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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

Sabato 1 novembre 2014: Vangelo di Matteo (5, 1-12) con meditazione di Mons. Angelo Sceppacerca

Solennità di Tutti i Santi
"Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Parola del Signore

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Gesù guarda le folle, come prima i pescatori. Davanti ha una moltitudine povera e bisognosa di salvezza che lo sta seguendo. Guarda le folle, ma parla ai discepoli che gli si sono avvicinati. Lo sguardo alle folle ora è per loro, ma dovranno ricordare la destinazione universale del Vangelo.

Inizia il grande discorso della montagna, riferito al monte su cui si trovano e Gesù sembra rivolgersi a tutti quelli che si incontreranno con lui, in ogni tempo e in ogni terra dove sarà annunciato il Vangelo.

Si dice "le Beatitudini", perché otto volte torna la parola "Beato". Non è un merito conquistato, ma un dono di Dio che raggiunge l'uomo e lo fa nuovo. Le beatitudini sono l'indice della vita cristiana perché mettono insieme il dono di Dio e il volto profondo della vita cristiana. Otto parole da chiarire, illuminare e spiegare. Ci vuole una vita intera, molte vite. Ci vuole la vita di tutti i santi per spiegare il grande segreto del Figlio di Dio che le incarna tutte.

Siamo davanti (prima lettura) all'immensa Assemblea dei Santi e degli Angeli nella gloria celeste. incalcolabile assemblea di comunione, di vita e di gioia stracolma. E' la destinazione: per i Santi che ci hanno preceduto; per noi che siamo in cammino. Il Vangelo ci indica la via per arrivarci.

Oggi è la festa della gioia dei Santi; immensamente più grande di quanto possiamo immaginare. Come un bambino prima di nascere, chiuso nell'utero materno, non può immaginare il multiforme spettacolo di questo mondo che lo attende dopo la nascita, così noi non possiamo comprendere e descrivere l'arrivo, ma solo averne un vago presentimento attraverso le esperienze di meraviglia, di amore e di gioia che qualche volta ci capita di fare e che restano frammenti: il cielo sereno, la città di pietre preziose, il giardino, il convito, le nozze, la festosa liturgia, il canto.

Festa difficile, quella di oggi, in un contesto culturale chiuso in un orizzonte solo terreno, sprangato alla trascendenza. Si vive come se Dio non ci fosse, illudendoci di inseguire il piacere, la ricchezza, il potere, il successo. E' come essere in un treno dimenticando di viaggiare e, soprattutto, di dove stiamo andando. Sì, perché anche noi siamo attesi in Paradiso.

Mons. Angelo Sceppacerca
Meditazione tratta da: diocesitrivento.it

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Omelia per la solennità di Tutti i Santi

Le letture di questo giorno, solennità di tutti i Santi, sono entusiasmanti. La prima lettura (Ap. 7, 2-4.9-14) ci ha mostrato, naturalmente in traduzione simbolica, dietro alla quale sta la realtà che va all’infinito, l’assemblea dei Santi, alla quale, se stiamo in Grazia di Dio, partecipiamo anche noi. La seconda, tolta dalla prima Lettera di S. Giovanni (3, 1-3), ci ha detto l’essenza della felicità di quest’assemblea: la visone di Dio faccia a faccia; usiamo queste parole improprie, perché non ne abbiamo altre; ma vuol dire l’adesione immediata del nostro intelletto e della nostra anima a Dio, senza che ci sia il bisogno di alcun trasmettitore creato. E qui inchiniamoci davanti al mistero, perché è solo il mistero che ci porta all’infinito. La terza lettura ci ha, come è solita in tutti gli anni, riportato secondo il dettato di Matteo (5, 1-12a) il Discorso della Montagna, le otto beatitudini, che sono il codice della santità e racchiudono la più alta sapienza che gli uomini nella loro vita, se hanno la luce, siano migliori del creato che li contorna.

Ma voglio attirare la vostra attenzione su una riflessione di carattere generale. Oggi, che è in realtà per il cristiano un giorno entusiasmante, si direbbe che la divina liturgia si ferma per raccogliere tutto quello che ha ricordato nei vari giorni dell’anno, raccogliere coloro la cui memoria ha presentato al popolo cristiano per vederli tutti insieme. È come se questo lungo nastro sul quale sono incisi i capolavori di Dio si raccolga in un unico affresco. Ma l’anno trascorre, ed è su questa trascorrere che io attiro la vostra attenzione. Quando gli Ebrei uscirono dall’Egitto miracolosamente, attraversando il Mar Rosso - lo dice il sacro testo -, passarono “avendo il mare come un muro a destra e a sinistra”(cfr. Es 14, 29). Per chi sente e vive secondo Cristo accade qualche cosa di analogo, ma di più grande, sì più grande che la traversata del Mare Rosso. Da una parte c’è questa parete che ci accompagna lungo tutti i giorni dell’anno e che ogni giorno ci presenta da ascoltare, meditare, assimilare, tradurre negli atti della vita la Parola di Dio, perché grazie alla riforma liturgica noi oggi, se vogliamo, se abbiamo orecchio e senso, ascoltiamo tutta pressoché la Sacra Scrittura, ci accompagna ogni giorno dell’anno. Penso con tristezza ai molti che di questa esibizione di giorno in giorno neppure si accorgono. Ma dall’altra parte c’è l’altra parete, in cui appaiono i Santi, e sono la parete relativa all’altra, in cui non si sente più la Parola di Dio direttamente, ma se ne sente l’applicazione pratica in tutte le multiformi circostanze e difficoltà della vita, come la presentano questi uomini santi, che hanno risolto i problemi posti dalla grande prova (la prova: l’unica ragione per cui siamo in questo mondo!). E così si svolge l’anno. I Santi sono la corrispondenza pratica, la documentazione diretta della Parola di Dio. Guai a vederli come se fossero un velo che copre Iddio, che detrae qualche cosa alla gloria di Dio, che deprime il suono della sacra Parola! No! Sono la Parola ricevuta e rifratta agli occhi nostri, in quella luce che viene dall’alto e che si chiama la Grazia: i Santi sono questo. L’anno, visto a questo modo, da questo giorno di tutti i Santi, in cui in un certo senso ha la sua significazione più alta, è diverso. Non riesco a capire come mai gli uomini invece prendono normalmente un vicolo cieco, dove il sole quasi non batte mai, dove le immondizie si accumulano, dove si vedono i tangibili segni della pigrizia umana che non compie il suo dovere, dove si rischia di ricevere sulla testa i pezzi dei cornicioni che la senilità attribuita alla terra, non al Cielo, disgrega e lascia cadere.

Questa è la via, ce la segnano i Santi, e nessuno abbia timore che la commemorazione di un santo faccia velo alla faccia di Dio. No, i Santi sono il riflesso più autentico di Colui che ci ha creato, dopo Cristo, Dio e uomo, e dopo la Vergine Sua Madre, che è la capofila di tutti gli Angeli e di tutti i Santi. Ma dietro i Santi e alla pari loro in un certo senso, almeno per molti, stanno coloro che, essendo mancata una designazione da parte di Dio coi miracoli operati dopo morte, una designazione ad una missione postuma, sono passati nel silenzio, ma nella santità. E sono innumerevoli, perché è in questo giorno di tutti i Santi che si può e si deve affermare che l’Incarnazione del Verbo non è stata un fallimento, e sarebbe fallimento se una minoranza esigua del genere umano soltanto si fosse salvato; gli uomini faranno fallimento, Dio no. E pertanto i più si vedono da questa parte e accompagnano l’anno. Perché non li accettiamo compagni della nostra vita? Oggi, giorno di tutti i Santi, annuncio che indico in questo giorno un nuovo anno di lavoro, di studio e di applicazione per la nostra diocesi, e il tema di questo lavoro è l’organizzazione, soprattutto quella spirituale. È necessario ogni tanto fermarsi e considerare, perché ci sovrasta il pericolo di tutte le attività umane: l?abitudine e la prassi dell’abitudine, la quale ha questo di bello, che aiuta ad agire con più facilità, ma ha questo di pericoloso, che può costituire una graduale mancanza di coscienza e di attenzione intellettuale e volitiva. Ho ritenuto necessario, perché ho l’impressione che talvolta troppe cose si facciano unicamente per abitudine e per prassi. A questa anemia occorre opporre l’attenzione diretta, la riflessione più profonda e il rinnovato impegno.

Card. Giuseppe Siri
Omelia tratta da: www.cardinalsiri.it

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