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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

Vangelo di domenica 26 aprile 2015 (Giovanni 10,11-18) con meditazione del Card. Piovanelli

IV Domenica di Pasqua - Anno B
"Ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare"
Dal Vangelo secondo Giovanni 10,11-18.
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Parola del Signore.

Nel brano del Vangelo di Giovanni di questa Domenica il discorso di Gesù è centrato su quel buon pastore, che per due volte Gesù si autoproclama di essere: Io sono il buon pastore. La parabola, per quanto realisticamente raccontata, riceve tutta la sua forza d’immaginazione solo in Lui, il Pastore assegnato agli uomini da Dio stesso, come dice il profeta Ezechiele (34,23): “A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore”.
La parabola è una delle più belle e maggiormente rivelatrici dell’amore di Dio per noi. Forse, oggi che la pastorizia non è più come prima sotto i nostri occhi e la parola “gregge” evoca la docilità incosciente delle pecore ed una sottomissione acritica e sciocca, occorre fare più attenzione per cogliere la bellezza e la profondità del messaggio. “Pastore buono” non va inteso come “pastore mite e tranquillo”, ma [secondo il testo greco - “o poimèn o kalòs”] come “il pastore bello”, dove kalòs [bello] esprime pienezza e splendore del buono, del vero, del giusto.
Per questo bisogna fare attenzione a due contrassegni di questo “pastore”, che possiamo chiamare anche “il pastore bello delle pecore”
Il primo contrassegno è la dedizione totale al gregge: il buon pastore offre la vita per le pecore. Questa prospettiva di dedizione sino alla morte è esplicita sin dall’inizio della vita pubblica quando Gesù, parlando con Nicodemo, afferma: “come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv.3, 14-15). Al mercenario non gli importa delle pecore. Al “buon pastore” importa delle pecore fino al rischio e al dono della vita. Pensa quanto tu gli premi e fino a qual punto Egli ti ama! Egli stesso te lo ha detto, quando, parlando con i discepoli nel Cenacolo, ha esclamato: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv.15,13).
Il secondo contrassegno è la conoscenza reciproca tra pastore e pecore, la cui profondità penetra nel mistero più intimo della vita di Dio. Il “pastore bello delle pecore” conosce le sue pecore una ad una (Gv.10,3). Le conosce per nome. Le conosce nell’intimità. Il “conoscere” biblico non è qualcosa di intellettivo, ma di sponsale. E’ la penetrazione nell’essere della persona conosciuta, cioè del pieno coinvolgimento esistenziale.  Qui non si tratta affatto di istinto, ma della più profonda conoscenza reciproca, come essa è nell’assoluto dell’amore trinitario...
Se Gesù applica questa suprema conoscenza di amore – ci dice il teologo Balthasar – all’intima reciprocità fra sé e i suoi, egli solleva questa conoscenza molto in alto. E così si fa anche chiaro che il primo aspetto della parabola (dono della vita per le pecore) e il secondo (conoscenza reciproca) si trovano non l’uno accanto all’altro, ma l’uno dentro l’altro: poiché la conoscenza tra il Padre e il Figlio fa tutt’uno con la loro perfetta dedizione reciproca, e perciò anche la perfetta dedizione di Gesù ai suoi e per i suoi implica l’unità di conoscenza e di dedizione della vita del cristiano per il suo Signore.
La dedizione è amore fino al dono della vita: “offro la vita per le pecore”, dice Gesù. Ed è un amore che non chiude l’ovile, ma abbraccia tutti gli uomini: ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre, perché si faccia un solo ovile sotto un solo pastore.

Card. Piovanelli
Meditazione tratta da: diocesitrivento.it

3 commenti:

  1. Fratello in Cristo, lo Spirito Santo mi aiuta ad ascoltare la voce del Pastore , voce dolce e soave ricca di amore per Dio e il prossimo , rendo grazie a Cristo Gesù , a LUI la lode .

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  2. Il Vangelo di oggi è uno tra i brani più belli e si rapporta con altri passi del NT.
    Anche la meditazione del Card. Piovanelli offre numerosi spunti ...
    Signore, Tu che conosci tutto me, se anche io non posso conoscere tutto Te, fa' che conosca almeno quanto basta per essere tutto per Te."
    Grazie del commento, cara Sabrina!

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  3. Fratello in Cristo, desidero condividere questa esperienza ; mentre due persone a me care discutevano e si offendevano, io nel mio cuore e con un pianto ho Pregato Gesù di mandare il suo Santo Spirito . Lode a Gesù poiché ha operato nel cuore di lei , portando parole di perdono e un abbraccio di pace . Gesù è Risorto , placa gli animi e torna la luce . Grazie io desidero crescere nello spirito condividendo la presenza di Gesù Cristo nella nostra vita . Grazie Franco ricordati di me nelle tue preghiere.

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