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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

La quiete dopo la tempesta

Nel pomeriggio la tempesta, a tratti anche furiosa: disperazione, voglia di abbandonare tutto, di lasciarsi andare, di non fare più niente.
Esco. Non mi sento bene, o forse mi sembra. Non ho capito niente, ancora una volta non ho capito che questa è la mia croce. Niente di tutto questo può esserci tra fratelli, meno che mai tra noi: ci si ama. Lo so, non si capisce, ma abbiate pazienza, potrei essere chiunque, chiunque.
Cammino e prego, prego con il Rosario in mano, ma non il Rosario, prego d'istinto, con preghiere che mi sgorgano dal cuore.
Incontro volti che i più non riconosco: volti che mi sorridono! Perché? Ancora volti sorridenti... come in un sogno. Rispondo come posso, sembra vogliano consolarmi, indugiano con tali sguardi, con una tal luce negli occhi... penso: non può essere un caso, non è mai stato così. Non merito tanto.
Ho deciso: oggi è la festa di San Francesco, andrò a Borgo San Lorenzo dai Padri Francescani, mi confesserò, poi la Messa e la Comunione, a quella non rinuncio, la desidero! Pregherò molto e chiederò a San Francesco di donarmi la sua umiltà, ne ho bisogno per accettare la mia croce, per riconoscere gli sgambetti del maligno.
Mio Dio, sono così fragile! "Ti amo, mio Dio! Ti sei mosso a compassione, andrò fino in fondo, lotterò, non rinuncio a te!"
Sono in macchina, prego, guido e prego, chiedo alla Madonna se devo andare dai Francescani a Borgo San Lorenzo, oppure a Fiesole. Ecco: sopraggiunge subito una lucida pace. "Grazie Madre mia, andrò dai Francescani di Fiesole, non ci sono mai stato, questa è l'occasione".
Appena in Fiesole parcheggio sopra piazza Mino e via, verso la Chiesa di San Francesco. Vado veloce, c'è tempo, ma non so quanto. La salita è ripida, ripidissima. Ansimo. Per fare più in fretta mi aiuto facendo forza con le braccia sulle gambe, faccio molta fatica, ma non voglio indugiare.
Ci sono persone che scendono, parlano, sorridono serenamente, (pensando a posteriori direi: come avessero una storia d'amore con Nostro Signore), mi sembrano: due suore, un sacerdote e due laici. Ci incrociamo distanti dalla luce fioca di un lampioncino e mentre lo sguardo scivola velocemente su di loro sento: "Buonasera"! E' un buonasera col sorriso. Nonostante l'affanno rispondo anch'io: "Buonasera"! Lo sguardo esita sul sacerdote, è lui che ha salutato. "Oh Eccellenza!" esclamo. Il gruppo si blocca all'istante: chi ha parlato è il Vescovo Mario di Fiesole, che fa un passo verso di me. Vedo la mano tesa, che accolgo nella mia chinando la testa. Lui fa altrettanto. Monsignore china la testa nello scambiarci il saluto, (quale umiltà!). Gli dico: "Ho già avuto il piacere di incontrarla al Santuario del Sasso". Il Vescovo Mario mi sorride e aggiunge a gentile congedo: "Tante buone cose!" Spontaneamente rispondo: "Grazie! Anche a tutti voi!" Che piacevole sorpresa, che piacevole dono.
Mentre riprendo il cammino mi sorprendo a pensare come abbiano lavorato i miei neuroni in quei pochi attimi...
Vado ancora su ansimando 150, 200 metri, la strada curva sopra una terrazza dalla quale pare di poter toccare Firenze, ma non ho tempo per fermarmi. Poco sopra un massiccio portone si apre con un bel rumore di legno stagionato, di quelli che oggi non si sentono quasi più: chissà da quanti secoli sta lì, penso. Il frate che esce in compagnia di un laico mi sorprende con un bel: "Ciao!" Non lo conosco, gli rispondo in un soffio "Ciao", la necessità di respirare è primaria. Riesco a chiedergli se c'è Messa alle nove (le ventuno) e quel giovanottone d'un frate, alto circa 1,90-1,95, mi risponde che, no, "La Messa c'è già stata". C'è già stata... realizzo e farfuglio tra un respiro e l'altro: "Però vorrei confessarmi..." Non riesco a proseguire, debbo prendere aria. Lui sorridendo: “Oh, si certamente!” Mi rincuoro, voglio sentirmi in pace con Dio, lo amo.
Vado su “a rimorchio” del frate e del suo compagno, vorrei ma non ho parole, cerco di recuperare il fiato; ah! brutta storia il fumo, sono stravolto.
L’illuminazione è ancora distante, ma il riflesso sul lastricato di pietra è quel tanto che basta appena per vedere dove mettere i piedi. Ci sono gradini, si sale, si sale ancora, non mi guardo intorno, mi preoccupo solo di respirare. Si continua a salire: ancora cinquanta metri, il giovanottone d’un frate e il suo compagno vanno spediti, troppo spediti.
Finalmente giungiamo sulla sommità e mentre passiamo alle spalle di un gruppo di giovani seduti sul piccolo sagrato della chiesa, il padre francescano (il “giovanottone”) si sofferma e chinandosi un po' mi sussurra: “Vuoi un frate o ti va bene anche un prete?” Colto di sorpresa (mi si offre perfino la scelta!), i miei neuroni, temporaneamente adagiati per il grande sforzo, si risvegliano di colpo e istintivamente rispondo, grato per tanta attenzione: “E’ lo stesso, grazie.” Il “giovanottone - meraviglia dell’orto di Dio” - strappa al gruppo dei giovani un sacerdote con un bel volto di pace (perfetta letizia?), con il quale ci scambiamo una stretta di mano e un sorridente: “Buonasera”. Entrando “nell'orto di Dio” (il convento) facciamo pochi passi fino a una porticina sulla destra dove il mio accompagnatore si congeda; lo ringrazio ancora oggi di cuore.
Preceduto dal sacerdote entro dalla porticina che avverto piuttosto stretta e bassa, così mentre chino istintivamente il capo, mi sovviene il significato anche simbolico della confessione: il passaggio per la porta stretta; mio Dio, voglio chiederti perdono, ho già perdonato tutti.
“Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno” (Lc. 13,24).
Un tavolone scuro circondato da sedie in legno riempie la sala. Finalmente il respiro comincia a farsi quasi regolare, mi asciugo più volte il volto bagnato di sudore e mi inginocchio sul pavimento, poi le presentazioni: “Sono Don Gabriele, rettore del seminario del convento”. Mi sorride.
Gabriele l’annunciatore. O Dio che mi ami così tanto, Gabriele è storia della mia salvezza! Padre Gabriele mi accolse in confessione all’Abbazia di Vallombrosa dopo quaranta e più anni di peccati. Fu la domenica del 16 novembre 2008. Grazie o Dio! Da allora Gabriele mi è sempre accanto, specie quando ho qualche timore. Con Lui ci ritroviamo in preghiera e ora eccomi qui: inginocchiato davanti a Don Gabriele, misericordioso orecchio di Nostro Signore, fonte di grazie e fiume di misericordia dove potrò lavare le mie colpe.
"Chiedo perdono a Dio per averlo offeso e offro a Lui il mio perdono per tutti quelli che hanno offeso me facendomi del male."
Finalmente la pace, mi sento svuotato e ricolmo dell’amore di Dio, sono piccolo tra i figli come piccoli sono tutti i figli suoi, unico ai suoi occhi com’è unico ogni suo figlio, felice d’esser tra le schiere di Dio, che innalzano e nutrono i loro cuori della stessa Sua lode.
DIO CONFERMA SEMPRE IL SUO AMORE. Mio Dio, ti amo così tanto, sono in debito d’amore.
Ho desiderio di pregare, di cantargli il mio amore, così chiedo a Don Gabriele. Dio apre qualsiasi porta e ciò avviene per mezzo di un giovane francescano, che riapre per me la porta della chiesa. O DIO, CHE GIÀ ORA CI RICOLMI DI DONI, QUALI MERAVIGLIE CI RISERVERAI NELLA LUCE DEL TUO VOLTO?
Mi ritrovo solo, inginocchiato sul pavimento nella penombra della chiesa, gli sussurro dal fondo del cuore: "Signore, amami teneramente..." Prego con  le Orazioni di Santa Brigida sopra le Piaghe di Nostro Signore Gesù Cristo, adoro, prego, piango. Ora la Passione di Nostro Signore mi annienta, mi percuote d’amore, ah come strappa le viscere! "Mio DIO! Quanto vorrei essere stato lì a darti sollievo!"
Tutto si compie: l’Agnello è l'amore. Torno al Padre per il dono del Figlio. E' il disegno d’amore del Padre nel Figlio.
Dio ci desidera salvi, ci ama così immensamente che volle anche una Madre Immacolata in corpo e in spirito per un Figlio il cui sacrificio di sangue fosse fonte d'amore per la nostra salvezza. Così avviene. E per farci comprendere l’amore che dobbiamo al Figlio volle anche lasciarci Maria come nostra Madre. E sapeste quanto ci è vicina, (!) chiedete a Lei, che ci conosce tutti figli suoi, abbiatene fermamente fede. Abbiamo per Madre la Madre del nostro Dio. Dopo così tanta grazia, come osiamo essere ancora peccatori? D'un tratto non riesco a proseguire questa scrittura, piango, questo riesco a farlo e, come deve compiersi, ricevo tutta l'immane prepotenza d'amore di Dio.
Cari fratelli, non abbandoniamo mai il combattimento, affinché come Paolo possiamo dire: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Dio ci ricambierà cento, mille volte tanto così: “Io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi” (Gv 14,20).
Kyrie eleison!

(Storia vera mia)
Teófilo

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