Un’occasione per ribadire con forza ed argomenti concreti, di fronte ad un pubblico di oltre 350 persone, le contraddizioni ed i guasti intrinseci di un’ideologia, quella del gender, non solo eticamente e spiritualmente immorale, bensì anche contro natura, contro la biologia e contro la ragione: questo ha rappresentato il convegno organizzato presso il Salone Bonomelli del Seminario di Cremona sul tema Teoria del gender: abolizione dell’umano?, promosso dalla Diocesi, dagli Uffici per la Pastorale Familiare e Scolastica, dalla Federazione Oratori e da diverse altre sigle, tra cui l’Associazione Famiglia Domani, il tutto sotto l’attenta regia di don Giuseppe Nevi.
Dopo il saluto del Vescovo di Cremona, mons. Dante Lafranconi, si sono affrontati i termini della questione dal punto di vista antropologico, educativo, medico e giuridico. Il prof. Tommaso Scandroglio, docente di Etica e bioetica e di Filosofia del Diritto presso l’Università Europea di Roma, ha evidenziato come l’ideologia del gender «non sia razionale, non identificandosi con quel dato genetico, cui pure ciascuno di noi dovrebbe conformare la propria psicologia».
«Immorale», ha proseguito, è chi decida di assecondare «le proprie pulsioni», specie quando ciò lo renda «incapace di soddisfare la fecondità. Ma ciò che non è adatto al fine, quello della generazione nello specifico, è contro natura», al punto da poter definire le persone «omosessuali come “eterosessuali latitanti” in quanto privi della complementarietà fisica ed affettiva».
«Immorale», ha proseguito, è chi decida di assecondare «le proprie pulsioni», specie quando ciò lo renda «incapace di soddisfare la fecondità. Ma ciò che non è adatto al fine, quello della generazione nello specifico, è contro natura», al punto da poter definire le persone «omosessuali come “eterosessuali latitanti” in quanto privi della complementarietà fisica ed affettiva».
Il prof. Matteo D’Amico, docente di filosofia dell’Aespi-Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante, ha ben definito i contorni della questione, proponendo un lungo, ma triste elenco di casi d’ideologia gender purtroppo già verificatisi nelle aule scolastiche: «L’attacco delle lobby gay è quello di una minoranza giacobina organizzata, che sta facendo torto agli omosessuali, promuovendo in essi l’idea di non poter combattere le proprie tendenze disordinate, impedendo loro di uscire dalla loro sofferenza».
Potenti multinazionali, grandi aziende, i maggiori centri della finanza hanno fornito i capitali, per promuovere una guerra «culturale onnipervasiva: massmediatica, giudiziaria, amministrativa, ora anche scolastica, per conquistare i giovani».
Lo scontro si è fatto ormai feroce: non a caso «l’Onu ha chiesto alla Chiesa Cattolica formalmente di modificare la propria dottrina morale su aborto e omosessualità», riproponendosi poi di verificare tra qualche tempo se i «compiti a casa», in tal senso, siano stati fatti. Non era mai accaduto. Come rispondere a tutto questo? Il prof. D’Amico è stato molto chiaro: «Quando la Chiesa è vera, combatte. Quando la Chiesa è vera, condanna per amore». Occorre quindi tornare, anche a partire dai banchi di scuola, ove oggi dilaga l’ideologia gender, a riformare l’umano con «fede ardente: per questo bisogna che le famiglie e le Diocesi» tornino a scommettere sull’educazione cattolica.
La dottoressa Chiara Atzori, medico ed esperta in malattie infettive, ha parlato di «gendercrazia», mirante ad imporre il «primato del desiderio, autorizzando tutto quanto sia tecnicamente fattibile». L’omosessualità «non è innata, non è un tratto immutabile o identitario della personalità» e va distinta dal proclamarsi «gay, poiché tale è chi abbraccia tale condizione per farne però una bandiera sociopolitica». A tutela della famiglia naturale, la dottoressa Atzori ha suggerito di approfondire anche «le ragioni preconfessionali», per le quali opporsi all’ideologia gender.
Il prof. Luca Galantini, docente di Storia del diritto moderno presso l’Università Europea di Roma, ha mostrato, anche da un punto di vista prettamente giuridico o legislativo, come, in realtà, la cosiddetta «identità di genere si basi su aspettative e percezioni molto vaghe. Prescindendo dalla qualifica biologica, ci si trova di fronte ad una pluralità di mutevoli e bizzarre definizioni, che giocoforza son prive di valore», pur volendo limitare fortemente «la libertà di pensiero e di espressione, soprattutto religiosa, con la categoria della cosiddetta “omofobia”, di fatto discriminante gli eterosessuali e con profili di incostituzionalità» nell’applicazione pratica.
Allora, da dove tanto accanimento nel voler imporre tale ideologia contro tutto e contro tutti, se non – come ha ammesso una sua guru, Judith Butler – dalla volontà di «riformulare la realtà, decostruendola»? Un sopruso, che non possiamo permettere.
Mauro FaverzaniFonte: corrispondenzaromana.it
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