Siamo in finale di Quaresima, e dopo Gesù messia nelle tentazioni del deserto, Gesù gloria sul monte Tabor, Gesù acqua viva con la Samaritana, Gesù luce con il cieco, ecco oggi Gesù vita con Lazzaro. Oggi con Gesù si realizza l’antica profezia di Ezechiele che abbiamo incontrato nella prima lettura «Io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete... l’ho detto e lo farò».
Ancora una volta, come era successo a Pietro a Cesarea, viene proclamata una grande professione di fede da Marta “Tu sei il Messia, il Figlio di Dio, colui che deve venire nel mondo”. Non sono parole banali : sono l’espressione più autentica della nostra fede, in quanto, a parte qualche schizofrenico, tutti gli uomini nel loro profondo credono in Dio, e basterebbe per questo solo porsi la semplice ragionevole domanda “Ma questa meraviglia chiamata MONDO ma chi l’ha fatta?”. Però è cristiano non chi crede in Dio, ma soltanto chi crede che Gesù Cristo (= cristiano) è Dio, e non è soltanto un tizio storico qualsiasi seppure gradevole e in gamba, e in aggiunta è anche un Dio di amore e misericordia, qualità questa inesistente negli altri Dii in giro per il mondo. E’ ciò che ha detto e pensato Marta. Brava Marta.
Questo brano appartiene a Giovanni 11, ma se vai dapprima a rileggere Giovanni 5 vi troverai questa affermazione di Gesù “….è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno ….. Verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna”. Mi sembra un parlare chiaro!!! E oggi questo parlare è divenuto realtà, e queste parole sono dirette anche a te e a me.
Ti rendi conto quante lacrime ha asciugato la frase “Io sono la resurrezione e la vita”? Ogni vita che vedi recisa nella tua esistenza, nella tua TV, nel tuo giornale, nel tuo ascolto, nei tuoi occhi sconcertati, di già contengono in proprio un portato di dolore e di smarrimento, ma anche una valenza profetica poiché ci parla a entrambi (me e te) anche della nostra morte e della tentazione di considerare futile e svalutata questa nostra vita. Ma io e te ci siamo incontrati con Uno che ha vinto la morte!
Che vogliamo fare a questo punto? Vogliamo dar retta a chi ci sibila all’orecchio “E’ una fregatura, sono veri gli oroscopi, sono veri gli scimmioni di Darwin, ha ragione Emma Bonino, ha ragione la TV, la Chiesa non è la sposa di Gesù ma roba da preti e i preti sono tutti cattivi e forse Gesù non è mai esistito”. Non so cosa tu farai, ma io, anziché a tutti questi sussurri che sembrano sibili di una linguetta di serpe, darò ascolto a quell’urlo che dice “Mario, vieni fuori!” e, caro amico mio, sono venuto fuori dalla morte ben infiocchettata in cui mi trovavo, mi ci ha tratto fuori la Sua parola e i Suoi Sacramenti e la Sua Chiesa, e da oggi se vivo vivrò per il Signore e se muoio morirò per il Signore, il quale a quanto pare ha la curiosa potenza di trattare la morte come “un sonno” tant’è che basta il Suo grido a risvegliarci. E quel giorno, al risveglio mi sazierò del tuo volto Signore, perché la Sindone che ho visto a Torino era bella ma non mi è bastata. Gesù, Figlio del Dio vivo, unico Salvatore del genere umano, abbi sempre pietà di me peccatore e quindi già consegnato alla morte da oltre 4 giorni !
Nel vangelo di oggi scopriamo anche che ci è lecito piangere, se un vero uomo come Gesù ha pianto, anche io e te possiamo avere la dignità di piangere, ma non solo per sfogo come vorrebbe la nostra pacata interpretazione altruistica, ma perché si piange se si ama davvero e se l’oggetto del nostro amore ci viene tolto oppure subisce qualche cosa grave.
Maestro insuperabile di vero amore, ha saputo amare anche come vero uomo, tenendo ancora in tasca “la tessera” da Dio.
Era al riparo in un luogo dove i suoi nemici non potevano raggiungerlo, eppure sapendo che «Ecco, il tuo amico è malato» (quanto è dolce questa frase …..) ritorna nel rischioso luogo minato perché spintovi dall’amore per il suo amico. E allora anche noi preghiamo dicendo “Signore, la mia figlia è malata e in ansia per il suo esame che teme di non superare, mio padre è malato per la solitudine che prova da chi lo ha abbandonato, mio figlio è malato per la fede che ha perso, il mio vicino di casa è malato per la preoccupazione del lavoro che non ha più, mia sorella è malata per la droga che ha fatto irruzione devastante nella sua famiglia, mio zio è malato perché soffre per la sua famiglia che non prega più, la mia collega è malata perché ha visto crollare il suo matrimonio …. E anche Gesù, vero Dio e vero uomo, come Giuseppe nella stanza del faraone dove i suoi sciagurati fratelli non sapevano che quel viceré era il loro fratello (sappiamo noi che Gesù è nostro fratello?), piangerà ma poi si svelerà per quello che è davvero, viceré d’Egitto o Dio di Israele.
Betania è un luogo davvero santo nell’ambito del mistero dell’Incarnazione, poiché è il luogo dove c’erano tre amici di Gesù e dove Lui sentiva il bisogno di rifugiarsi per vivere un poco di sano relax quando, col cuore gonfio di tensione e di incomprensione, lasciava la Gerusalemme che uccide i Profeti (e che lo minacciava quasi ogni giorno) per trovare un angolo di serenità. Questo luogo rappresenta la quotidianità di un Dio che ama l'amicizia, che resta lunghe ore, dopo cena, a parlare con i tre fratelli. Dio ha bisogno di parlare della sua missione, del suo cammino, delle resistenze che incontra, insomma nessun popolo al mondo possiede un Dio così semplice, e perciò – al solito – ribadiamo che solo il nostro è il Dio vero non inventato dagli uomini !
Oggi Betania può essere riedificata nella nostra casa e nel nostro cuore se dedichiamo qualche minuto ad un inedito tipo di “preghiera” cioè ad ascoltare Dio che sente il bisogno di parlarci!
Questo posto così gradevole è oggi anche il luogo di una grande tragedia: Lazzaro è morto. Ecco una riprova che Betania è ovunque, è anche nella nostra vita ove scenari di pace divengono anche scenari di improvviso dolore. Ma questo episodio oggi ci svela altri aspetti del volto di Dio, altri passi verso la festa della Resurrezione.
….. Dio piange ? Non è dunque un Dio imperturbabile! Ma è simile a noi nella nostra carne con un pianto singhiozzante che rompe gli argini, frantuma i pregiudizi, rivela il volto del Dio di Gesù Cristo, il vero volto di Dio. Insomma anche Dio piange per me e per te, per le mie e per le tue sofferenze! Te la senti di obiettare come alcuni paesani: "Non poteva evitare che morisse?". Forse, ma in questa realtà accaduta (e non in quella ipotizzata da costoro) scopriamo l’inaudito e cioè Dio piange come te e come me, con te e con me, e questo è più sconvolgente della operatività di evitare che i problemi nascessero, perché questo pianto è una ricchezza, è un certificato che in Lui c’è l’amore e che noi siamo preziosi ai suoi occhi. La nostra fede raccogliticcia e piena di dubbi ora deve percorrere strade nuove ed inattese.
Gesù non solo usa la sua potenza divina, ma baratta la sua vita umana con la vita di Lazzaro, in quanto Giovanni pone quest'episodio appena prima dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme e con questo miracolo strepitoso si produrrà la goccia che farà traboccare il vaso, ovvero la valanga che si distacca e tutto travolge, portandolo a morire per mano dei suoi invidiosi ed ipocriti nemici. Ancor prima che si “inguaiasse” con un miracolo così “potente” di già il semplice Tommaso glielo aveva detto: “Andremo tutti a morire”, ma Gesù entra in questo scambio, che poi sarà lo stesso scambio che, da lì a qualche giorno, farà dalla croce per ciascuno di noi, e a nulla serve la premura accorata di Tommaso.
Gli altri discepoli che dicono «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?» E Gesù, in quella circostanza qui ricordata, aveva solo usato parole, e certuni avevano risposto con le pietre, e nel mondo moderno la musica non è cambiata. Dico questo perché mi è venuto da pensare che sul libro "Gesù di Nazaret"di Benedetto XVI°, nella premessa il Papa afferma «Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del volto del Signore. Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell'anticipo di simpatia senza il quale non c'è alcuna comprensione». Mamma mia che eleganza! In queste parole si fondono la carità e l'efficacia di ogni contraddittorio! Per piacere – dice il successore di Pietro – se potete ascoltatemi ma senza prendere in mano le pietre.
Con un urlo (….gridò a gran voce…) che arriva alle nostre speranze e spesso anche alle nostre coscienze: "Lazzaro, vieni fuori!". Vieni fuori dalla tua tomba, dalle tue tenebre, dalle tue piccole sicurezze, vieni fuori dai tuoi pregiudizi, dai tuoi schemi, dai tuoi egoismi. Vieni fuori da tutto ciò che di freddo e di buio ci avvolge e ci fascia. Credendo in Lui e facendo della nostra vita una piccola Betania, la Parola di Gesù ancora echeggia, raggiunge le nostre tombe e le apre, le scardina: nulla può fermare l'efficacia della sua Parola.
In un mondo moderno che idolatra la morte in tutte le forme più becere e che ci vuole fasciare con le sue menzogne, lasciamoci invece affascinare dalla tenerezza di chi dice “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà”. Ecco Pasqua, ecco la vita nuova che già è cominciata, e a Betania abbiamo scoperto che Gesù ci ama e gli stiamo a cuore. Viva la vita, viva la resurrezione. Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo?
La prova che Lazzaro dorme? E' che Gesù grida forte: "Lazzaro vieni fuori!" e lui viene fuori, si sveglia. La morte fisica è soltanto un sonno! Perché allora ci fa così paura? Perché nel mondo è stata introdotta l'altra morte quella terribile, quella da cui non si torna indietro, quella che dura sempre, quella dalla quale neanche il grido di Cristo ti potrebbe far tornare indietro.
Mentre però le bende e il sudario di Lazzaro lui ce l'ha indosso, e qualcun altro gliele deve togliere, le bende e il sudario di Gesù stanno a terra, piegate, là dove Gesù aveva appoggiato il capo morto. Attraverso questa differenza, San Giovanni ci vuol far capire la differenza tra le due resurrezioni: Lazzaro semplicemente ritorna in vita, cioè Lazzaro potremmo dire torna indietro, Gesù invece non torna indietro, Gesù va avanti. Lazzaro risorge riprendendo la vita di prima, Gesù risorge prendendo una vita completamente nuova. La vita di Dio, la vita eterna.
La tentazione dell'accidia spirituale che lusinga con quel suo ipnotico "non c'è più niente da fare". E invece no. C'è qualcosa da fare. C'è da "sperare". È curioso riflettere su questo termine. Nella lingua latina, etimologicamente parlando, "sperare" viene definito "guardare un oggetto in controluce" (una carta, una stoffa...) per poter vedere dentro, oltre, per scorgerne la filigrana. .. Per superare la barriera delle apparenze. .. sperare è imparentato con "ispezionare" cioè "guardare meglio e più a fondo".
"Sperare" avviene a una condizione (tale è il messaggio del Vangelo di oggi): a condizione che l'anima non resti sola a crogiolarsi nella tiepida melma del dolore, ma cerchi Gesù. Lo sperare non è frutto di complicati metabolismi psico-emotivi o di autoconvincimenti forzosi, bensì è un dono, una grazia, una "virtù" di cui fare esplicitamente richiesta.
Mi piace sottolineare quel "per la gente che mi sta attorno... Perché credano che tu mi hai mandato"...
Stare "vicino" a Gesù è la condizione spirituale unica per passare da disperazione a speranza, per riconoscere nel tessuto sottile della nostra impotenza la filigrana della potenza di Dio.
Non si può, in presenza di Gesù, uscirsene con "speriamo che sia proprio così".
Sarebbe indelicato per Lui e anche gravemente offensivo per il Padre che ce lo ha mandato... Senza dire dello Spirito che rimarrebbe fortemente deluso.
A tutti quelli che per le ragioni più diverse (matrimonio fallito, tradimento del coniuge, traviamento o malattia di un figlio, rovesci finanziari, crisi depressive, incapacità di uscire dall’alcolismo, dalla droga) si trovano in questa situazione, la storia di Lazzaro dovrebbe arrivare come il suono di campane il mattino di Pasqua.
Gesù era il Figlio di Dio, ma nei particolari del brano del vangelo di oggi, la sua umanità ci riempie il cuore di fiducia, per il fatto che non crediamo in un Signore lontano, ma in un Dio che ha provato sulla sua pelle quello che significa perdere un amico.
Reazioni opposte dei visitatori: chi ammira Gesù perché si commuove sul morto, chi lo critica per non averlo tenuto in vita.
Gesù, l’amico di Marta e Maria, ha intrecciato rapporti e relazioni autentiche, ha provato sentimenti alla nostra portata, ha vissuto la nostra vita umana dal di dentro e fino in fondo, aprendola però – è questo il suo segreto – alla fiducia piena in Dio Padre. E’ questa fiducia sconfinata, o se volete, questa sua profonda fede in Dio Padre, che trasformano il pianto in gioia e la morte in resurrezione. Anche per noi il pianto c’è e rimane, la commozione non scompare, guai se la fede ci rendesse meno umani! Al contrario, Gesù si mostra a noi più umano che mai, nel senso più positivo del termine e certe frasi supreme come: “Io sono la resurrezione e la vita”, o la preghiera di Gesù al Padre, o la stessa resurrezione di Lazzaro sono immerse in questo clima familiare e ci giungono con la stessa naturalezza e semplicità di tutto il resto.
Alcuni presenti, tra i quali siamo anche noi, alla vista di quello che egli aveva compiuto, credettero in Gesù. Altri corsero a denunciarlo ai farisei. Non invano. Pochi giorni, e l’amico di Lazzaro, il cui nome era Gesù (Dio salva), sarebbe stato assassinato da chi non tollerava la sua autenticità e la sua vita vissuta in pienezza.
Nell’imminenza della Pasqua la Chiesa invita a meditare sul segno della risurrezione di Lazzaro, profezia della risurrezione di Gesù.
Gesù freme di commozione per l’ingiustizia della morte, si turba e scoppia in pianto. Gesù, uomo come noi, più volte si è sentito turbato dal male che sfigurava gli uomini. Il suo dolore è segno del suo amore intenso per Lazzaro, come capiscono anche i presenti.
Gesù va al sepolcro e, lui che è la vita, ingaggia un duello con la morte, alza gli occhi al cielo e dice: «Padre, ti ringrazio perché mi hai ascoltato». Gesù prega affinché quanti si trovano intorno a lui comprendano che egli è l’inviato di Dio: Gesù non accentra l’attenzione su di sé, ma agisce perché gli uomini possano risalire a Dio! E la risposta di Dio giunge immediata. Gesù aveva annunciato «verrà l’ora in cui coloro che sono nei sepolcri udranno la voce del Figlio di Dio e ne usciranno» (Gv 5,28); ecco un’anticipazione di quell'ora: Lazzaro, morto e sepolto come accadrà a Gesù, esce dalla tomba ancora avvolto dalle bende, e con la sua risurrezione profetizza la risurrezione di Gesù.
Gesù strappa le sue pecore alla morte, non permette che alcuna venga rapita dalla sua mano. Questa è la sua gloria, gloria dell’amore, anche se all'apparenza egli sembra sconfitto.
Insieme a Pietro, Giacomo, Giovanni… i discepoli, Marta e Maria, Lazzaro era tra coloro che avevano stretto profondi legami di amicizia con il Signore. La Scrittura (Siracide 6, 14) ci ricorda che “chi trova un amico fedele, trova un tesoro”… e di questi tesori anche il Signore Gesù ha avvertito il bisogno di averne.
Betania è il luogo della tranquillità, del riposo nella fraternità, dell’intensità dei rapporti, della confidenza e della gioia del ritrovarsi, gustando non semplicemente del buon cibo e magari del buon vino… ma ancor più gustando la bellezza dell’amicizia. Quanto è importante nella nostra vita saper fare dell’amicizia, delle nostre relazioni un luogo di riposo.
Il libro del Siracide (cap. 6) quando parla dell’amicizia umana e di quel rapporto particolarissimo che ciascuno di noi è chiamato ad instaurare con il Signore e con il suo Spirito dice: “Avvicinati ad essa (la sapienza ovvero lo Spirito Santo) con tutta l’anima e con tutta la tua forza resta nelle sue vie. Seguine le orme e cercala, ti si manifesterà; e una volta raggiunta, non lasciarla. Alla fine troverai in lei il riposo, ed essa ti si cambierà in gioia” (vv. 26-28).
L’occhio umano in questa morte vede solo dolore e distacco, sperimenta angoscia e tristezza. L’occhio di Dio, invece, vede un addormentarsi. Giovanni Crisostomo scrive: “Dio ha degli amici in terra e quando l’uomo ha Dio per amico la morte cambia nome, non è più morte ma sonno”.
Gesù vuole farci capire attraverso le sue parole, e il grido con cui richiamerà alla vita il suo amico Lazzaro, non è semplicemente che Lazzaro risorgerà alla fine dei tempi, ma che Lazzaro, in forza del suo rapporto con Cristo, non è morto. La morte non è il nostro futuro. La morte è il nostro passato. Credendo in Cristo abbiamo già lasciato la morte e siamo in una vita che non finisce (questo dice il nostro battesimo!). Fra il nostro vivere nella grazia di Cristo in questa vita e la vita che sarà, non c’è interruzione.
Qualcosa di simile ha cercato di farci comprendere Gesù in un altro passo del vangelo, in quel racconto in cui si narrava la storia del ricco epulone e il povero Lazzaro che giaceva piagato alla sua porta (che guarda caso porta lo stesso nome del nostro amico!).
Attraverso quel racconto il Signore Gesù ci ha fatto capire che il mondo di domani, il paradiso o l’inferno come descriveva in quelle righe, altro non sarà se non il proseguimento del modo in cui abbiamo vissuto su questa terra.
Dire risurrezione è dire, come ci ricorda il Cantico dei cantici, che l’amore vince la morte, che i gesti di amore che abbiamo compiuto o ricevuto portano con sé il germe dell’eternità.
“Forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo”. Quanto sono vere queste parole: parlare di risurrezione significa parlare di questa forza dell’amore.
Anche il nostro corpo addormentato si risveglierà, ma già adesso la morte è stata vinta. La morte e la vita (come diremo la notte di Pasqua) hanno combattuto un duello mirabile, non soltanto nel Cristo, ma in coloro che sono le sue membra. Essendo unite a Cristo già sono risorte con Lui, sono in una vita che non può cessare.
La nostra vita, quella che ora stiamo vivendo, è già la vita divina e quindi non ci sarà tolta ma semplicemente ci si addormenterà, tanto è vero che basterà una voce, un grido, per ridestarla.
Vivere da risorti, perché inseriti in Cristo attraverso il nostro battesimo, significa vivere guardando il mondo, le persone, le cose, con lo sguardo di Gesù: uno sguardo che ci permette di leggere dentro la vita senza mai fermarci alla superficie.
La storia di Lazzaro è stata scritta per dirci questo: c’è una risurrezione del corpo e c’è una risurrezione del cuore; se la risurrezione del corpo avverrà “nell’ultimo giorno”, quella del cuore avviene, o può avvenire, ogni giorno.
Si può essere morti, anche prima di...morire, mentre siamo ancora in questa vita. E non parlo solo della morte dell’anima a causa del peccato; parlo anche di quello stato di totale assenza di energia, di speranza, di voglia di lottare e di vivere che non si può chiamare con nome più indicato che questo: morte del cuore.
Le parole di incoraggiamento lasciano il terreno che trovano. Anche in casa di Marta e Maria c’erano dei “giudei venuti per consolarle”, ma la loro presenza non aveva cambiato nulla. Bisogna “mandare a chiamare Gesù”, come fecero le sorelle di Lazzaro. Invocarlo come fanno le persone sepolte sotto una valanga o sotto le macerie di un terremoto che richiamano con i loro gemiti l’attenzione dei soccorritori.
Le persone che si trovano in questa situazione non sono in grado di fare niente, neppure di pregare. Sono come Lazzaro nella tomba. Bisogna che altri facciano qualcosa per loro. Sulla bocca di Gesù troviamo una volta questo comando rivolto ai suoi discepoli: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti” (Mt 10,8). Cosa intendeva dire Gesù: che dobbiamo risuscitare fisicamente dei morti? Se fosse così, nella storia si contano sulle dita i santi che hanno messo in pratica quel comando di Gesù. Gesù intendeva anche e soprattutto i morti nel cuore, i morti spirituali. Parlando del figliol prodigo, il padre dice: “Egli era morto ed è tornato in vita”. E non si trattava certo di morte fisica, se era tornato a casa.
Tra le opere di misericordia che abbiamo imparato da bambini, ce n’era che diceva: “seppellire i morti”; adesso sappiamo che c’è anche quella di “risuscitare i morti”.
Ancora una volta, come era successo a Pietro a Cesarea, viene proclamata una grande professione di fede da Marta “Tu sei il Messia, il Figlio di Dio, colui che deve venire nel mondo”. Non sono parole banali : sono l’espressione più autentica della nostra fede, in quanto, a parte qualche schizofrenico, tutti gli uomini nel loro profondo credono in Dio, e basterebbe per questo solo porsi la semplice ragionevole domanda “Ma questa meraviglia chiamata MONDO ma chi l’ha fatta?”. Però è cristiano non chi crede in Dio, ma soltanto chi crede che Gesù Cristo (= cristiano) è Dio, e non è soltanto un tizio storico qualsiasi seppure gradevole e in gamba, e in aggiunta è anche un Dio di amore e misericordia, qualità questa inesistente negli altri Dii in giro per il mondo. E’ ciò che ha detto e pensato Marta. Brava Marta.
Questo brano appartiene a Giovanni 11, ma se vai dapprima a rileggere Giovanni 5 vi troverai questa affermazione di Gesù “….è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno ….. Verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna”. Mi sembra un parlare chiaro!!! E oggi questo parlare è divenuto realtà, e queste parole sono dirette anche a te e a me.
Ti rendi conto quante lacrime ha asciugato la frase “Io sono la resurrezione e la vita”? Ogni vita che vedi recisa nella tua esistenza, nella tua TV, nel tuo giornale, nel tuo ascolto, nei tuoi occhi sconcertati, di già contengono in proprio un portato di dolore e di smarrimento, ma anche una valenza profetica poiché ci parla a entrambi (me e te) anche della nostra morte e della tentazione di considerare futile e svalutata questa nostra vita. Ma io e te ci siamo incontrati con Uno che ha vinto la morte!
Che vogliamo fare a questo punto? Vogliamo dar retta a chi ci sibila all’orecchio “E’ una fregatura, sono veri gli oroscopi, sono veri gli scimmioni di Darwin, ha ragione Emma Bonino, ha ragione la TV, la Chiesa non è la sposa di Gesù ma roba da preti e i preti sono tutti cattivi e forse Gesù non è mai esistito”. Non so cosa tu farai, ma io, anziché a tutti questi sussurri che sembrano sibili di una linguetta di serpe, darò ascolto a quell’urlo che dice “Mario, vieni fuori!” e, caro amico mio, sono venuto fuori dalla morte ben infiocchettata in cui mi trovavo, mi ci ha tratto fuori la Sua parola e i Suoi Sacramenti e la Sua Chiesa, e da oggi se vivo vivrò per il Signore e se muoio morirò per il Signore, il quale a quanto pare ha la curiosa potenza di trattare la morte come “un sonno” tant’è che basta il Suo grido a risvegliarci. E quel giorno, al risveglio mi sazierò del tuo volto Signore, perché la Sindone che ho visto a Torino era bella ma non mi è bastata. Gesù, Figlio del Dio vivo, unico Salvatore del genere umano, abbi sempre pietà di me peccatore e quindi già consegnato alla morte da oltre 4 giorni !
Nel vangelo di oggi scopriamo anche che ci è lecito piangere, se un vero uomo come Gesù ha pianto, anche io e te possiamo avere la dignità di piangere, ma non solo per sfogo come vorrebbe la nostra pacata interpretazione altruistica, ma perché si piange se si ama davvero e se l’oggetto del nostro amore ci viene tolto oppure subisce qualche cosa grave.
Maestro insuperabile di vero amore, ha saputo amare anche come vero uomo, tenendo ancora in tasca “la tessera” da Dio.
Era al riparo in un luogo dove i suoi nemici non potevano raggiungerlo, eppure sapendo che «Ecco, il tuo amico è malato» (quanto è dolce questa frase …..) ritorna nel rischioso luogo minato perché spintovi dall’amore per il suo amico. E allora anche noi preghiamo dicendo “Signore, la mia figlia è malata e in ansia per il suo esame che teme di non superare, mio padre è malato per la solitudine che prova da chi lo ha abbandonato, mio figlio è malato per la fede che ha perso, il mio vicino di casa è malato per la preoccupazione del lavoro che non ha più, mia sorella è malata per la droga che ha fatto irruzione devastante nella sua famiglia, mio zio è malato perché soffre per la sua famiglia che non prega più, la mia collega è malata perché ha visto crollare il suo matrimonio …. E anche Gesù, vero Dio e vero uomo, come Giuseppe nella stanza del faraone dove i suoi sciagurati fratelli non sapevano che quel viceré era il loro fratello (sappiamo noi che Gesù è nostro fratello?), piangerà ma poi si svelerà per quello che è davvero, viceré d’Egitto o Dio di Israele.
Betania è un luogo davvero santo nell’ambito del mistero dell’Incarnazione, poiché è il luogo dove c’erano tre amici di Gesù e dove Lui sentiva il bisogno di rifugiarsi per vivere un poco di sano relax quando, col cuore gonfio di tensione e di incomprensione, lasciava la Gerusalemme che uccide i Profeti (e che lo minacciava quasi ogni giorno) per trovare un angolo di serenità. Questo luogo rappresenta la quotidianità di un Dio che ama l'amicizia, che resta lunghe ore, dopo cena, a parlare con i tre fratelli. Dio ha bisogno di parlare della sua missione, del suo cammino, delle resistenze che incontra, insomma nessun popolo al mondo possiede un Dio così semplice, e perciò – al solito – ribadiamo che solo il nostro è il Dio vero non inventato dagli uomini !
Oggi Betania può essere riedificata nella nostra casa e nel nostro cuore se dedichiamo qualche minuto ad un inedito tipo di “preghiera” cioè ad ascoltare Dio che sente il bisogno di parlarci!
Questo posto così gradevole è oggi anche il luogo di una grande tragedia: Lazzaro è morto. Ecco una riprova che Betania è ovunque, è anche nella nostra vita ove scenari di pace divengono anche scenari di improvviso dolore. Ma questo episodio oggi ci svela altri aspetti del volto di Dio, altri passi verso la festa della Resurrezione.
….. Dio piange ? Non è dunque un Dio imperturbabile! Ma è simile a noi nella nostra carne con un pianto singhiozzante che rompe gli argini, frantuma i pregiudizi, rivela il volto del Dio di Gesù Cristo, il vero volto di Dio. Insomma anche Dio piange per me e per te, per le mie e per le tue sofferenze! Te la senti di obiettare come alcuni paesani: "Non poteva evitare che morisse?". Forse, ma in questa realtà accaduta (e non in quella ipotizzata da costoro) scopriamo l’inaudito e cioè Dio piange come te e come me, con te e con me, e questo è più sconvolgente della operatività di evitare che i problemi nascessero, perché questo pianto è una ricchezza, è un certificato che in Lui c’è l’amore e che noi siamo preziosi ai suoi occhi. La nostra fede raccogliticcia e piena di dubbi ora deve percorrere strade nuove ed inattese.
Gesù non solo usa la sua potenza divina, ma baratta la sua vita umana con la vita di Lazzaro, in quanto Giovanni pone quest'episodio appena prima dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme e con questo miracolo strepitoso si produrrà la goccia che farà traboccare il vaso, ovvero la valanga che si distacca e tutto travolge, portandolo a morire per mano dei suoi invidiosi ed ipocriti nemici. Ancor prima che si “inguaiasse” con un miracolo così “potente” di già il semplice Tommaso glielo aveva detto: “Andremo tutti a morire”, ma Gesù entra in questo scambio, che poi sarà lo stesso scambio che, da lì a qualche giorno, farà dalla croce per ciascuno di noi, e a nulla serve la premura accorata di Tommaso.
Gli altri discepoli che dicono «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?» E Gesù, in quella circostanza qui ricordata, aveva solo usato parole, e certuni avevano risposto con le pietre, e nel mondo moderno la musica non è cambiata. Dico questo perché mi è venuto da pensare che sul libro "Gesù di Nazaret"di Benedetto XVI°, nella premessa il Papa afferma «Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del volto del Signore. Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell'anticipo di simpatia senza il quale non c'è alcuna comprensione». Mamma mia che eleganza! In queste parole si fondono la carità e l'efficacia di ogni contraddittorio! Per piacere – dice il successore di Pietro – se potete ascoltatemi ma senza prendere in mano le pietre.
Con un urlo (….gridò a gran voce…) che arriva alle nostre speranze e spesso anche alle nostre coscienze: "Lazzaro, vieni fuori!". Vieni fuori dalla tua tomba, dalle tue tenebre, dalle tue piccole sicurezze, vieni fuori dai tuoi pregiudizi, dai tuoi schemi, dai tuoi egoismi. Vieni fuori da tutto ciò che di freddo e di buio ci avvolge e ci fascia. Credendo in Lui e facendo della nostra vita una piccola Betania, la Parola di Gesù ancora echeggia, raggiunge le nostre tombe e le apre, le scardina: nulla può fermare l'efficacia della sua Parola.
In un mondo moderno che idolatra la morte in tutte le forme più becere e che ci vuole fasciare con le sue menzogne, lasciamoci invece affascinare dalla tenerezza di chi dice “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà”. Ecco Pasqua, ecco la vita nuova che già è cominciata, e a Betania abbiamo scoperto che Gesù ci ama e gli stiamo a cuore. Viva la vita, viva la resurrezione. Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo?
La prova che Lazzaro dorme? E' che Gesù grida forte: "Lazzaro vieni fuori!" e lui viene fuori, si sveglia. La morte fisica è soltanto un sonno! Perché allora ci fa così paura? Perché nel mondo è stata introdotta l'altra morte quella terribile, quella da cui non si torna indietro, quella che dura sempre, quella dalla quale neanche il grido di Cristo ti potrebbe far tornare indietro.
Mentre però le bende e il sudario di Lazzaro lui ce l'ha indosso, e qualcun altro gliele deve togliere, le bende e il sudario di Gesù stanno a terra, piegate, là dove Gesù aveva appoggiato il capo morto. Attraverso questa differenza, San Giovanni ci vuol far capire la differenza tra le due resurrezioni: Lazzaro semplicemente ritorna in vita, cioè Lazzaro potremmo dire torna indietro, Gesù invece non torna indietro, Gesù va avanti. Lazzaro risorge riprendendo la vita di prima, Gesù risorge prendendo una vita completamente nuova. La vita di Dio, la vita eterna.
La tentazione dell'accidia spirituale che lusinga con quel suo ipnotico "non c'è più niente da fare". E invece no. C'è qualcosa da fare. C'è da "sperare". È curioso riflettere su questo termine. Nella lingua latina, etimologicamente parlando, "sperare" viene definito "guardare un oggetto in controluce" (una carta, una stoffa...) per poter vedere dentro, oltre, per scorgerne la filigrana. .. Per superare la barriera delle apparenze. .. sperare è imparentato con "ispezionare" cioè "guardare meglio e più a fondo".
"Sperare" avviene a una condizione (tale è il messaggio del Vangelo di oggi): a condizione che l'anima non resti sola a crogiolarsi nella tiepida melma del dolore, ma cerchi Gesù. Lo sperare non è frutto di complicati metabolismi psico-emotivi o di autoconvincimenti forzosi, bensì è un dono, una grazia, una "virtù" di cui fare esplicitamente richiesta.
Mi piace sottolineare quel "per la gente che mi sta attorno... Perché credano che tu mi hai mandato"...
Stare "vicino" a Gesù è la condizione spirituale unica per passare da disperazione a speranza, per riconoscere nel tessuto sottile della nostra impotenza la filigrana della potenza di Dio.
Non si può, in presenza di Gesù, uscirsene con "speriamo che sia proprio così".
Sarebbe indelicato per Lui e anche gravemente offensivo per il Padre che ce lo ha mandato... Senza dire dello Spirito che rimarrebbe fortemente deluso.
A tutti quelli che per le ragioni più diverse (matrimonio fallito, tradimento del coniuge, traviamento o malattia di un figlio, rovesci finanziari, crisi depressive, incapacità di uscire dall’alcolismo, dalla droga) si trovano in questa situazione, la storia di Lazzaro dovrebbe arrivare come il suono di campane il mattino di Pasqua.
Gesù era il Figlio di Dio, ma nei particolari del brano del vangelo di oggi, la sua umanità ci riempie il cuore di fiducia, per il fatto che non crediamo in un Signore lontano, ma in un Dio che ha provato sulla sua pelle quello che significa perdere un amico.
Reazioni opposte dei visitatori: chi ammira Gesù perché si commuove sul morto, chi lo critica per non averlo tenuto in vita.
Gesù, l’amico di Marta e Maria, ha intrecciato rapporti e relazioni autentiche, ha provato sentimenti alla nostra portata, ha vissuto la nostra vita umana dal di dentro e fino in fondo, aprendola però – è questo il suo segreto – alla fiducia piena in Dio Padre. E’ questa fiducia sconfinata, o se volete, questa sua profonda fede in Dio Padre, che trasformano il pianto in gioia e la morte in resurrezione. Anche per noi il pianto c’è e rimane, la commozione non scompare, guai se la fede ci rendesse meno umani! Al contrario, Gesù si mostra a noi più umano che mai, nel senso più positivo del termine e certe frasi supreme come: “Io sono la resurrezione e la vita”, o la preghiera di Gesù al Padre, o la stessa resurrezione di Lazzaro sono immerse in questo clima familiare e ci giungono con la stessa naturalezza e semplicità di tutto il resto.
Alcuni presenti, tra i quali siamo anche noi, alla vista di quello che egli aveva compiuto, credettero in Gesù. Altri corsero a denunciarlo ai farisei. Non invano. Pochi giorni, e l’amico di Lazzaro, il cui nome era Gesù (Dio salva), sarebbe stato assassinato da chi non tollerava la sua autenticità e la sua vita vissuta in pienezza.
Nell’imminenza della Pasqua la Chiesa invita a meditare sul segno della risurrezione di Lazzaro, profezia della risurrezione di Gesù.
Gesù freme di commozione per l’ingiustizia della morte, si turba e scoppia in pianto. Gesù, uomo come noi, più volte si è sentito turbato dal male che sfigurava gli uomini. Il suo dolore è segno del suo amore intenso per Lazzaro, come capiscono anche i presenti.
Gesù va al sepolcro e, lui che è la vita, ingaggia un duello con la morte, alza gli occhi al cielo e dice: «Padre, ti ringrazio perché mi hai ascoltato». Gesù prega affinché quanti si trovano intorno a lui comprendano che egli è l’inviato di Dio: Gesù non accentra l’attenzione su di sé, ma agisce perché gli uomini possano risalire a Dio! E la risposta di Dio giunge immediata. Gesù aveva annunciato «verrà l’ora in cui coloro che sono nei sepolcri udranno la voce del Figlio di Dio e ne usciranno» (Gv 5,28); ecco un’anticipazione di quell'ora: Lazzaro, morto e sepolto come accadrà a Gesù, esce dalla tomba ancora avvolto dalle bende, e con la sua risurrezione profetizza la risurrezione di Gesù.
Gesù strappa le sue pecore alla morte, non permette che alcuna venga rapita dalla sua mano. Questa è la sua gloria, gloria dell’amore, anche se all'apparenza egli sembra sconfitto.
Insieme a Pietro, Giacomo, Giovanni… i discepoli, Marta e Maria, Lazzaro era tra coloro che avevano stretto profondi legami di amicizia con il Signore. La Scrittura (Siracide 6, 14) ci ricorda che “chi trova un amico fedele, trova un tesoro”… e di questi tesori anche il Signore Gesù ha avvertito il bisogno di averne.
Betania è il luogo della tranquillità, del riposo nella fraternità, dell’intensità dei rapporti, della confidenza e della gioia del ritrovarsi, gustando non semplicemente del buon cibo e magari del buon vino… ma ancor più gustando la bellezza dell’amicizia. Quanto è importante nella nostra vita saper fare dell’amicizia, delle nostre relazioni un luogo di riposo.
Il libro del Siracide (cap. 6) quando parla dell’amicizia umana e di quel rapporto particolarissimo che ciascuno di noi è chiamato ad instaurare con il Signore e con il suo Spirito dice: “Avvicinati ad essa (la sapienza ovvero lo Spirito Santo) con tutta l’anima e con tutta la tua forza resta nelle sue vie. Seguine le orme e cercala, ti si manifesterà; e una volta raggiunta, non lasciarla. Alla fine troverai in lei il riposo, ed essa ti si cambierà in gioia” (vv. 26-28).
L’occhio umano in questa morte vede solo dolore e distacco, sperimenta angoscia e tristezza. L’occhio di Dio, invece, vede un addormentarsi. Giovanni Crisostomo scrive: “Dio ha degli amici in terra e quando l’uomo ha Dio per amico la morte cambia nome, non è più morte ma sonno”.
Gesù vuole farci capire attraverso le sue parole, e il grido con cui richiamerà alla vita il suo amico Lazzaro, non è semplicemente che Lazzaro risorgerà alla fine dei tempi, ma che Lazzaro, in forza del suo rapporto con Cristo, non è morto. La morte non è il nostro futuro. La morte è il nostro passato. Credendo in Cristo abbiamo già lasciato la morte e siamo in una vita che non finisce (questo dice il nostro battesimo!). Fra il nostro vivere nella grazia di Cristo in questa vita e la vita che sarà, non c’è interruzione.
Qualcosa di simile ha cercato di farci comprendere Gesù in un altro passo del vangelo, in quel racconto in cui si narrava la storia del ricco epulone e il povero Lazzaro che giaceva piagato alla sua porta (che guarda caso porta lo stesso nome del nostro amico!).
Attraverso quel racconto il Signore Gesù ci ha fatto capire che il mondo di domani, il paradiso o l’inferno come descriveva in quelle righe, altro non sarà se non il proseguimento del modo in cui abbiamo vissuto su questa terra.
Dire risurrezione è dire, come ci ricorda il Cantico dei cantici, che l’amore vince la morte, che i gesti di amore che abbiamo compiuto o ricevuto portano con sé il germe dell’eternità.
“Forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo”. Quanto sono vere queste parole: parlare di risurrezione significa parlare di questa forza dell’amore.
Anche il nostro corpo addormentato si risveglierà, ma già adesso la morte è stata vinta. La morte e la vita (come diremo la notte di Pasqua) hanno combattuto un duello mirabile, non soltanto nel Cristo, ma in coloro che sono le sue membra. Essendo unite a Cristo già sono risorte con Lui, sono in una vita che non può cessare.
La nostra vita, quella che ora stiamo vivendo, è già la vita divina e quindi non ci sarà tolta ma semplicemente ci si addormenterà, tanto è vero che basterà una voce, un grido, per ridestarla.
Vivere da risorti, perché inseriti in Cristo attraverso il nostro battesimo, significa vivere guardando il mondo, le persone, le cose, con lo sguardo di Gesù: uno sguardo che ci permette di leggere dentro la vita senza mai fermarci alla superficie.
La storia di Lazzaro è stata scritta per dirci questo: c’è una risurrezione del corpo e c’è una risurrezione del cuore; se la risurrezione del corpo avverrà “nell’ultimo giorno”, quella del cuore avviene, o può avvenire, ogni giorno.
Si può essere morti, anche prima di...morire, mentre siamo ancora in questa vita. E non parlo solo della morte dell’anima a causa del peccato; parlo anche di quello stato di totale assenza di energia, di speranza, di voglia di lottare e di vivere che non si può chiamare con nome più indicato che questo: morte del cuore.
Le parole di incoraggiamento lasciano il terreno che trovano. Anche in casa di Marta e Maria c’erano dei “giudei venuti per consolarle”, ma la loro presenza non aveva cambiato nulla. Bisogna “mandare a chiamare Gesù”, come fecero le sorelle di Lazzaro. Invocarlo come fanno le persone sepolte sotto una valanga o sotto le macerie di un terremoto che richiamano con i loro gemiti l’attenzione dei soccorritori.
Le persone che si trovano in questa situazione non sono in grado di fare niente, neppure di pregare. Sono come Lazzaro nella tomba. Bisogna che altri facciano qualcosa per loro. Sulla bocca di Gesù troviamo una volta questo comando rivolto ai suoi discepoli: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti” (Mt 10,8). Cosa intendeva dire Gesù: che dobbiamo risuscitare fisicamente dei morti? Se fosse così, nella storia si contano sulle dita i santi che hanno messo in pratica quel comando di Gesù. Gesù intendeva anche e soprattutto i morti nel cuore, i morti spirituali. Parlando del figliol prodigo, il padre dice: “Egli era morto ed è tornato in vita”. E non si trattava certo di morte fisica, se era tornato a casa.
Tra le opere di misericordia che abbiamo imparato da bambini, ce n’era che diceva: “seppellire i morti”; adesso sappiamo che c’è anche quella di “risuscitare i morti”.
Tratta dal sito: parrocchiaspiritosanto.org
Ogni essere umano ha bisogno di conoscere Gesù , il Suo Amore .Vorrei con gioia , partecipare in comunione spirituale alle vostre preghiere. Grazie fratello in Cristo .
RispondiEliminaCara Sabrina, dai onore e gioia al Signore e a noi!
EliminaGrazie infinite. L'occasione sarà già l'imminente "Cammino di preghiera per le conversioni" della seconda domenica di maggio...
Ogni essere umano ha bisogno e perfino diritto di conoscere Gesù. Spetta a noi, e dovremo renderne conto.
Il principale obbligo (per amore riconoscente) che abbiamo nei confronti del Creatore e delle creature è proprio quello di svelare Dio che è in noi, facendo "tabula rasa" del nostro essere di oggi o di ieri, per tornare come libri bianchi o - come Maria - vasi vuoti, per il bene delle anime.
E la preghiera d'amore è ciò che obbliga irresistibilmente Dio a compiere il secondo grande miracolo: la rivelazione di se stesso alle anime distratte o indurite. E' un misterioso miracolo!
La rivelazione che Do fa di se stesso è il secondo più grande miracolo che Egli compie con le sue creature, in ordine di tempo.
E... quale sarebbe il primo?
La vita.
La vita è segno di un immenso Amore di DIO , noi povere creature amate da Gesù tante volte non capiamo ,che grande dono essa sia .Tutti noi abbiamo bisogno, di uomini e donne che portino la Luce di Gesù a ogni essere umano. Che gioia grande anche per me , condividere con altri la misericordia di Gesù . Grazie fratello in Cristo.
RispondiEliminaIo amo Gesù, e prego sempre che Lui ,abbia pietà di me.
RispondiEliminaMaria Madre di Gesù e Madre nostra ,con TE voglio lodare e benedire il nostro Salvatore. Con tutte le mie forze e con tutto il cuore mio caro Gesù elevo a TE questa umile preghiera, Tu solo sei Santo, Tu solo Sei Misericordioso, Tu solo Sei Compassionevole, Tu solo Sei la Luce, Tu solo sei la vera Vita, Tu solo sei RE, per le Tue piaghe , per la Tua corona di Spine, per la Tua Risurrezione , asciuga ogni lacrima, apri i nostri cuori al tuo Amore, donaci la forza di fare la Tua Santa Volontà, ti prego Gesù tienici sempre stretti al Tuo Cuore .Sempre sia Benedetto il Tuo Nome Gesù.
RispondiElimina