Dedicazione della Basilica Lateranense
"Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Parola del SignoreSi avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò e terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà”.
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “ Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “ Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La parola “Pasqua”, ricordata nell’esordio (2,13) e ripresa subito dopo l’episodio (2,23: Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome) prepara il lettore a vedere la Pasqua cristiana sovrapporsi alla festa d’Israele: il testo si richiamerà due volte alla risurrezione di Gesù (vv. 19.22).
In questo racconto è facile cogliere il simbolo del passaggio dall’ordine cultuale (sacrifici di buoni e di pecore) ad un ordine che coinvolge direttamente la persona. D’ora in poi la riconciliazione di Israele non si compirà più mediante sacrifici prescritti dalla Legge, ma mediante il dono che Gesù fa di se stesso.
La frase di Gesù , costruita su un’opposizione tra “casa del Padre mio” e “casa di mercato”, richiama certamente la finale del libro di Zaccaria: “In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore degli eserciti” (Zac 14,21).
Il racconto di Giovanni registra una doppia reazione. I discepoli lo giudicano un gesto coraggioso e ricordano il salmo 69,10 (Mi divora lo zelo per la tua casa). La modifica del tempo del verbo “divorare” – non più al presente, ma al futuro [mi divorerà] – nel racconto dell’evangelista pare preannuncio della morte di Gesù.
I “giudei”, invece, intervengono per chiedere una prova che legittimi il gesto compiuto. Nella tradizione evangelica la richiesta di un segno equivale ad esigere un miracolo spettacolare che dispensi dalla fede. In realtà, l’atteggiamento degli interlocutori dimostrerà che essi sono refrattari alla sua parola.
Gesù risponde proponendo qualcosa che potrebbe essere inteso come un segno di straordinaria potenza: la ricostruzione in tre giorni dell’edificio distrutto. Il lettore, che sa di che cosa sta parlando Gesù, può cogliere qui una eco del detto sinottico in cui Gesù, provocato a produrre un “segno”, dichiara: “In quanto al segno [a questa generazione] non sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta” (Mt 12,39).
Ma per quanto sia una specie di segno ciò che viene annunciato, tutto è rinviato ad un tempo futuro. Gesù non soddisfa direttamente la richiesta dei giudei, ma annuncia due eventi: la distruzione del santuario e la ricostruzione.
“Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”.
Certamente la frase di Gesù corrisponde a quello che annunciava il segno del profeta Giona. Il Tempio di pietra simboleggia il corpo di Gesù di Nazareth. Gesù parlava del tempio del suo corpo. E in realtà, i discepoli dopo la Pasqua richiamano alla memoria la parola di Gesù per trovarci una chiave che consenta di cogliere che Gesù vivente è il nuovo Tempio nel quale essi comunicano col Padre stesso. Non ha infatti affidato a Maria Maddalena il messaggio: “Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro”? In altre parole, se la distruzione del Tempio simboleggia la morte di Gesù, il Risorto rimanda – per rischiarare il suo proprio mistero – al Tempio definitivo quale Israele lo comprendeva e lo aspettava.
Dopo la distruzione effettiva di Gerusalemme e del Tempio nell’anno 70, sorge la domanda: dopo la scomparsa del santuario la Presenza dove ha il suo “luogo”, dove la vedi, dove la incontri?
Il giudaismo dell’epoca, in un profondo slancio di fede, ha pensato di riconoscere e di fissare tale presenza nel dono inalienabile della Legge, giudicato superiore alla stessa preghiera.
Per i cristiani, i quali avevano continuato a frequentare assiduamente il Tempio per la preghiera (At 2,46), la risposta fu diversa: il Signore risuscitato si rendeva presente in mezzo a loro quando si trovavano radunati per celebrare la sua memoria.
Nel Vangelo di Giovanni il verbo “ricordarsi” [i suoi discepoli si ricordarono] si riferisce a un approfondimento della fede in Gesù, secondo l’annuncio dato dal Maestro: Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà tutto e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (14,26). I discepoli si ricordarono … e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Gesù, mediante il simbolo del Tempio, rivela, assieme al suo itinerario pasquale, anche il frutto che ne conseguirà: attraverso la risurrezione viene rinnovato il Tempio di Israele. In Gesù risuscitato dai morti Dio è definitivamente presente agli uomini e gli uomini definitivamente presenti a Dio. Il nuovo Tempio è Gesù vivente e glorificato.
(cf Xavier Leon-Dufour, Lettura del Vangelo secondo Giovanni, San Paolo 1990).
In questo racconto è facile cogliere il simbolo del passaggio dall’ordine cultuale (sacrifici di buoni e di pecore) ad un ordine che coinvolge direttamente la persona. D’ora in poi la riconciliazione di Israele non si compirà più mediante sacrifici prescritti dalla Legge, ma mediante il dono che Gesù fa di se stesso.
La frase di Gesù , costruita su un’opposizione tra “casa del Padre mio” e “casa di mercato”, richiama certamente la finale del libro di Zaccaria: “In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore degli eserciti” (Zac 14,21).
Il racconto di Giovanni registra una doppia reazione. I discepoli lo giudicano un gesto coraggioso e ricordano il salmo 69,10 (Mi divora lo zelo per la tua casa). La modifica del tempo del verbo “divorare” – non più al presente, ma al futuro [mi divorerà] – nel racconto dell’evangelista pare preannuncio della morte di Gesù.
I “giudei”, invece, intervengono per chiedere una prova che legittimi il gesto compiuto. Nella tradizione evangelica la richiesta di un segno equivale ad esigere un miracolo spettacolare che dispensi dalla fede. In realtà, l’atteggiamento degli interlocutori dimostrerà che essi sono refrattari alla sua parola.
Gesù risponde proponendo qualcosa che potrebbe essere inteso come un segno di straordinaria potenza: la ricostruzione in tre giorni dell’edificio distrutto. Il lettore, che sa di che cosa sta parlando Gesù, può cogliere qui una eco del detto sinottico in cui Gesù, provocato a produrre un “segno”, dichiara: “In quanto al segno [a questa generazione] non sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta” (Mt 12,39).
Ma per quanto sia una specie di segno ciò che viene annunciato, tutto è rinviato ad un tempo futuro. Gesù non soddisfa direttamente la richiesta dei giudei, ma annuncia due eventi: la distruzione del santuario e la ricostruzione.
“Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”.
Certamente la frase di Gesù corrisponde a quello che annunciava il segno del profeta Giona. Il Tempio di pietra simboleggia il corpo di Gesù di Nazareth. Gesù parlava del tempio del suo corpo. E in realtà, i discepoli dopo la Pasqua richiamano alla memoria la parola di Gesù per trovarci una chiave che consenta di cogliere che Gesù vivente è il nuovo Tempio nel quale essi comunicano col Padre stesso. Non ha infatti affidato a Maria Maddalena il messaggio: “Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro”? In altre parole, se la distruzione del Tempio simboleggia la morte di Gesù, il Risorto rimanda – per rischiarare il suo proprio mistero – al Tempio definitivo quale Israele lo comprendeva e lo aspettava.
Dopo la distruzione effettiva di Gerusalemme e del Tempio nell’anno 70, sorge la domanda: dopo la scomparsa del santuario la Presenza dove ha il suo “luogo”, dove la vedi, dove la incontri?
Il giudaismo dell’epoca, in un profondo slancio di fede, ha pensato di riconoscere e di fissare tale presenza nel dono inalienabile della Legge, giudicato superiore alla stessa preghiera.
Per i cristiani, i quali avevano continuato a frequentare assiduamente il Tempio per la preghiera (At 2,46), la risposta fu diversa: il Signore risuscitato si rendeva presente in mezzo a loro quando si trovavano radunati per celebrare la sua memoria.
Nel Vangelo di Giovanni il verbo “ricordarsi” [i suoi discepoli si ricordarono] si riferisce a un approfondimento della fede in Gesù, secondo l’annuncio dato dal Maestro: Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà tutto e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (14,26). I discepoli si ricordarono … e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Gesù, mediante il simbolo del Tempio, rivela, assieme al suo itinerario pasquale, anche il frutto che ne conseguirà: attraverso la risurrezione viene rinnovato il Tempio di Israele. In Gesù risuscitato dai morti Dio è definitivamente presente agli uomini e gli uomini definitivamente presenti a Dio. Il nuovo Tempio è Gesù vivente e glorificato.
(cf Xavier Leon-Dufour, Lettura del Vangelo secondo Giovanni, San Paolo 1990).
Meditazione tratta da: diocesitrivento.it
Nessun commento:
Posta un commento