Io non vorrei tuttavia, Madre mia amatissima, che lei creda che le preghiere fatte in comune in coro, o nei romitori, io le reciti senza devozione. Al contrario amo molto le preghiere in comune perché Gesù ha promesso di trovarsi in mezzo a coloro che si riuniscono in suo nome, io sento allora che il fervore delle mie sorelle supplisce al mio, ma da sola (ho la vergogna di confessarlo) la recita del rosario mi costa più che mettere uno strumento di penitenza...Sento che lo dico così male! Ho voglia a sforzarmi di meditare i misteri del rosario, non arrivo a concentrare il mio spirito... A lungo mi sono desolata di questa mancanza di devozione che mi sbalordiva, perché amo tanto la Santa Vergine che dovrebbe essermi facile fare in suo onore preghiere che le sono gradite. Ora mi desolo meno, penso che la Regina dei Cieli, essendo mia madre, deve vedere la mia buona volontà e che se ne accontenta.
Qualche volta quando il mio spirito è in una aridità così grande che mi è impossibile cavarne un pensiero per unirmi al Buon Dio, recito molto lentamente un “Padre Nostro” e poi il saluto dell'angelo; allora queste preghiere mi affascinano, nutrono l’anima mia molto di più che se io le avessi recitate precipitosamente un centinaio di volte...
La Santa Vergine mi fa vedere che non è inquieta con me, mai manca di proteggermi appena la invoco. Se mi viene un'inquietudine, un imbarazzo, subito mi volto verso di lei e sempre come la più tenera delle Madri lei si carica dei miei interessi. Quante volte parlando alle novizie, m'è capitato di invocarla e di sentire i benefici della sua materna protezione!...
Spesso le novizie mi dicono: “Ma lei ha una risposta a tutto, credevo stavolta di metterla in difficoltà... ma dove va a cercarle le cose che dice?”. Ce ne sono anche di abbastanza ingenue da credere che io leggo nell'anima loro perché mi è successo di prevenirle dicendo loro quello che pensavano. Una notte, una delle mie compagne aveva deciso di tenermi nascosta una pena che la faceva molto soffrire. Io la incontro al mattino, lei mi parla con una faccia sorridente ed io, senza rispondere a quello che mi diceva, le dico con un accento convinto: Lei ha un dolore. Se avessi fatto cadere la luna ai suoi piedi credo che non mi avrebbe guardata con più sbalordimento. Il suo stupore era così grande che vinse anche me, fui per un attimo colta da un terrore soprannaturale. Ero proprio sicura di non avere il dono di leggere nelle anime e mi sbalordiva ancora di più il fatto di essere andata a colpire così giusto. Sentivo proprio che il Buon Dio era vicinissimo, che, senza che me ne accorgessi, avevo detto, come un bimbo, parole che non venivano da me ma da Lui.
Madre amatissima, lei comprende che alle novizie tutto è permesso; bisogna che esse possano dire ciò che pensano senza alcun limite, il bene come il male. Ciò è loro tanto più facile con me in quanto esse non mi debbono il rispetto che si rende ad una maestra. Io non posso dire che Gesù mi fa camminare esteriormente sulla via delle umiliazioni. Egli si accontenta di umiliarmi nel fondo dell'anima mia; agli occhi delle creature tutto mi riesce, io seguo il cammino degli onori, tanto quanto questo è possibile nella vita religiosa. Capisco che non è per me, ma per le altre, che bisogna che io cammini per questa via che mi pare così pericolosa. In realtà se passassi agli occhi della comunità per una religiosa piena di difetti, incapace, senza intelligenza nè giudizio, le sarebbe impossibile, Madre mia, farsi aiutare da me. Ecco perché il Buon Dio ha gettato un velo su tutti i miei difetti interiori ed esteriori. Questo velo, talvolta, mi attira qualche complimento da parte delle novizie, io sento davvero che esse non me li fanno per adulazione ma che è l'espressione dei loro sentimenti ingenui; veramente la cosa non potrebbe ispirarmi vanità, perché ho presente al pensiero, senza posa, il ricordo di quello che sono. Tuttavia, talvolta mi viene un desiderio grandissimo di sentire qualcosa d'altro dagli elogi. Lei sa, Madre mia amatissima, che preferisco l'aceto allo zucchero; anche la mia anima si stanca di un cibo troppo zuccherato, e Gesù permette allora che le si serva una bella insalatina, molto carica d'aceto, molto piccante, non ci manca niente salvo l'olio, e la cosa le dà un sapore in più... Questa bella insalatina mi è servita dalle novizie nel momento in cui meno me l'aspetto. il buon Dio solleva il velo che nasconde le mie imperfezioni, allora le mie care sorelline vedendomi tale quale sono non mi trovano più del tutto di loro gradimento. Con una semplicità che mi rapisce, esse mi dicono tutti i contrasti che io causo loro, quello che loro dispiace in me; in fin dei conti non si dispiacciono di più che se si trattasse di un'altra, perché sanno che mi fanno un grande piacere agendo così. Ah! veramente, è più che un piacere, è un festino delizioso che riempie la mia anima di gioia. Io non posso spiegarmi come una cosa che spiace tanto alla natura può procurare una felicità così grande; se non lo avessi sperimentato non potrei crederlo... Un giorno che avevo particolarmente desiderato di essere umiliata, successe che una novizia si incaricò così bene di soddisfarmi che subito pensai a Semei che malediceva David, e mi dicevo: SI, è proprio il Signore che le comanda di dirmi tutte queste cose... E il mio animo assaporava deliziosamente il nutrimento amaro che gli era servito con tanta abbondanza.
È così che il buon Dio si degna di prendersi cura di me. Egli non può sempre darmi il pane fortificante dell’ umiliazione esterna, ma di tempo in tempo, Egli mi permette di nutrirmi delle briciole che cadono dalla tavola dei figli Ah! quanto è grande la sua misericordia, io non la potrò cantare che in Cielo.
Madre amatissima, poiché con lei io cerco di cominciare a cantarla sulla terra, questa misericordia infinita, debbo ancora dirle un grande beneficio che ho tratto dalla missione che lei mi ha affidato. In passato quando vedevo una sorella che faceva qualcosa che mi spiaceva e che mi pareva contro la regola, io mi dicevo: Ah! se potessi dirle quello che penso, mostrarle che ha torto, la cosa mi farebbe bene! Dal momento in cui ho praticato il mestiere, le assicuro, Madre mia, che ho del tutto cambiato opinione. Quando mi capita di vedere una suora fare un'azione che mi sembra imperfetta, mando un sospiro di sollievo e mi dico: Che felicità! non è una novizia, io non sono obbligata a rimproverarla. E poi prestissimo cerco di scusare la suora e di prestarle delle buone intenzioni che senza dubbio essa ha. Ah! Madre mia, da quando sono ammalata, le cure che lei mi prodiga mi hanno ancora insegnato molto sulla carità:
Nessun rimedio le pare troppo costoso, e se non riesce senza stancarsi lei prova un'altra cosa. Quando andavo a ricreazione, quale attenzione non faceva al fatto che io fossi ben sistemata al riparo delle correnti d'aria. Infine, se volessi dire tutto, non arriverei alla fine.
Pensando a tutte queste cose, mi sono detta che dovevo essere così compassionevole per le malattie spirituali delle mie sorelle, quanto lei lo è, Madre mia amata, curandomi con tanto amore.
Ho notato (ed è del tutto naturale) che le sorelle più sante sono le più amate, si cerca la loro conversazione, si rendono loro dei servizi senza che li chiedano, alla fine queste anime capaci di sopportare mancanze di riguardo, di delicatezza, si vedono circondate dall'affetto di tutte. Si può applicare loro questa parola del nostro Padre S. Giovanni della Croce: Tutti i beni mi sono stati dati quando io non li ho più cercati per amor proprio.
Le anime imperfette al contrario, non sono ricercate per niente, senza dubbio nei loro confronti ci si tiene nei limiti della buona educazione religiosa, ma forse temendo di dir loro qualche parola più amabile, si evita la loro compagnia. - Dicendo le anime imperfette, io non voglio parlare soltanto delle imperfezioni spirituali, poiché le più sante non saranno perfette che in Cielo, io voglio parlare del difetto di giudizio, di educazione, della suscettibilità di certi caratteri, tutte cose che non rendono la vita gradevole. So bene che queste debolezze morali sono croniche, non c'è speranza di guarigione, ma so bene anche che la Madre mia non smetterebbe di curarmi, di cercare di sollevarmi se restassi ammalata tutta la vita. Ecco la conclusione che ne traggo: debbo ricercare in ricreazione, in licenza, la compagnia delle suore che mi sono meno gradite, compiere verso queste anime ferite l'ufficio del buon Samaritano. Una parola, un sorriso amabile, bastano spesso per dilatare un'anima triste; ma non è assolutamente per raggiungere questo scopo che io voglio praticare la carità perché so che ben presto sarei scoraggiata: una parola che avrò detto con la migliore intenzione sarà forse interpretata a rovescio. Così per non perdere il mio tempo, voglio essere amabile con tutti (e in particolare con le sorelle meno amabili) per rallegrare Gesù e rispondere al consiglio che Egli dà nel Vangelo pressappoco in questi termini: Quando date un banchetto non invitate i vostri parenti e i vostri amici per paura che essi non vi invitino a loro volta e che così voi avreste ricevuto la vostra ricompensa; ma invitate i poveri, gli Zoppi, i paralitici e sarete felici per il fatto che essi non possono restituire, perché il vostro Padre che vede nel segreto ve ne ricompenserà”.
Che banchetto potrà offrire una carmelitana alle sue sorelle se non un banchetto spirituale composto di carità amabile e gioiosa? Per me, non ne conosco altro e voglio imitare S. Paolo che si rallegrava con quelli che trovava nella gioia ; è vero che egli piangeva anche con gli afflitti e che le lacrime debbono talora apparire nel banchetto che io voglio offrire, ma cercherò sempre che alla fine quelle lacrime si mutino in gioia, poiché il Signore ama coloro che donano con gioia.
Io mi ricordo di un atto di carità che il Buon Dio mi ispirò di fare quando ancora ero novizia, era una piccola cosa, tuttavia il Padre nostro che vede nel segreto, che guarda più all'intenzione che alla grandezza dell'azione, me ne ha già ricompensata, senza aspettare l'altra vita. Era il tempo in cui Suor S. Pietro andava ancora in coro ed a refettorio. All'orazione della sera lei era piazzata davanti a me: 10 minuti prima delle 6 occorreva che una sorella si muovesse per condurla al refettorio, perché le infermiere avevano allora troppi ammalati per venirla a cercare. Mi costava molto propormi per fare questo servizietto, perché sapevo che non era facile accontentare questa povera Suor S. Pietro che soffriva tanto che non le piaceva di cambiare conduttrice. Tuttavia non volevo mancare una occasione così bella di esercitare la carità, ricordando che Gesù aveva detto: Quello che farete al più piccolo dei miei lo avrete fatto a me, Io mi offrii allora con molta umiltà per guidarla: e non fu senza fatica che riuscii a far accettare i miei servizi! Finalmente mi misi al lavoro ed avevo tanta buona volontà che ci riuscii perfettamente.
Ogni sera quando vedevo la mia Suor S. Pietro scuotere la sua clessidra, io sapevo che la cosa voleva dire: partiamo! È incredibile quanto mi costava liberarmi, soprattutto nei primi tempi; tuttavia lo facevo immediatamente, e poi, cominciava tutta una cerimonia. Bisognava smuovere e portare la panca in un certo modo, soprattutto non affrettarsi, poi la passeggiata aveva luogo. Si trattava di seguire la povera inferma sostenendola per la sua cintura, io lo facevo con la maggiore dolcezza che mi era possibile; ma se, disgraziatamente, lei faceva un passo falso, subito le pareva che la reggevo male e che stava per cadere. - “Ah! mio Dio! lei va troppo in fretta, non ce la faccio più”. Se cercavo di andare ancora più lentamente - “Ma mi segua dunque! non sento più la sua mano, lei mi ha piantata, cadrò; ah! l'avevo detto io che lei era troppo giovane per guidarmi”. Alla fine arrivavamo senza incidenti al refettorio; là sopravvenivano altri problemi, si trattava di far mettere seduta Suor S. Pietro e di muoversi nel modo giusto per non farle male, poi bisognava riprendere le grucce (anche quelle in un certo modo), poi ero libera di andarmene. Con le sue povere mani storpiate, lei sistemava il suo pane nella scodella, come poteva. Me ne accorsi presto e, ogni sera, non la lasciavo che dopo averle reso anche quel piccolo servizio. Dal momento che non lo aveva chiesto, fu molto toccata dalla mia attenzione e fu con questo mezzo che non avevo fatto apposta a cercare, che io mi conquistai del tutto le sue grazie e soprattutto (l'ho saputo più tardi) perché, dopo aver tagliato il suo pane, io le facevo prima di andarmene il mio sorriso più bello.
Madre mia amatissima, forse lei è meravigliata perché io le scrivo di questo piccolo atto di carità, passato da tanto tempo. Ah! se l'ho fatto è perché sento che debbo cantare, a causa sua, le misericordie del Signore. Egli si è degnato di lasciarmene il ricordo, come un profumo che mi spinge a praticare la carità. Mi ricordo talora di alcuni dettagli che sono per l'anima mia come una brezza di primavera. Eccone uno che si presenta alla mia memoria: Una sera d'inverno stavo facendo come al solito il mio piccolo servizio, faceva freddo, era già notte... di colpo sentii da lontano il suono armonioso di uno strumento musicale, allora mi immaginai una grande sala illuminata, tutta lucente di ori, ragazze elegantemente vestite che si facevano a vicenda complimenti e gentilezze mondane; poi il mio sguardo cadde sulla povera ammalata che sostenevo; invece di una melodia sentivo ogni tanto i suoi gemiti lamentosi, invece degli ori, vedevo i mattoni del nostro chiostro austero, appena rischiarati da una debole luce. Io non posso esprimere ciò che è passato nell'anima mia, quello che so è che il Signore la illuminò con i raggi della verità che superarono a tal punto lo splendore tenebroso delle feste della terra, che io non potevo credere alla mia felicità... Ah! per gioire mille anni delle feste del mondo, io non avrei dato i dieci minuti impiegati ad adempiere il mio umile servizio di carità... Se già nella sofferenza, nel mezzo del combattimento, si può godere un istante di felicità che sorpassa tutte le felicità della terra, pensando che il buon Dio ci ha separate dal mondo, che sarà mai nel Cielo quando vedremo, nel pieno di una gioia e di un riposo eterno, la grazia incomparabile che il Signore ci ha fatto scegliendoci per abitare nella sua casa, vero portico del Cielo?...
Non è sempre con questi slanci di gioia che ho praticato la carità, ma all'inizio della mia vita religiosa, Gesù volle farmi sentire quanto è dolce vederlo nell'anima delle sue spose; così quando io guidavo. Suor S. Pietro, lo facevo con tanto amore che mi sarebbe stato impossibile farlo meglio se avessi dovuto guidare lo stesso Gesù. La pratica della carità non mi è stata sempre così dolce, gliel'ho appena detto, Madre mia cara; per provarglielo, le racconterò alcune piccole battaglie che certamente la faranno sorridere. Per tanto tempo, all'orazione della sera, fui messa davanti ad una sorella che aveva una buffa mania, e penso... molte illuminazioni, perché si serviva raramente di un libro. Ecco come me ne accorgevo: Appena questa sorella era arrivata, si metteva a fare il suo strano rumorino che rassomigliava a quello che si farebbe strofinando due conchiglie una contro l'altra. Non c'ero che io che me ne accorgevo, perché ho l'orecchio estremamente fine (un po' troppo talora). Dirle, Madre mia, quanto questo rumore mi stancava, è impossibile: avevo grande voglia di girare la testa e di guardare la colpevole che, sicuramente, non si accorgeva del suo tic, era runico mezzo di segnalarglielo; ma in fondo al cuore sentivo che era meglio soffrire quella cosa per l’amore del buon Dio e per non dare pena alla sorella. Restavo dunque tranquilla, cercavo di unirmi al buon Dio, di dimenticare il rumorino... tutto era inutile, sentivo il sudore che m'inondava ed ero costretta a fare semplicemente un'orazione di sofferenza, ma pur soffrendo, cercavo il modo di farlo non con irritazione, ma con gioia e pace, almeno nell'intimo dell'anima. Allora cercavo di amare il rumorino così sgradevole; invece di cercare di non sentirlo (cosa impossibile) mettevo la mia attenzione a sentirlo bene, come se fosse stato un affascinante concerto e tutta la mia orazione (che non era quella di quiete) passava ad offrire questo concerto a Gesù.
Un'altra volta, ero in lavanderia davanti ad una sorella che mi schizzava l'acqua sporca in faccia ogni volta che alzava i fazzoletti dal suo lavatoio; il mio primo movimento fu di tirarmi indietro asciugandomi la faccia, per mostrare alla sorella che mi innaffiava che mi avrebbe fatto un servizio se fosse stata tranquilla, ma subito pensai che ero proprio stupida a rifiutare i tesori che mi venivano offerti così generosamente e mi guardai bene dal far apparire il mio combattimento. Feci tutti i miei sforzi per desiderare di prendermi tanta acqua sporca, in modo che alla fine avevo davvero preso gusto a questo nuovo genere di aspersione e mi ripromisi di tornare un'altra volta in quel felice posto dove si ricevevano tanti tesori.
Madre amatissima, lei vede che io sono una piccolissima anima che non può offrire al buon Dio che piccolissime cose, mi succede ancora spesso di lasciarmi scappare questi piccoli sacrifici che danno tanta pace all'anima; la cosa non mi scoraggia, sopporto di avere un po’ meno di pace e cerco di essere più vigile un'altra volta.
Ah! il Signore è così buono per me che mi è impossibile temerlo, sempre Egli mi ha dato ciò che ho desiderato, o meglio Egli mi ha fatto desiderare ciò che voleva darmi; così poco tempo prima che la mia prova contro la fede cominciasse, io mi dicevo: Veramente non ho grandi prove esteriori e per averne di interiori occorrerebbe che il buon Dio cambiasse la mia vita, io non credo che Egli lo faccia, e tuttavia non posso sempre vivere così nel riposo... quale mezzo troverà dunque, Gesù, per provarmi? La risposta non si fece attendere, e mi dimostrò che Colui che io amo non è a corto di mezzi; senza cambiarmi la vita, Egli mi inviò la prova che doveva mescolare un amarezza salutare a tutte le mie gioie. Non è soltanto quando mi vuole provare che Gesù me lo fa presentire e desiderare. Da moltissimo tempo avevo un desiderio che mi sembrava del tutto irrealizzabile, quello di avere un fratello prete, pensavo spesso che se i miei fratellini non fossero volati in Cielo io avrei avuto la felicità di vederli salire l’altare; ma poiché il buon Dio li ha scelti per farne degli angioletti non potevo più sperare di vedere il mio sogno realizzarsi; ed ecco che non solo Gesù mi ha fatto la grazia che desideravo, ma Egli mi ha unita con i legami dell'anima a due dei suoi apostoli, che sono diventati miei fratelli... Io voglio, Madre mia amatissima, raccontarle in dettaglio come Gesù colmò il mio desiderio e persino lo sorpassò, perché io non desideravo che un fratello prete che ogni giorno pensasse a me al santo altare.
Ah! il Signore è così buono per me che mi è impossibile temerlo, sempre Egli mi ha dato ciò che ho desiderato, o meglio Egli mi ha fatto desiderare ciò che voleva darmi; così poco tempo prima che la mia prova contro la fede cominciasse, io mi dicevo: Veramente non ho grandi prove esteriori e per averne di interiori occorrerebbe che il buon Dio cambiasse la mia vita, io non credo che Egli lo faccia, e tuttavia non posso sempre vivere così nel riposo... quale mezzo troverà dunque, Gesù, per provarmi? La risposta non si fece attendere, e mi dimostrò che Colui che io amo non è a corto di mezzi; senza cambiarmi la vita, Egli mi inviò la prova che doveva mescolare un amarezza salutare a tutte le mie gioie. Non è soltanto quando mi vuole provare che Gesù me lo fa presentire e desiderare.
Da moltissimo tempo avevo un desiderio che mi sembrava del tutto irrealizzabile, quello di avere un fratello prete, pensavo spesso che se i miei fratellini non fossero volati in Cielo io avrei avuto la felicità di vederli salire l’altare; ma poiché il buon Dio li ha scelti per farne degli angioletti non potevo più sperare di vedere il mio sogno realizzarsi; ed ecco che non solo Gesù mi ha fatto la grazia che desideravo, ma Egli mi ha unita con i legami dell'anima a due dei suoi apostoli, che sono diventati miei fratelli... Io voglio, Madre mia amatissima, raccontarle in dettaglio come Gesù colmò il mio desiderio e persino lo sorpassò, perché io non desideravo che un fratello prete che ogni giorno pensasse a me al santo altare.
Fu la nostra S. Madre Teresa che mi inviò per regalo della festa nel 1895 il mio primo fratellino. Ero in lavanderia, occupatissima nel mio lavoro, quando madre Agnese di Gesù, prendendomi da parte, mi lesse una lettera che aveva appena ricevuta. Era un giovane seminarista, ispirato, diceva, da S. Teresa, che veniva a chiedere una sorella che si consacrasse specialmente alla salvezza dell'anima sua e lo aiutasse con le sue preghiere e sacrifici quando sarebbe stato missionario perché potesse salvare tante anime. Prometteva di avere sempre un ricordo per colei che sarebbe diventata sua sorella, quando avrebbe potuto offrire il Santo Sacrificio. Madre Agnese mi disse che voleva che fossi io a diventare la sorella di questo futuro missionario.
Madre mia, dirle la mia felicità sarebbe cosa impossibile, il mio desiderio esaudito in un modo insperato fece nascere nel mio cuore una gioia che chiamerò infantile, perché mi è necessario risalire ai giorni della mia infanzia per trovare il ricordo di quelle gioie così vive che l'anima è troppo piccola per contenerle; mai da anni avevo gustato quel genere di felicità. Io sentivo che da quel punto di vista la mia anima era nuova, era come se si fossero toccate per la prima volta delle corde musicali rimaste fino allora nell'oblio.
Io comprendevo gli obblighi che mi imponevo, e così mi misi all'opera cercando di raddoppiare nel fervore. Bisogna che confessi che all'inizio non ebbi consolazioni per stimolare il mio zelo; dopo aver scritto una bella lettera piena di cuore e di nobili sentimenti, per ringraziare madre Agnese di Gesù, il mio fratellino non dette più segno di vita fino al mese di luglio seguente, eccetto il fatto che inviò la sua lettera a novembre per dire che entrava in caserma. Era a lei, Madre amatissima, che il buon Dio aveva riservato di completare l'opera iniziata; senza dubbio è con la preghiera e il sacrificio che si possono aiutare i missionari, ma talora quando piace a Gesù di unire due anime per la sua gloria, egli permette che di tempo in tempo esse possano comunicarsi i loro pensieri ed eccitarsi ad amare Dio maggiormente; ma occorre per questo una volontà esplicita dell'autorità, perché mi sembra che diversamente quella corrispondenza farebbe più male che bene, se non al missionario almeno alla carmelitana continuamente portata per il suo genere di vita a ripiegarsi su se stessa. Allora invece di unirla al buon Dio, quella corrispondenza (anche da lontano) che essa avrebbe sollecitato le occuperebbe lo spirito; immaginandosi di fare monti e meraviglie, lei non farebbe proprio nulla se non procurarsi, sotto la vernice dello zelo, una distrazione inutile. Per me, è lo stesso qui come nel resto, io sento che occorre, perché le mie lettere facciano del bene, che siano scritte per obbedienza e che io provi piuttosto ripugnanza che piacere a scriverle. Così quando parlo con una novizia, io cerco di farlo mortificandomi, evito di indirizzarle domande che soddisferebbero la mia curiosità; se essa comincia una cosa interessante e poi passa ad un'altra che mi annoia senza finire la prima, io mi guardo bene dal ricordarle la cosa che ha messo da parte, perché mi pare che non si può fare alcun bene quando si ricerca se stessi.
Madre mia amatissima, io mi accorgo che non mi correggerò mai, eccomi ancora partita proprio lontano dal mio soggetto, con tutte le mie divagazioni; mi scusi, la prego, e mi permetta di ricominciare alla prossima occasione poiché non posso fare altrimenti!... Lei agisce come il buon Dio che non si stanca di sentirmi, quando Gli dico in tutta semplicità le mie pene e le mie gioie come se Lui non le conoscesse... Anche lei, Madre mia, conosce da tanto tempo quello che penso e tutti gli avvenimenti un po' memorabili della mia vita; io non potrei dunque insegnarle alcunché di nuovo. Io non posso impedirmi di ridere pensando che le scrivo scrupolosamente tante cose che lei conosce altrettanto bene che me. Finalmente, Madre mia, io le obbedisco e se ora lei non trova interesse a leggere queste pagine, forse la distrarranno nei giorni della sua vecchiaia e serviranno in seguito per accendere il suo fuoco, così io non avrò perduto il mio tempo... Ma io mi diverto a parlare come una figlia; non creda, Madre mia, che io cerchi quale utilità possa avere il mio povero lavoro; poiché lo faccio per obbedienza mi basta ed io non proverei alcun dolore se lei lo bruciasse sotto i miei occhi prima di averlo letto.
È tempo che io riprenda la storia dei miei fratelli che ora hanno un così grande posto nella mia vita. - L'anno passato alla fine del mese di maggio , mi ricordo che un giorno lei mi ha fatta chiamare prima del refettorio. Il cuore mi batteva davvero forte mentre entrai da lei, Madre mia cara; io mi chiedevo che cosa lei avrebbe potuto dirmi, perché era la prima volta che lei mi faceva chiamare in quel modo. Dopo avermi detto di sedermi, ecco la proposta che lei mi ha fatto: “Lei vuole incaricarsi degli interessi spirituali di un missionario che deve essere ordinato prete e partire prossimamente?”. E poi, Madre mia, lei mi ha letto la lettera di questo giovane Padre perché sapessi esattamente quello che lui chiedeva. il mio primo sentimento fu un sentimento di gioia che fece subito posto al timore. Io le spiegai, Madre mia amatissima, che avendo già offerto i miei poveri meriti per un futuro apostolo, credevo di non poter farlo anche per le intenzioni di un altro e che, del resto, c'erano parecchie sorelle migliori di me che avrebbero potuto rispondere al suo desiderio. Tutte le mie obiezioni furono inutili, lei mi ha risposto che si potevano avere più fratelli. Allora io le ho chiesto se l'obbedienza poteva raddoppiare i miei meriti, lei mi ha risposto di sì, dicendomi tante cose che mi facevano vedere che dovevo accettare senza scrupoli un nuovo fratello. In fondo, Madre mia, pensavo come lei, e con la grazia del buon Dio spero persino, poiché “Lo zelo di una carmelitana deve abbracciare il mondo”, di essere utile a più di due missionari e non potrei dimenticare di pregare per tutti, senza lasciar da parte i semplici preti la cui missione talora è altrettanto difficile da compiere di quella degli apostoli che predicano agli infedeli. Alla fine voglio essere figlia della Chiesa come lo era la nostra Madre S. Teresa e pregare per le intenzioni del nostro S. Padre il Papa, sapendo che le sue intenzioni abbracciano l'universo. Ecco lo scopo generale della mia vita, ma ciò non mi avrebbe impedito di pregare e di unirmi particolarmente alle opere dei miei angioletti se essi fossero stati preti. Ebbene! ecco come mi sono unita spiritualmente agli apostoli che Gesù mi ha dato come fratelli: tutto quello che mi appartiene, appartiene a ciascuno di essi, io sento davvero che il buon Dio è troppo buono per fare delle spartizioni, Egli è così ricco che dà senza misura tutto quello che io gli chiedo... Ma non creda, Madre mia, che io mi perda in lunghi elenchi.
Da quando ho due fratelli e le mie sorelline le novizie, se volessi chiedere per ciascuna anima ciò di cui ha bisogno e specificarlo bene, le giornate sarebbero troppo corte e io avrei sul serio paura di dimenticare qualcosa di importante. Alle anime semplici, non occorrono strumenti complicati; siccome sono in questo numero, una mattina durante il mio ringraziamento Gesù mi ha dato uno strumento semplice per compiere la mia missione, Egli mi ha fatto capire questa parola dei Cantici: "Attirami, noi correremo all'odore dei tuoi profumi”.
O Gesù, non è dunque neppure necessario dire: "Attirandomi, attira le anime che amo!” Questa semplice parola: “Attirami” basta. Signore, io lo capisco, quando un'anima si è lasciata catturare dall'odore inebriante dei tuoi profumi, non saprebbe più correre da sola, tutte le anime che ama sono trascinate dietro di lei; la cosa avviene senza costrizione, senza sforzo, è una conseguenza naturale della sua attrazione verso dite. Allo stesso modo in cui un torrente, gettandosi con impeto nell'oceano, trascina dietro di sé tutto quello che ha incontrato sul suo passaggio, così, o mio Gesù, l'anima che si immerge nell'oceano senza rive del tuo amore, attira con sé tutti i tesori che possiede... Signore, tu lo sai, io non ho altri tesori che le anime che ti è piaciuto unire alla mia; questi tesori, sei tu che me li hai affidati, e così io oso impadronirmi delle parole che tu hai rivolto al Padre Celeste, l'ultima sera che tu hai vissuto ancora sulla nostra terra, viatore e mortale. Gesù, mio Amato, io non so quando il mio esilio finirà... più di una sera deve vedermi ancora cantare nell'esilio le tue misericordie, ma alla fine, anche per me verrà l'ultima sera; allora io vorrei poterti dire, o mio Dio: “Io ti ho glorificato sulla terra, ho compiuto l'opera che tu mi hai dato da fare; ho fatto conoscere il tuo nome a quelli che tu mi hai dato: erano tuoi, e tu me li hai dati. Ora essi conoscono che tutto ciò che mi hai dato viene da te; perché io ho comunicato loro le parole che tu mi hai comunicato, essi le hanno ricevute e hanno creduto che sei tu che mi hai mandato. Io prego per quelli che mi hai dato perché essi sono tuoi. Io non sono più nel mondo; per loro, essi ci sono ed io ritorno da te. Padre Santo, conserva a causa del tuo nome quelli che tu mi hai dato. Io ora vengo da te, ed è perché la gioia che viene da te sia perfetta in essi, che io ti dico questo mentre sono nel mondo. Io non ti prego di toglierli dal mondo, ma di preservarli dal male. Essi non sono del mondo, allo stesso modo in cui neppure io sono del mondo. Non è solo per loro che io prego, ma anche per coloro che crederanno in te per quello che sentiranno dire da loro.
Padre mio, io desidero che dove sarò io, quelli che tu mi hai dato siano con me, e che il mondo conosca che tu li hai amati come hai amato me stesso”.
Sì, Signore, ecco quello che vorrei ripetere con te, prima di volare nelle tue braccia. È forse temerarietà? Ma no, da tanto tempo mi hai permesso di essere audace con te. Come il padre del figlio prodigo parlando al suo figlio maggiore, tu mi hai detto: “Tutto quello che è mio è tuo”. Le tue parole, o Gesù, sono dunque mie e io posso servirmene per attirare sulle anime che mi sono unite i favori del Padre Celeste. Ma, Signore, quando io dico che dove sarò io, desidero che siano anche quelli che mi sono stati donati da te, io non pretendo che essi non possano arrivare ad una gloria ben più alta di quella che ti piacerà dare a me, io voglio domandare semplicemente che un giorno noi siamo tutti riuniti nel tuo bel Cielo. Tu lo sai, o mio Dio, io non ho mai desiderato che amarti, io non aspiro ad altra gloria. il tuo amore mi ha prevenuta fin dalla mia fanciullezza, esso è cresciuto con me, ed ora è un abisso di cui io non posso sondare la profondità. L'amore attira l'amore, e così, mio Gesù, il mio si slancia verso di te, esso vorrebbe colmare l’abisso che l'attira, ma ahimè! non è neppure una goccia di rugiada perduta nell'oceano!... Per amarti come tu mi ami, mi è necessario impadronirmi del tuo stesso amore, allora soltanto io trovo il riposo. O mio Gesù, forse è un'illusione, ma mi sembra che tu non puoi colmare un'anima con più amore di quello con cui hai colmato la mia; è per questo che io oso chiederti di amare quelli che tu mi hai dato come tu hai amato me stessa . Un giorno, in Cielo, se scopro che tu li ami più di me, io me ne rallegrerò, riconoscendo fino da ora che queste anime meritano il tuo amore molto più della mia; ma quaggiù, io non posso concepire una più grande immensità d'amore di quella che ti è piaciuto prodigarmi gratuitamente senza alcun merito da parte mia.
Madre mia cara, finalmente torno a lei; sono tutta sbalordita di ciò che ho appena scritto , perché non ne avevo l'intenzione, poiché è scritto deve restare, ma prima di tornare alla storia dei miei fratelli, voglio dirle, Madre mia, che io non applico loro, ma alle mie sorelline, le prime parole prese dal Vangelo: Io ho loro comunicato le parole che tu mi hai comunicato, ecc... perché io non mi credo capace di istruire dei missionari, fortunatamente non sono ancora abbastanza orgogliosa per quello! Io non sarei stata capace, in più, di dare qualche consiglio alle mie sorelle, se lei, Madre mia, che mi rappresenta il buon Dio, non mi avesse dato grazia per quello.
Al contrario è ai suoi cari figli spirituali che sono i miei fratelli che pensavo scrivendo queste parole di Gesù e quelle che le seguono - “Io non ti prego di toglierli dal mondo... Io ti prego anche per quelli che crederanno in te per quello che sentiranno dire da loro” . E come, in realtà, io potrei non pregare per le anime che salveranno nelle loro missioni lontane con la sofferenza e la predicazione?
Madre mia, credo che è necessario che io le dia ancora qualche spiegazione sul passaggio del Cantico dei cantici: - “Attirami, noi correremo” perché ciò che ne ho voluto dire mi sembra poco comprensibile. “Nessuno, ha detto Gesù, può venire dietro di me, se il Padre mio che mi ha mandato non lo attira” E poi con sublimi parabole, e spesso senza neppure usare di questo mezzo così familiare al popolo, Egli ci insegna che basta bussare perché si apra, cercare per trovare e tendere umilmente la mano per ricevere ciò che si chiede … Egli dice ancora che tutto quello che si domanda a suo Padre in suo nome, Egli lo concede. È per questo senza dubbio che lo Spirito Santo, prima della nascita di Gesù, suggerì questa preghiera profetica: Attirami, noi correremo.
Che vuol dunque dire chiedere di essere attirato, se non (chiedere) di unirsi in una maniera intima all'oggetto che imprigiona il cuore? Se il fuoco ed il ferro avessero la ragione e se quest'ultimo dicesse all'altro: Attirami, non proverebbe che vuole identificarsi con il fuoco in modo che esso lo penetri e che lo imbeva della sua ardente sostanza e sembri non fare che una sola cosa con lui. Madre amatissima, ecco la mia preghiera, io chiedo a Gesù di attirarmi nelle fiamme del suo amore, di unirmi così strettamente a Lui, che Egli viva ed agisca in me. Io sento che più il fuoco dell'amore infiammerà il mio cuore, più dirò: Attirami, più anche le anime che si avvicineranno a me (povero piccolo pezzetto di ferro inutile, se mi allontanassi dalla fornace divina), più queste anime correranno velocemente all'odore dei profumi del loro Amato, perché un'anima infiammata d'amore non può restare inattiva; senza dubbio come S. Maddalena lei se ne sta ai piedi di Gesù, ascolta la sua parola dolce e infiammata. Sembrando non dare niente, lei dà molto di più di Marta che si tormenta per molte cose e vorrebbe che la sorella la imiti. Non sono sicuramente i lavori di Marta che Gesù desidera, a questi lavori, la sua divina Madre si è umilmente sottomessa per tutta la sua vita poiché è stato necessario preparare i pasti per la Santa Famiglia. È soltanto l'inquietudine della sua ardente ospite che lui vorrebbe correggere. Tutti i santi l'hanno capito e forse più in particolare quelli che hanno riempito l'universo con la luce della dottrina evangelica. Non è forse nell'orazione che i Santi Paolo, Agostino, Giovanni della Croce, Tommaso d'Aquino, Francesco, Domenico e tanti altri illustri amici di Dio hanno attinto quella scienza Divina che rapisce i più grandi geni? Un Sapiente ha detto: “Datemi una leva, un punto d'appoggio, ed io solleverò il mondo”. Quello che Archimede non ha potuto ottenere, perché la sua domanda non si indirizzava a Dio e non era posta che dal punto di vista materiale, i santi l’anno ottenuto in tutta la sua pienezza. L'Onnipotente ha dato loro come punto d'appoggio:Lui stesso e Lui solo; come leva: L'orazione, che infiamma con un fuoco d'amore, ed è così che essi hanno sollevato il mondo; è così che i Santi ancora militanti lo sollevano e che, fino alla fine del mondo, i Santi del futuro lo solleveranno anch'essi.
Madre mia cara, ora vorrei dirle quello che intendo con l'odore dei profumi dell'Amato. - Dal momento che Gesù è risalito al Cielo, io non posso seguirlo che dalle tracce che ha lasciato, ma quanto sono luminose, quanto sono profumate queste tracce! Io non debbo (fare altro) che gettare gli occhi nel Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da quale parte correre... Non è verso il primo posto, ma verso l'ultimo che mi slancio; invece di andare avanti con i farisei, io ripeto, piena di confidenza, l'umile preghiera del pubblicano; ma soprattutto io imito la condotta di Maddalena, la sua sbalorditiva o piuttosto la sua amorosa audacia che incanta il Cuore di Gesù, seduce il mio. Sì lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi nelle braccia di Gesù, perché io so quanto Egli ama il figlio prodigo che torna da Lui. Non è perché il buon Dio, nella sua preveniente misericordia, ha preservato l'anima mia dal peccato mortale che io mi innalzo fino a Lui con la confidenza e con l'amore.
La Santa Vergine mi fa vedere che non è inquieta con me, mai manca di proteggermi appena la invoco. Se mi viene un'inquietudine, un imbarazzo, subito mi volto verso di lei e sempre come la più tenera delle Madri lei si carica dei miei interessi. Quante volte parlando alle novizie, m'è capitato di invocarla e di sentire i benefici della sua materna protezione!...
Spesso le novizie mi dicono: “Ma lei ha una risposta a tutto, credevo stavolta di metterla in difficoltà... ma dove va a cercarle le cose che dice?”. Ce ne sono anche di abbastanza ingenue da credere che io leggo nell'anima loro perché mi è successo di prevenirle dicendo loro quello che pensavano. Una notte, una delle mie compagne aveva deciso di tenermi nascosta una pena che la faceva molto soffrire. Io la incontro al mattino, lei mi parla con una faccia sorridente ed io, senza rispondere a quello che mi diceva, le dico con un accento convinto: Lei ha un dolore. Se avessi fatto cadere la luna ai suoi piedi credo che non mi avrebbe guardata con più sbalordimento. Il suo stupore era così grande che vinse anche me, fui per un attimo colta da un terrore soprannaturale. Ero proprio sicura di non avere il dono di leggere nelle anime e mi sbalordiva ancora di più il fatto di essere andata a colpire così giusto. Sentivo proprio che il Buon Dio era vicinissimo, che, senza che me ne accorgessi, avevo detto, come un bimbo, parole che non venivano da me ma da Lui.
Madre amatissima, lei comprende che alle novizie tutto è permesso; bisogna che esse possano dire ciò che pensano senza alcun limite, il bene come il male. Ciò è loro tanto più facile con me in quanto esse non mi debbono il rispetto che si rende ad una maestra. Io non posso dire che Gesù mi fa camminare esteriormente sulla via delle umiliazioni. Egli si accontenta di umiliarmi nel fondo dell'anima mia; agli occhi delle creature tutto mi riesce, io seguo il cammino degli onori, tanto quanto questo è possibile nella vita religiosa. Capisco che non è per me, ma per le altre, che bisogna che io cammini per questa via che mi pare così pericolosa. In realtà se passassi agli occhi della comunità per una religiosa piena di difetti, incapace, senza intelligenza nè giudizio, le sarebbe impossibile, Madre mia, farsi aiutare da me. Ecco perché il Buon Dio ha gettato un velo su tutti i miei difetti interiori ed esteriori. Questo velo, talvolta, mi attira qualche complimento da parte delle novizie, io sento davvero che esse non me li fanno per adulazione ma che è l'espressione dei loro sentimenti ingenui; veramente la cosa non potrebbe ispirarmi vanità, perché ho presente al pensiero, senza posa, il ricordo di quello che sono. Tuttavia, talvolta mi viene un desiderio grandissimo di sentire qualcosa d'altro dagli elogi. Lei sa, Madre mia amatissima, che preferisco l'aceto allo zucchero; anche la mia anima si stanca di un cibo troppo zuccherato, e Gesù permette allora che le si serva una bella insalatina, molto carica d'aceto, molto piccante, non ci manca niente salvo l'olio, e la cosa le dà un sapore in più... Questa bella insalatina mi è servita dalle novizie nel momento in cui meno me l'aspetto. il buon Dio solleva il velo che nasconde le mie imperfezioni, allora le mie care sorelline vedendomi tale quale sono non mi trovano più del tutto di loro gradimento. Con una semplicità che mi rapisce, esse mi dicono tutti i contrasti che io causo loro, quello che loro dispiace in me; in fin dei conti non si dispiacciono di più che se si trattasse di un'altra, perché sanno che mi fanno un grande piacere agendo così. Ah! veramente, è più che un piacere, è un festino delizioso che riempie la mia anima di gioia. Io non posso spiegarmi come una cosa che spiace tanto alla natura può procurare una felicità così grande; se non lo avessi sperimentato non potrei crederlo... Un giorno che avevo particolarmente desiderato di essere umiliata, successe che una novizia si incaricò così bene di soddisfarmi che subito pensai a Semei che malediceva David, e mi dicevo: SI, è proprio il Signore che le comanda di dirmi tutte queste cose... E il mio animo assaporava deliziosamente il nutrimento amaro che gli era servito con tanta abbondanza.
È così che il buon Dio si degna di prendersi cura di me. Egli non può sempre darmi il pane fortificante dell’ umiliazione esterna, ma di tempo in tempo, Egli mi permette di nutrirmi delle briciole che cadono dalla tavola dei figli Ah! quanto è grande la sua misericordia, io non la potrò cantare che in Cielo.
Madre amatissima, poiché con lei io cerco di cominciare a cantarla sulla terra, questa misericordia infinita, debbo ancora dirle un grande beneficio che ho tratto dalla missione che lei mi ha affidato. In passato quando vedevo una sorella che faceva qualcosa che mi spiaceva e che mi pareva contro la regola, io mi dicevo: Ah! se potessi dirle quello che penso, mostrarle che ha torto, la cosa mi farebbe bene! Dal momento in cui ho praticato il mestiere, le assicuro, Madre mia, che ho del tutto cambiato opinione. Quando mi capita di vedere una suora fare un'azione che mi sembra imperfetta, mando un sospiro di sollievo e mi dico: Che felicità! non è una novizia, io non sono obbligata a rimproverarla. E poi prestissimo cerco di scusare la suora e di prestarle delle buone intenzioni che senza dubbio essa ha. Ah! Madre mia, da quando sono ammalata, le cure che lei mi prodiga mi hanno ancora insegnato molto sulla carità:
Nessun rimedio le pare troppo costoso, e se non riesce senza stancarsi lei prova un'altra cosa. Quando andavo a ricreazione, quale attenzione non faceva al fatto che io fossi ben sistemata al riparo delle correnti d'aria. Infine, se volessi dire tutto, non arriverei alla fine.
Pensando a tutte queste cose, mi sono detta che dovevo essere così compassionevole per le malattie spirituali delle mie sorelle, quanto lei lo è, Madre mia amata, curandomi con tanto amore.
Ho notato (ed è del tutto naturale) che le sorelle più sante sono le più amate, si cerca la loro conversazione, si rendono loro dei servizi senza che li chiedano, alla fine queste anime capaci di sopportare mancanze di riguardo, di delicatezza, si vedono circondate dall'affetto di tutte. Si può applicare loro questa parola del nostro Padre S. Giovanni della Croce: Tutti i beni mi sono stati dati quando io non li ho più cercati per amor proprio.
Le anime imperfette al contrario, non sono ricercate per niente, senza dubbio nei loro confronti ci si tiene nei limiti della buona educazione religiosa, ma forse temendo di dir loro qualche parola più amabile, si evita la loro compagnia. - Dicendo le anime imperfette, io non voglio parlare soltanto delle imperfezioni spirituali, poiché le più sante non saranno perfette che in Cielo, io voglio parlare del difetto di giudizio, di educazione, della suscettibilità di certi caratteri, tutte cose che non rendono la vita gradevole. So bene che queste debolezze morali sono croniche, non c'è speranza di guarigione, ma so bene anche che la Madre mia non smetterebbe di curarmi, di cercare di sollevarmi se restassi ammalata tutta la vita. Ecco la conclusione che ne traggo: debbo ricercare in ricreazione, in licenza, la compagnia delle suore che mi sono meno gradite, compiere verso queste anime ferite l'ufficio del buon Samaritano. Una parola, un sorriso amabile, bastano spesso per dilatare un'anima triste; ma non è assolutamente per raggiungere questo scopo che io voglio praticare la carità perché so che ben presto sarei scoraggiata: una parola che avrò detto con la migliore intenzione sarà forse interpretata a rovescio. Così per non perdere il mio tempo, voglio essere amabile con tutti (e in particolare con le sorelle meno amabili) per rallegrare Gesù e rispondere al consiglio che Egli dà nel Vangelo pressappoco in questi termini: Quando date un banchetto non invitate i vostri parenti e i vostri amici per paura che essi non vi invitino a loro volta e che così voi avreste ricevuto la vostra ricompensa; ma invitate i poveri, gli Zoppi, i paralitici e sarete felici per il fatto che essi non possono restituire, perché il vostro Padre che vede nel segreto ve ne ricompenserà”.
Che banchetto potrà offrire una carmelitana alle sue sorelle se non un banchetto spirituale composto di carità amabile e gioiosa? Per me, non ne conosco altro e voglio imitare S. Paolo che si rallegrava con quelli che trovava nella gioia ; è vero che egli piangeva anche con gli afflitti e che le lacrime debbono talora apparire nel banchetto che io voglio offrire, ma cercherò sempre che alla fine quelle lacrime si mutino in gioia, poiché il Signore ama coloro che donano con gioia.
Io mi ricordo di un atto di carità che il Buon Dio mi ispirò di fare quando ancora ero novizia, era una piccola cosa, tuttavia il Padre nostro che vede nel segreto, che guarda più all'intenzione che alla grandezza dell'azione, me ne ha già ricompensata, senza aspettare l'altra vita. Era il tempo in cui Suor S. Pietro andava ancora in coro ed a refettorio. All'orazione della sera lei era piazzata davanti a me: 10 minuti prima delle 6 occorreva che una sorella si muovesse per condurla al refettorio, perché le infermiere avevano allora troppi ammalati per venirla a cercare. Mi costava molto propormi per fare questo servizietto, perché sapevo che non era facile accontentare questa povera Suor S. Pietro che soffriva tanto che non le piaceva di cambiare conduttrice. Tuttavia non volevo mancare una occasione così bella di esercitare la carità, ricordando che Gesù aveva detto: Quello che farete al più piccolo dei miei lo avrete fatto a me, Io mi offrii allora con molta umiltà per guidarla: e non fu senza fatica che riuscii a far accettare i miei servizi! Finalmente mi misi al lavoro ed avevo tanta buona volontà che ci riuscii perfettamente.
Ogni sera quando vedevo la mia Suor S. Pietro scuotere la sua clessidra, io sapevo che la cosa voleva dire: partiamo! È incredibile quanto mi costava liberarmi, soprattutto nei primi tempi; tuttavia lo facevo immediatamente, e poi, cominciava tutta una cerimonia. Bisognava smuovere e portare la panca in un certo modo, soprattutto non affrettarsi, poi la passeggiata aveva luogo. Si trattava di seguire la povera inferma sostenendola per la sua cintura, io lo facevo con la maggiore dolcezza che mi era possibile; ma se, disgraziatamente, lei faceva un passo falso, subito le pareva che la reggevo male e che stava per cadere. - “Ah! mio Dio! lei va troppo in fretta, non ce la faccio più”. Se cercavo di andare ancora più lentamente - “Ma mi segua dunque! non sento più la sua mano, lei mi ha piantata, cadrò; ah! l'avevo detto io che lei era troppo giovane per guidarmi”. Alla fine arrivavamo senza incidenti al refettorio; là sopravvenivano altri problemi, si trattava di far mettere seduta Suor S. Pietro e di muoversi nel modo giusto per non farle male, poi bisognava riprendere le grucce (anche quelle in un certo modo), poi ero libera di andarmene. Con le sue povere mani storpiate, lei sistemava il suo pane nella scodella, come poteva. Me ne accorsi presto e, ogni sera, non la lasciavo che dopo averle reso anche quel piccolo servizio. Dal momento che non lo aveva chiesto, fu molto toccata dalla mia attenzione e fu con questo mezzo che non avevo fatto apposta a cercare, che io mi conquistai del tutto le sue grazie e soprattutto (l'ho saputo più tardi) perché, dopo aver tagliato il suo pane, io le facevo prima di andarmene il mio sorriso più bello.
Madre mia amatissima, forse lei è meravigliata perché io le scrivo di questo piccolo atto di carità, passato da tanto tempo. Ah! se l'ho fatto è perché sento che debbo cantare, a causa sua, le misericordie del Signore. Egli si è degnato di lasciarmene il ricordo, come un profumo che mi spinge a praticare la carità. Mi ricordo talora di alcuni dettagli che sono per l'anima mia come una brezza di primavera. Eccone uno che si presenta alla mia memoria: Una sera d'inverno stavo facendo come al solito il mio piccolo servizio, faceva freddo, era già notte... di colpo sentii da lontano il suono armonioso di uno strumento musicale, allora mi immaginai una grande sala illuminata, tutta lucente di ori, ragazze elegantemente vestite che si facevano a vicenda complimenti e gentilezze mondane; poi il mio sguardo cadde sulla povera ammalata che sostenevo; invece di una melodia sentivo ogni tanto i suoi gemiti lamentosi, invece degli ori, vedevo i mattoni del nostro chiostro austero, appena rischiarati da una debole luce. Io non posso esprimere ciò che è passato nell'anima mia, quello che so è che il Signore la illuminò con i raggi della verità che superarono a tal punto lo splendore tenebroso delle feste della terra, che io non potevo credere alla mia felicità... Ah! per gioire mille anni delle feste del mondo, io non avrei dato i dieci minuti impiegati ad adempiere il mio umile servizio di carità... Se già nella sofferenza, nel mezzo del combattimento, si può godere un istante di felicità che sorpassa tutte le felicità della terra, pensando che il buon Dio ci ha separate dal mondo, che sarà mai nel Cielo quando vedremo, nel pieno di una gioia e di un riposo eterno, la grazia incomparabile che il Signore ci ha fatto scegliendoci per abitare nella sua casa, vero portico del Cielo?...
Non è sempre con questi slanci di gioia che ho praticato la carità, ma all'inizio della mia vita religiosa, Gesù volle farmi sentire quanto è dolce vederlo nell'anima delle sue spose; così quando io guidavo. Suor S. Pietro, lo facevo con tanto amore che mi sarebbe stato impossibile farlo meglio se avessi dovuto guidare lo stesso Gesù. La pratica della carità non mi è stata sempre così dolce, gliel'ho appena detto, Madre mia cara; per provarglielo, le racconterò alcune piccole battaglie che certamente la faranno sorridere. Per tanto tempo, all'orazione della sera, fui messa davanti ad una sorella che aveva una buffa mania, e penso... molte illuminazioni, perché si serviva raramente di un libro. Ecco come me ne accorgevo: Appena questa sorella era arrivata, si metteva a fare il suo strano rumorino che rassomigliava a quello che si farebbe strofinando due conchiglie una contro l'altra. Non c'ero che io che me ne accorgevo, perché ho l'orecchio estremamente fine (un po' troppo talora). Dirle, Madre mia, quanto questo rumore mi stancava, è impossibile: avevo grande voglia di girare la testa e di guardare la colpevole che, sicuramente, non si accorgeva del suo tic, era runico mezzo di segnalarglielo; ma in fondo al cuore sentivo che era meglio soffrire quella cosa per l’amore del buon Dio e per non dare pena alla sorella. Restavo dunque tranquilla, cercavo di unirmi al buon Dio, di dimenticare il rumorino... tutto era inutile, sentivo il sudore che m'inondava ed ero costretta a fare semplicemente un'orazione di sofferenza, ma pur soffrendo, cercavo il modo di farlo non con irritazione, ma con gioia e pace, almeno nell'intimo dell'anima. Allora cercavo di amare il rumorino così sgradevole; invece di cercare di non sentirlo (cosa impossibile) mettevo la mia attenzione a sentirlo bene, come se fosse stato un affascinante concerto e tutta la mia orazione (che non era quella di quiete) passava ad offrire questo concerto a Gesù.
Un'altra volta, ero in lavanderia davanti ad una sorella che mi schizzava l'acqua sporca in faccia ogni volta che alzava i fazzoletti dal suo lavatoio; il mio primo movimento fu di tirarmi indietro asciugandomi la faccia, per mostrare alla sorella che mi innaffiava che mi avrebbe fatto un servizio se fosse stata tranquilla, ma subito pensai che ero proprio stupida a rifiutare i tesori che mi venivano offerti così generosamente e mi guardai bene dal far apparire il mio combattimento. Feci tutti i miei sforzi per desiderare di prendermi tanta acqua sporca, in modo che alla fine avevo davvero preso gusto a questo nuovo genere di aspersione e mi ripromisi di tornare un'altra volta in quel felice posto dove si ricevevano tanti tesori.
Madre amatissima, lei vede che io sono una piccolissima anima che non può offrire al buon Dio che piccolissime cose, mi succede ancora spesso di lasciarmi scappare questi piccoli sacrifici che danno tanta pace all'anima; la cosa non mi scoraggia, sopporto di avere un po’ meno di pace e cerco di essere più vigile un'altra volta.
Ah! il Signore è così buono per me che mi è impossibile temerlo, sempre Egli mi ha dato ciò che ho desiderato, o meglio Egli mi ha fatto desiderare ciò che voleva darmi; così poco tempo prima che la mia prova contro la fede cominciasse, io mi dicevo: Veramente non ho grandi prove esteriori e per averne di interiori occorrerebbe che il buon Dio cambiasse la mia vita, io non credo che Egli lo faccia, e tuttavia non posso sempre vivere così nel riposo... quale mezzo troverà dunque, Gesù, per provarmi? La risposta non si fece attendere, e mi dimostrò che Colui che io amo non è a corto di mezzi; senza cambiarmi la vita, Egli mi inviò la prova che doveva mescolare un amarezza salutare a tutte le mie gioie. Non è soltanto quando mi vuole provare che Gesù me lo fa presentire e desiderare. Da moltissimo tempo avevo un desiderio che mi sembrava del tutto irrealizzabile, quello di avere un fratello prete, pensavo spesso che se i miei fratellini non fossero volati in Cielo io avrei avuto la felicità di vederli salire l’altare; ma poiché il buon Dio li ha scelti per farne degli angioletti non potevo più sperare di vedere il mio sogno realizzarsi; ed ecco che non solo Gesù mi ha fatto la grazia che desideravo, ma Egli mi ha unita con i legami dell'anima a due dei suoi apostoli, che sono diventati miei fratelli... Io voglio, Madre mia amatissima, raccontarle in dettaglio come Gesù colmò il mio desiderio e persino lo sorpassò, perché io non desideravo che un fratello prete che ogni giorno pensasse a me al santo altare.
Ah! il Signore è così buono per me che mi è impossibile temerlo, sempre Egli mi ha dato ciò che ho desiderato, o meglio Egli mi ha fatto desiderare ciò che voleva darmi; così poco tempo prima che la mia prova contro la fede cominciasse, io mi dicevo: Veramente non ho grandi prove esteriori e per averne di interiori occorrerebbe che il buon Dio cambiasse la mia vita, io non credo che Egli lo faccia, e tuttavia non posso sempre vivere così nel riposo... quale mezzo troverà dunque, Gesù, per provarmi? La risposta non si fece attendere, e mi dimostrò che Colui che io amo non è a corto di mezzi; senza cambiarmi la vita, Egli mi inviò la prova che doveva mescolare un amarezza salutare a tutte le mie gioie. Non è soltanto quando mi vuole provare che Gesù me lo fa presentire e desiderare.
Da moltissimo tempo avevo un desiderio che mi sembrava del tutto irrealizzabile, quello di avere un fratello prete, pensavo spesso che se i miei fratellini non fossero volati in Cielo io avrei avuto la felicità di vederli salire l’altare; ma poiché il buon Dio li ha scelti per farne degli angioletti non potevo più sperare di vedere il mio sogno realizzarsi; ed ecco che non solo Gesù mi ha fatto la grazia che desideravo, ma Egli mi ha unita con i legami dell'anima a due dei suoi apostoli, che sono diventati miei fratelli... Io voglio, Madre mia amatissima, raccontarle in dettaglio come Gesù colmò il mio desiderio e persino lo sorpassò, perché io non desideravo che un fratello prete che ogni giorno pensasse a me al santo altare.
Fu la nostra S. Madre Teresa che mi inviò per regalo della festa nel 1895 il mio primo fratellino. Ero in lavanderia, occupatissima nel mio lavoro, quando madre Agnese di Gesù, prendendomi da parte, mi lesse una lettera che aveva appena ricevuta. Era un giovane seminarista, ispirato, diceva, da S. Teresa, che veniva a chiedere una sorella che si consacrasse specialmente alla salvezza dell'anima sua e lo aiutasse con le sue preghiere e sacrifici quando sarebbe stato missionario perché potesse salvare tante anime. Prometteva di avere sempre un ricordo per colei che sarebbe diventata sua sorella, quando avrebbe potuto offrire il Santo Sacrificio. Madre Agnese mi disse che voleva che fossi io a diventare la sorella di questo futuro missionario.
Madre mia, dirle la mia felicità sarebbe cosa impossibile, il mio desiderio esaudito in un modo insperato fece nascere nel mio cuore una gioia che chiamerò infantile, perché mi è necessario risalire ai giorni della mia infanzia per trovare il ricordo di quelle gioie così vive che l'anima è troppo piccola per contenerle; mai da anni avevo gustato quel genere di felicità. Io sentivo che da quel punto di vista la mia anima era nuova, era come se si fossero toccate per la prima volta delle corde musicali rimaste fino allora nell'oblio.
Io comprendevo gli obblighi che mi imponevo, e così mi misi all'opera cercando di raddoppiare nel fervore. Bisogna che confessi che all'inizio non ebbi consolazioni per stimolare il mio zelo; dopo aver scritto una bella lettera piena di cuore e di nobili sentimenti, per ringraziare madre Agnese di Gesù, il mio fratellino non dette più segno di vita fino al mese di luglio seguente, eccetto il fatto che inviò la sua lettera a novembre per dire che entrava in caserma. Era a lei, Madre amatissima, che il buon Dio aveva riservato di completare l'opera iniziata; senza dubbio è con la preghiera e il sacrificio che si possono aiutare i missionari, ma talora quando piace a Gesù di unire due anime per la sua gloria, egli permette che di tempo in tempo esse possano comunicarsi i loro pensieri ed eccitarsi ad amare Dio maggiormente; ma occorre per questo una volontà esplicita dell'autorità, perché mi sembra che diversamente quella corrispondenza farebbe più male che bene, se non al missionario almeno alla carmelitana continuamente portata per il suo genere di vita a ripiegarsi su se stessa. Allora invece di unirla al buon Dio, quella corrispondenza (anche da lontano) che essa avrebbe sollecitato le occuperebbe lo spirito; immaginandosi di fare monti e meraviglie, lei non farebbe proprio nulla se non procurarsi, sotto la vernice dello zelo, una distrazione inutile. Per me, è lo stesso qui come nel resto, io sento che occorre, perché le mie lettere facciano del bene, che siano scritte per obbedienza e che io provi piuttosto ripugnanza che piacere a scriverle. Così quando parlo con una novizia, io cerco di farlo mortificandomi, evito di indirizzarle domande che soddisferebbero la mia curiosità; se essa comincia una cosa interessante e poi passa ad un'altra che mi annoia senza finire la prima, io mi guardo bene dal ricordarle la cosa che ha messo da parte, perché mi pare che non si può fare alcun bene quando si ricerca se stessi.
Madre mia amatissima, io mi accorgo che non mi correggerò mai, eccomi ancora partita proprio lontano dal mio soggetto, con tutte le mie divagazioni; mi scusi, la prego, e mi permetta di ricominciare alla prossima occasione poiché non posso fare altrimenti!... Lei agisce come il buon Dio che non si stanca di sentirmi, quando Gli dico in tutta semplicità le mie pene e le mie gioie come se Lui non le conoscesse... Anche lei, Madre mia, conosce da tanto tempo quello che penso e tutti gli avvenimenti un po' memorabili della mia vita; io non potrei dunque insegnarle alcunché di nuovo. Io non posso impedirmi di ridere pensando che le scrivo scrupolosamente tante cose che lei conosce altrettanto bene che me. Finalmente, Madre mia, io le obbedisco e se ora lei non trova interesse a leggere queste pagine, forse la distrarranno nei giorni della sua vecchiaia e serviranno in seguito per accendere il suo fuoco, così io non avrò perduto il mio tempo... Ma io mi diverto a parlare come una figlia; non creda, Madre mia, che io cerchi quale utilità possa avere il mio povero lavoro; poiché lo faccio per obbedienza mi basta ed io non proverei alcun dolore se lei lo bruciasse sotto i miei occhi prima di averlo letto.
È tempo che io riprenda la storia dei miei fratelli che ora hanno un così grande posto nella mia vita. - L'anno passato alla fine del mese di maggio , mi ricordo che un giorno lei mi ha fatta chiamare prima del refettorio. Il cuore mi batteva davvero forte mentre entrai da lei, Madre mia cara; io mi chiedevo che cosa lei avrebbe potuto dirmi, perché era la prima volta che lei mi faceva chiamare in quel modo. Dopo avermi detto di sedermi, ecco la proposta che lei mi ha fatto: “Lei vuole incaricarsi degli interessi spirituali di un missionario che deve essere ordinato prete e partire prossimamente?”. E poi, Madre mia, lei mi ha letto la lettera di questo giovane Padre perché sapessi esattamente quello che lui chiedeva. il mio primo sentimento fu un sentimento di gioia che fece subito posto al timore. Io le spiegai, Madre mia amatissima, che avendo già offerto i miei poveri meriti per un futuro apostolo, credevo di non poter farlo anche per le intenzioni di un altro e che, del resto, c'erano parecchie sorelle migliori di me che avrebbero potuto rispondere al suo desiderio. Tutte le mie obiezioni furono inutili, lei mi ha risposto che si potevano avere più fratelli. Allora io le ho chiesto se l'obbedienza poteva raddoppiare i miei meriti, lei mi ha risposto di sì, dicendomi tante cose che mi facevano vedere che dovevo accettare senza scrupoli un nuovo fratello. In fondo, Madre mia, pensavo come lei, e con la grazia del buon Dio spero persino, poiché “Lo zelo di una carmelitana deve abbracciare il mondo”, di essere utile a più di due missionari e non potrei dimenticare di pregare per tutti, senza lasciar da parte i semplici preti la cui missione talora è altrettanto difficile da compiere di quella degli apostoli che predicano agli infedeli. Alla fine voglio essere figlia della Chiesa come lo era la nostra Madre S. Teresa e pregare per le intenzioni del nostro S. Padre il Papa, sapendo che le sue intenzioni abbracciano l'universo. Ecco lo scopo generale della mia vita, ma ciò non mi avrebbe impedito di pregare e di unirmi particolarmente alle opere dei miei angioletti se essi fossero stati preti. Ebbene! ecco come mi sono unita spiritualmente agli apostoli che Gesù mi ha dato come fratelli: tutto quello che mi appartiene, appartiene a ciascuno di essi, io sento davvero che il buon Dio è troppo buono per fare delle spartizioni, Egli è così ricco che dà senza misura tutto quello che io gli chiedo... Ma non creda, Madre mia, che io mi perda in lunghi elenchi.
Da quando ho due fratelli e le mie sorelline le novizie, se volessi chiedere per ciascuna anima ciò di cui ha bisogno e specificarlo bene, le giornate sarebbero troppo corte e io avrei sul serio paura di dimenticare qualcosa di importante. Alle anime semplici, non occorrono strumenti complicati; siccome sono in questo numero, una mattina durante il mio ringraziamento Gesù mi ha dato uno strumento semplice per compiere la mia missione, Egli mi ha fatto capire questa parola dei Cantici: "Attirami, noi correremo all'odore dei tuoi profumi”.
O Gesù, non è dunque neppure necessario dire: "Attirandomi, attira le anime che amo!” Questa semplice parola: “Attirami” basta. Signore, io lo capisco, quando un'anima si è lasciata catturare dall'odore inebriante dei tuoi profumi, non saprebbe più correre da sola, tutte le anime che ama sono trascinate dietro di lei; la cosa avviene senza costrizione, senza sforzo, è una conseguenza naturale della sua attrazione verso dite. Allo stesso modo in cui un torrente, gettandosi con impeto nell'oceano, trascina dietro di sé tutto quello che ha incontrato sul suo passaggio, così, o mio Gesù, l'anima che si immerge nell'oceano senza rive del tuo amore, attira con sé tutti i tesori che possiede... Signore, tu lo sai, io non ho altri tesori che le anime che ti è piaciuto unire alla mia; questi tesori, sei tu che me li hai affidati, e così io oso impadronirmi delle parole che tu hai rivolto al Padre Celeste, l'ultima sera che tu hai vissuto ancora sulla nostra terra, viatore e mortale. Gesù, mio Amato, io non so quando il mio esilio finirà... più di una sera deve vedermi ancora cantare nell'esilio le tue misericordie, ma alla fine, anche per me verrà l'ultima sera; allora io vorrei poterti dire, o mio Dio: “Io ti ho glorificato sulla terra, ho compiuto l'opera che tu mi hai dato da fare; ho fatto conoscere il tuo nome a quelli che tu mi hai dato: erano tuoi, e tu me li hai dati. Ora essi conoscono che tutto ciò che mi hai dato viene da te; perché io ho comunicato loro le parole che tu mi hai comunicato, essi le hanno ricevute e hanno creduto che sei tu che mi hai mandato. Io prego per quelli che mi hai dato perché essi sono tuoi. Io non sono più nel mondo; per loro, essi ci sono ed io ritorno da te. Padre Santo, conserva a causa del tuo nome quelli che tu mi hai dato. Io ora vengo da te, ed è perché la gioia che viene da te sia perfetta in essi, che io ti dico questo mentre sono nel mondo. Io non ti prego di toglierli dal mondo, ma di preservarli dal male. Essi non sono del mondo, allo stesso modo in cui neppure io sono del mondo. Non è solo per loro che io prego, ma anche per coloro che crederanno in te per quello che sentiranno dire da loro.
Padre mio, io desidero che dove sarò io, quelli che tu mi hai dato siano con me, e che il mondo conosca che tu li hai amati come hai amato me stesso”.
Sì, Signore, ecco quello che vorrei ripetere con te, prima di volare nelle tue braccia. È forse temerarietà? Ma no, da tanto tempo mi hai permesso di essere audace con te. Come il padre del figlio prodigo parlando al suo figlio maggiore, tu mi hai detto: “Tutto quello che è mio è tuo”. Le tue parole, o Gesù, sono dunque mie e io posso servirmene per attirare sulle anime che mi sono unite i favori del Padre Celeste. Ma, Signore, quando io dico che dove sarò io, desidero che siano anche quelli che mi sono stati donati da te, io non pretendo che essi non possano arrivare ad una gloria ben più alta di quella che ti piacerà dare a me, io voglio domandare semplicemente che un giorno noi siamo tutti riuniti nel tuo bel Cielo. Tu lo sai, o mio Dio, io non ho mai desiderato che amarti, io non aspiro ad altra gloria. il tuo amore mi ha prevenuta fin dalla mia fanciullezza, esso è cresciuto con me, ed ora è un abisso di cui io non posso sondare la profondità. L'amore attira l'amore, e così, mio Gesù, il mio si slancia verso di te, esso vorrebbe colmare l’abisso che l'attira, ma ahimè! non è neppure una goccia di rugiada perduta nell'oceano!... Per amarti come tu mi ami, mi è necessario impadronirmi del tuo stesso amore, allora soltanto io trovo il riposo. O mio Gesù, forse è un'illusione, ma mi sembra che tu non puoi colmare un'anima con più amore di quello con cui hai colmato la mia; è per questo che io oso chiederti di amare quelli che tu mi hai dato come tu hai amato me stessa . Un giorno, in Cielo, se scopro che tu li ami più di me, io me ne rallegrerò, riconoscendo fino da ora che queste anime meritano il tuo amore molto più della mia; ma quaggiù, io non posso concepire una più grande immensità d'amore di quella che ti è piaciuto prodigarmi gratuitamente senza alcun merito da parte mia.
Madre mia cara, finalmente torno a lei; sono tutta sbalordita di ciò che ho appena scritto , perché non ne avevo l'intenzione, poiché è scritto deve restare, ma prima di tornare alla storia dei miei fratelli, voglio dirle, Madre mia, che io non applico loro, ma alle mie sorelline, le prime parole prese dal Vangelo: Io ho loro comunicato le parole che tu mi hai comunicato, ecc... perché io non mi credo capace di istruire dei missionari, fortunatamente non sono ancora abbastanza orgogliosa per quello! Io non sarei stata capace, in più, di dare qualche consiglio alle mie sorelle, se lei, Madre mia, che mi rappresenta il buon Dio, non mi avesse dato grazia per quello.
Al contrario è ai suoi cari figli spirituali che sono i miei fratelli che pensavo scrivendo queste parole di Gesù e quelle che le seguono - “Io non ti prego di toglierli dal mondo... Io ti prego anche per quelli che crederanno in te per quello che sentiranno dire da loro” . E come, in realtà, io potrei non pregare per le anime che salveranno nelle loro missioni lontane con la sofferenza e la predicazione?
Madre mia, credo che è necessario che io le dia ancora qualche spiegazione sul passaggio del Cantico dei cantici: - “Attirami, noi correremo” perché ciò che ne ho voluto dire mi sembra poco comprensibile. “Nessuno, ha detto Gesù, può venire dietro di me, se il Padre mio che mi ha mandato non lo attira” E poi con sublimi parabole, e spesso senza neppure usare di questo mezzo così familiare al popolo, Egli ci insegna che basta bussare perché si apra, cercare per trovare e tendere umilmente la mano per ricevere ciò che si chiede … Egli dice ancora che tutto quello che si domanda a suo Padre in suo nome, Egli lo concede. È per questo senza dubbio che lo Spirito Santo, prima della nascita di Gesù, suggerì questa preghiera profetica: Attirami, noi correremo.
Che vuol dunque dire chiedere di essere attirato, se non (chiedere) di unirsi in una maniera intima all'oggetto che imprigiona il cuore? Se il fuoco ed il ferro avessero la ragione e se quest'ultimo dicesse all'altro: Attirami, non proverebbe che vuole identificarsi con il fuoco in modo che esso lo penetri e che lo imbeva della sua ardente sostanza e sembri non fare che una sola cosa con lui. Madre amatissima, ecco la mia preghiera, io chiedo a Gesù di attirarmi nelle fiamme del suo amore, di unirmi così strettamente a Lui, che Egli viva ed agisca in me. Io sento che più il fuoco dell'amore infiammerà il mio cuore, più dirò: Attirami, più anche le anime che si avvicineranno a me (povero piccolo pezzetto di ferro inutile, se mi allontanassi dalla fornace divina), più queste anime correranno velocemente all'odore dei profumi del loro Amato, perché un'anima infiammata d'amore non può restare inattiva; senza dubbio come S. Maddalena lei se ne sta ai piedi di Gesù, ascolta la sua parola dolce e infiammata. Sembrando non dare niente, lei dà molto di più di Marta che si tormenta per molte cose e vorrebbe che la sorella la imiti. Non sono sicuramente i lavori di Marta che Gesù desidera, a questi lavori, la sua divina Madre si è umilmente sottomessa per tutta la sua vita poiché è stato necessario preparare i pasti per la Santa Famiglia. È soltanto l'inquietudine della sua ardente ospite che lui vorrebbe correggere. Tutti i santi l'hanno capito e forse più in particolare quelli che hanno riempito l'universo con la luce della dottrina evangelica. Non è forse nell'orazione che i Santi Paolo, Agostino, Giovanni della Croce, Tommaso d'Aquino, Francesco, Domenico e tanti altri illustri amici di Dio hanno attinto quella scienza Divina che rapisce i più grandi geni? Un Sapiente ha detto: “Datemi una leva, un punto d'appoggio, ed io solleverò il mondo”. Quello che Archimede non ha potuto ottenere, perché la sua domanda non si indirizzava a Dio e non era posta che dal punto di vista materiale, i santi l’anno ottenuto in tutta la sua pienezza. L'Onnipotente ha dato loro come punto d'appoggio:Lui stesso e Lui solo; come leva: L'orazione, che infiamma con un fuoco d'amore, ed è così che essi hanno sollevato il mondo; è così che i Santi ancora militanti lo sollevano e che, fino alla fine del mondo, i Santi del futuro lo solleveranno anch'essi.
Madre mia cara, ora vorrei dirle quello che intendo con l'odore dei profumi dell'Amato. - Dal momento che Gesù è risalito al Cielo, io non posso seguirlo che dalle tracce che ha lasciato, ma quanto sono luminose, quanto sono profumate queste tracce! Io non debbo (fare altro) che gettare gli occhi nel Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da quale parte correre... Non è verso il primo posto, ma verso l'ultimo che mi slancio; invece di andare avanti con i farisei, io ripeto, piena di confidenza, l'umile preghiera del pubblicano; ma soprattutto io imito la condotta di Maddalena, la sua sbalorditiva o piuttosto la sua amorosa audacia che incanta il Cuore di Gesù, seduce il mio. Sì lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi nelle braccia di Gesù, perché io so quanto Egli ama il figlio prodigo che torna da Lui. Non è perché il buon Dio, nella sua preveniente misericordia, ha preservato l'anima mia dal peccato mortale che io mi innalzo fino a Lui con la confidenza e con l'amore.