Il Vangelo del giorno: domenica 18 dicembre 2011.
IV Domenica di Avvento - Anno B.
San Malachia (519-425 a C.), Profeta.
Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».
A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.
L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».
Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.
Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.
Nella vita quotidiana Dio parla il linguaggio della gioia.
L'annunciazione si apre con l'elenco di sette nomi propri di luoghi e persone (Gabriele, Dio, Galilea, Nazaret, Maria, Giuseppe, Davide) per indicare, attraverso il numero sette che simboleggia la pienezza, la totalità della vita. Non ai margini, ma al centro della vita Dio viene, come evento e non come teoria. Un giorno qualunque, un luogo qualunque, una giovane donna qualunque: il primo affacciarsi del Vangelo è un annuncio consegnato in una casa. Al tempio Dio preferisce la casa. È bello pensare che Dio ti sfiora non solo nelle liturgie solenni delle chiese, ma anche - e soprattutto - nella vita quotidiana. Nella casa Dio ti sfiora, ti tocca, lo fa in un giorno di festa, nel tempo delle lacrime o quando dici a chi ami le parole più belle che sai. La prima parola dell'angelo non è un semplice saluto, ma: Chaîre, sii lieta, gioisci, rallegrati! Non ordina: fa' questo o quello, inginocchiati, vai, prega... Ma semplicemente, prima ancora di ogni risposta: gioisci, apriti alla gioia, come una porta si spalanca al sole. Dio parla il linguaggio della gioia per questo seduce ancora. E subito aggiunge il perché della gioia: piena di grazia, riempita di tenerezza, di simpatia, d'amore, della vita stessa di Dio. Il nome di Maria è «amata per sempre. Non temere, Maria. Non temere se Dio non sceglie la potenza, non temere, l'umiltà di Dio, così lontana dalla luci della scena, dai riflettori, dai palazzi; non temere questo Dio bambino che farà dei poveri i principi del suo regno. Non temere l'amore. Ecco concepirai e darai alla luce un Figlio, che sarà Figlio di Dio. La risposta di Maria non è un "sì" immediato, ma una domanda: come è possibile? Porre domande a Dio non è mancanza di fede, è stare davanti a Lui con tutta la dignità di creatura, con maturità e consapevolezza, usare tutta l'intelligenza e dopo accettare il mistero. Solo allora il "sì" è maturo e creativo, potente e profetico: eccomi sono la serva del Signore. Serva è parola biblica che non ha niente di passivo, non evoca sottomissione remissiva; serva del re è la prima dopo il re, è colei che collabora, con-creatrice con il creatore. E l'angelo partì da lei. Un inedito: per la prima volta in tutta la Bibbia è ad una creatura della terra, ad una donna, che spetta l'ultima parola nel dialogo tra il cielo e la terra: nuova dignità della creatura umana. La tua prima parola, Maria, ti chiediamo di accogliere in cuore: come sia possibile ancora concepire pur noi il suo Verbo.
(P. David Maria Turoldo).
(Ricevuto da P. Carmine Maurizio)
Nessun commento:
Posta un commento