Domenica 12 febbraio 2012.
Vangelo e commento della VI domenica del Tempo Ordinario - Anno (B).
Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!».
Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!».
Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.
E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse:
«Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro».
Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.
Parola del Signore.
Commento
Il brano del Vangelo propostoci dalla Liturgia odierna ci presenta la situazione drammatica di un lebbroso alla quale fa riscontro la profonda compassione di Gesù, il suo amore salvifico.
La lebbra era una malattia che emarginava chi ne era infetto. Il lebbroso era considerato impuro, trattato come un morto. Nel libro di Giobbe si legge che la lebbra è “la primogenita della morte” (Gb 18,13). Il libro del Levitico dedica due capitoli (13 e 14) a questa malattia e alle purificazioni alle quali erano obbligati i lebbrosi. La lebbra era vista come segno esterno, come conseguenza del peccato. Soltanto Dio può guarire da essa.
La lebbra era una malattia che emarginava chi ne era infetto. Il lebbroso era considerato impuro, trattato come un morto. Nel libro di Giobbe si legge che la lebbra è “la primogenita della morte” (Gb 18,13). Il libro del Levitico dedica due capitoli (13 e 14) a questa malattia e alle purificazioni alle quali erano obbligati i lebbrosi. La lebbra era vista come segno esterno, come conseguenza del peccato. Soltanto Dio può guarire da essa.
Il lebbroso presentatoci dall’evangelista Marco riconosce, tramite la sua supplica, la potenza divina di Gesù. Egli è sicuro che basta la sua volontà per essere guarito.
Ciò che colpisce nel comportamento di Gesù è anzitutto la sua commozione. Il verbo greco esprime le sofferenze sino alle viscere.
Il gesto risanatore di Gesù è costituito dall’imposizione della mano e dal contatto. La distensione della mano nell’Antico Testamento è un gesto di Dio e di Mosè quando compie prodigi. La parola risanatrice di Gesù: “Io lo voglio, guarisci” mostra la sua potenza divina. Il contatto fisico con il lebbroso indica non solamente la potenza salvifica che emana da Gesù, ma anche il suo amore: egli tocca chi è intoccabile.
L’atteggiamento di Gesù nella guarigione appare contraddittorio. Egli da una parte proibisce al lebbroso di parlare del miracolo, dall’altra gli ordina di presentarsi al sacerdote e di offrire un sacrificio per la purificazione dalla lebbra. Tale atteggiamento si inquadra nel tema del “segreto messianico”. Gesù vuole evitare false o ambigue interpretazioni sulla sua identità, sul significato della sua missione, sul regno di Dio che annuncia. La sua messianicità non è di ordine politico. Per l’evangelista Marco la comprensione vera, completa dell’identità di Gesù si dà nella sua morte in croce, nella sua risurrezione.
Ma se Gesù vuole che il silenzio circondi il miracolo della guarigione del lebbroso, desidera che diventi palese il suo significato. L’uomo guarito deve inserirsi nella comunità. All’evangelista interessa mostrare che Gesù è in accordo con la legge.
Il segreto imposto da Gesù non viene rispettato. Il lebbroso promulga l’esperienza di liberazione che ha vissuto. Egli diventa il primo missionario.
Riflessione
Il miracolo del lebbroso che mostra la potenza divina di guarigione di Gesù ci riguarda e ci interpella. Noi non siamo ammalati di lebbra fisica; ma siamo lebbrosi spirituali, bisognosi cioè di essere guariti da quel male più profondo e più radicale di tutti che è il peccato.
La cultura odierna tenta di dirci che è sbagliato riconoscersi peccatori, crearsi dei complessi di colpa. Si ritiene che non dobbiamo andare da Gesù, ma che semmai occorre rivolgersi allo psicanalista ed esprimere a lui le nostre angosce. Si constata sempre più la perdita del senso del peccato. Non vogliamo per nulla svalutare la funzione della psicanalisi seria, la quale può aiutare a risolvere squilibri psicologici che turbano l’uomo del nostro tempo. Dobbiamo invece riscoprire l’autentico senso della coscienza del peccato e della richiesta del perdono. Nella nostra società, nella quale si giudica dall’immagine esterna e si è preoccupati di quello che pensano gli altri di noi, siamo invitati a metterci sinceramente davanti a Dio per scoprire quello che Egli pensa di noi. Davanti a Lui saremo nella verità quando riconosceremo che tutti abbiamo bisogno della sua guarigione. Il superbo che pretende di potere prescindere dal giudizio di Dio inganna se stesso. Dobbiamo pregare con il salmista: "Il mio peccato io lo riconosco… Quello che è male ai tuoi occhi io lo ho fatto" (Sal 51,5s).
Gesù ci ha dato un sacramento per il perdono dei nostri peccati: il sacramento della confessione o della riconciliazione. Il perdono di Gesù ricrea l’uomo, lo rende nuovo, forte nei riguardi delle tentazioni, gli ridona dignità.
Preghiera
Risanaci o Padre, dal peccato che ci divide e dalle discriminazioni che ci avviliscono; aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso l’immagine del Cristo sanguinante sulla croce, per collaborare all’opera della redenzione e narrare ai fratelli la tua misericordia.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Tratto da: Confraternita di San Giovanni Battista de' Genovesi »»»
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