di non condannare nulla. Quindi Gesù rovescia lo schema: sii adesso tu, o donna, a chiedere a me l’acqua; sii adesso tu, o donna, a volermi conoscere e accogliere. Lei all'inizio non capisce. Anche lei, donna, per di più quanto mai disprezzata, perché samaritana, impura, infedele al marito, e a più mariti, può partecipare alla vita vera, quella del rapporto d’amore con Dio che è tutt'uno con la sua libertà perché dipende soltanto da lei credervi. Gesù le sta chiedendo di accettare in sé lo Spirito, con la stessa semplicità con cui si beve dell’acqua quando si è assetati : un giorno diverrà perfino un proverbio «facile come bere un bicchiere d’acqua».
Non è la samaritana a cercare Gesù. Se lo trova davanti. Inizia ad ascoltarlo. Si accorge che parla proprio a lei, così com'è. «Se tu conoscessi il dono di Dio…», dice Gesù alla donna. «Dammi quest’acqua», risponde la donna. Tutto qui. Lo Spirito non richiede mediazioni, preparazioni e giustificazioni. Va semplicemente accolto. E l’accettazione sincera non lascia spazio al nomadismo religioso. 
Lo Spirito è come “acqua viva” nella preghiera, che all'inizio nasce stentata, limitata, ripetitiva; poi man mano che la fede cresce (se cresce), trova nuove parole, nuove espressioni, nuova forza e nuova vitalità. Fino a giungere alla condizione in cui è lo Spirito che prega in noi e viene meno la distinzione fra i tempi dediti alla preghiera e il resto della vita: la vita stessa diventa preghiera. 

Alla Samaritana, e a tutti coloro che in qualche misura si riconoscono nella sua vicenda, Gesù fa nel Vangelo di questa domenica una proposta radicale: cercare un'altra "acqua", dare un senso e un orizzonte nuovi alla propria vita. Un orizzonte eterno! «L’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».
Non è che colui che desidera l’eternità dimostri di non amare la vita; piuttosto chi non la desidera, dal momento che si rassegna così facilmente al pensiero che essa debba finire. Sarebbe un grande guadagno, non solo per la Chiesa ma anche per la società, riscoprire il senso dell’eternità. Aiuterebbe a ritrovare l’equilibrio, a relativizzare le cose, a non cadere nella disperazione di fronte alle ingiustizie e al dolore che ci sono nel mondo. A vivere meno freneticamente.

«Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete», disse Gesù alla Samaritana. Bisogna cercare l’infinito in alto, non in basso; al di sopra della ragione, non al di sotto di essa, nelle ebbrezze irrazionali. 
«Doveva attraversare la Samaria»: è una necessità, perché Gesù agisce in obbedienza al Padre, perché la sua missione di salvezza non è ristretta a Israele.
Gesù un giorno riceverà l’accusa e l’insulto: «Sei un samaritano, un indemoniato!» (Gv 8,48), cioè «Sei passato all'altra parte!»
Giunge anche una donna che, a causa del suo comportamento immorale, è costretta a uscire per strada a quest’ora per non imbattersi in quanti la disprezzano. Facendosi mendicante presso di lei Gesù le chiede ospitalità: «Dammi da bere», condividi con me l’acqua. Stupita da tale abbassamento, lei ribatte: «Come mai tu, giudeo, chiedi da bere a me, donna samaritana?».
Questa donna, figura della Samaria adultera, ha cercato di placare la sua sete attraverso vie sbagliate: ha avuto diversi uomini. E così Gesù le svela la sua condizione, ma senza condannarla; la donna accetta di mettersi in gioco e riceve in cambio una promessa inaudita.

Dissetarsi con l’acqua donata da Gesù significa scoprire in sé una fonte inesauribile, perché quell’acqua è lo Spirito effuso da Gesù!
La domanda che Gesù aveva fatto alla donna diviene domanda della donna a Gesù: «Signore, dammi quest’acqua!».
Ecco il grande annuncio: «Donna, è giunta l’ora in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità», cioè nello Spirito Santo e in Gesù Cristo, che è la verità: il luogo del culto non è più un tempio di pietre, ma la nostra persona, corpo di Cristo e tempio dello Spirito! Sentendosi accolta, la donna confessa la sua sete profonda, quella del Messia, e si sente rispondere da Gesù: «Io sono il Messia che attendi». L’incontro con Gesù l’ha trasformata in una creatura nuova e l’ha abilitata a essere testimone e anche evangelizzatrice: essa corre dunque in città ad annunciare a tutti di aver incontrato il Messia.
Anche per noi che abbiamo ricevuto nel Battesimo lo Spirito Santo e il nome di cristiani: siamo chiamati a discernere nei nostri cuori la fonte zampillante dello Spirito, che è remissione dei peccati e ci rende amici di Cristo e suoi testimoni tra gli uomini di oggi. 

"L'acqua che io darò diventerà in lui sorgente che zampilla per la vita eterna". Eternità è una parola caduta in "disuso". È diventata una specie di tabù per l'uomo moderno. Si crede che questo pensiero possa distogliere dall'impegno storico concreto per cambiare il mondo, che sia un'evasione, uno "sprecare in cielo i tesori destinati alla terra", diceva Hegel. Ma qual è il risultato? La vita, il dolore umano, tutto diventa immensamente più assurdo. Si è persa la misura. Se manca il contrappeso dell'eternità, ogni sofferenza, ogni sacrificio appare assurdo, sproporzionato, ci "sbilancia", ci butta a terra. S. Paolo ha scritto: "Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria". In confronto all'eternità della gloria, il peso della tribolazione gli appare "leggero" (a lui che nella vita ha sofferto tanto!) proprio perché "momentaneo". Infatti, aggiunge: "le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne".

È chiaro che non basta sapere che esiste l'eternità, bisogna anche sapere come si fa a raggiungerla. Chiedersi come il giovane ricco del Vangelo: "Maestro che devo fare per avere la vita eterna?". Leopardi, nella poesia "L'Infinito", parla di una siepe, che "da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude". Cos'è per noi questa "siepe", l'ostacolo, che ci impedisce di spingere lo sguardo verso l'orizzonte ultimo, quello eterno? La Samaritana, quel giorno, capì che qualcosa doveva cambiare nella sua vita se voleva ottenere la "vita eterna", perché la troviamo di lì a poco trasformata in una evangelizzatrice che racconta a tutti, senza vergogna, quello che le ha detto Gesù. 

L’incontro con Gesù ci fa prendere coscienza della complessità della nostra esistenza, delle nostre aspettative, delle nostre insoddisfazioni, dei nostri desideri. 
Il Signore rivela a ciascuno sè stesso e in questo svelarci a noi stessi ci fa interrogare sul senso dei nostri atti. Fino a quel momento la donna samaritana non era che una giungla di desideri, un miscuglio di tante seti che la muovevano in ogni direzione. Così è ciascuno di noi fino al momento in cui incontra Gesù. Perchè ogni nostro desiderio è teso, inconsciamente, verso Gesù e deve un giorno approdare a Lui, placarsi in Lui, colmarsi di gioia in Lui. Desideri dispersi e disperdenti fino al giorno in cui Gesù stesso li raccoglie, dà loro un significato, una soddisfazione inaspettata, li assume su di sé: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò”

Le molteplici seti si semplificano nella sola sete di Dio, della sua acqua santificante in cui saremo immersi quando saremo faccia a faccia con Lui e che ora possiamo pregustare nella preghiera, nei sacramenti e nell'Eucarestia in particolare.
“Signore, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete” e non continui a cercare invano di saziare la mia sete avvicinandomi a pozzi senza speranza. 
Solo Cristo ha raggiunto nel più profondo l’uomo dandogli una grandezza infinita nell'umiltà totale. 
Anche quando la scintilla della fede sembra aver finalmente acceso il nostro cuore e la nostra mente, come la samaritana cerchiamo una via più “semplice” per vivere. La via del ritualismo e del formalismo religioso. 

Gesù inchioda la donna davanti alla sua responsabilità e alla falsità della sua vita e subito ella cerca di rifugiarsi nell'esteriorità religiosa, o come si dice a Roma .. .. la butta in politica .. .. dove tutto è ambiguo, è "caciara".
Era stata una schiava del proprio corpo. Era stata il risultato dei suoi istinti...ora prende coscienza della propria dignità, del fatto che è chiamata a diventare sorgente, perchè è entrata in dialogo con una Presenza che la ricolma. Questa Presenza può far zampillare in lei una sorgente di vita sconosciuta, e lei è diventata sè stessa invece di essere soltanto un risultato.

L’uomo è il regno di Dio... Non c’è niente che colpisca tanto nel quarto vangelo quanto il posto che viene dato all’uomo negli ultimi colloqui di Gesù. La sua suprema consegna non è di amare Dio, ma di amare l’uomo, la cui libertà ha la forma della croce e la cui dignità ha come garanzia la lavanda dei piedi. Il colloquio di Gesù con la samaritana orientava già verso un rovesciamento delle prospettive fino ad allora tradizionali, poichè Gesù in esso rivela l’uomo come il vero santuario della divinità.

“E’ giunto il momento, ed è questo!”.
E’ una promessa e una verifica al tempo stesso. 

Difficilmente potettero capire che la sua opera era quella di dissetare, senza fine, anime come quelle della povera samaritana. A questa opera chiamava anche loro, che pure non avrebbero potuto vantare alcun merito, perché solo il Cristo è “l’acqua zampillante per la vita eterna”
Andò subito ad annunciare di aver incontrato il Messia. Era sicuramente in pace con se stessa. Come rigenerata. È quanto ci ricorda san Paolo nell’odierna lettura: “noi siamo in pace con Dio grazie al Signore nostro, Gesù Cristo”, perché è da Lui che viene la speranza di partecipare alla gloria di Dio e questa è “una speranza che non delude” e che penetra nei nostri cuori per dare un senso alla nostra vita, come avvenne per quella donna al pozzo.

Tratta dal sito: parrocchiaspiritosanto.org

6 commenti:

  1. Ogni essere umano cerca il senso della vita ,il sentirsi amati , Gesù ama ogni uomo , solo Lui può dissetarci ,e sentire nei nostri cuori pace e amore. Gesù il primo pensiero del mattino e l' ultimo della sera sei TU. Donaci sempre la TUA luce, vieni Spirito Santo. Fratello in Cristo ricordati di me nelle tue preghiere ,come io mi ricorderò di te nelle mie preghiere . Grazie

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    1. Grazie a te Sabrina, questa grande responsabilità reciprocamente assunta è volontà di Dio.
      Nessuno può eludere la volontà di Dio, nessuno può esimersi dal pregare per il prossimo, ne va dell'altrui e del proprio bene.
      Questo è essere famiglia, la famiglia di Dio: il massimo bene spirituale ce ne viene dal bene del prossimo.
      Dio ti benedica!

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  2. Eccomi ,ancora a rendere lode a Gesù perché la Sua Grazia, vale più della vita una grande pace infonde nei cuori e per intercessione di Maria Santissima, di Santa Faustina e San Michele Arcangelo di non perdere questo Dono nelle prove della vita. Sono convinta ,fratello in Cristo ,che pregando per ogni essere umano non ci sentiremo mai soli. Grazie è una gioia per me tutto ciò. Dio sia sempre benedetto.

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  3. Cara Sabrina, vedo che abbiamo identiche intenzioni di preghiera.
    Infatti facciamo i pellegrinaggi a piedi alla Madonna del Sasso in preghiera per le conversioni.
    Ora abbiamo intenzione di formare anche un gruppo di preghiera la cui missione sarà ancora quella di PREGARE PER LE CONVERSIONI.
    Se il primo e più grande miracolo di Dio è il dono della vita, il secondo più grande miracolo è la rivelazione che Egli fa di se stesso, da accogliere appunto con la conversione.
    Dio ti benedica!

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  4. Madre nostra Maria .mi sono ritrovata a venerarti in questo Santuario ,vivendo in Abruzzo non posso partecipare ai pellegrinaggi , ma nel giorno del cammino di preghiera, io posso pregare il Santo Rosario .Fratello in Cristo ,a volte non capisco ma spero che sia la volontà di Cristo per la Sua Gloria.

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    1. Grazie Sabrina, sarà un pellegrinaggio spirituale che faremo tutti insieme!
      La presenza della S. Vergine al Santuario del Sasso è forte, (lo so bene anch'io!), fortissima e numerose sono le testimonianze di grazie ricevute da chi confida in Lei.
      A breve vedremo di raccogliere su questo blog anche le richieste di preghiera dei lettori/lettrici, che porteremo ai piedi della Mamma.

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