Rivista 30Giorni n. 11 - 2007
Intervista con il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. Di Stefania Falasca.
«Devo tornare», ripete. Non che l’aria di Roma non gli garbi. Ma quella di Buenos Aires gli manca. La sua diocesi. «Esposa» la chiama. A Roma, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, passa sempre di corsa. Ma stavolta una sciatalgia lo ha costretto ad allungare la sua permanenza nella Città eterna con qualche giorno di riposo. Per di più, umorismo delle circostanze, l’appuntamento per cui aveva attraversato l’oceano, l’incontro con il Papa e tutti i cardinali riuniti in concistoro, gli è toccato saltarlo.
È una compagnia, la sua, mai lontana. Ci racconta come è andata la Conferenza di Aparecida, dove proprio lui ha presieduto il comitato di redazione del documento finale. Confida che al concistoro il suo intervento sarebbe stato su questo. E con quel suo modo di dire lieve e insieme acuto, incisivo, che spiazza e sorprende, così ne parla.
Eminenza, al concistoro avrebbe parlato di Aparecida. Che cosa per Lei ha caratterizzato questa quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano?
Eminenza, al concistoro avrebbe parlato di Aparecida. Che cosa per Lei ha caratterizzato questa quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano?