STORIA DI UN’ANIMA: S. Teresina di Lisieux (S. Teresina del Bambin Gesù)
Dedicato alla reverenda Madre Agnese di Gesù. (Gesù +) Gennaio 1895 - J.M.J.T.
A Te, Madre mia amata, a Te che sei due volte mia Madre, io vengo a raccontare la storia della mia anima... il giorno in cui mi hai chiesto di farlo, mi pareva che la cosa avrebbe come dissipato il mio cuore facendolo pensare a se stesso, ma poi Gesù mi ha fatto capire che obbedendo con semplicità gli avrei fatto cosa gradita; del resto io non farò che una cosa sola: Cominciare a cantare quello che debbo ripetere per l'eternità: “Le Misericordie del Signore!”
Prima di prendere in mano la penna, mi sono messa in ginocchio davanti alla statua di Maria (che ci ha dato tante prove delle predilezioni materne della Regina del Cielo per la nostra famiglia), l'ho implorata di guidare la mia mano perché non scriva neppure una riga che non le piaccia. Poi ho aperto il Santo Vangelo, e i miei occhi sono caduti su queste parole: “Gesù, salito su una montagna, chiamò a Sé quelli che volle lui; ed essi vennero a Lui” (S. Marco, c. ifi, v. 13).
Eccolo davvero il mistero della mia vocazione, della mia vita tutta intera e soprattutto il mistero dei privilegi di Gesù stilla mia anima... Lui non chiama quelli che ne sono degni, ma quelli che vuole Lui, come dice San Paolo: “Dio ha pietà di chi vuole Lui, e usa misericordia con chi vuole usare misericordia. Non è opera di chi vuole, nè di chi corre, ma di Dio che usa misericordia” (Lett. ai Rom. c. Ix, v. 15 e 16).
Per tanto tempo mi sono chiesta perché il Buon Dio aveva delle preferenze, perché non tutte le anime ricevevano un livello uguale di favori, e mi meravigliavo vedendolo prodigare favori straordinari ai Santi che lo avevano offeso, come San Paolo, Sant'Agostino e che Egli costringeva, per dire così, ad accogliere i suoi favori; oppure leggendo la vita dei Santi che Nostro Signore ha voluto accarezzare dalla culla alla tomba, senza lasciare sul loro cammino alcun ostacolo che impedisse loro di innalzarsi fino a Lui, e prevenendo le loro anime con tali favori che esse non hanno mai potuto offuscare lo splendore immacolato della loro veste di Battesimo, mi domandavo perché i poveri selvaggi, per esempio, morivano in così grande numero prima di aver persino sentito il nome di Dio...
Gesù si è degnato di farmi Lui da istruttore, su questo mistero. Mi ha messo davanti agli occhi il libro della natura e io ho capito che tutti i fiori che Egli ha creato sono belli, che lo splendore della rosa e il candore del Giglio non tolgono il profumo della violetta o la semplicità incantevole della margherita... Ho capito che se tutti i fiorellini volessero essere rose la natura perderebbe il suo abito di primavera, i campi non sarebbero più brillanti di fiorellini...
Questa è la situazione anche nel mondo delle anime che è il giardino di Gesù. Lui ha voluto creare i grandi santi che possono essere paragonati al Giglio e alle rose; ma ha creato anche i più piccoli, e questi debbono accontentarsi di essere margherite, o violette destinate a rallegrare gli sguardi del Buon Dio quando si abbassa verso i suoi piedi. La perfezione consiste nel fare la sua volontà, nell'essere quello che Lui vuole che siamo...
E ho anche capito che l'amore di Nostro Signore si rivela allo stesso modo nell'anima più semplice che non resiste in nulla alla sua grazia e nell'anima più elevata; in realtà, dal momento che l'essenza dell’amore sta nell’abbassarsi, se tutte le anime somigliassero a quelle dei Santi dottori che hanno illuminato la Chiesa con la luce della loro dottrina, non si vedrebbe il Buon Dio scendere abbastanza in basso per arrivare al loro cuore; ma Egli ha creato il bambino che non sa niente e non si fa sentire che con piccoli gridi, ha creato il povero selvaggio che come guida di condotta ha solo la legge di natura e si degna di abbassarsi fino al loro cuore, quelli sono i suoi fiori di campo la cui semplicità Lo rapisce... Discendendo così il Buon Dio dimostra la sua infinita grandezza. Come il sole illumina insieme i cedri e ogni fiorellino come se fosse solo sulla terra, così Nostro Signore si occupa specificamente di ogni anima, come se non avesse simili; e come nella natura ogni stagione è organizzata per far schiudere nel giorno giusto l'umile margherita, allo stesso modo tutto è predisposto per rispondere al bene di ogni anima.
Madre mia cara, certo ti domandi sbalordita dove vado a parare, perché finora non ho detto ancora niente che somigli alla storia della mia vita, ma mi hai chiesto di scrivere senza sforzo quello che mi veniva in mente; e perciò non è proprio la mia vita, quello che mi accingo a scrivere, sono i miei pensieri sui favori che il Buon Dio si è degnato di accordarmi. Mi trovo, adesso, in un'epoca della mia vita in cui posso gettate uno sguardo sul passato; la mia anima è maturata nel crogiolo delle prove esterne e interne; ora come il fiore fortificato dalla tempesta alzo la testa e vedo che in me si compiono le parole del salmo XXII. (Il Signore è il mio Pastore, non mancherò di nulla. Lui mi fa riposare nei pascoli gioiosi e fertili. Lui mi conduce dolcemente lungo le acque. Lui conduce l'anima mia senza affaticarla... Ma anche quando scenderò nella valle delle ombre della morte, io non avrò paura di alcun male, perché tu sarai con me, Signore!...). Sempre il Signore è stato per me pieno di compassione e di dolcezza... Lento a punire e abbondante in misericordie!... (Sal. CII. v. 8.). E così, Madre mia, io prendo a cantare felicemente, per te, le misericordie del Signore... È per te sola che scriverò la storia del piccolo fiore colto da Gesù, e quindi parlerò con tranquillità, senza preoccuparmi nè nello stile nè delle numerose digressioni che farò. Un cuore di madre capisce sempre suo figlio, anche quando questo non sa fare altro che balbettare, e perciò io sono sicura di essere capita, e indovinata da te, che hai formato il mio cuore e lo hai offerto a Gesù!...
A me pare che se un piccolo fiore potesse parlare direbbe con semplicità ciò che il Buon Dio ha fatto per lui, senza cercare di nascondere i suoi benefici. Con il pretesto di una falsa umiltà non racconterebbe di essere brutto e senza profumo, o che il sole gli ha portato via lo splendore e che i temporali gli hanno spezzato il gambo, mentre è il primo a sapere che è tutto il contrario. Il fiore che racconterà la sua storia è pieno di gioia nel rendere pubbliche le premure del tutto gratuite di Gesù, riconosce che in lui non c'era niente che potesse attirare gli sguardi divini e che solo la sua misericordia ha fatto tutto il bene che c'è in lui... È Lui che l'ha fatto nascere in una terra santa e tutta impregnata di un profumo verginale. È Lui che l'ha fatto precedere da otto Gigli splendidamente candidi. Nel Suo amore, Lui ha voluto preservare il suo piccolo fiore dal soffio avvelenato del mondo: appena la sua corolla cominciava ad aprirsi questo divino Salvatore l'ha trapiantato sulla montagna del Carmelo dove già i due Gigli che avevano circondato e cullato con dolcezza nella primavera della vita, spandevano il loro profumo soave... Sono passati sette anni dal momento in cui il piccolo fiore ha messo radici nel giardino dello Sposo delle vergini ed ora tre Gigli dondolano accanto a lui le loro corolle odorose; un po' più lontano c'è un altro giglio che cresce sotto lo sguardo di Gesù e i due gambi benedetti che hanno prodotto questi fiori ora stanno insieme per l'eternità nella Patria Celeste... Là hanno ritrovato i quattro Gigli che la terra non aveva visto crescere... Oh! Che Gesù si degni di non lasciare per troppo tempo sulla riva straniera i fiori che sono rimasti nell'esilio; che presto il mazzo di Gigli sia completo in Cielo!
Madre mia, ho riassunto in poche parole quello che il Buon Dio ha fatto per me, ed ora entro nei particolari della mia vita di bambina; so che dove altri non vedrebbe che un racconto noioso il tuo cuore materno troverà qualcosa di attraente...
E poi i ricordi che sto per narrare sono anche i tuoi, perché accanto a te è passata la mia fanciullezza e accanto a te ho avuto la felicità di appartenere a genitori impareggiabili che ci hanno circondate delle stesse cure e delle stesse tenerezze. Oh! Si degnino benedire la più piccola delle loro figlie e aiutarla a cantare le misericordie divine!...
"I PRIMI RICORDI"
Nella storia dell'anima mia, fino al mio ingresso al Carmelo, distinguo tre periodi ben diversi: il primo, malgrado sia durato poco, non è quello meno ricco di ricordi, va dal momento in cui la mia ragione si è svegliata fino alla partenza della nostra cara Mamma per la patria dei Cieli... il Buon Dio m'ha fatto la grazia di aprire la mia intelligenza molto presto e di imprimere così forte nella mia memoria i ricordi della mia fanciullezza che mi pare che quello che sto per raccontare sia successo ieri. Gesù voleva certamente, nel suo amore, farmi conoscere la Madre incomparabile che Lui mi aveva dato, ma che la sua Divina mano voleva ben presto incoronare in Cielo!...
Per tutta la mia vita il Buon Dio ha voluto circondarmi d'amore: i miei primi ricordi sono segnati dai sorrisi e dalle carezze più tenere!... Ma se Lui aveva messo tanto amore accanto a me, ne aveva messo altrettanto nel mio piccolo cuore, creandolo amante e sensibile, e perciò amavo tanto Papà e Mamma e mostravo loro in mille modi la mia tenerezza, perché ero molto espansiva. E tuttavia i mezzi che usavo, per fare questo, erano talvolta strani, come dimostra questo passaggio di una lettera di Mamma - “la piccola è un folletto senza pari, viene ad accarezzarmi e mi augura di morire: - “Oh! come vorrei che tu morissi, mia povera Mammina!...”. La rimproverano, e lei dice: “È proprio per farti andare in Cielo, poiché lo dici tu che per andarci bisogna morire”. Lei augura la morte, allo stesso modo, quando ha i suoi eccessi d'amore, anche al babbo!”
Il 25 giugno 1874, quando avevo solo 18 mesi, ecco quello che mamma diceva di me: “Tuo padre ha appena montato un'altalena, Celina è fuori di sé dalla gioia, ma dovresti vedere la piccola che va in altalena; fa ridere tutti, si tiene come una ragazza, non c'è rischio che lasci la corda, e poi quando l'altalena va piano, strilla. La leghiamo con un'altra corda, eppure io non sono tranquilla, quando la vedo appesa lassù.
“Ultimamente con la piccola mi è successa una strana avventura. Di solito vado alla messa delle 5 e mezza, ma nei primi giorni non avevo il coraggio di lasciarla, ma vedendo che non si svegliava mai, alla fine mi sono decisa a lasciarla. La metto nel mio letto e metto la culla così vicina che non può di sicuro cadere. Un giorno ho dimenticato di accostare la culla. Arrivo e la piccina non è più nel mio letto; nello stesso momento sento un grido, guardo e la vedo seduta su una sedia che era di fronte al mio letto, con la testolina appoggiata al traversino mentre dormiva di un sonno agitato, perché stava scomoda. Non sono riuscita a capire come sia finita a sedere su quella sedia, perché l'avevo lasciata addormentata. Ho ringraziato il Buon Dio che non le era successo niente, è stata davvero una provvidenza, doveva cadere in terra, ma ci ha pensato l’angelo custode e l'hanno protetta le anime del purgatorio, cui rivolgo ogni giorno una preghiera per la piccina; io me la spiego così... Voi fatelo come vi pare!...”
Alla fine della lettera mamma aggiungeva: “Ecco la piccina che mi passa la mano sulla faccia e mi abbraccia. Questa povera piccola non vuole lasciarmi mai, è sempre con me; le piace tanto andare in giardino, ma se io non ci sono non ci vuole restare e piange finché non me la riportano...” (Ecco il passo di un'altra lettera): “la piccola Teresa l'altro giorno mi chiedeva se sarebbe andata in Cielo. Le ho detto di sì, se diventava buona; e lei mi ha risposto: “Va bene, ma se non fossi proprio carina, allora andrei all'inferno... eppure lo so io quello che farei, volerei con te che sarai in Cielo, e il Buon Dio come farebbe a portami via?... Tu mi terresti forte nelle tue braccia? Ho visto dai suoi occhi che credeva davvero che il Buon Dio non le poteva fare niente se lei stava in braccio alla sua mamma...
Maria vuole molto bene alla sorellina, la trova proprio carina, e a ragione, perché la poverina ha tanta paura di darle dispiacere. Ieri ho voluto darle una rosa, sapendo che la facevo felice, ma lei mi ha implorato di non tagliarla, perché Maria glielo aveva proibito, era tutta rossa per l'emozione, e invece io gliene ho date due, ma lei non aveva coraggio di presentarsi in casa. Avevo voglia, io, a dirle che le rose erano mie, “ma no, diceva, sono di Maria...”. È una bambina che si emoziona subito. Appena ha fatto qualcosa che non va, lo debbono sapere tutti. Ieri aveva strappato, per sbaglio, un pezzetto della tappezzeria e faceva proprio pietà, poi ha voluto dirlo subito al Babbo; lui è arrivato quattro ore dopo, e nessuno ci pensava più, ma lei è andata subito a dire a Maria: “Dì subito a Papà che ho strappato la carta”. È come un delinquente che aspetta la sua condanna, ma nella sua testolina crede che se si accusa la perdoniamo più facilmente”.
Io volevo molto bene alla mia cara Madonna. Senza parere stavo molto attenta a tutto quello che si faceva e si diceva intorno a me, mi sembra che vedevo le cose come ora. Ascoltavo con attenzione quello che Maria insegnava a Celina per fare come lei; quando lei è uscita dalla Visitazione, per avere il favore di poter stare in camera sua mentre faceva lezione a Celina mi comportavo sempre bene, e facevo tutto quello che voleva; e perciò lei mi riempiva di regali, che benché fossero di poco valore mi facevano tanto piacere.
Ero molto fiera delle mie due sorelle grandi, ma quella che era il mio ideale di bambina era Paolina... Quando cominciavo appena a parlare, e Mamma mi chiedeva: - “A che pensi?” - la risposta era sempre quella - “A Paolina!...”. Un'altra volta facevo scorrere il ditino sui vetri e dicevo - “Scrivo: Paolina!...”. Spesso sentivo dire che certamente Paolina si sarebbe fatta suora: e allora senza sapere neppure che voleva dire pensavo: “Anche io sarò suora. È uno dei (miei) * primi ricordi, e poi non ho più cambiato decisione!... Sei stata tu* Madre mia cara, che Gesù ha scelto per fidanzarmi con Lui, tu non eri allora vicino a me, ma tra le nostre anime si era già creato un legame... tu eri il mio ideale, io volevo somigliarti ed è stato il tuo esempio che dall'età di due armi mi ha attirato verso lo Sposo delle vergini... Oh! quanti dolci pensieri vorrei confidarti! - Ma debbo continuare la storia del fiorellino, la storia completa e generale, perché se io * volessi parlare nei particolari del mio rapporto con “Paolina”, allora dovrei tralasciare tutto il resto!...
Anche la mia cara piccola Leonia aveva un posto grande nel mio cuore. Mi voleva molto bene, la sera era lei che mi sorvegliava mentre tutta la famiglia andava a passeggio... Mi pare ancora di sentire i ritornelli graziosi che mi cantava per farmi addormentare... cercava in ogni cosa il modo di farmi piacere e perciò mi sarebbe dispiaciuto tanto di darle qualche dolore.
Mi ricordo molto bene la sua prima comunione, e soprattutto del * momento in cui mi prese in braccio per farmi entrare con lei nel presbiterio; mi pareva davvero bello essere portata da una sorella più grande tutta vestita di bianco come me!... La sera mi misero a letto presto perché ero troppo piccola per partecipare alla cena di festa, ma vedo ancora Papà che al momento del dolce venne a portare alla sua reginetta qualche boccone della torta a più piani...
L'indomani, o qualche giorno dopo, siamo andate con mamma da una piccola amica di Leonia; credo che fu quel giorno che la nostra buona Mammina ci ha portate dietro un muro per farci bere un po' di vino dopo il pranzo (che ci aveva servito la povera signora Dagorau) perché non voleva dispiacere a quella buona signora, ma voleva anche che non ci mancasse niente... Ah! Quanto è delicato il cuore di una Mamma, come sa tradurre la sua tenerezza in mille premure anticipate cui nessuno potrebbe pensare!
Mi manca soltanto, ora, di parlare della mia cara Celina, la piccola compagna della mia infanzia, ma i ricordi sono talmente tanti che non so proprio quali scegliere. Mi limiterò quindi a citare qualche passaggio delle lettere che mamma ti scriveva quando eri alla Visitazione, ma non copierò tutto, sarebbe troppo lungo... il 10 luglio 1873 (l'anno in cui sono nata) ecco quello che ti diceva - “La balia giovedì ha portato la piccola Teresa, e lei non ha fatto altro che ridere, le piaceva soprattutto la piccola Celina, con lei rideva forte forte; si direbbe che ha già voglia di giocare, e presto sarà il tempo, sta già in piedi sulle gambette, dritta come un piolo. Credo che presto camminerà e che avrà un bel carattere, sembra intelligentissima, e ha una bella faccia da predestinata...”.
Ma fu soprattutto quando dalla balia tornai a casa che mostrai il mio affetto per la mia cara piccola Celina. Noi ci intendevamo benissimo, solo che io ero più vivace, e molto meno ingenua di lei; avevo tre anni di meno, ma mi pareva di avere la stessa età.
Ecco un passo di una lettera di Mamma che ti farà capire quanto Celina era dolce e io invece ero birichina : “La mia piccola Celina è portatissima alla virtù, è il sentire profondo del suo essere, ha un'anima candida e il male le fa orrore. Per la piccola curiosona, invece, non si capisce bene che ne sarà, così piccola e così scombinata com'è! Ha un'intelligenza superiore a Celina, ma è molto meno dolce e soprattutto è di una cocciutaggine quasi invincibile, quando dice “no” non c'è niente da fare, la puoi mettere un giorno in cantina, ma ci dormirebbe anche piuttosto che dire “si”...
“Tuttavia ha un cuore d'oro, è tenera e sincera; è proprio curioso vedermela correre appresso per farmi la sua confessione: - Mamma, ho dato una spinta a Celina, e l’ho anche picchiata una volta, ma non ricomincio più - (E questo vale per tutto quello che fa). Giovedì sera siamo andate a passeggiare dalla parte della stazione, e lei ha voluto entrare per forza nella sala d'aspetto per cercarvi Paolina, correva avanti con una gioia che era un piacere, ma quando si è accorta che dovevamo tornare a casa senza salire sul treno per andare a trovare Paolina, ha pianto per tutta la strada”.
Queste ultime parole mi fanno ricordare la felicità che sentivo vedendoti tornare dalla Visitazione; tu, madre mia, mi prendevi in braccio e Maria prendeva in braccio Celina; allora ti facevo mille carezze e mi piegavo all'indietro per vedere la tua grande treccia... poi tu mi davi una tavoletta di cioccolata che avevi conservato per tre mesi. Pensa che reliquia era per me, quella!... Mi ricordo anche del viaggio a Le Mans, era la prima volta che andavo in treno. Che gioia vedermi in viaggio da sola con Mamma!... E tuttavia non ricordo più perché mi misi a piangere, e questa povera Mammina ha dovuto presentare alla zia di Le Mans una piccola bruttona tutta rossa per le lacrime sparse nel viaggio...
Non ricordo nulla delle conversazioni in parlatorio, ma solo di quando la zia mi ha dato un sorcino bianco e un vassoio di cartone bristol pieno di caramelle, su cui troneggiavano due graziosi anelli di zucchero, grandi proprio come il mio dito; subito ho gridato - “che bellezza! c'è un anello anche per Celina”. E invece, che dolore! prendo il vassoio per un manico, do a Mamma l'altra mano e partiamo: fatto qualche passo guardo il vassoio e mi accorgo che le mie caramelle erano quasi tutte sparse per la strada, come i sassolini di pollicino... Guardo ancora meglio e vedo che uno degli anelli preziosi aveva fatto la stessa fine delle caramelle... Non avevo più niente da dare a Celina! E allora il mio dolore esplode, chiedo di tornare indietro, ma mamma non sembra accorgersene. Era troppo, e alle lacrime succedono gli strilli... Non riuscivo a capire che lei non condividesse la mia pena, e la cosa accresceva parecchio il mio dolore...
Non ricordo nulla delle conversazioni in parlatorio, ma solo di quando la zia mi ha dato un sorcino bianco e un vassoio di cartone bristol pieno di caramelle, su cui troneggiavano due graziosi anelli di zucchero, grandi proprio come il mio dito; subito ho gridato - “che bellezza! c'è un anello anche per Celina”. E invece, che dolore! prendo il vassoio per un manico, do a Mamma l'altra mano e partiamo: fatto qualche passo guardo il vassoio e mi accorgo che le mie caramelle erano quasi tutte sparse per la strada, come i sassolini di pollicino... Guardo ancora meglio e vedo che uno degli anelli preziosi aveva fatto la stessa fine delle caramelle... Non avevo più niente da dare a Celina! E allora il mio dolore esplode, chiedo di tornare indietro, ma mamma non sembra accorgersene. Era troppo, e alle lacrime succedono gli strilli... Non riuscivo a capire che lei non condividesse la mia pena, e la cosa accresceva parecchio il mio dolore...
Ora torno alle lettere in cui mamma ti parla di Celina e di me, è il mezzo migliore per farti capire bene il mio carattere; ecco un passo in cui i miei difetti brillano di luce viva -: “Ecco Celina che si diverte con la piccola al gioco dei cubi, e ogni tanto litigano, Celina cede per avere una perla per la sua corona. Sono costretta a correggere la povera piccolina che ha delle furie da far spavento; quando le cose non vanno come le piace, si rotola per terra come una disperata perché tutto è perduto, ci sono momenti in cui l'emozione è più forte di lei, e quasi la soffoca. È una bambina nervosissima, e tuttavia è molto carina e molto intelligente, ricorda proprio tutto”.
Vedi, Madre mia, quanto ero lungi dall'essere una bambinetta senza difetti! Di me non si poteva neppure dire che “ero buona quando dormivo”, perché durante la notte ero ancora più irrequieta che di giorno, mandavo a spasso tutte le coperte e poi (mentre dormivo) davo tante botte contro il legno del mio lettino; mi svegliavo per il dolore e dicevo: - “Mamma, mi picchiano...”. La povera Mammina era costretta ad alzarsi e constatava che avevo davvero dei bernoccoli sulla fronte, e che ero picchiata; mi copriva per bene, poi tornava a letto; ma dopo un minuto ricominciavo ad essere picchiata, al punto che lei fu costretta a legarmi nel letto. Tutte le sere la piccola Celina veniva a legarmi con tanti nodi che servivano ad impedire al diavoletto di picchiarsi e di svegliare la mamma; la cosa riuscì, e io ormai diventai saggia nel sonno... Ma c'è un altro difetto che avevo (da sveglia) di cui Mamma non parla nelle sue lettere, era un grande amor proprio. Per non farla troppo lunga te ne racconto solo due esempi. - Un giorno Mamma mi disse - “Teresina mia, se baci per terra ti do un soldo”. Per me un soldo era un patrimonio; per guadagnarmelo non dovevo abbassare la mia altezza perché la mia piccola statura non metteva tanto spazio tra me e la terra, e tuttavia la mia fierezza si ribellò al pensiero di "baciare la terra" e io, tenendomi tutta dritta, risposi a Mamma - “Oh! no, Mammina, preferisco non avere soldi!...”.
Un'altra volta dovevamo andare dalla signora Monnier a Grogny. Mamma disse a Maria di mettermi il bel vestitino azzurro Cielo, con i merletti, ma di non lasciarmi la braccia scoperte, per non farmele abbronzare dal Sole. Io mi lasciai vestire con la tranquilla indifferenza che dovevano avere le bambine della mia età, ma dentro di me pensavo che sarei stata davvero più carina con le mie braccine nude.
Con una natura come la mia se fossi stata cresciuta da Genitori senza virtù, o anche se, come Celina, fossi stata viziata da Luisa, sarei diventata davvero cattiva e forse mi sarei perduta... Ma Gesù vegliava sulla sua piccola fidanzata. Egli ha voluto che tutto si volgesse al bene, anche i suoi difetti, corretti fino dall'inizio, che le sono serviti a salire nella perfezione... Avevo proprio tanto amor, ma anche tantoamore del bene, non appena ho cominciato a pensare sul serio (e lo ho fatto davvero da piccola) bastava che qualcuno mi dicesse che qualcosa non era bene, e mi passava subito la voglia di farmelo dire un'altra volta... Vedo con piacere nelle lettere di Mamma che crescendo le davo maggiori consolazioni. Non vedendo attorno a me che buoni esempi volevo naturalmente seguirli. Ecco quello che lei scriveva nel 1876 - “Ed eccoci a Teresa, che talvolta vuole anche lei fare fioretti. È una bambina incantevole, fine come l'ombra, vivacissima, ma il suo cuore è sensibile, Celina e lei si vogliono molto bene, e a stare in due non si annoiano mai; Celina ogni giorno, dopo pranzo va a prendere il suo galletto, poi di Colpo acchiappa anche la gallina di Teresa, che io non riesco mai a prendere, mentre lei è così rapida che la prende al primo tentativo: poi vanno tutte e due a sedersi accanto al fuoco e così si divertono per tanto tempo. (Era la Rosina che mi aveva regalato la gallina e il galletto, e io avevo regalato il galletto a Cellina). L’altro giorno Celina era venuta a letto con me, e Teresa si era messa a dormire sul letto di sopra, quello di Celina; aveva pregato Luisa di farla scendere per vestirla. Luisa sale a cercarla e trova il letto vuoto. Teresa aveva sentito Celina ed era scesa con lei. E allora Luisa le ha detto: “- Tu non vuoi più venire giù per vestirti?”. - “Oh no!, mia povera Luisa, noi siamo come i due polletti, nessuno può separarci!”. E dicendo così si abbracciavano e si stringevano a vicenda... Alla sera, poi, Luisa, Celina e Leonia sono partite per andare al circolo cattolico ed hanno lasciato la povera Teresa che capiva bene di essere troppo piccola per andare anche lei, e diceva: - “Mi basta soltanto che mi mettiate a dormire nel letto di Celina!...”. E invece no, non le è stato concesso... lei non ha detto niente, ed è rimasta sola con il suo lumetto, e dopo un quarto d'ora dormiva profondamente...”
Un altro giorno Mamma scriveva ancora: “Celina e Teresa sono inseparabili, non ci sono due bambine che si vogliono più bene; quando Maria cerca Celina per farle fare i compiti, la povera Teresa è una lacrima sola. Ahimè che le deve capitare, la sua piccola amica va via!... Maria allora ne ha pietà, la porta con loro, e questa povera piccola si mette seduta su una sedia per due o tre ore; le danno le perline da infilare o un po' di stoffa da cucire, e lei non ha il coraggio di muoversi e spesso manda dei sospironi così. Quando l’ago scappa dal filo cerca di infilarlo di nuovo, ed è curioso vedere che non ci riesce e non vuole disturbare Maria; presto compaiono sulle sue guance due lacrimoni... Maria, allora, la consola subito, infila l'ago di nuovo e il povero angioletto sorride tra le lacrime...”.
Mi ricordo che sul serio non potevo stare senza Celina, preferivo andare via dalla tavola senza aver finito il dolce piuttosto che non andarle appresso, quando lei si alzava. Mi agitavo sulla mia grossa seggiola, chiedevo che mi facessero scendere e poi ce ne andavamo insieme a giocare; qualche volta andavano con la piccola “prefetta”, e la cosa mi piaceva molto per il giardino e per i giocattoli che ci faceva vedere, ma veramente io ci andavo piuttosto per fare piacere a Celina, perché avrei preferito restare nel nostro piccolo giardino a grattare i muri, toglievamo infatti tutte le pietruzze che brillavano e poi andavamo a venderle a Papà, che molto seriamente ce le comprava.
Alla domenica, poiché ero troppo piccola per andare alle funzioni, Mamma restava con me; ero buona, e camminavo quasi in punta di piedi, durante la messa; ma appena vedevo aprirsi la porta allora era uno scoppio di gioia incredibile; correvo davanti alla mia Sorellina bella che allora era “vestita a festa come una cappella”... e le dicevo: “Oh! mia piccola Celina, dammi subito il pane benedetto!”. Talora non ne aveva, perché era arrivata tardi... Come rimediare, allora? Per me era impossibile farne a meno, quella era la “mia messa”... Trovammo presto il rimedio. - “Non hai pane benedetto, e allora fallo tu!”. Detto e fatto, Celina prende una sedia, va alla madia, prende il pane, ne stacca un boccone e molto seriamente ci recita su un'Ave Maria, poi me lo presenta ed io, fatto con lei il segno della Croce, lo mangio con grande devozione, trovando che ha proprio il sapore del pane benedetto... Spesso insieme facevamo le conferenze spirituali; eccone un esempio che prendo dalle lettere di Mamma - “Le nostre due care piccoline Celina e Teresa sono angeli di benedizione, piccole nature angeliche. Teresa fa la gioia, la felicità di Maria e la sua gloria, è da non crederci quanto ne va fiera. È vero che ha certe risposte che alla sua età sono rare, dando dei punti a Celina che ha il doppio della sua età. Celina l'altro giorno diceva: - “Ma come può essere che il buon Dio sta dentro un'ostia così piccola?”. La piccina ha detto: “Non è poi così strano giacché il buon Dio è onnipotente”. - “E che vuol dire Onnipotente?”. - “Ma è che può fare tutto quello che Lui vuole!...”.
Un giorno Leonia, pensando di essere troppo grande per giocare con la bambola venne a trovare noi due con un cesto pieno di vestitini e di pezzi di stoffa per farne altri; sopra a tutto ci aveva disteso la sua bambola.
- “Prendete, sorelline, ci disse, scegliete, io vi regalo tutto”. Celina allungò la mano e prese un po' di merletti che le piacevano. Dopo un momento di riflessione anche io ho allungato la mano, ma dissi: “Io scelgo tutto!” e presi il cesto senza fare complimenti; i presenti trovarono la cosa giustissima, Celina stessa non si sognò di lamentarsene (del resto non le mancavano proprio, i giocattoli, il suo padrino la riempiva di regali e Luisa trovava il modo di darle tutto quello che voleva).
Questo aneddoto della mia infanzia è come il riassunto di tutta la mia vita; poi, quando mi è comparsa davanti la perfezione, ho capito che per diventare una santa dovevo soffrire molto, cercare sempre il più perfetto e dimenticare me stessa; ho capito che nella perfezione c'erano molti gradini, e che ogni anima era libera di rispondere agli inviti di Nostro Signore, di fare poco o molto per Lui, in una parola di scegliere tra i sacrifici che Lui chiede. E allora, come in quei giorni della mia piccola infanzia, ho esclamato: “Mio Dio, "io scelgo tutto". Io non voglio essere una santa a metà, non mi spaventa la prospettiva di soffrire per te, ho paura di una sola cosa, di conservare la mia volontà, prenditela, perché “Io scelgo tutto” quello che tu vuoi!...”.
Debbo fermarmi, non debbo ancora parlarti della mia giovinezza, ma del piccolo Folletto di quattro anni. Mi ricordo un sogno che feci verso questa età, e che si è profondamente impresso nella mia immaginazione. Una notte ho sognato che uscivo per andare a passeggiare da sola in giardino. Giunta in fondo agli scalmi che occorreva salire per arrivarci, mi sono fermata, piena di spavento. Davanti a me, vicino al pergolato, c'era un barile di calce e sul barile ho visto due brutti piccoli diavoletti che ballavano con un'agilità sorprendente, malgrado avessero ai piedi come dei ferri da stiro; improvvisamente mi hanno fissata con gli occhi di fiamma e contemporaneamente, sembrandomi ancora più spaventati di me, sono saltati giù dal barile e si sono andati a nascondere nella stireria di fronte. Vedendoli così poco coraggiosi volli vedere che avrebbero fatto, e mi sono avvicinata alla finestra. I poveri diavoletti stavano lì, correvano sui tavoli e non sapevano che fare per scappare al mio sguardo; ogni tanto si avvicinava no alla finestra, guardavano preoccupati se ero ancora li e vedendomi ricominciavano a correre come disperati. - Senza dubbio questo sogno non ha niente di straordinario, e tuttavia credo che il Buon Dio ha permesso che me ne ricordi per provarmi che un'anima in stato di grazia non ha nulla da temere dai demoni, che sono dei fifoni, capaci di fuggire di fronte allo sguardo di una bambina...
Ed ecco un altro passo che trovo nelle lettere di Mamma. Questa povera Mammina già presentiva la fine del suo esilio: “Le due piccole non mi preoccupano, stanno così bene insieme, sono di natura squisita, sicuramente saranno buone. Maria e tu potrete educarle a puntino. Celina non fa mai uno sbaglio apposta. Anche la piccola sarà buona, non direbbe una bugia per tutto l'oro del mondo, ha una presenza di spirito come non ne ho mai visto a nessuna di voi. L'altro giorno con Celina e Luisa stava dal pizzicagnolo e parlava delle sue pratiche di pietà, discuteva a voce alta con Celina; la padrona del negozio ha detto a Luisa: “Ma allora che cosa vuol dire, quando gioca nel giardino e non la si sente parlare che delle sue pratiche? La signora Gaucherin allunga il collo fuori dalla finestra per cercare di capire che significa questa discussione sulle pratiche...”. Questa povera piccolina è la nostra felicità, sarà buona, si vede già il seme; non parla che del buon Dio, non mancherebbe mai di dire le sue preghiere. Vorrei che tu la vedessi raccontare le sue favolette, mai ho visto una scena così graziosa, trova spontaneamente l'espressione e il tono giusti, ma soprattutto quando dice: - “Piccola bimba con la testa bionda, dove credi che sta il buon Dio?”. Quando arriva a: - “Lui sta lassù nel Cielo blu”, alza lo sguardo con una faccia da angelo: non si smetterebbe mai di farglielo dire per quanto è bello, c'è qualcosa di così celestiale nel suo sguardo che ne restiamo rapiti!...”
O Madre mia! Come ero felice, a quell'età! Cominciavo già a gioire della vita, la virtù aveva per me tutte le attrattive e mi pare che avevo la stessa disposizione che ho ora, quando ho un grande dominio sulle mie azioni.
- Ah! come sono passati velocemente gli anni pieni di sole della mia fanciullezza, ma che impronta dolce hanno lasciato nella mia anima! Mi ricordo con gioia i giorni in cui papà ci portava alla villetta, i particolari più piccoli si sono incisi nel mio cuore... Mi ricordo soprattutto le passeggiate della Domenica quando mamma ci accompagnava sempre... Sento ancora le impressioni profonde, e poetiche che nascevano nell'anima mia alla vista dei campi di grano smaltati dai fiordalisi e dai fiori di campo. Già amavo le lontananze.. Lo spazio e gli abeti giganteschi con i rami che toccavano terra lasciavano nel mio cuore un 'impressione simile a quella che provo ancora oggi di fronte alla natura... Spesso durante queste lunghe passeggiate trovavamo dei poveri ed era sempre la piccola Teresa che aveva l’incarico di portare loro l'elemosina, essendone molto felice; ma spesso Papà, trovando che la strada era troppo lunga, per la sua reginetta, la riportava prima delle altre a casa (con suo grande dispiacere). Allora per consolarla Celina riempiva di margheritine il suo bel cestino e quando tornava gliele regalava, ma ahimè! la povera nonna trovava che la nipotina ne aveva troppe e così gliene prendeva una buona parte per la sua Madonnella... La cosa non piaceva alla piccola Teresa, ma lei si guardava bene dal dirlo, perché aveva preso la buona abitudine di non lamentarsi mai, anche quando le toglievano il suo, o quando era accusata ingiustamente, preferiva tacere e non scusarsi, e non era un suo merito, ma virtù di natura... Che peccato che quella buona disposizione sia sparita!...
Oh! veramente allora tutto mi sorrideva sulla terra: io trovavo fiori sotto ogni mio passo e anche il mio carattere felice contribuiva a rendermi la vita gradevole, ma stava per cominciare un nuovo periodo, per l’anima mia, dovevo passare per il crogiolo della prova e soffrire fino dall'infanzia per poter essere al più presto offerta a Gesù. Come i fiori della primavera cominciano a germogliare sotto la neve e sbocciano poi ai primi raggi del Sole, anche il piccolo fiore di cui scrivo i ricordi ha dovuto attraversare l'inverno della prova...
Tutti i particolari della malattia di mammina nostra sono ancora qui, dentro il mio cuore, mi ricordo soprattutto le ultime settimane passate da lei sulla terra; Celina e io eravamo come due povere piccole in esilio, ogni mattina la signora Leriche veniva a prenderci e passavamo tutto il giorno da lei. Un giorno non avevamo avuto tempo di dire le preghiere, prima di partire con lei, e Celina mi sussurrò: “Bisogna dirglielo che non abbiamo detto le preghiere?...”. - “Oh! sì” le risposi; e allora lei lo ha detto timidamente alla signora Leriche, e quella ci ha risposto - “Va bene, figliette mie, le direte dopo”, e poi, dopo averci portate tutte e due in una grande camera se n'è andata... Allora Celina mi ha guardata e abbiamo esclamato *: “Ah! non è proprio come Mamma... Lei ce le faceva dire sempre, le nostre preghiere!...”. Mentre giocavamo con gli altri bambini ci seguiva sempre il pensiero della nostra Mammina; una volta che a Celina avevano regalato una bella albicocca lei si chinò verso di me e mi disse: “Non la mangiamo, la regalerò a Mamma”. Purtroppo questa povera Mammina era già troppo malata per mangiare i frutti della terra, non si sarebbe più saziata che in Cielo con la gloria di Dio e avrebbe bevuto con Gesù il vino misterioso di cui Egli parlò durante l'ultima Cena, quando disse che ne avrebbe fatto parte con noi nel regno del Padre suo.
Il rito commovente dell'estrema unzione si è proprio impresso nell'animo mio; vedo ancora il posto dove ero, accanto a Celina, eravamo tutte e cinque in fila per ordine d'età, e il povero Bambino era li con noi, e singhiozzava...
Il giorno stesso, o all'indomani della partenza di Mamma, papà mi prese in braccio dicendomi: - Vieni ad abbracciare per l'ultima volta la tua povera Mammina”. E io in silenzio ho accostato le mie labbra alla fronte della mia amata Madre... Non mi ricordo di aver pianto tanto, non parlavo a nessuno dei profondi sentimenti che provavo... Guardavo ed ascoltavo in silenzio... nessuno aveva il tempo di occuparsi di me e perciò vedevo tante cose che avrebbero voluto nascondermi; una volta ero proprio davanti al coperchio della bara... mi sono fermata parecchio tempo a guardarlo, non ne avevo mai visto, e tuttavia capivo tutto... ero così piccola che malgrado la bassa statura di Mamma ero costretta ad alzare la testa per vedere la parte superiore del coperchio, che mi pareva molto grande... molto triste.. Quindici anni dopo mi trovai davanti ad un altro coperchio di bara, quella di Madre Geneviève, era grande come quello di mamma e mi parve di essere ancora bambina!... Mi tornarono insieme tutti i miei ricordi, era la stessa piccola Teresa che guardava, ma era diventata grande, e il coperchio della bara le pareva piccolo, non aveva più bisogno di alzare la testa per guardarlo; non la alzava più, la testa, che per guardare il Cielo che le sembrava davvero felice, perché tutte le sue prove avevano trovato fine e l'inverno dell'anima sua era passato per sempre...
Il giorno in cui la Chiesa benedisse le spoglie mortali della nostra piccola Mamma del Cielo, il buon Dio volle darmene un'altra sulla terra, e volle che me la scegliessi in libertà. Eravamo tutte e cinque assieme, e c'era anche Luisa, che vedendo Celina e me, disse, guardandoci con tristezza: “Povere piccole, non avete più la Mamma!...”. Allora Celina si gettò tra le braccia di Maria dicendo - “E allora! sarai tu Mamma”. Io ero abituata a fare come lei, e tuttavia mi sono girata verso di te, Madre mia, e come se il futuro fosse già senza veli mi sono gettata tra le tue braccia esclamando: “Allora anche io! È Paolina che sarà Mamma mia!”
(Continua...)
Il giorno in cui la Chiesa benedisse le spoglie mortali della nostra piccola Mamma del Cielo, il buon Dio volle darmene un'altra sulla terra, e volle che me la scegliessi in libertà. Eravamo tutte e cinque assieme, e c'era anche Luisa, che vedendo Celina e me, disse, guardandoci con tristezza: “Povere piccole, non avete più la Mamma!...”. Allora Celina si gettò tra le braccia di Maria dicendo - “E allora! sarai tu Mamma”. Io ero abituata a fare come lei, e tuttavia mi sono girata verso di te, Madre mia, e come se il futuro fosse già senza veli mi sono gettata tra le tue braccia esclamando: “Allora anche io! È Paolina che sarà Mamma mia!”
(Continua...)