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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

Santa Teresina di Lisieux: Storia di un'anima - Parte V

STORIA DI UN’ANIMA: S. Teresina di Lisieux (S. Teresina del Bambin Gesù)

Prima di vedere la famiglia riunita al focolare Paterno dei Cieli, dovevo passare ancora attraverso molte separazioni. L’anno in cui fui accolta come figlia della Santa Vergine, lei mi portò via la mia cara Maria, l'unico sostegno della mia anima... Era Maria che mi guidava, che mi consolava, mi aiutava a praticare la virtù; lei era il mio solo oracolo.
Senza dubbio, Paolina era restata ben prima nel mio cuore, ma Paolina era lontana, tanto lontana da me!... Avevo sofferto il martirio per abituarmi a vivere senza di lei, per vedere tra lei e me dei muri non oltrepassabili; ma alla fine avevo finito con il riconoscere la triste realtà: Paolina era perduta per me, quasi allo stesso modo che fosse morta. Lei mi amava sempre, pregava per me, ma ai miei occhi la mia cara Paolina era diventata una Santa, che non doveva più comprendere le cose della terra; e le miserie della sua povera Teresa avrebbero dovuto, se lei le avesse conosciute, sbalordirla ed impedirle di amarla tanto... Del resto, anche se io avessi voluto confidarle i miei pensieri come ai Buissonnets, non avrei potuto, perché i colloqui in parlatorio erano solo per Maria.
Celina ed io non avevamo il permesso di entrare che alla fine, giusto per avere il tempo di stringerci il cuore... Così non avevo realmente che Maria, lei mi era come si dice indispensabile, non dicevo che a lei i miei scrupoli ed ero così obbediente che mai il mio confessore ha conosciuto la mia brutta malattia; a lui dicevo solo esattamente i peccati che Maria mi aveva permesso di confessare, non uno di più, e così avrei potuto passare per l'anima meno scrupolosa della terra, malgrado che invece lo fossi in modo estremo...
Maria sapeva dunque tutto quello che passava nell'anima mia, lei sapeva anche i miei desideri del Carmelo e io le volevo tanto bene che non potevo vivere senza di lei.
La zia ci invitava ogni anno ad incontrarci da lei a Trouville, io avrei amato molto di andarci, ma con Maria! Quando non la avevo, mi anno­iavo molto. Tuttavia una volta, mi trovai bene a Trouville, era l'anno del viaggio di Papà a Costantinopoli; per distrarci un po', (perché eravamo molto sofferenti sapendo Papà così lontano) Maria ci mandò, Celina e me, a passare 15 giorni in riva al mare. Mi sono divertita molto perché avevo la mia Celina. La Zia ci fece avere tutte le gioie possibili: passeggiate sull'asino, pesca delle triglie, ecc.... Ero ancora proprio bambina malgrado i miei 12 anni e mezzo, mi ricordo della mia gioia mentre mettevo quei bei nastri blu cielo che la Zia mi aveva regalato per i capelli; mi ricordo anche di essermi confessata a Trouville anche di questi piaceri infantili che mi pareva fossero un peccato... Una sera feci un'esperienza che mi sorprese parecchio. - Maria (Guerin) che era quasi sempre ammalata, piagnucolava spesso; allora la Zia la coccolava, le dava i nomi più teneri e la mia cara cuginetta non per questo smetteva di dire, tra le lacrime, che le faceva male la testa. Io che quasi ogni giorno avevo anche mal di testa e non me ne lamentavo, volli una sera imitare Maria, mi feci dunque un obbligo di piagnucolare sopra una poltrona in un angolo del salotto. Presto Giovanna e la Zia si affrettarono vicino a me, chiedendomi che cosa avevo. Risposi come Maria: “Ho mal di testa”. Parve che però non stava bene che mi lamentassi, mai fui capace di convincerle che il mal di testa mi faceva piangere; invece di coccolarmi mi parlarono come ad una persona grande e Giovanna mi rimproverò di mancare di fiducia nella Zia, perché pensava che avessi qualche angustia di coscienza... alla fine fui lasciata con il danno, ma ben decisa a non imitare più le altre e capii la favola dell' “ asino e del cagnolino”. Io ero l'asino che avendo visto le carezze date al cagnolino, era venuto a mettere la sua zampa pesante sulla tavola, per avere la sua parte di abbracci: ma ahimè! se non ho preso bastonate come la povera bestia, ho preso sul serio la paga che meritavo e questa paga mi guarì per tutta la vita dal desiderio di attirare l'attenzione; solo lo sforzo che dovetti fare per questo mi è costato troppo caro!...
L’anno dopo, che fu quello della partenza della mia cara Madrina, la Zia mi invitò ancora, ma questa volta da sola, e io mi trovai così spaesata che dopo due o tre giorni caddi ammalata e mi dovettero riportare a Lisieux; la mia malattia che si pensava fosse grave, non era altro che la nostalgia dei Buissonnets, appena vi misi piede tornò la salute... Ed era ad una bambina così che il Buon Dio avrebbe portato via l'unico appoggio che la teneva attaccata alla vita!...
Appena seppi la determinazione di Maria, io decisi di non prendermi più alcuna gioia sulla terra... Dopo l'uscita dal pensionato, mi ero sistemata nell'antica stanza di pittura di Paolina e l’avevo sistemata a piacer mio. Era un vero bazar, un miscuglio di pietà e stranezze, un giardino e una voliera... Così, sul fondo spiccava sul muro una grande croce di legno nero senza Cristo, qual­che disegno che mi piaceva; su un altro muro, una cesta con guarnizione di mussola e di nastri rosa con erbe profumate e fiori; sull'ultima parete campeggiava, solo, il ritratto di Paolina a dieci anni; sotto quel ritratto c'era un tavolo su cui era appoggiata una grande gabbia che racchiudeva un grande numero di uccelli il cui cinguettio melodioso rompeva la testa ai visitatori, ma non alla loro padroncina che li amava tanto... C'era anche il “mobiletto bianco” pieno dei miei libri di studio, quaderni, ecc... su quel mobile era posata una statua della Vergine Santa con dei vasi sempre ornati di fiori veri, e dei candelieri; attorno c'erano tante piccole statue di santi e di sante, panierini di conchiglie, scatole di cartoncino bristol, ecc...! Infine il mio giardino appeso davanti alla finestra dove curavo vasi da fiori (i più rari che potevo trovare); avevo ancora una giardiniera dentro il “mio museo”, e ci tenevo la mia pianta preferita... Davanti alla finestra c'era il mio tavolo coperto da un tappeto verde, e su quel tappeto avevo messo, proprio in mezzo, una clessidra, una statuetta di San Giuseppe, un portaorologi, dei cestini di fiori, un calamaio ecc...alcune sedie zoppe, e il letto incantevole della bambola di Paolina completavano tutto il mio arredamento. Davvero quella povera soffitta era un mondo mio, e come il Sig.r De Maistre potrei comporre un libro intitolato: “Passeggiata attorno alla mia camera”. Era in questa camera che mi piaceva restare sola per ore intere per studiare e meditare davanti alla bella veduta che si apriva davanti ai miei occhi... Quando seppi della partenza di Maria la mia camera perse per me ogni incanto, non volevo lasciare un solo istante la mia cara sorella che doveva volarsene via presto... Quanti atti di pazienza le ho fatto praticare! Ogni volta che passavo davanti alla porta della sua camera bussavo fino a che mi apriva e l'abbracciavo con tutto il cuore, volevo fare provvista di baci per tutto il tempo che dovevo restarne priva. Un mese prima del suo ingresso al Carmelo, Papà ci portò ad Alencon, ma il viaggio fu lontano dal rassomigliare al primo, e tutto in esso fu per me tristezza e amarezza. Non potrei dire le lacrime che versai sulla tomba di mamma, perché avevo dimenticato di portare un mazzo di fiordalisi colti per lei. Mi facevo un dolore di tutto! Era il contrario di adesso, perché il Buon Dio mi fa la grazia di non essere abbattuta da nessuna cosa passeggera. Quando mi ricordo del tempo passato l'anima mia trabocca di riconoscenza vedendo i favori che ho ricevuti dal Cielo, in me c'è stato un cambiamento tale che non mi si riconosce... È vero che desideravo la grazia “di avere un impero assoluto sulle mie azioni, di esserne la signora e non la schiava”. Queste parole dell'imitazione mi toccavano profondamente, ma io dovevo per così dire comprare con i miei desideri questa grazia inestimabile; non ero ancora che una bambina che non pareva aver altra volontà che quella degli altri, e la cosa faceva dire alle persone di Alencon che ero debole di carattere... Fu durante questo viaggio che Leonia fece il suo tentativo dalle clarisse ; provai dolore per il suo ingresso straordinario, perché l'amavo molto e non avevo potuto abbracciarla prima della sua partenza.
Mai dimenticherò la bontà e l'imbarazzo di quel povero Paparino che ci veniva a dire che Leonia aveva già l'abito di clarissa... Trovava come noi la cosa parecchio strana, ma non voleva dire niente, vedendo quanto Maria era contrariata. Ci condusse al convento, e là io sentii una stretta al cuore come mai ne avevo sentito a vedere un monastero, la cosa mi faceva l'effetto contrario a quello del Carmelo, dove tutto mi allargava l'anima... La vista delle suore non mi incantò maggiormente, e io non fui tentata di restare in mezzo ad esse; la povera Leonia era tuttavia molto carina sotto il suo nuovo abito, ci disse di guardare bene i suoi occhi perché non li avremmo più rivisti (le clarisse si mostrano soltanto con gli occhi bassi) ma il buon Dio si accontentò solo di due mesi di sacrificio e Leonia tornò a farci vedere i suoi occhi blu molto spesso bagnati di lacrime... Lasciando Alencon credevo che sarebbe rimasta con le clarisse, e così fu davvero con il cuore grosso che mi allontanai dalla triste via della mezzaluna. Non eravamo più che tre, e presto anche la nostra cara Maria doveva lasciarci... il 15 ottobre fu il giorno della separazione! Della famiglia gioiosa e numerosa dei Buissonnets restavano solo le due ultime figlie... Le colombe erano fuggite dal nido paterno, quelle che rimanevano avrebbero voluto prendere il volo al loro seguito, ma le loro ali erano ancora troppo deboli perché potessero prendere il loro slancio...
Il Buon Dio che voleva chiamare a lui la più piccola e la più debole di tutte, fece in fretta a farle crescere le all. Egli, che si compiace di mostrare la sua bontà e la sua potenza servendosi degli strumenti meno degni, volle proprio chiamare me prima di Celina che senza dubbio meritava di più questo favore; ma Gesù sapeva come ero debole ed è per questo che Egli mi ha nascosta per prima nel cavo della roccia. Quando Maria entrò al Carmelo io ero ancora molto scrupolosa. Non potendo più confidarmi con lei mi rivolsi dalla parte dei Cieli. Fu ai quattro angioletti che mi avevano preceduto lassù che io mi indirizzai, perché pensavo che quelle anime innocenti non avendo mai conosciuto i turbamenti né il timore dovevano avere pietà della loro povera sorellina che soffriva sulla terra. Io parlai loro con semplicità di bambina, facendo loro notare che dal momento che ero l'ultima della famiglia ero stata sempre la più amata, la più ricolmata di tenerezze dalle mie sorelle, e che se fossero restati sulla terra anch'essi senza dubbio mi avrebbero dato prove del loro amore... La loro partenza per il Cielo non mi pareva una ragione di dimen­ticarmi, anzi trovandosi proprio dove potevano attingere nei tesori Divini, dovevano estrarne per me la pace e mostrarmi così che in Cielo si sa ancora amare!... La risposta non si fece attendere, presto la pace venne ad inondare l'anima mia con le sue onde deliziose e io compresi che se ero amata sulla terra, lo ero anche nel Cielo... Da quel momento in poi la mia devozione per i miei fratellini e sorelline crebbe e mi piace intrattenermi spesso con loro, a parlare delle tristezze dell'esilio... del mio desiderio di andare presto a raggiungerli nella Patria!...
Se il Cielo mi ricolmava di grazie, non era perché le meritavo, ero ancora molto imperfetta; avevo, è vero, un grande desiderio di praticare la virtù, ma mi ci mettevo proprio in modo strano, eccone un esempio: Essendo l'ultima, non ero abituata a servirmi. Celina rifaceva la camera dove dormivamo insieme e io non facevo niente di ciò che riguardava la casa; dopo l'ingresso di Maria al Carmelo, mi capitava talora per fare piacere al Buon Dio di cercare di fare il letto, o di andare in assenza di Celina a ritirare la sera i suoi vasi di fiori; come ho detto, era per il Buon Dio solo solo che io facevo quelle cose, e così non avrei potuto attendermi il grazie delle creature. Ohimè! le cose erano ben diverse, se Celina per disgrazia non mostrava di essere tutta felice e sorpresa dei miei piccoli servizi, non ero contenta e glielo provavo con le mie lacrime... Ero davvero in­sopportabile per la mia eccessiva sensibilità; così, se mi capitava di provocare involontariamente un qualche piccolo dolore a una persona cui volevo bene, invece di passarci sopra e di non piangere, e la cosa ingrandiva la mia colpa invece di impiccolirla, piangevo come una Maddalena e quando cominciavo a consolarmi della cosa come tale, piangevo perché avevo pianto... Tutti i ragionamenti erano inutili e non riuscivo a correggermi da questo brutto difetto.

Io non so come facevo a cullarmi nel dolce pensiero d'entrare al Carmelo, mentre ero ancora nelle fasce dell'infanzia!... Fu necessario che il Buon Dio facesse un piccolo miracolo per farmi diventare grande in un istante e quel miracolo lo fece nel giorno indimenticabile del Natale; in quella notte luminosa che rischiara le delizie della Trinità Santa, Gesù, il dolce piccolo Bimbo di un'ora, ha cambiato la notte dell'anima mia in torrenti di luce... In questa notte in cui si fece debole e sofferente per amore mio, mi rese forte e coraggiosa, Egli mi rivestì delle sue armi e dopo questa notte benedetta io non sono stata vinta in alcun combattimento, ma al contrario ho camminato di vittoria in vittoria ed ho cominciato, per così dire, “una corsa di gigante!...”. La sorgente delle mie lacrime fu seccata e non si apri poi che raramente e difficilmente giustificando le parole che mi erano state dette: “Tu piangi così tanto nella tua infanzia che dopo non avrai più lacrime da versare!...”.
Fu il 25 dicembre 1886 che io ricevetti la grazia di uscire dall'infanzia, in una parola la grazia della mia completa conversione. - Noi tornavamo dalla messa di mezzanotte in cui avevo avuto la felicità di ricevere il Dio forte e potente.

Arrivando ai Buissonnets ero contenta perché sarei andata a prendere le mie scarpe sotto il camino. Questa antica usanza ci aveva dato tanta gioia durante la nostra infanzia che Celina voleva continuare a trattarmi come un bebè perché io ero la più piccola della famiglia... Papà amava vedere la mia felicità, sentire i miei strilli di gioia tirando fuori ogni sorpresa dalle scarpe incantate, e l'allegria del mio caro Re accresceva di molto la mia felicità, ma Gesù volendo dimostrarmi che dovevo disfarmi dei difetti dell'infanzia mi privò anche delle sue gioie innocenti; permise che Papà, stanco per la messa di mezzanotte, sentisse fastidio vedendo le mie scarpe nel camino e che dicesse alcune parole che mi trapassarono il cuore: “Finalmente per fortuna che è l’ultimo anno!...”. Io stavo salendo 1a scala per andarmi a togliere il cappello, Celina conoscendo la mia sensibilità e vedendo le lacrime brillare nei miei occhi ebbe anche lei voglia di versarne, perché mi amava tanto e capiva il mio dolore: “O Teresa! mi disse, non scendere, ti darebbe troppo dolore andare a guardare subito nelle tue scarpe”. Ma Teresa non era più la stessa, Gesù aveva cambiato il suo cuore! Ricacciando le mie lacrime, scesi rapidamente la scala e trattenendo i battiti del cuore presi le mie scarpe appoggiandole davanti a Papà, tirai con gioia fuori tutte le cose, con l'aria felice come una regina. Papà rideva, era tornato anche lui gioioso e Celina credeva di sognare!... Per fortuna era una dolce realtà, la piccola Teresa aveva ritrovato la forza d'animo che aveva perduta a 4 anni e mezzo ed era per sempre che la doveva conservare!...
In questa notte di luce cominciò il terzo periodo del­la mia vita, il più bello di tutti, quello più pieno delle grazie del Cielo... In un solo istante l'impresa che non avevo potuto realizzare in 10 anni, Gesù la realizzò ac­contentandosi della mia buona volontà che mai venne a mancarmi. Come i suoi apostoli, io potevo dirGli: “Signore, ho pescato tutta la notte senza prendere niente” Ancora più misericordioso con me di quanto non lo fu con i suoi discepoli, Gesù prese Egli stesso la rete, la gettò e la ritirò piena di pesci... Egli fece di me un pescatore di anime, sentii un grande desiderio di lavorare alla conversione dei peccatori, desiderio che non avevo sentito con tale vivacità... Io sentii in una parola la carità entrare nel mio cuore, il bisogno di dimenticarmi per far piacere e da quel momento in poi io fui felice!... Una Domenica, guardando una fotografia di Nostro Signore in Croce, fui colpita dal sangue che scendeva da una delle sue mani Divine, provai un gran dolore pensando che quel sangue cadeva a terra senza che nessuno si occupasse di raccoglierlo, e risolsi di restarmene in spirito ai piedi del(la) Croce per ricevere la Divina rugiada che ne discendeva, comprendendo che poi avrei dovuto spanderla sulle anime... Anche il grido di Gesù sulla Croce risuonava continuamente nel mio cuore: “Ho sete!”. Quelle parole accendevano in me un ardore sconosciuto e vivissimo... Io volevo dare da bere al mio Amato ed io stessa mi sentivo divorata dalla sete delle anime... Non erano ancora le anime dei preti che mi attiravano, ma quelle dei grandi peccatori, io bruciavo dal desiderio di strapparli alle fiamme eterne...
Per eccitare il mio zelo il Buon Dio mi mostrò che gradiva i miei desideri. - Sentii parlare di un grande criminale che era appena stato condannato a morte per delitti orribili, tutto faceva credere che sarebbe morto senza pentirsi. Io volli impedirgli ad ogni costo di finire all'inferno, per riuscirci impiegai tutti i mezzi immaginabili; sentendo che da sola non potevo nulla, offrii al Buon Dio i meriti infiniti di Nostro Signore, i tesori della Santa Chiesa, e alla fine pregai Celina di far dire una messa secondo le mie intenzioni, non osando chiederla io stessa per timore di essere costretta a confessare che era per Pranzini, il grande criminale. Non volevo neppure dirlo a Celina, ma lei mi fece domande così tenere e così insistenti che le confidai il mio segreto; ben lungi dal prendermi in giro, lei mi chiese di aiutarmi a convertire il mio peccatore, accettai con riconoscenza, perché avrei voluto che tutte le creature si unissero a me per implorare la grazia per il colpevole. Sentivo al fondo del mio cuore la certezza che i nostri desideri sarebbero stati esauditi, ma per darmi il coraggio di continuare a pregare per i peccatori, dissi al Buon Dio che ero proprio sicura che Egli avrebbe perdonato il povero infelice Pranzini, che lo avrei creduto anche se egli non si fosse confessato e non avesse dato alcun segno di pentimento, tanta era la fiducia che avevo nella misericordia infinita di Gesù, ma che io gli chiedevo soltanto “un segno” di pentimento per mia pura consolazione... La mia preghiera fu esaudita alla lettera! Malgrado la proibizione che Papà ci aveva fatto di leggere i giornali, io non credetti di disobbedire leggendo i passi che parlavano di Pranzini. il giorno dopo la sua esecuzione mi trovo sotto mano il giornale: “La Croix”. Lo apro in fretta e che vedo?... Ah! le mie lacrime tradirono la mia emozione e fui costretta a nascondermi... Pranzini non si era confessato, era salito sul patibolo e si preparava a passare la testa nel lugubre buco, quando improvvisamente, preso da un'ispirazione subitanea, si gira, prende un Crocifisso che il prete gli presentava e bacia per tre volte le sue piaghe sante!... Poi la sua anima andò a ricevere la sentenza misericordiosa di Colui che dichiara che in Cielo ci sarà più gioia per un peccatore che si pente che per 99 giusti che non hanno bisogno di pentirsi!...
Avevo ottenuto "il segno" richiesto e questo segno era la riproduzione fedele delle grazie che Gesù mi aveva fatto per attirarmi a pregare per i peccatori. Non era forse davanti alle piaghe (di) Gesù, vedendo colare il suo sangue Divino che la sete delle anime era entrata nel mio cuore? Io volevo dar loro da bere quel sangue immacolato che doveva purificarle dalle loro sozzure, e le labbra del “mio primo figlio” andarono a fissarsi sulle sante piaghe !!… Che risposta ineffabilmente dolce!... Ah! dopo questa grazia unica, il mio desiderio di salvare le anime è cresciuto ogni giorno, mi pareva di sentire Gesù dirmi come alla samaritana: “Dammi da bere!”. Era un vero scambio d'amore; alle anime io davo il sangue di Gesù, a Gesù offrivo le stesse anime rinfrescate dalla sua rugiada Divina; così mi pareva di dissetarlo e più gli davo da bere, più la sete della mia povera piccola anima aumentava ed era questa sete ardente che Egli mi dava come la più deliziosa bevanda del suo amore...
In poco tempo il Buon Dio aveva saputo farmi uscire dal cerchio stretto in cui giravo a vuoto non sapendo come uscirne. Vedendo il cammino che Lui mi ha fatto fare, la mia riconoscenza era grande, ma bisogna proprio che lo ammetta, se il passo più grande era compiuto, mi restavano ancora tante cose da lasciare. Liberato dai suoi scrupoli, dalla sua sensibilità eccessiva, il mio spirito si sviluppò. Avevo sempre amato il grande, il bello, ma a quel tempo fui presa da un desiderio estremo di sapere. Non accontentandomi delle lezioni e dei compiti che mi dava la mia maestra, mi impegnavo da sola in studi speciali di storia e di scienza. Gli altri studi mi lasciavano indifferente, ma queste due materie attiravano tutta la mia attenzione; e così, in pochi mesi ho acquisito più conoscenze che durante i miei anni di studio. Ah! quello non era che vanità e afflizione dello spirito (il capitolo dell'Imitazione in cui si parla de] le scienze mi riveniva spesso al pensiero, ma trovavi il mezzo di continuare lo stesso, dicendomi che esser do in età di studiare, non era male farlo. Io non credi di aver offeso il Buon Dio, (benché riconosca di averci passato un tempo inutile) perché non ci impiegavo che un certo numero di ore che non volevo oltrepassare per mortificare il mio desiderio troppo vivo di sapere... Eri nell'età più pericolosa per le ragazze, ma il Buon Dio ha fatto per me quello che riferisce Ezechiele nelle su profezie: “Passando presso di me Gesù ha visto che era “venuto per me il tempo di essere amata, Egli ha fatto “alleanza con me e io sono divenuta sua... Egli ha “steso su di me il suo mantello, egli mi ha lavato ne “profumi preziosi, mi ha rivestita di vesti ricamate “regalandomi collane e ornamenti senza prezzo... Egli “mi ha nutrita con la più pura farina, con il miele e con “l'olio in sovrappiù... allora io sono diventata bella ai “suoi occhi ed Egli ha fatto di me una potente regina!...”Si Gesù ha fatto tutto questo per me, io potrei riprendere ogni parola che ho appena scritto e provare che si è realizzata in mio favore, ma le grazie che ho raccontato sopra ne sono una prova sufficiente; io parlerò soltanto del nutrimento che Lui mi ha prodigato “in sovrappiù”. Da tanto tempo io mi nutrivo della “pura farina” contenuta nell'imitazione, era il solo libro che mi ha fatto del bene, perché non avevo ancor trovato i tesori nascosti nel Vangelo. Io sapevo a me moria quasi tutti i capitoli della mia cara Imitazione quel libretto non mi lasciava mai; d'estate, lo portavo in tasca, d'inverno, nel manicotto, e questa era una tradizione; dalla Zia si divertivano molto aprendolo a caso, mi facevano recitare il capitolo che avevano davanti agli occhi. A 14 anni, con un grande desiderio di scienza, il Buon Dio trovò che era necessario aggiungere “alla pura farina” il “miele e l'olio in sovrappiù”. Quel miele e quell'olio, egli me li ha fatti trovare nelle conferenze del Sig. Abate Arminjon, sulla fine del mondo presente e sui misteri della vita futura. Quel libro era stato prestato a Papà dalle mie care carmelitane, e contro la mia abitudine (perché non leggevo i libri di papà) chiesi di leggerlo.
Quella lettura fu ancora una volta una delle grazie più grandi della mia vita, la feci alla finestra della mia camera da studio, e l'impressione che ne sento è troppo intima e troppo dolce perché io la possa esprimere...
Tutte le grandi verità della religione, i misteri dell'eternità, immergevano l'anima mia in una felicità che non era della terra... Io presentivo già quello che Dio riserva a coloro che lo amano (non con l'occhio dell'uomo ma con quello del cuore) e vedendo che le ricompense eterne non avevano alcuna proporzione con i leggeri sacrifici della vita, io volevo amare, amare Gesù con passione, dargli mille segni d'amore mentre lo potevo ancora... Copiai molti passaggi sull'amore perfetto e sull'accoglienza che il Buon Dio deve riservare ai suoi eletti nel momento in cui Egli stesso diventerà la loro grande ed eterna ricompensa, rileggevo senza posa le parole d'amore che avevano infiammato il mio cuore... Celina era diventata la confidente intima dei miei pensieri; dopo Natale noi potevamo capirci, la distanza di età non esisteva più perché ero diventata grande in statura e soprattutto in grazia... Prima di quell'epoca mi lamentavo spesso di non sapere i segreti di Celina, lei mi diceva che ero troppo piccola, che dovevo diventare grande “dell'altezza di uno sgabello” perché lei potesse fidarsi di me... Mi piaceva salire su quel prezioso sgabello quando ero accanto a lei e le dicevo di parlarmi intimamente, ma il mio darmi da fare era inutile, ci separava ancora una diversità di altezza!...
Gesù che voleva farci avanzare insieme, formò nei nostri cuori dei legami più forti di quelli del sangue. Ci fece diventare sorelle d'anima, in noi si avverarono quelle parole del Cantico di S. Giovanni della Croce * (parlando allo Sposo la sposa esclama): “Seguendo le tue tracce, le ragazze percorrono lievi la strada, la carezza della scintilla, il vino aromatico suscitano in loro desideri divinamente profumati” Sì, era proprio con leggerezza che seguivamo i passi di Gesù; le scintille d'amore che Egli seminava a piene mani nelle anime nostre, il vino delizioso e forte che Egli ci dava da bere faceva sparire ai nostri occhi le cose passeggere e dalle nostre labbra uscivano aspirazioni d'amore ispirate da Lui. Quanto erano dolci le conversazioni che facevamo ogni sera nel belvedere! Con lo sguardo fisso nella lontananza, noi guardavamo la bianca luna che si alzava dolcemente dietro i grandi alberi... i riflessi argentei che spandeva sulla natura addormentata... le stelle brillanti che scintillavano nell'azzurro profondo... il soffio leggero della brezza della sera che faceva danzare le nuvole nevose, tutto sollevava il nostro cuore verso il Cielo, il bel Cielo di cui noi non contemplavamo ancora “che il rovescio limpido”...
Io non so se mi inganno, ma mi sembra che l'apertura delle nostre anime somigliava a quella di Sta Monica con suo figlio quando nel porto di Ostia se ne stavano perduti nell'estasi alla vista delle meraviglie del Creatore!... Mi pare che noi ricevevamo grazie di un ordine tanto alto quanto quelle accordate ai grandi santi. Come dice l'imitazione, il Buon Dio si comunica talora in mezzo ad un vivo splendore oppure “dolcemente velato, sotto ombre e simboli”; era in questo modo che Egli si degnava di manifestarsi alle anime nostre, ma quanto era trasparente e leggero il velo che nascondeva Gesù ai nostri sguardi!... il dubbio non era possibile, già la Fede e la Speranza non erano più necessarie, l'amore ci faceva trovare sulla terra Colui che cercavamo, “Avendolo trovato solo, Egli ci aveva dato il suo bacio, perché in futuro nessuno potesse disprezzarci”.Grazie così grandi non dovevano restare senza frutti, e questi furono così abbondanti che la pratica della virtù ci diventò dolce e naturale; all'inizio il mio volto tradiva spesso il combattimento, ma a poco a poco questa impressione sparì e la rinuncia mi divenne facile anche al primo momento. Gesù l'ha detto: “A chi ha, sarà dato ancora di più, e sarà dato in abbondanza”. Per una grazia ricevuta con fedeltà, Egli me ne accordava una moltitudine di altre... Si dava Lui stesso a me nella Sta Comunione più spesso di quanto non avessi osato sperare. Avevo preso come regola di condotta di fare, senza mancarne neppure una, le comunioni che il mio confessore mi concedeva, ma di lasciare che fosse lui a regolarne il numero, senza chiedergliene mai. Non avevo per niente, a quel tempo, l'audacia che ora possiedo, altrimenti mi sarei comportata diversamente, perché sono proprio sicura che un'anima deve dire al suo confessore l'attrazione che sente di ricevere il suo Dio; non è certo per restarsene nel ciborio d'oro che Lui scende ogni giorno dal Cielo, è per trovare un altro Cielo che gli è infinitamente più caro del primo: il Cielo dell'anima nostra, fatta a sua immagine, il tempio vivo dell'adorabile Trinità!…Gesù che vedeva il mio desiderio e la dirittura del mio cuore permise che durante il mese di maggio il mio confessore mi disse di fare la Sta Comunione quattro volte alla settimana e passato questo bel mese ne aggiunse una quinta ogni volta che ci fosse stato un giorno festivo. Dolcissime lacrime scorsero dai miei occhi mentre uscivo dal confessionale; mi pareva che era Gesù in persona che voleva darsi a me, perché stavo davvero poco in confessionale, mai dicevo una parola dei miei intimi sentimenti, la via su cui camminavo era così dritta, così luminosa che non avevo bisogno di altra guida che Gesù... Paragonavo i direttori a specchi fedeli che riflettevano Gesù nelle anime e dicevo che per me il Buon Dio non si serviva d'intermediari, ma agiva direttamente!...Quando un giardiniere circonda di cure un frutto che vuole far maturare prima della sua stagione, non è mai per lasciarlo attaccato all'albero, ma per presentarlo su una tavola splendidamente imbandita. Era dunque con una simile intenzione che Gesù prodigava le sue grazie al suo piccolo fiorellino... Lui, che nei giorni della sua vita mortale gridava in un trasporto di gioia: “Padre mio, ti benedico perché hai nascosto queste cose ai sapienti ed ai prudenti e le hai rivelate ai più piccoli piccoli”, voleva fare risplendere in me la sua misericordia; poiché io ero così piccola e debole egli si abbassava verso di me, mi istruiva in segreto delle cose del suo amore. Ah! se dei sapienti, avendo passato la loro vita nello studio fossero venuti ad interrogarmi, senza dubbio sarebbero stati sbalorditi di vedere una bambina di quattordici anni comprendere i segreti della perfezione, quei segreti che tutta la loro scienza non può scoprire per essi, poiché per possederli occorre essere poveri di spirito!...Come dice San Giovanni della Croce nel suo cantico: “Io non avevo nè guida, nè luce, salvo quella che brillava nel mio cuore, questa luce mi guidava più sicuramente di quella di mezzogiorno al luogo dove mi attendeva Colui che mi conosce perfettamente” Questo luogo, era il Carmelo; prima di “riposarmi all'ombra di Colui che io desideravo” , dovevo passare attraverso molte prove, ma la chiamata Divina era così pressante che se mi fosse stato necessario attraversare le fiamme, io l'avrei fatto per essere fedele a Gesù... Per incoraggiarmi nella mia vocazione, non trovai che un'anima sola, e fu quella della mia Madre amata... il mio cuore trovò nel suo un'eco fedele e senza di lei io non sarei senza dubbio arrivata alla riva benedetta che l'aveva accolta da 5 anni sulla sua terra impregnata della rugiada celeste... Sì da 5 anni ero lontana da te, Madre mia amata, credevo di averti perduta, ma al momento della prova è la mano tua che mi ha indicato la strada che dovevo seguire... Avevo bisogno di questa consolazione, perché i miei parlatori al Carmelo erano diventati per me sempre più dolorosi, io non potevo parlare del mio desiderio di entrare senza sentirmi respinta. Maria trovando che ero troppo giovane, faceva tutto il possibile per impedire il mio ingresso; tu stessa, Madre mia, per provarmi, cercavi qualche volta di frenare il mio ardore; alla fine se non avessi davvero avuto la vocazione, io mi sarei fermata fino dall'inizio, perché ho incontrato ostacoli appena ho cominciato a rispondere alla chiamata di Gesù. Non volli dire a Celina il mio desiderio di entrare così giovane al Carmelo e la cosa mi fece soffrire ancora di più per­ché mi era molto difficile nasconderle qualcosa... Que­sta sofferenza non durò a lungo, presto la mia Sorellina cara seppe la mia determinazione e lungi dal cercare di distogliermi, accettò con un coraggio ammirevole il sacrificio che il Buon Dio le chiedeva; per capire quanto esso fu grande bisognerebbe sapere fino a che punto noi eravamo unite... era per così dire la stessa anima che ci faceva vivere; da pochi mesi gioivamo insieme della vita più dolce che ragazze come noi potevano sognare; tutto, attorno a noi, rispondeva ai nostri gusti, la libertà più grande ci era data, e finalmente dicevo che la nostra vita era sulla terra l’ideale della felicità... Avemmo appena il tempo di gustare questo ideale di felicità che fu necessario allontanarsene liberamente, e la mia cara Celina non si ribellò neppure un istante. Non era lei tuttavia che Gesù chiamava per prima, e perciò avrebbe potuto lamentarsene... avendo la stessa vocazione che avevo io, toccava a lei partire!... Ma come al tempo dei martiri, coloro che restavano in prigione davano con gioia il bacio della pace ai loro fratelli che partivano per primi per combattere nell'arena e si consolavano al pensiero che forse erano messi da parte per battaglie ancora più grandi, così Celina lasciò allontanarsi la sua Teresa e restò sola per il glorioso e sanguinoso combattimento cui Gesù la destinava come la privilegiata del suo amore!...
(Continua...)