Image Cross Fader Redux
Ciascuno di noi è un messaggio che Dio manda al mondo (P. G. Vannucci OSM)

Una passo del Vangelo per te

UN PASSO DEL VANGELO PER TE

Vangelo di domenica 7 giugno 2015 (Marco 12, 12-16.22-26) con meditazione del Card. Piovanelli

Corpus Domini - Anno B
"Prendete, questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti."
Dal Vangelo secondo Marco 12, 12-16.22-26.
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: “Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?”. Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: “Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi”. I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio”.
Dopo ave cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi."
Parola del Signore.

Questo banchetto di comunione che sigla la “nuova alleanza” è preparato dalla cena eucaristica, presentata dalla pericope evangelica di Marco.
La istituzione dell’Eucaristia è talmente legata alla morte di Gesù da esserne oltre che un’anticipazione sacramentale, come negli altri Vangeli, anche una profezia diretta: “In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio”. Nell’ultima cena Gesù sta veramente per attuare quello che preannuncia con i gesti e le parole. Il calice e il pane spezzato che Gesù presenta ai discepoli  – immagine comune della pasqua ebraica –  sono l’annuncio della nuova alleanza, che sarà suggellata dal sacrificio di un “agnello senza macchia”, il cui sangue riscatterà “la moltitudine”.
In ogni celebrazione eucaristica, appena è compiuta la consacrazione, tu ascolti proclamare: “mysterium fidei” (mistero della fede).  Questa parola vuol significare non tanto una verità nascosta e incomprensibile dall’intelligenza umana,  quanto piuttosto un disegno e un progetto di Dio che si realizza nella storia in modo inimmaginabile, che va ben oltre le tue aspettative e il tuo stesso desiderio.
L’Eucaristia è la proclamazione del Vangelo, anzi di tutto il Vangelo (1Cor.11,26), perché è l’annuncio della morte e risurrezione di Cristo. Infatti il cuore profondo del Vangelo è costituito dall’offerta che Gesù  fa di se stesso al Padre per tutti noi attraverso la sua morte e risurrezione: offerta che costituisce la sostanza del mistero eucaristico. Il Vangelo tende irresistibilmente a farsi Eucaristia. L’Eucaristia è il Vangelo fatto sacramento.
Ci dice il Papa Giovanni Paolo II, nella sua ultima enciclica, Ecclesia de Eucharistia (5): “L’intero Triduo Pasquale è come raccolto, anticipato e “concentrato” per sempre nel dono eucaristico. In questo dono Gesù Cristo consegnava alla Chiesa l’attualizzazione perenne del mistero pasquale. Con esso istituiva una misteriosa “contemporaneità” tra quel Triduum e lo scorrere di tutti i secoli. Questo pensiero ci porta a sentimenti di grande e grato stupore. C’è nell’evento pasquale e nell’Eucaristia che lo attualizza nei secoli, una “capienza” davvero enorme, nella quale l’intera storia è contenuta, come destinataria della grazia della redenzione”.
“L’ultima Cena riassume tutta la vita di Gesù, ripropone il senso di una vita consumata e donata, e implica una nostra scelta interiore, per accettare i frutti di quella morte, presenti in questo rito. Se il fare memoria, da una parte, è fare memoria di Gesù al Padre, raccontando ciò che Gesù ha fatto per noi, dall’altra parte il fare memoria ci conduce a trasformare il nostro cuore innalzandolo al Padre nello Spirito Santo. Tutto questo attraverso due vie: la via del silenzio e dell’adorazione, la via della contemplazione e della imitazione” (Alfredo Di Stefano, in L’Eucaristia cuore del Giubileo, Paoline 2000).

Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione.
Signore, Dio vivente, guarda il tuo popolo radunato attorno a questo altare, per offrirti il sacrificio della nuova alleanza; purifica i nostri cuori, perché alla cena dell’Agnello possiamo pregustare la Pasqua eterna nella Gerusalemme del cielo.

Possono aiutare la contemplazione di questo mistero, che è “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù” (SC,10), queste riflessioni del Papa Paolo VI, che parlano al cuore dei cristiani:
- “Perché, Signore, ti sei rivestito delle apparenze di pane? Per insegnarti – ci risponde Cristo usando appunto il linguaggio sacramentale – che io sono il pane di vita, cioè l’alimento, il principio interiore, rinnovatore, beatificante, della tua caduca ed effimera esistenza terrena.
E perché, Signore, anche delle specie del vino Ti sei rivestito? chiede la nostra filiale curiosità; per soddisfare e inebriare la nostra sete di felicità? Sì, risponde il Signore; ma ancor più per farti pensare e partecipare alla separazione del mio corpo dal mio sangue, cioè alla mia passione, al mio sacrificio; l’Eucaristia è il memoriale della morte redentrice di Cristo” (Paolo VI, 9 giugno 1966).
- A riguardo della presenza permanente del Signore: “più è denso, più è insolito, più è miracoloso il mistero eucaristico al nostro pensiero profano e più si rende chiaro, logico, persuasivo, beatificante all’uomo che crede e che ama Gesù Cristo. L’Eucaristia: qui è Lui!” (Paolo VI 31 maggio 1972).
- “Quando lasciamo che questa soave e tremenda verità entri nelle nostre coscienze, noi non possiamo più rimanere indifferenti, impassibili e tranquilli: è qui !  Il nostro primo sentimento è di adorazione e di esultanza; e quasi di confusione: che cosa dobbiamo fare? Che cosa dobbiamo dire? Cantare? Piangere? Pregare? O forse tacere e contemplare, come la Maria, sorella di Marta tutta agitata e sollecita di servire il Signore, mentre ella, Maria, seduta ai piedi di Gesù, lo ascoltava parlare?  Di qui nasce il culto eucaristico” (Paolo VI 13 giugno 1974).
Nota nel racconto quasi stenografico di Marco un particolare: l’iniziativa di celebrare la Pasqua non parte da Gesù, ma dai suoi discepoli (i discepoli dissero a Gesù: “Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?).
Gesù aspetta che anche tu sappia prendere l’iniziativa. Così Egli rispetta pienamente la tua libertà, affinché le tue scelte siano risposta adeguata all’amore che Lui ti offre.

Fai attenzione a un secondo particolare: l’incaricato di accompagnare i discepoli nella sala del banchetto pasquale è un servo che svolge un servizio riservato alle donne (un uomo con una brocca d’acqua). Non è un dettaglio banale. Puoi leggerlo come il segno di un cambiamento nei rapporti sociali. È la percezione di questo cambiamento a guidare i discepoli verso il luogo della Pasqua del Signore (seguitelo). Nella sala del convito entra chi sa vedere le persone in modo diverso, chi si lascia guidare dai segni dati da Cristo: i ricchi che si fanno poveri, i grandi che scelgono di divenire piccoli, gli uomini che si assumono i servizi umili imposti, fino allora, alle donne.

Il sangue della nuova alleanza è versato per molti, che significa per tutti. L’Eucaristia non è stata istituita per i singoli, per permettere ad ognuno di incontrare personalmente  Cristo, per favorire il fervore individuale, per isolarsi con Gesù dagli altri.  L’Eucaristia è pane spezzato e condiviso. Ecco perché l’apostolo Paolo scrive ai Corinzi: quando vi radunate insieme, aspettatevi gli uni gli altri (1 Cor 11,33). Questo “aspettarsi” non indica la premura del’amore?
Il rimprovero fatto ai Corinzi (1 Cor 11,17-18) non è forse attuale e valido per tante nostre comunità?

Card. Piovanelli
Meditazione tratta da: diocesitrivento.it

Nessun commento:

Posta un commento