III Domenica di Pasqua - Anno B.
Dal Vangelo secondo Luca.
Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma.
Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?».
Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi».
Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
III domenica di Pasqua
Senza nemmeno saperlo, i due che ritornano da Emmaus sono tra i primi a dare inizio a quella missione che dopo la Pentecoste coinvolgerà l’intera cerchia degli apostoli e dei discepoli del Cristo: l’annuncio della sua risurrezione.
Nel Vangelo si legge che, tornati a Gerusalemme, raccontarono ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane. Questa è la nostra missione da quasi due millenni: riconoscere e testimoniare la risurrezione di Gesù da morte.
Per alcuni insigni studiosi l’annuncio è una dimensione fondamentale nella vita della Chiesa; non è solo un incarico ricevuto, ma è la base della sua esistenza, l’elemento fondamentale perché possa definirsi comunità cristiana e si sviluppi come un corpo vivo.
Gli apostoli dunque sono testimoni e missionari del Risorto, il quale dà prova di essere sempre accanto ai suoi anche quando i loro occhi non lo riconoscono. Bisogna però precisare che dopo la risurrezione, il rapporto tra il Cristo e i suoi cambia. Sebbene dimostri di essere vivo facendosi toccare e mangiando del cibo, non appartiene più a questa realtà, non è più soggetto al divenire; ha un corpo trasfigurato ed eterno. Le apparizioni confermano la sua identità e l’effettiva risurrezione da morte, ma lasciano anche intendere che la missione di Gesù è terminata; presto sarà inviato il Paraclito.
Già domenica scorsa abbiamo visto il Signore soffiare sui discepoli lo Spirto Santo; oggi apre la loro mente alla comprensione delle Sacre Scritture: sono segni anticipatori del prossimo evento, quando lo Spirito scenderà sulla Chiesa riunita in preghiera. Da quel giorno il Consolatore gonfierà le vele della barca di Pietro portandola in tutto il mondo e sostenendo la predicazione degli apostoli con la sua grazia pacificante. Va ricordato, infatti, che il segno inequivocabile della presenza dello Spirito è proprio la consolazione, la pace, la gioia. Il Risorto quando sta in mezzo ai suoi dice: «Pace a voi!». Così dev’essere il cuore dei credenti fino al suo definitivo ritorno.
Cosa ci può essere di più prezioso della pace? Siamo testimoni di risurrezione dalla morte, di conversione dal male, e di perdono dei peccati; c’è forse qualcosa che può infondere più gioia di queste realtà? Sicuramente no. Il mondo però ha bisogno di noi per conoscerle: ha bisogno di persone abitate dalla pace di Cristo, perché il rancore avvelena l’anima; ha bisogno di persone che scelgono il bene, perché il male porta all’auto-distruzione; ha bisogno di persone che perdonano, perché sanno di esser state perdonate.
Questo è l’annuncio degli apostoli, questa è la proclamazione gioiosa di chi, con fatica, sta facendo una pasqua di rinascita, e perciò, ha il potere di far risorgere tutto quel che incontra al suo passaggio. Come un torrente in piena, il cristiano, porta vita ovunque si trova, lungo tutto il suo tragitto. Pensiamo a quanti uomini e donne ci attendono, a quanti cercano un apostolo che stringendogli la mano possa donare loro la pace di Cristo, la speranza e la forza per camminare verso il chiarore della sua luce.
Dunque, il viaggio a ritroso dei discepoli di Emmaus è un segno inconfondibile di conversione. Oltretutto, la vicinanza del viaggiatore sconosciuto è davvero incoraggiante, perché dimostra che Dio non abbandona mai l’uomo, nemmeno quando questi lo abbandona.
Con Dio abbiamo sempre una possibilità di cambiamento, anche quando tutto sembra perduto. Chi ha vinto la morte non è forse capace di convertire il male in bene? Domandiamoci piuttosto: qual è il nostro atteggiamento nelle situazioni difficili della vita? Come i discepoli di Emmaus, capita spesso anche a noi, di non riuscire a vedere Dio perché accecati dalla tristezza; o peggio, lo considerariamo uno straniero ignorante.
Bisogna però ammettere che forse gli extracomunitari del Regno dei Cieli siamo noi quando ci lasciamo vincere dalla disperazione, e controtestimoniando il Vangelo rischiamo seriamente di far del male a noi stessi e di scandalizzare gli altri.
La certezza della presenza del Paraclito deve quindi spronarci ad avere i sensi pronti a riconoscerlo: l’udito, ma anche la vista... sì, il Vangelo non va solamente ascoltato, va anche riconosciuto. Lo dice Giovanni nella seconda lettura: «Chi dice: “Lo conosco” e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto».
La Parola di Dio udita va osservata, proprio come quando guardiamo una persona reale, o scrutiamo a distanza un luogo da raggiungere. Dio è Parola, che si fa udire e si svela a chi vuole trattenersi il più a lungo possibile con essa. Pertanto, anche noi insieme ai discepoli di Emmaus diciamo:
Resta con noi Signore, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto. Egli entrò per rimanere con loro.
Nel Vangelo si legge che, tornati a Gerusalemme, raccontarono ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane. Questa è la nostra missione da quasi due millenni: riconoscere e testimoniare la risurrezione di Gesù da morte.
Per alcuni insigni studiosi l’annuncio è una dimensione fondamentale nella vita della Chiesa; non è solo un incarico ricevuto, ma è la base della sua esistenza, l’elemento fondamentale perché possa definirsi comunità cristiana e si sviluppi come un corpo vivo.
Gli apostoli dunque sono testimoni e missionari del Risorto, il quale dà prova di essere sempre accanto ai suoi anche quando i loro occhi non lo riconoscono. Bisogna però precisare che dopo la risurrezione, il rapporto tra il Cristo e i suoi cambia. Sebbene dimostri di essere vivo facendosi toccare e mangiando del cibo, non appartiene più a questa realtà, non è più soggetto al divenire; ha un corpo trasfigurato ed eterno. Le apparizioni confermano la sua identità e l’effettiva risurrezione da morte, ma lasciano anche intendere che la missione di Gesù è terminata; presto sarà inviato il Paraclito.
Già domenica scorsa abbiamo visto il Signore soffiare sui discepoli lo Spirto Santo; oggi apre la loro mente alla comprensione delle Sacre Scritture: sono segni anticipatori del prossimo evento, quando lo Spirito scenderà sulla Chiesa riunita in preghiera. Da quel giorno il Consolatore gonfierà le vele della barca di Pietro portandola in tutto il mondo e sostenendo la predicazione degli apostoli con la sua grazia pacificante. Va ricordato, infatti, che il segno inequivocabile della presenza dello Spirito è proprio la consolazione, la pace, la gioia. Il Risorto quando sta in mezzo ai suoi dice: «Pace a voi!». Così dev’essere il cuore dei credenti fino al suo definitivo ritorno.
Cosa ci può essere di più prezioso della pace? Siamo testimoni di risurrezione dalla morte, di conversione dal male, e di perdono dei peccati; c’è forse qualcosa che può infondere più gioia di queste realtà? Sicuramente no. Il mondo però ha bisogno di noi per conoscerle: ha bisogno di persone abitate dalla pace di Cristo, perché il rancore avvelena l’anima; ha bisogno di persone che scelgono il bene, perché il male porta all’auto-distruzione; ha bisogno di persone che perdonano, perché sanno di esser state perdonate.
Questo è l’annuncio degli apostoli, questa è la proclamazione gioiosa di chi, con fatica, sta facendo una pasqua di rinascita, e perciò, ha il potere di far risorgere tutto quel che incontra al suo passaggio. Come un torrente in piena, il cristiano, porta vita ovunque si trova, lungo tutto il suo tragitto. Pensiamo a quanti uomini e donne ci attendono, a quanti cercano un apostolo che stringendogli la mano possa donare loro la pace di Cristo, la speranza e la forza per camminare verso il chiarore della sua luce.
Dunque, il viaggio a ritroso dei discepoli di Emmaus è un segno inconfondibile di conversione. Oltretutto, la vicinanza del viaggiatore sconosciuto è davvero incoraggiante, perché dimostra che Dio non abbandona mai l’uomo, nemmeno quando questi lo abbandona.
Con Dio abbiamo sempre una possibilità di cambiamento, anche quando tutto sembra perduto. Chi ha vinto la morte non è forse capace di convertire il male in bene? Domandiamoci piuttosto: qual è il nostro atteggiamento nelle situazioni difficili della vita? Come i discepoli di Emmaus, capita spesso anche a noi, di non riuscire a vedere Dio perché accecati dalla tristezza; o peggio, lo considerariamo uno straniero ignorante.
Bisogna però ammettere che forse gli extracomunitari del Regno dei Cieli siamo noi quando ci lasciamo vincere dalla disperazione, e controtestimoniando il Vangelo rischiamo seriamente di far del male a noi stessi e di scandalizzare gli altri.
La certezza della presenza del Paraclito deve quindi spronarci ad avere i sensi pronti a riconoscerlo: l’udito, ma anche la vista... sì, il Vangelo non va solamente ascoltato, va anche riconosciuto. Lo dice Giovanni nella seconda lettura: «Chi dice: “Lo conosco” e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto».
La Parola di Dio udita va osservata, proprio come quando guardiamo una persona reale, o scrutiamo a distanza un luogo da raggiungere. Dio è Parola, che si fa udire e si svela a chi vuole trattenersi il più a lungo possibile con essa. Pertanto, anche noi insieme ai discepoli di Emmaus diciamo:
Resta con noi Signore, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto. Egli entrò per rimanere con loro.
Sia lodato Gesù Cristo.
Don Maurizio Roma, Parroco della Pieve di Lubaco »»»
Grazie Don Maurizio!
I tuoi commenti sono, oltre che belli, illuminanti e mi fanno pensare a tante porte attraverso le quali poter respirare l'"aria buona": la grazia di Dio, e come la chiave di ognuna di queste sia sempre e soltanto l'umiltà. L'umiltà, ne sono convinto, è la condizione unica ed esclusiva che non rende l'uomo sordo, né cieco, né muto, né indifferente. L'umiltà è lo "humus primordiale" nel quale Dio ci ha intinto alla creazione ed è la chiave che prima di ogni altra virtù, svela e rende reale l'amore di Dio, altrimenti presente e invisibile.
Franco
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