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Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

La Chiesa cattolica e gli intellettuali

Tra il buio e le schiarite
di Ferdinando Castelli
Beato Giacomo Alberione
Il 27 aprile don Giacomo Alberione (1884-1971), fondatore della Famiglia paolina, veniva proclamato beato. È stato lo spunto per una carrellata sulla cultura cattolica in Italia e in Europa nel ’900 e per riscoprire una figura che ha dato un grande contributo al mondo dell’editoria italiana, del cinema e della cultura in genere, e soprattutto, all’evangelizzazione.
Due anni prima che Giacomo Alberione (nato nel 1884) fosse ordinato presbitero, Antonio Fogazzaro pubblicava Il Santo (1905).
Il romanzo dello scrittore vicentino, pur sostanzialmente immune da errori contro il dogma cattolico, fu giudicato pericoloso per la fede dei semplici, provocatorio, e il progetto di riforma della Chiesa in esso propugnato poco rispettoso dell’autorità gerarchica. Alcuni lessero nel romanzo le idee moderniste. La polemica si accese su vasti campi, e Il Santo fu messo all’Indice dei libri proibiti l’anno seguente (1906). Il dissidio tra i cattolici integristi e riformisti fu aspro e disorientò molti fedeli.
Da sinistra: Antonio Fogazzaro, Filippo Tommaso Marinetti e Giovanni Papini
Due anni dopo l’ordinazione presbiterale di Alberione (1907), Filippo Tommaso Marinetti lanciava il Manifesto futurista (1909), scatenando una tempesta sulla scena della letteratura, dell’arte e della politica, del costume. Parve che col movimento futurista dovesse nascere un nuovo umanesimo: l’umanesimo del dinamismo, della macchina, dell’illogicità. «Noi vogliamo», scriveva Marinetti, «cantare l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerarietà. Noi vogliamo glorificare la guerra, sola igiene del mondo». Anche in Russia il movimento futurista, nato nel 1913, si mosse sullo stesso terreno (si pensi a Vladimir Majakovskij). «Guardando oggi a ritroso, il futurismo», ha scritto Francesco Flora, «comunque lo si giudichi nel campo della letteratura, delle arti e del costume, appare uno dei segni più sensibili delle catastrofi che si annunziavano all’Europa e al mondo, una specie di sismografo dei futuri terremoti».
In questo clima di tempi difficili per la Chiesa, di confusione e di violenza sociopolitica, di vuoto di certezze e di pace, don Alberione iniziava il suo lavoro pastorale, puntando su un solo obiettivo: ridare alla società il senso di Gesù Cristo, Via, Verità e Vita.
Da sinistra: Paul Claudel, Gilbert K. Chesterton e Evelyn Waugh
Una personalità emblematica
Giovanni Papini (1881-1956) ha dominato la scena culturale del primo Novecento ed espresso, nella sua vicenda personale, prima l’inconsistenza dei sistemi filosofici dell’Ottocento, poi il vuoto di una cultura senza Dio, infine la gioia della Verità, ritrovata dopo anni di orrori. Fino all’età di trentacinque anni aveva studiato e rivissuto nel suo spirito i grandi sistemi filosofici: pessimismo, positivismo, monismo, idealismo, solipsismo, pragmatismo; ascoltato i messaggi delle grandi religioni; si era inebriato di letteratura. Sempre impaziente di abbattere pareti per scrutare orizzonti nuovi e sconfinati; d’inquietare gli spiriti e spronarli alla grande ricerca; d’invocare la tempesta per rinnovare l’atmosfera. Stroncava e demoliva per l’impazienza di una realtà diversa e appagante, sempre insoddisfatto e inquieto. Senza Dio («Uomini: diventate atei tutti! fatevi atei subito», scriveva nelle Memorie d’Iddio), senza pace e senza approdi.
Da sinistra: Archibald Joseph Cronin, Gertrud von Le Fort e Sigrid Undset
Un uomo finito (1912) è il racconto, idealizzato ed esplicizzato, del dramma di una coscienza inquieta, pungolata dal desiderio di "diventare Dio", e del fallimento di tale desiderio. Nelle ultime pagine si legge: «Io non sono più nulla, non conto più, non voglio niente: non mi muovo. Sono una cosa e non un uomo. Toccatemi: sono freddo come una pietra, freddo come un sepolcro. Qui è sotterrato un uomo che non poté diventare Dio». Finito, dunque, ma soltanto perché non gli era riuscito di essere infinito. Il libro termina con una richiesta: «Io non chiedo né pane né gloria, né compassione [...]. Ma chiedo e domando, umilmente, in ginocchio, con tutta la forza e la passione dell’anima mia, un po’ di certezza; una sola, una piccola fede sicura, un atomo di verità [...]. Senza questa verità non riesco più a vivere».
La grazia di Dio lo raggiunse tra il 1919 e il 1921, dopo gli orrori della guerra. La Storia di Cristo narra, anzi grida lo stupore di un incontro che restituisce un morto alla vita. Il messaggio di fondo è il seguente: essendo Cristo la verità e la salvezza, abbiamo bisogno di lui come di nessun altro.
Da sinistra: Clemente Rebora,  Pieter van der Meer e Thomas Merton
Un singolare fenomeno
La conversione di Papini è sintomatica. Il tramonto dei sistemi filosofici, dello scientismo e dei miraggi di salvezza ha orientato molti spiriti pensosi e sinceri verso il cristianesimo. Le conversioni alla fede, verificatesi nella prima metà del Novecento, costituiscono un autentico fenomeno, dovuto certamente alla grazia di Dio, ma anche agli elementi su accennati. Ricordiamo alcuni convertiti che hanno illuminato il loro tempo e fecondato le anime. Nel 1907, a Parigi, moriva Joris-Karl Huysmans dopo una dolorosa agonia, sopportata con coraggio e ammirevole rassegnazione. Era approdato al cattolicesimo dopo aver sperimentato le strettoie del positivismo e dell’estetismo, le "cretinaggini" dell’occultismo e del satanismo, il vuoto e l’amaro dell’erotismo. Paul Claudel (1868-1955), giovane miscredente, ribelle e licenzioso, fu afferrato dalla grazia in Nôtre Dame di Parigi dove si era recato alla ricerca di sensazioni estetiche. «Improvvisamente, ebbi il sentimento lacerante dell’innocenza, dell’eterna infanzia di Dio; una rivelazione ineffabile [...]. Era proprio vero! Dio esiste, è qui. È qualcuno, un essere personale come me! Mi ama, mi chiama». Durante tutta la sua lunga vita non ha cessato di proclamare, in opere poetiche e drammatiche di alto livello letterario, l’amore di Dio e la presenza di Cristo.
Da sinistra: Carlo Bo, Karl Rahner, Marie-Dominique Chenu
In Inghilterra, tra i convertiti più noti, incontriamo Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) la cui opera è un inno alla bellezza della fede cattolica, cioè alla verità, alla gioia, al sapore della vita, alla certezza del perdono. Maurice Baring (1874-1945) a proposito della sua conversione scriveva: «L’unica cosa della mia vita di cui non mi sono mai pentito». Anche Evelyn Waugh (1903-1966), definito l’enfant terrible della letteratura inglese, è un convertito, come anche Archibald Joseph Cronin (1896-1981). È doveroso anche ricordare la scrittrice tedesca Gertrud von Le Fort (1876-1971) e la norvegese Sigrid Undset (1882-1949), l’olandese Pieter van der Meer de Walcheren (1880-1962), lo statunitense Thomas Merton (1915-1968), lo svizzero Albert B-guin (1901-1957), l’italiano Clemente Rebora (1885-1957).
Da sinistra: Carlo Betocchi, Giuseppe De Luca, Piero Bargellini e Nicola Lisi
Dopo la prima guerra mondiale, tra i cattolici italiani, si è verificato un notevole fervore intellettuale, grazie anche alla presenza di Papini. Ne sono testimonianza le numerose riviste fondate un po’ dappertutto. Ne ricordiamo alcune. In Sicilia Pietro Mignosi (1895-1937) fondava la Tradizione, a Milano Giovanni Casati la Rivista di Letture (l’antenata della nostra rassegna Letture), Carlo Calcaterra, Paolo Ubaldi e Luigi Stefanini Convivium. La rivista che polarizzò molti scrittori cattolici ed ebbe grande influsso in campo culturale fu Il Frontespizio, pubblicato a Firenze. Tra i suoi collaboratori bisogna ricordare, oltre a Papini, personalità di spicco come Piero Bargellini, Nicola Lisi, Carlo Betocchi, Giuseppe De Luca, Francesco Casnati, Carlo Bo e altri. Il Frontespizio fece comprendere che l’incontro di cattolici, preparati e coraggiosi, costituisce un fattore vincente per l’evangelizzazione della cultura.
Da sinistra: Yves Congar, Hans Urs von Balthasar e Henri de Lubac
Rifacendosi allo spettacolo offerto dalla società dopo la seconda guerra mondiale, Paolo VI, il 28 agosto 1967, parlava di «ora incerta e torbida del pensiero umano» e aggiungeva che esso «non vuole né logica formale, né metafisica; non vuole sistemi organici di verità, per autorevoli che siano; non vuole ragionamenti probanti e sillogistici; non vuole schemi prefissi e ordinati; tutto è mito, tutto è contestabile, tutto incerto». L’analisi di Paolo VI si può estendere alla società del primo Novecento. In questo vuoto di certezze e di fede – che ha avuto il suo culmine nel neopositivismo, nell’esistenzialismo ateo, nella psicoanalisi freudiana, nel materialismo marxista e nel relativismo etico – non sono mancate personalità di alto livello culturale che hanno cristianamente orientato gli spiriti. Ne indichiamo alcune. Nel settore della teologia: Garrigou-Lagrange, Karl Rahner, Marie-Dominique Chenu, Yves Congar, Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar, Jean Daniélou, Giuseppe Ricciotti. In filosofia: Emmanuel Mounier, Romano Guardini, Maurice Blondel, Armando Carlini. Una menzione particolare merita Jacques Maritain (1882-1973), convertitosi al cattolicesimo assieme alla moglie Raissa. Con le sue numerose pubblicazioni, la sua attività di professore e di organizzatore dei "Circoli tomistici" ha vitalizzato la cultura cattolica e orientato cattolicamente molte intelligenze. La sua posizione filosofica si concreta in un ripensamento della dottrina tomistica – il neotomismo – e la sua concezione di vita cristiana propugna una sintesi armonica di contemplazione e azione. A suo avviso due sono i pericoli che insidiano la vita cristiana: «Il pericolo di cercare la santità solamente nel deserto» e «il pericolo di dimenticare la necessità del deserto per la santità».
Da sinistra: Jacques Maritain, Jean Daniélou, Emmanuel Mounier
Ciò che Maritain è stato nel campo filosofico (teologico ed estetico), nel campo scientifico (e teologico) lo è stato Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955). La sua opera, affascinante e ardita, mira a una sintesi tra i dati della scienza moderna (specialmente dell’evoluzionismo) e il pensiero teologico tradizionale.
Da sinistra: Pierre Teilhard  de Chardin, Maurice Blondel e Romano Guardini
Tale fervore intellettuale, ha avviato nella Chiesa un risveglio religioso di incalcolabile portata, così sintetizzato da Romano Guardini: «La Chiesa si desta nelle anime». Lo storico Klaus Schatz così lo commenta: «Si tratta di un senso religioso che cerca autenticità e originalità, e perciò vuol vivere basandosi soprattutto sulla Sacra Scrittura, è orientato in senso cristocentrico e prende le distanze da un moralismo e ascetismo unilaterali, e perciò non sa più che farsene neppure di molte forme diffuse soprattutto nel secolo XIX. Questo impulso di fondo unisce tutte le correnti ecclesiali sorte in quei decenni: i nuovi spunti teologici, il movimento liturgico, il movimento cattolico giovanile, il movimento biblico, ma anche l’apostolato dei laici e gli inizi del movimento ecumenico [...]. Le novità decisive all’interno della Chiesa affondano le loro radici in questo periodo dopo la prima guerra mondiale» (Storia della Chiesa 3, Brescia 1995, pag. 107). È in questo arco di tempo che si sono preparati i mutamenti teologici e pratici che culmineranno e riceveranno la loro sanzione ufficiale nel Concilio Vaticano II.
Da sinistra: Giuseppe Lazzati, Giuseppe Dossetti e  Alcide De Gasperi
Il XX secolo ha visto, sì, una "nuova Pentecoste" col Concilio Vaticano, ma è stato anche un secolo turbolento e forsennato: due guerre mondiali, una serie di rivoluzioni rosse e nere, l’avvento dell’ateismo di Stato, l’idolatria del potere e dell’ideologia, l’affermazione della tecnica a scapito dello spirituale, il femminismo dissennato. La barbarie ha raggiunto massimi livelli in Russia con la Rivoluzione bolscevica e in Germania con l’avvento del nazionalsocialismo. In Italia, pochi anni dopo il Concordato (1929), il regime fascista faceva proprie alcune teorie hitleriane (la pretesa di essere l’unico educatore della gioventù, la violenza contro l’Azione Cattolica, un certo fermento di statolatria e di razzismo). Crollato il fascismo, sulle ceneri del Partito Popolare, si è affermata la Democrazia Cristiana (1943-45), che ha avuto il suo leader in De Gasperi e illustri personalità politiche provenienti dall’Università Cattolica, come Fanfani, Dossetti e Lazzati, e dall’Azione Cattolica, come Moro, Andreotti e Colombo. Negli anni Cinquanta e Sessanta, notevole rinomanza ha avuto Giorgio La Pira per l’impegno pacifista e per l’affermazione della cultura cattolica.
Da sinistra: Joseph Kentenich, José Maria Escrivá de Balaguer, René Voillaume e Chiara Lubich
Tra le schiarite più promettenti verificatesi nel secolo XX (1900-1960) occorre ricordare la fondazione di alcuni istituti religiosi e di numerosi movimenti ecclesiali. Ne ricordiamo alcuni: l’opera di Schönstatt fondata da Joseph Kentenich nel 1914, la Legio Mariae fondata da Frank Duff nel 1921, l’Opus Dei fondato da José Maria Escrivá de Balaguer nel 1928, i Petits frères de Jésus fondati da René Voillaume nel 1933, il Movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich nel 1945. Tra queste schiarite assume particolare rilievo quella realizzata da Giacomo Alberione nel 1914, la Società San Paolo (e poi la Famiglia paolina), per l’attualità del suo carisma, l’audacia e l’impegno che esso esige, la dimensione universale che lo anima.

Ferdinando Castelli

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